Fioriture capovolte

Giovanna Rosadini

• Editore: EINAUDI
• Anno: 2018
• Print ISBN: 9788806238193
• eBook ISBN: 9788858428719
• Argomento: Literatura
• Categoria: Poesía

Fioriture capovolte: corolle (e semi) che si espandono sottoterra, alla ricerca di sensi profondi, di legami con le radici che nella vita di superficie sfuggono. Significano anche il lato rovescio dell'esistenza, quando il dolore e le difficoltà sembrano prevalere, un mondo che si tende a rimuovere, ma è in realtà una faticosa ricchezza tutta da esplorare. Capovolte, infine, può significare semplicemente «reclinate», cioè fioriture che hanno terminato la loro fase di crescita, quando i fiori si ripiegano, perdono qualche petalo, si avviano alla fine del loro ciclo. La raccolta di Giovanna Rosadini è infatti anche un libro autobiografico, una sorta di bilancio esistenziale di mezza età. E venendo dopo tre precedenti raccolte e la cura di un'antologia che è stata al centro di un ampio dibattito, anche dal punto di vista del percorso poetico non può non essere il suo libro della maturità. La messa a punto di un linguaggio che nasconda un «doppio fondo» di senso nonostante la trasparenza, la ricerca di un ritmo e di sonorità suggestive, emotivamente coinvolgenti, il gioco con le rime piú facili sapientemente rivitalizzate, le citazioni e i continui riferimenti da e ad altri poeti: tutto è ormai un meccanismo preciso, potremmo dire professionale, se non ci fosse il rischio di connotare in senso asettico i versi della Rosadini, che al contrario hanno sempre una temperatura sentimentale molto alta, quasi sgorgati in presa diretta da una serie di ferite ancora molto sensibili.

Un ritorno

(gli anni belli dell’università)

a Paolo

e agli amici di Venezia

All’improvviso

la linea della terraferma,

continuum di luci e forme

sfilacciati dalla corsa –

si tuffa in un buio acquatico,

venato di salmastro, largo

e vuoto come ormai

questo treno, senza piú

passeggeri ma, forte,

il rumore dell’aria

attraverso i finestrini aperti

per la corsa finale,

cieco galoppo verso il nulla.

Sfilano ombre di barche,

serpentine di pali, strade

liquide che si perdono

lontano – isole, barene,

la piatta indifferenza notturna

della laguna. Fino a quando

i cartelli dicono il luogo,

si rallenta nell’alone aranciato

dei lampioni. Fuori

dalla stazione la città

sembra venire incontro,

silenziosa di cupole e sagome

addormentate sul nero canale

movimentato da bagliori riflessi,

presenze nitide, affilate nei profili

dal freddo pungente che

risveglia i ricordi, punge

i polpastrelli, penetra le narici

e scende fino ai polmoni,

cattura infine la mente.

Ricolmata in un solo sguardo,

i sensi all’erta: eccomi –

nel posto che ora è casa.

Venezia, anni ’80

Nebbia. Suoni affiorano

dalla quasi indifferenziata opacità

su cui si protende il balcone.

A breve sarò lí, ad affrontare

il giorno, affondata e compresa

in quella compatta rarefazione,

al morbido inseguimento

di echi e vaghi sciabordii.

Odore di acque intorpidite,

intermittenza di slabbrate,

intempestive conversazioni.

Qui dove ciascuno è naufrago –

noialtri arrivati in cerca di un perché,

di un esilio salvifico, un approdo

da cui poter guardare il mondo

senza soccombere – come se

non esistesse altro possibile

luogo, altro tempo aperto sul presente.

Solubili ancora disciolti nel solvente,

sostanza che presto farà grumi

staccati fra loro, pronti a rotolare

sulle pagine di storie

ancora tutte, o quasi, da narrare...

Chi vive, disse, non potrà morire.

TOMMASO LANDOLFI

Da un lato la vertigine

di tutto il nuovo che la investe,

nella città che promette cieli e stordisce

di magnificenza – diversa se stessa

nello sguardo di chi incontra,

fioritura promessa, dall’altro

l’orrido nero senza rimedio

dove a tratti si ritrova, fitta

di vuoto incolmabile,

mancanza d’aria e blocco

del respiro, punta di lama

entrata di sghembo per un nulla,

un gesto mancato, una parola

che non arriva. Sono gli altri –

gli altri, il vero insondabile enigma,

lo spavento per non riuscire

mai davvero a saperli, capirli.

Ora che tutto è in prima persona

e senza mediazioni, senza filtri,

ora che è esposta, sola, sulla ribalta

del mondo, a interagire con gli altri

e a costruire nuove reti, legami

guidati da un bisogno primario;

gli altri, che a poco a poco

diventano gli amici, l’istinto

che guida il riconoscimento, l’approdo

reciproco a qualcosa di antico.

Con loro impara a camminare oltre

il dominio sicuro di un tempo,

continente oscuro, ombra lunga

che da lontano continua a fiaccarla.

Con loro spartisce il primo sole

dopo l’inverno, alle Zattere,

sdraiati paralleli sul legno dei pontili,

rianimati dalla luce primaverile,

l’acqua alta dei sensi di colpa

ormai alle spalle, come il sordo

inverno e il rimbombo delle sirene.

Con loro, gli altri dispersi e fuggitivi,

coetanei di intemperanze e timori,

fa prove di voce, tesse alleanze,

scavalca ponti su ponti,

riscopre la gioia di sentirsi vivi,

nuovi e innervati di ritrovato

senso. Tutto è verde tenero, elettrico,

tutto parla di voler essere e fare.

Tutto traspare, assume un nome

che non aveva, tutto diventa.

Evidente. Nei sensi. Nel gusto.

Vedere e toccare, sentire.

Imparare a dire, osare sbagliare,

pagare. Sentirsi pieni, di forza,

grattare la scorza del mondo,

per andare a fondo.

Con loro, gli altri che ora hanno

un nome, che sono diventati

visi noti, cucina pietanze da mangiare

insieme intorno a un tavolo zoppo,

seduti su sedie rubate di notte

alla gelateria nel campo. Loro,

famiglia ricostruita, postbellica –

covo di recenti, diverse inquietudini.

Andrea, mi senti

Lei sie...

Indice dei contenuti

• Copertina
• Frontespizio
• FIORITURE CAPOVOLTE
• «Considera quel che è stato consumato»
• Il mare fuori stagione
• Lo spazio bianco
• Fioriture capovolte
• Un ritorno. (gli anni belli dell’università)
• Il libro
• L’autrice
• Dello stesso autrice
• Copyright