1. Il vademecum del nobile insultatore.
Mentre nel 1933 Jorge Luis Borges concludeva la sua Storia dell’eternità con il capitolo dedicato all’«Arte di ingiuriare» nel quale auspicava che un giorno si potesse far assurgere l’insulto a forma d’arte codificata, ignorava che un pugno d’anni prima, Liang Shiqiu, un coetaneo letterato cinese, aveva scritto sotto pseudonimo alcune pagine energiche e scrupolosamente ironiche in cui innalzava l’insulto ad elevato genere letterario.
Borges se ne sarebbe certamente rallegrato.
Liang Shiqiu, grande traduttore in lingua cinese dell’opera di Shakespeare, di ritorno nel 1926 da un soggiorno di studio presso l’università americana di Harvard, sentà l’esigenza di scrivere La nobile arte dell’insulto. Espressione che in seguito in Cina ottenne una tale fortuna da divenire espressione idiomatica.
È questo il trattatello che viene qui presentato per la prima volta in traduzione integrale in una lingua europea.
Si tratta di un vademecum di strategie per regolarsi e battere l’avversario in discussioni o dispute, scritto in un tono di baldanzosa e formidabile verve, dove la sottile ironia e il caustico umorismo, parte essenziale dell’indole cinese, giocano un ruolo di spicco. Un libro verace, di comprensione penetrante del cuore umano, che affonda le radici nella conoscenza disingannata della vita e nell’arte di stare al mondo di chi ne ha viste di tutti i colori.
Espressa con parole fluenti, esatte, belle, perché sempre i Cinesi hanno apprezzato la bellezza dell’espressione esatta e raffinata, è un’operetta di pochissime, dense pagine, dov’è all’opera uno spirito che ama accennare piú che focalizzare, che ama piú le quintessenze che le farragini; composta di brevi capitoli, incisivi e corruschi, che evocano immagini e significati nella mente del lettore assai piú di quel che esprimono.
Pressoché ignota al di fuori della Cina, sarebbe stato delittuoso lasciar languire nell’oblio questa piccola perla dal tagliente sarcasmo, dove il brillante metodo dell’indiretto e dell’allusione la fa da padrone.
La validità pragmatica di questo vademecum è, detta con malanimo, tragicamente attuale.
Il rozzo e arrogante insulto oggi impera sovrano. La tv è il megafono di questo lacrimevole fenomeno. Ad ogni ora, ci si ritrova investiti da un repertorio di strepitii e volgarità a spesa principale d’argomentazione e dialettica, per non dire d’amor del vero; pure durante i confronti d’idee: luogo ormai deputato ad accapigliarsi e aggredirsi l’un l’altro, come per un bisogno quotidiano di tensione; si scatta tanto nel rimarcare le cattive abitudini altrui per quanto si è estremamente partigiani con le proprie; si tenta disperatamente di imporre la propria autorità su qualsiasi argomento, nonostante la conoscenza e le opinioni derivino principalmente dalla lettura di rotocalchi.
La nobile arte dell’insulto fornisce consigli empirici per essere verbalmente invulnerabili, opporsi e non cadere nelle mani dell’argomentazione altrui e schiantare l’avversario senza scadere nel triviale. Dunque, una bussola di saggezza pratica per indirizzarsi in convenienti offese e comportamenti concreti di cui servirsi nella prassi quotidiana del confronto, della discussione pubblica o privata; ma anche uno strumento per analizzare le forme d’argomentazione utilizzate nei dibattici politici e nel linguaggio dei mass media.
In ciò risiede la seduzione della presente operetta.
Eppure nella Premessa – in una sorta di parenesi espressa en passant – l’autore lascia intendere la sua posizione riguardo all’insulto: «Chi merita di essere insultato? Chi non merita di essere insultato? Questa è l’alternativa. L’intento di questo modello fondamentale di scelta è talmente etico che chiunque lo segue sino in fondo giunge a sentire necessità alcuna di insultare chicchessia».
Per Liang Shiqiu, dunque, il reale intento della nobile arte dell’insulto non è tanto vellicare le passioni prevaricatrici e la superbia autoaffermativa, già quotidianamente rigurgitanti, quanto rendere avvezzo il lettore al modus operandi dell’uomo sapiente, dalla mente di specie superiore, il quale – come ventila con pungente sagacia nella II regola Non insultare chi non è al nostro livello – non concede importanza alcuna alle offese rivoltegli. Vi soprassiede, con sprezzante distacco. Conoscendo la psicologia dell’insulto e i meccanismi che lo governano, rimane imperturbato; lascia cadere l’oltraggio nel vuoto, conscio che gli insulti, in realtà , sono come i boomerang: ritornano sempre al punto da cui avevano preso l’avvio. Padrone di se stesso, risponde con un nobile silenzio o con un sorriso di commiserazione, facendo ricadere l’insulto sul mittente, il quale in tal modo avrà offeso solo se stesso1.
Questa è la condotta dell’uomo eccellente, di una tale forza interiore da non aver alcun bisogno di dimostrare quella esteriore
2 e che quindi può distogliersi da un inutile conflitto con dignità e orgoglio. Questa sua presenza mentale (
xian) viene recepita dall’avversario, che prende cosà atto di essere stato sconfitto dalla sua stessa aggressività .
A chi è rivolto allora questo vademecum?
L’autore lo dice nella Conclusione: «a coloro che vogliono trarre vantaggio in una disputa», «agli appassionati dell’insulto» che in tal modo crederanno di farsi rispettare nella vita, ma anche a «coloro che vogliono difendersi da invettive di ogni genere» in discussioni nelle quali, magari, si sono ritrovati tirati dentro per i capelli loro malgrado e non vogliono allora trovarsi impreparati, come alla mercé di una funesta traversia. In tal senso, è un ottimo deterrente per sventare gli attacchi del contendente, un piccolo arsenale critico d’artifici linguistici d’attacco, difesa e confutazione.
Oppure tornerà utile all’uomo mite e ragionevole per irrobustire la consapevolezza per cui ribattere alle ingiurie dell’uomo rozzo e incolto significa porsi sul suo stesso piano. Al pari di chi si mette a «suonare musica classica a una vacca» – ricorda il proverbio cinese – cosà chi gareggia con individui incolti o di estrema imbecillità perderà tempo o avrà da subito partita persa. Meglio, anche per questo, volgere lo sguardo altrove.
2. L’insulto come arte del combattimento.
L’insulto, di cui si dà qui ampia trattazione, non è la collerica villania che fa torto all’intelligenza, l’arrogante prevaricazione, il rozzo abbassarsi al piano dell’animalità , il mezzo volgare e banale che comunemente s’intende. E tanto meno il surrogato del pensiero. Si tratta piuttosto di un’elegante e caustica tecnica argomentativa, in stile tipicamente cinese, che in modo indiretto mette alle corde l’interlocutore privandolo della parola decisiva. E con la minima spesa d’energia.
Questa è la sostanza che l’autore attribuisce alla espressione «nobile arte dell’insulto» (
marendeyishu )
. Al contrario, non sarebbe un’arte, e tanto meno nobile.
Come mette in luce l’apertura della prima regol...