Ha la faccia di un uomo talmente fortunato che non ha bisogno di sognare. Per questo quando la zingara dalle ciabatte dorate gli dice che tiene un malocchio che solo lei gli può levare, l’avvocato sorride, amabile, ed entra nella toilette esterna dell’autogrill. E ha sempre quel sorriso, quel sorriso bello, perfettamente intonato al vestito intero nonostante il caldo, alla cravatta con lo stemma nonostante l’afa, ai capelli che tengono la piega nonostante il sudore. Sorride quando si tira su la cerniera dei calzoni e la fotocellula dell’impianto igienico fa scorrere l’acqua nel vespasiano proprio in quell’istante perfetto. E continua a sorridere anche quando si volta e li vede.
Loro sono in due e hanno l’aria di essere tipi che neanche se li immaginano cosa sono i sogni. Il primo ha una maglietta a righe e un occhio piú chiaro, quasi bianco. L’altro ha un dente rotto e un coltello in mano. Fermi tra lui e l’uscita della toilette, deserta nonostante la coda che ha intasato l’autostrada riempiendo l’autogrill di gente. Ma quella è la toilette piú lontana e piú nascosta e per un momento, un momento solo, lui pensa che forse la zingara aveva ragione a parlare di malocchio. Ma è solo un momento, che non gli appanna neppure il sorriso.
Dice: ragioniamo. Una rapina a mano armata non è un investimento da poco, in termini di rischio e, se vogliamo, anche di costi. Cosa vi fa pensare che ne valga la pena? Dente Rotto dice: non ti preoccupare, mentre Maglietta indica la Mercedes 5000 parcheggiata fuori all’ombra, dietro alle loro spalle.
Dice: ragioniamo. La Mercedes fa capire che sono un uomo molto ricco, lo ammetto. Vero avrete certamente notato la coda che ha trasformato questo piccolo autogrill in un’isoletta in un mare di macchine compatto come un muro di lamiera. Posso chiedervi come avete intenzione di fuggire dopo aver compiuto la rapina? Dente Rotto dice: non ti preoccupare, mentre Maglietta indica l’ingresso di servizio dell’autogrill, chiuso solo da una sbarra bianca.
Dice: ragioniamo. Poniamo il caso che mi metta a gridare al ladro al ladro. Dente Rotto non dice nulla, sorride, mentre Maglietta si passa veloce un dito sulla gola.
Dice: allora, ragioniamo. Adesso abbiamo tutti gli elementi per una corretta valutazione, tranne uno. La mia guardia del corpo. Sta appoggiata alla Mercedes col suo culone da gorilla. Dente Rotto non si volta, ma Maglietta sà e quando lo tocca si gira anche Dente Rotto.
C’è davvero il gorilla e si stringe le braccia con le mani aperte sui bicipiti enormi. Su uno ha tatuato un teschio con la scritta Natural Born Killer.
Dice: è stato un piacere, teniamoci in contatto e aspetta che siano scappati prima di uscire. Allora, tempestivo e perfetto come l’acqua del vespasiano, Osvaldo gira dietro l’angolo dell’autogrill con il ghiacciolo alla menta che gli era andato a comprare e anche se è piccolino e magrolino l’autista dell’avvocato lancia al gorilla un’occhiata seccata e quello dice scusi, stacca il culone dalla Mercedes all’ombra e torna alla sua Fiesta parcheggiata al sole.
Dice: grazie, Osvaldo, regoliamo dopo, perché nonostante vestito, Mercedes e sorriso, in tasca non ha neppure i soldi per il ghiacciolo, ma non si preoccupa, tanto è bravissimo a spendere quello che non ha.
Basta solo che la coda si sblocchi e riesca ad arrivare all’aeroporto prima della Guardia di Finanza.
«Diecimila, senza piombo».
E quelli si voltano. Girano la testa e per un attimo incrocio il loro sguardo mentre sto porgendo le chiavi del serbatoio al ragazzo della pompa. Uno sguardo indifferente, che mi scivola addosso rapido, senza fermarsi ma che, ci giurerei, è scattato proprio quando ho detto diecimila.
Fotografo la scena.
Affiancati alla pompa di benzina dell’autogrill, in attesa di inserirci di nuovo nella coda pazzesca che sta strangolando l’autostrada.
A destra: loro.
La macchina: BMW decapottabile rossa, cosà decapottata da sembrare nuda. Tecno pulsante in uno stereo da megaconcerto al palatenda. Sotto al parabrezza, un pass per parcheggiare nel privé di un posto troooppo trendy.
Loro: abbronzato, torsodenudato, gelriccioluto e biondobruciato quello al volante; abbronzato, torsodenudato, gelriccioluto e nerocorvino quello di fianco, che gli passa il telefonino e dice aspetta un momento, c’è la Titti che vuole salutarti.
A sinistra: noi.
La macchina: una Panda un po’ vecchiotta, decapottata come si può, che piú che nuda sembra in canottiera. Nello stereo, cassetta taroccata di Sanremo. Sotto al parabrezza il permesso di parcheggiare in centro, zona B.
Noi: stempiato, sovrapesato e barbairritato io che sto al volante; biancomalato, magringobbito e capellimpazzito il mio amico Tonino che mi sta a fianco, mi fa vedere un gratta e vinci e dice blocca tutto, ne ho vinto un altro.
E mentre tiro fuori le dieci carte per passarle al benzinaio e il biondo fa sventolare un paio di centomila tra le dita, io mi vergogno, mi vergogno della mia Panda col minimo sfasato, del mio pieno da diecimila, dei gratta e vinci accartocciati sul cruscotto (sette, nove e una figura: ventisei, niente), mi vergogno del mio amico Tonino e della nostra prenotazione alla pensione Sayonara, sette giorni, tutto compreso, extra le birrette che ci faremo sul lungomare puntando le ragazze che non avremo il coraggio di abbordare.
E poi mi vergogno di essermi vergognato della Panda, di Tonino e delle birrette.
E poi mi vergogno non so neanch’io di cosa, né perché.
Il ragazzo della pompa si appoggia alla nostra macchina e ci chiede se abbiamo una sigaretta. Non si potrebbe, ma quello è l’ultimo giorno perché l’hanno licenziato e allora chi se ne frega, anzi. Vacanza, pensione Sayonara anche lui. E mentre lo dice, ha ancora in mano la pompa che ha tolto dal serbatoio catalizzato ecologico bleifrei della BMW ed è una pompa di super.
Sto per dirgli che ha sbagliato, che cristo, gli ha fatto il pieno sbagliato, ma lui sorride, proprio quando la BMW taglia la strada a una giardinetta, si infila nella coda con un rombo arrogante e poi si inchioda, con un singhiozzo cosà lungo, strozzato e modulato che sembra una scorreggia.