Il tunnel
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Il tunnel

  1. 344 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Zvi Luria ha poco piú di settant'anni quando un neurologo gli diagnostica un principio di demenza senile. All'inizio la malattia lo porterà soltanto a commettere piccole distrazioni, sbagliare un nome, confondere un altro bambino per suo nipote, oppure visitare il letto di uno sconosciuto in ospedale convinto di essere al capezzale di un vecchio amico in coma. Poi però tutto diventerà piú duro e passo dopo passo la sua lucidità finirà con l'essere completamente compromessa. Zvi però è sempre stato un uomo preciso e pragmatico, prima di andare in pensione aveva lavorato come capo ingegnere ai lavori pubblici, e non riesce ad accettare di essere destinato in breve tempo a fare una fine del genere. Sua moglie Dina, una pediatra di fama legata a lui da un amore ancora tenero, lo sa benissimo, e lo convince ad aiutare Assael Maimoni, che ha preso il suo posto ai lavori pubblici. Maimoni sta però lavorando al progetto di un tunnel segreto, che trascina Zvi nel cuore del conflitto israelo-palestinese. In mezzo a questo caos mentale e geopolitico Zvi a un certo punto rischia di perdere anche Dina, la sua unica ancora di salvezza... Come può un uomo che è sempre stato affidabile e solido, un punto di riferimento per famiglia e amici, un ingegnere, scendere a patti con il proprio inevitabile declino mentale? Come possono farlo sua moglie e i suoi figli? Come ci si comporta di fronte alla razionalità che lentamente svanisce? E come si affronta la paura? Yehoshua costruisce intorno a queste domande una toccante meditazione sull'identità e sull'amore, sui gesti che è necessario compiere prima di congedarsi. Una vicenda intima e privata che s'intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure cosí distanti dal trovare un modo per esistere insieme.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
Print ISBN
9788806234560
eBook ISBN
9788858430132

Fammi vedere la risonanza

Le dimensioni microscopiche dell’atrofia di Luria per il momento tranquillizzano soltanto la figlia, che in ogni caso non è riuscita a trovare un sostituto al padre per andare a prendere il piccolo Omri all’asilo il martedí. Il figlio maggiore, Yoav, invece è in ansia. Nonostante sia un quarantasettenne razionale, e malgrado la fiducia che ripone nella madre, medico di grande esperienza, ritiene che le dimenticanze del padre e il suo stato confusionale siano dovuti a motivi psicologici, non fisiologici, e una mattina di pioggia annuncia il suo arrivo a Tel Aviv per tentare di stimolare la psiche del genitore a fare il proprio dovere.
– Ma la mamma stamattina è in ospedale, – obietta Luria, – le dispiacerà non vederti.
– Meglio cosí. È importante che lei non interferisca. Vengo solo ed esclusivamente per te.
Luria, che conosce bene il figlio e ne intuisce la preoccupazione, è soddisfatto del suo allarmismo, per quanto questo potrebbe comportare qualche rabbuffo da parte sua. E malgrado l’appartamento sia in ordine lo tira ancora piú a lucido, per dargli un esempio. La casa di campagna di Yoav è infatti perennemente a soqquadro. Inoltre, visto che arriva immancabilmente affamato e non appena entra si precipita al frigorifero per scandagliarne le profondità e trovare, probabilmente, il cibo di cui non si è saziato abbastanza durante l’infanzia, gioca d’anticipo apparecchiando la tavola con formaggi, creme da spalmare, frutta secca, biscotti, e mette sul fornello la grande padella della shakshuka1 (inestinguibile residuo dello sconsiderato acquisto di pomodori) nella speranza di trovare un partner che lo aiuti a far sparire il ricordo di quel guaio.
Ed eccolo Yoav, intabarrato in una vecchia giacca a vento militare, bagnato ma pieno di energia. Abbraccia talmente stretto il padre che sembra voler persino fargli male, ma solo allo scopo di renderlo piú vigile. Dopo qualche ragguaglio sui nipoti e sull’azienda, il cui crescente successo rende il suo proprietario sempre piú schiavo, il giovane Luria dice al padre:
– Un momento, prima di parlare del futuro, fammi vedere la risonanza.
L’ingegnere ride.
– E anche se la vedessi, cosa capiresti? Nemmeno io so ancora cosa mi sta succedendo.
– E la mamma l’ha capito?
– Cosí dice.
– Ma può darsi che si sbagli.
– Non dimenticare che è medico.
– E allora? Una volta, in terza media, mi ha mandato a scuola anche se era evidente che avevo il morbillo.
– Solo perché avevamo il sospetto che facessi di tutto per marinare le lezioni. Ma nel mio caso, figliolo, non è solo questione di interpretare una neuroimmagine, sono i fatti a parlare.
– Cioè?
– Te l’ho già detto. Non solo dimentico nomi di conoscenti o di personaggi famosi, comincio anche a fare confusione con i tempi.
– Ma non perché il tuo cervello si stia ottundendo, papà. È una questione psicologica. Per questo è un bene che la mamma non sia qui. Si sarebbe imposta nella conversazione e l’avrebbe incanalata dove voleva lei.
– Ma lo sai che per lei non ho segreti.
– Dopo potrai raccontarle tutto quello che vuoi, prima però ascoltami con pazienza.
– Non solo con pazienza, ma anche con amore e gratitudine. Dici di essere venuto apposta per me in una giornata cosí burrascosa.
– E anche se Osnat mi ha avvertito di non importunarti. Ma io non mi arrendo facilmente. Mi conosci. Fammi vedere la risonanza.
– Prima devi assaggiare la shakshuka, se no si raffredda.
– Perché l’hai fatta in una padella cosí grande?
– Ecco un altro piccolo esempio di quello che ti ha portato qui. Anche una shakshuka in una padella tanto grande ha a che fare con la mia atrofia. Ma non ti preoccupare, è buona, e ogni volta che la riscaldo lo è ancora di piú.
Luria serve la pietanza rossastra, in cui galleggiano tuorli d’uovo, in due piatti fondi, bianchi, poi sposta stoviglie e formaggi e fa spazio all’immagine della sua corteccia cerebrale. E siccome il temporale si fa piú forte e la luce naturale si affievolisce, accende un abat-jour in modo che il figlio possa tuffarsi nei meandri tortuosi del suo cervello quasi fossero le viscere di un sofisticato computer. Yoav, attento a non toccare l’immagine, aguzza lo sguardo. Alla fine sospira e conclude:
– Scusa sai, ma questo cervello, il tuo cioè, da quello che mi sembra è del tutto normale. Non è un caso che nemmeno tu sia riuscito a vedere se c’è qualche problema.
Luria china la testa con un sorriso.
– Grazie, la tua opinione mi fa piacere. Sei gentile. Comunque che ci posso fare? Il dottore e la mamma…
– Va be’, certo, ma anche supponendo che ci sia una piccola atrofia, che né io né te riusciamo a vedere, cosa suggerisce di fare questo neurologo?
Luria è quasi tentato di parlargli del consiglio di avere rapporti sessuali piú frequenti. Invece infila l’esito della risonanza magnetica in una busta e la allontana dal tavolo.
– Il suo consiglio è semplice: fare il possibile per non perdere la memoria. Soprattutto cercare di ricordare i nomi.
– Benissimo. E come?
– Con la giusta disposizione di spirito e tanta buona volontà. Ecco la sorpresa per te, mio caro, l’opinione del neurologo di cui non ti fidi.
– Esatto, – strilla Yoav, – con la giusta disposizione di spirito. Ed è per questo che sono qui, papà. Quindi, senti che cos’ho da dire. E per favore non te la prendere. Tu sei un professionista di grande competenza ed esperienza, hai costruito e asfaltato strade e per anni sei stato direttore di divisione. Per questo sono indignato che tutte le tue qualità, che io in parte ho ereditato, vadano sprecate e tu ti riduca a fare dei semplici lavoretti domestici tipo la spesa, inutili pulizie dell’appartamento o gigantesche shakshuka.
– Alla shakshuka ci arriviamo subito. Ma intanto va’ avanti, ti ascolto.
– Ho l’impressione che dopo che avete licenziato la donna di servizio tu abbia deciso di prendere il suo posto e di diventare il servo della mamma. E già questo limiterebbe i tuoi orizzonti.
– Ancora con questa stupidaggine del licenziamento della donna di servizio…
– Però l’avete licenziata.
– Ma no, non è assolutamente vero. Piantala con questa storia. Le abbiamo solo ridotto le ore.
– Di quanto?
– Ma come? – insorge Luria. – Mi stai sottoponendo a un interrogatorio?
– Proprio cosí. L’interrogatorio di un figlio preoccupato del futuro del padre e di quello di tutti noi. Di’ la verità. Quante volte al mese viene adesso la colf?
– Non c’è niente di stabilito. Diciamo una volta alla settimana.
– Non basta. È troppo poco –. Yoav alza la voce. – La mamma lavora in ospedale, e anche quando è a casa odia occuparsi delle faccende domestiche, quindi ogni cosa ricade sulle tue spalle.
– Innanzitutto non è un gran peso. Siamo solo in due in casa. E poi a me fa piacere.
– Certo, ti fa piacere… per giustificare la fuga dalla realtà che ti porta a essere…
– Essere cosa?
– Niente, non importa…
– Essere cosa?
– Non importa. A fuggire dalla realtà.
– Di quale realtà parli esattamente?
– Di quella che è stata la tua per tutta la vita e che ti ha dato grandi soddisfazioni.
– Che strano. Parli proprio come il mio neurologo. Passi per lui, che non conosce la mia professione ed è libero di proporre cose insensate. Ma tu dovresti sapere benissimo che non sono i liberi professionisti a progettare le strade ma gli ingegneri alle dipendenze di enti governativi e statali. E in Percorsi di Israele c’è una nuova generazione di giovani di talento. E non potrebbero, e nemmeno avrebbero motivo di riprendere un vecchio pensionato come me, nemmeno a metà tempo.
– Ma ci sono studi privati che forniscono servizi di ingegneria allo stato, – ribatte il figlio, – o a enti municipali. E hanno bisogno di ingegneri di grande esperienza, anche solo part-time, con uno stipendio minimo e senza obbligo di contributi. Solo per evitare che tu te ne stia a casa a cucinare shakshuka.
– Per la shakshuka ho una spiegazione, che ha giustamente a che fare con quello che ti impensierisce. Ma la possibilità che io trovi un impiego in uno studio privato è pura fantasia. È proprio in quegli studi che ci sono già pensionati pronti a ostacolare l’arrivo di uno nuovo per paura di essere messi da parte. Tanto piú che di solito ci lavorano già anche i figli e i nipoti dei titolari, che li erediteranno. E di’ la verità, riterresti dignitoso che io prendessi ordini da un ragazzino?
– E tutti gli amici che hanno lavorato con te? Anche loro sono nelle tue stesse condizioni. Perché evitare di contattarli? Magari proprio tramite loro potresti trovare qualcosa.
– Che intendi, Yoav, per «tutti gli amici»? Quelli che hanno lavorato con me in genere non erano miei amici, e gli altri, dove vuoi che li cerchi ora? È vero che a volte l’azienda organizza conferenze o eventi ai quali invita anche gli ex dipendenti per dimostrare di non averli dimenticati. E naturalmente ci si incontra ai funerali, o alle visite di condoglianze. Ma da quando mi sono reso conto che dimentico o storpio i nomi di persone con cui ho lavorato per anni, ho cominciato a evitarli. Preferisco vedere un film, andare a un concerto, o al ristorante, dove sto piú tranquillo. E se sento il bisogno di vedere amici, allora è meglio che incontri quelli della mamma, medici come lei, di cui non sono tenuto a ricordare i nomi…
– Solo nomi di malattie…
– No, piú che altro di medici loro concorrenti che sbagliano una diagnosi o una terapia. In ogni caso sono persone a cui non devo niente. Cosí posso starmene in disparte e ascoltare in silenzio storie sul decesso di persone sane o su guarigioni miracolose di pazienti mezzi morti, senza rischiare di dover pronunciare neanche un nome.
– Ma perché dovresti chiamare la gente per nome? – eccepisce il figlio. – Il cognome non basta? O meglio ancora, rimanere zitto.
– Molto spesso faccio cosí, ma non sempre è possibile. Ci sono situazioni in cui è indispensabile rivolgersi a qualcuno per nome. È come se il suo nome ti cercasse, pretendesse che tu lo pronunci, e quando lo sbagli, invece di risvegliare compassione susciti offesa e ostilità. Per qual...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il tunnel
  4. Dal neurologo
  5. Ma cos’ha detto di preciso il dottore?
  6. L’automobile
  7. Pomodori
  8. Fammi vedere la risonanza
  9. Il filo genetico
  10. La festa di pensionamento
  11. Il video
  12. Il discorso
  13. Restituiscimi il mio nome e io ti lascerò in pace
  14. Progetti archiviati
  15. La casa in disordine
  16. L’ex ufficio
  17. Un assistente senza stipendio
  18. Cos’hai mangiato alla festa?
  19. Il codice dell’amore
  20. Due bambini
  21. Insonnia
  22. A guardia del letto del padre
  23. Il crocevia di Beit Kama
  24. La tomba di Ben Gurion
  25. Beresheet
  26. Shibolet
  27. Il bivio
  28. La collina
  29. Gente senza identità
  30. La fotografia
  31. Shibolet o Shibolet
  32. Due soli
  33. La morte
  34. Lo sformato
  35. La settimana del lutto
  36. Il fantasma dell’Opera
  37. Ancora dal neurologo
  38. Ordine
  39. Inverno
  40. Viaggio verso la fine della strada
  41. Ancora in viaggio verso la fine della strada
  42. I malati palestinesi
  43. La seconda moglie
  44. La stanza al Beresheet
  45. Il minibus
  46. L’infezione batterica
  47. Al pronto soccorso
  48. Isolamento
  49. Il reparto pediatrico
  50. Il tatuaggio
  51. Sulla strada della guarigione
  52. Il tetto dell’ospedale
  53. Maimoni
  54. Il Kibbutzim College
  55. Ancora l’ex ufficio
  56. Ancora il filo genetico
  57. Il progetto del tunnel
  58. La poliziotta
  59. Processo sommario
  60. La patente di guida
  61. La stazione centrale degli autobus
  62. Il fondo per la ricerca
  63. La riunione della commissione
  64. I nabatei
  65. Awad Awad
  66. La dottoressa descrive la sua malattia
  67. Nevò
  68. Il soldato
  69. La coppia di Ashkelon
  70. La studentessa di medicina
  71. Il perlustratore beduino
  72. Il tunnel
  73. La terra del cervo
  74. Il libro
  75. l’autore
  76. Dello stesso autore
  77. Copyright