Sal
eBook - ePub

Sal

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Nell'ultimo anno, Sal ha imparato molte cose. Sa come accendere un fuoco, scuoiare un coniglio, costruire un arco. Sa come proteggere la sorellina Pepa da quello che il mondo ha fatto a lei.

Sal ha pensato a tutto. Il coltello da caccia e gli scarponcini li ha comprati su Amazon con le carte di credito rubate. Ha preparato il kit del pronto soccorso, studiato le mappe delle foreste scozzesi e passato ore a guardare corsi di sopravvivenza su YouTube. Adesso è pronta. Sal ha tredici anni, sua sorella Pepa solo dieci: due bambine che del mondo sanno già troppo. La mattina in cui scappano di casa si lasciano alle spalle una madre alcolizzata, un patrigno violento e un omicidio. Fuggono dalla brutalità quotidiana per trovare quiete e rifugio nei boschi, dove vivono in una capanna e si nutrono di tutto quello che riescono a cacciare. Premere il grilletto non è quasi mai un problema: in natura la violenza è all'ordine del giorno, una questione di vita o di morte. Quando si è soli nella foresta, il pragmatismo è l'unico antidoto alle crisi di panico, mette a tacere i fantasmi del passato, impedisce al terrore di avere la meglio. Perché Sal è in grado di sopravvivere in condizioni estreme, ma non ha idea di come vivere una vita normale. Un romanzo vero e struggente sull'amore tra sorelle, in cui alla lingua concreta del manuale di istruzioni si mescola quella fulminea di Twitter e Snapchat e quella familiare e dolcissima delle storie sussurrate davanti al fuoco.

«Travolgente... la scrittura di Mick Kitson convince sia nel ritrarre l'amore tra sorelle che nel dipingere la bellezza della natura vista con gli occhi di Sal... un esordio audace».
«Sunday Express» «Originale e sfrontato... insieme attuale e senza tempo, una storia che commuove e consola... Sal merita di diventare un successo».
«The Observer»

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
Print ISBN
9788806236373
eBook ISBN
9788858429303
Capitolo sesto

Paese

Il gallo cedrone non aveva molta carne e la maggior parte l’ho lasciata a Pepa, però era buono col sale e arrostito sulle pietre. Avevamo attraversato tutta la brughiera fino a un’altra collina e poi eravamo tornate indietro girando intorno alla Magna Bra. Non avevamo preso altri uccelli ma avevamo visto volare dei nibbi e delle oche. Nessuna persona in vista né elicotteri né 4 x 4 della forestale. Prima di tornare e raccogliere altra legna e cuocere il gallo cedrone avevamo fatto quattro miglia.
Quella sera ho raccontato a Pepa dei Covenanters in Scozia che non volevano la religione del re inglese e non volevano vescovi nella chiesa e si riunivano di notte nelle brughiere e sulle colline dell’Ayrshire e del Galloway. Avevano predicatori che indossavano delle maschere e parlavano di Dio in raduni segreti, e dal 1680 al 1688 c’era stato un periodo chiamato l’Epoca dei Massacri in cui il re aveva mandato dei soldati in quella zona e quelli avevano massacrato i Covenanters e ne avevano spediti a migliaia in Irlanda. C’era una donna che si chiamava Margaret Wilson e non voleva abbandonare la sua religione e loro l’avevano presa insieme ad alcuni uomini e li avevano legati con la bassa marea a dei pali nel fiordo di Solway. Le avevano dato la possibilità di dire che amava il re e sarebbe andata nella sua chiesa ma lei non aveva voluto e allora l’avevano lasciata lí con l’alta marea ed era annegata. E Pepa ha detto: – Perché non ha detto quello che volevano loro? – E io ho detto: – Non lo so, – ed era vero.
Io l’avrei detto. Non importa in quale chiesa vai. Noi non andavamo mai in chiesa ma abbiamo fatto un po’ di religione a scuola e a Pasqua e a Natale veniva un pastore e ce la menava su Gesú. Anche Pepa avrebbe detto quello che volevano loro, e suo papà è cattolico.
Le storie dei Covenanters le avevo scoperte su Wikipedia mentre cercavo informazioni sul Galloway e avevo trovato l’espressione «l’Epoca dei Massacri» e l’avevo googlata e c’erano delle cose su Margaret Wilson e sui massacri nel Galloway.
Il giorno dopo abbiamo lavato mutande e calze e magliette nel ruscello e ho teso una corda fra due alberelli per fare un filo per stendere sopra il fuoco. Ho spiegato a Pepa che dovevamo lavarci se no diventavamo tutte sporche e rischiavamo di prenderci i pidocchi o le infezioni. E Pepa ha detto: – Sí, hai ragione, gallinaccia, non voglio una fica fetente, – e io ho detto: – Neanch’io.
Abbiamo acceso il fuoco e quando ha cominciato a bruciare bene ho scaldato dell’acqua nel bollitore e ci ho inzuppato l’asciugamano e Pepa si è spogliata e lavata tutta e continuava a tremare e battere i piedi e fare: – Aaah! – mentre io le sciacquavo e strizzavo l’asciugamano. Si è messa una maglietta asciutta e ha saltellato accanto al fuoco finché non si è scaldata e asciugata e poi si è rivestita. Poi abbiamo scaldato altra acqua e mi sono spogliata io. Pepa si è seduta su un tronco a guardarmi. Il fuoco ti scaldava davanti ma la schiena e il sedere gelavano al vento che soffiava ancora da nord.
Pepa ha detto: – Ti stanno venendo i peli.
E io: – Sí.
E lei: – Io non li voglio.
– Tanto ti vengono anche a te.
E lei: – A me verranno rossi?
E allora ho riso. A volte riesce a farmi ridere cosí, di punto in bianco e senza sapere come. E lei si è infuriata perché ridevo.
– A te non te ne importa. Io però avrò i peli rossi e mi chiameranno Peli Rossi.
– Chi?
– Tipo i ragazzi.
– No. Mica li vedranno.
– Sí, ma lo sapranno. Per via dei capelli.
– Pepa, tu sarai bellissima, – ho detto.
Si stava premendo il petto dai lati per farsi il solco fra i seni. E poi: – Avrò le tette come Maw col solco in mezzo?
– Non lo so. Io non ce le ho cosí.
– Sí, Sal, ma a te stanno ancora crescendo.
Le mie erano piccole come foruncoli e non portavo il reggiseno. Non ne avevo bisogno. Non le volevo grosse come Maw. Robert era sempre lí che le fissava e le palpava. Non avevo neanche ancora il ciclo ma a volte pensavo che mi veniva quando mi faceva male la pancia e la sentivo gonfia e invece non mi veniva. Sapevo cosa fare se mi veniva e avevo degli Always Ultra nello zaino e delle salviette rinfrescanti non profumate. Avevo anche l’ibuprofene con codeina per i dolori mestruali.
Nelle trappole non c’erano conigli e allora le abbiamo tolte e ci siamo allontanate dalla prima tana e ne abbiamo trovata un’altra oltre le felci e le querce piú vicino alla sponda del lago e abbiamo piazzato altre tre trappole e le abbiamo lasciate lí. Poi siamo tornate alla capanna e abbiamo raccolto altra legna. La legna seccata in piedi vicino a noi l’avevamo finita e ora dovevamo andarla a cercare lungo il ruscello o piú in alto nel nostro bosco. Ho tagliato altre frasche di abete per la parte di sopra della capanna e per la base dove la cerata non arrivava fino a terra.
Quella sera non avevamo carne o pesce e abbiamo mangiato torta alle ciliegie e noci e uva passa.
Il vento era cambiato e non veniva piú da nord ma da ovest ed era piú caldo, e mentre ce ne stavamo sdraiate nella capanna a guardare il fuoco abbiamo sentito sibili e schizzi e ha cominciato a piovere forte. La pioggia scioglieva la neve dai rami degli alberi e ne cadevano dei grumi bagnati, e dopo un’ora il fuoco era quasi spento e tutto zuppo e sentivamo il ruscello che correva e ribolliva pieno di acqua nuova. Avevo ammonticchiato un po’ di legna ad asciugare dentro la capanna e avevo fatto bene. La capanna di frasche non faceva entrare la pioggia e ci siamo addormentate ascoltandola che tamburellava sopra di noi.
La mattina dopo ho acceso un fuocherello proprio all’ingresso della capanna e ho fatto bollire l’acqua e mentre aspettavo l’alba ho cominciato a preoccuparmi per il cibo. Ancora non riuscivo a calcolare da quanti giorni eravamo lí o che giorno della settimana era. Quando eravamo scappate doveva essere mercoledí e quindi quando avevamo visto l’elicottero doveva essere domenica se erano passati cinque giorni da quando eravamo scappate, ma non ricordavo cosa avevamo fatto ogni singolo giorno o per quante notti mi ero addormentata raccontando delle cose a Pepa. Dovevamo aver mangiato due conigli perché avevamo due pelli e per due giorni avevamo mangiato pesce e un giorno gallo cedrone. Pensandoci bene ho calcolato che quel giorno poteva essere un mercoledí o un giovedí.
Eravamo a corto di cibo e se non prendevamo un coniglio o pescavamo di nuovo qualcosa avremmo dovuto mangiare l’ultima uva passa e le brioche e poi avremmo patito la fame. Io la fame la sopportavo ma Pepa no e io non volevo fargliela patire e stavo cercando di calcolare se il cibo che avevamo portato ci sarebbe bastato fino a quando non saremmo riuscite a sfamarci con quello che catturavamo e cacciavamo. E non avrei voluto ma stavo pensando che forse non potevamo mangiare solo quello che raccoglievamo o catturavamo o cavavamo dalla terra e che avevamo bisogno di altro cibo.
Mi ci sarebbe voluto un giorno intero per andare in paese a prendere da mangiare per un’altra settimana e avrei dovuto lasciare Pepa lí perché sapevano che eravamo in due e a quel punto dovevano avere delle descrizioni e forse anche i filmati delle telecamere della stazione e forse sapevano anche che ci eravamo travestite. Io avevo nello zaino centocinque sterline avanzate dai soldi che ci eravamo portate. Al pensiero di lasciare Pepa da sola mi stava venendo il panico.
Pepa mi ha chiamato dal letto: – Sal, niente tè?
E io le ho detto di sí e gliel’ho preparato con una bustina e il latte Uht e lo zucchero. Le ho dato per colazione tre delle brioche e lei le ha mangiate nel letto mentre sorgeva il sole. Aveva quasi smesso di piovere ma il vento soffiava ancora da ovest ed era umido e abbastanza caldo.
Lei ha detto: – Sal, la neve si è sciolta. E il bucato è tutto fradicio.
E in effetti era lí tutto gocciolante ancora sul filo per stendere.
Ho detto: – Pepa, credo di dover andare a prendere altro cibo. E tu non puoi venire se no ci scoprono. Ci metterò tutto il giorno e tu dovrai restare qui e restare nella capanna.
Lei ci ha pensato per un po’ e poi ha detto: – Mi prendi un libro?
Ho detto di sí e lei ha detto: – Posso tenere il coltello e il fucile?
Ho detto di sí e che avrei pompato il fucile e messo una pallottola in canna e però lei non doveva sparare se non in caso di emergenza se qualcuno la aggrediva. Ha detto: – Sal, avrò paura –. E io ho detto che lo sapevo e sono andata ad abbracciarla e ho sussurrato: – Resta dentro la capanna e non uscire. Andrà tutto bene e io tornerò prima che venga buio.
E lei: – E se devo fare la pipí?
– Allora puoi andare alla latrina ma poi torni subito qui e stai nel letto al calduccio e mi aspetti.
E lei: – Posso tagliare le pelli di coniglio e farmi un cappello? So cucire.
Le ho detto di sí anche se sapevo che avrebbe fatto un pasticcio. E le ho spiegato di stare attenta e tagliare sempre col coltello rivolto verso l’esterno e farlo su una pietra dentro la capanna. Le ho preso il kit per il cucito con un filo extraforte e le ho infilato il filo in un ago grosso. Ho tolto le pelli di coniglio dai telai e le ho ripulite dalla cenere e la pipí e le foglie di quercia e le ho sgualcite e sfregate per cercare di ammorbidirle. Le ho dato il coltello e le ho detto di tenerlo sempre dentro il fodero quando non lo usava perché il fodero aveva dentro un affilatoio.
Le ho lasciato le brioche e l’acqua nel bollitore e le ho fatto mettere il maglione viola e la giacca di pile. Era già stata a casa da sola quando io ero fuori a prendere delle cose e Maw e Robert erano al pub o in giro in paese, ma quelle volte aveva sempre la tv.
Ho preso lo zainetto e la mappa e la bussola e i soldi. L’ho lasciata nella capanna a cucire le pelli di coniglio. Non l’ho salutata né ho fatto tante cerimonie ma mi sono solo voltata e me ne sono andata. Per il primo miglio attraverso la foresta ho respirato con regolarità guardando dritto davanti a me e ascoltando i miei piedi che calpestavano le foglie e i rametti e gli aghi di larice marroni.
Avevo la giacca di pile e lo zainetto e i capelli raccolti dentro il berretto e dovevo sembrare un maschio che faceva un’escursione perché avevo gli scarponcini da trekking e anche i soprapantaloni impermeabili. Se qualcuno mi vedeva, avrebbe pensato che ero un ragazzo, magari uno scout a spasso per la foresta.
Ho continuato lungo il bosco e poi sono passata su un tratto di brughiera con l’erica e ho continuato costeggiando una zona di alberi piantati finché non sono sbucata al fondo di una collina, e oltre la collina c’era la valle successiva e poi lungo la cresta un pendio che scendeva verso una pista forestale che continuava attraverso un’altra zona piantata a conifere.
Per non farmi prendere dal panico per Pepa pensavo a Ian Leckie. Era il papà di Mhari e badava a noi quando eravamo piccole e mi voleva bene. Era l’unica persona che non mi trovava strana e non mi diceva: «Cos’hai da fissare?» Era vecchio e loro abitavano in una vera casa con un giardino e un capanno per gli attrezzi. Anche dopo che avevo smesso di essere amica di Mhari andavo a trovarlo e lui mi chiamava Bella Sal. Ian Leckie mi aveva insegnato a pescare e a fare i nodi e aveva portato me e Mhari all’argine e avevamo preso un merluzzo e un merlango usando come esca il filetto di sgombro. Mi aveva fatto vedere come si puliva lo sgombro e trovava buffo che a me piaceva farlo e mi aveva detto: – Non ce ne sono tante, Sal, di ragazze che lo sanno fare.
Nel capanno aveva attrezzi e latte di vernice e smalto e aveva costruito una gabbia per il coniglio di Mhari. Mi aveva parlato del compensato e mi aveva spiegato che è cosí robusto perché incollano i fogli sottili l’uno all’altro alternando le venature e poi li comprimono. Mi aveva insegnato a segare i pezzi di legno tenendo giú il gomito in modo da non deviare dalla linea che stavo tagliando e mi aveva spiegato che si mettono delle strisce di rame sul fondo dei pescherecci per non far attaccare le alghe e i cirripedi perché il rame crea una corrente elettrica che non li fa crescere.
Quando ero triste per Maw o avevo paura di Robert o mi prendeva il panico pensavo a Ian Leckie e mi sentivo calma e al calduccio e credo che gli avrei potuto voler bene come al mio vero papà. Ian Leckie non beveva e diceva che era astemio da ventidue anni ma prima invece beveva giorno e notte e lo avevano arrestato per rissa. Per restare astemio e non bere andava a delle riunioni alla Fishermen’s Hall con altre persone che non bevevano.
Una volta ha incontrato me e Maw e Pepa che venivamo su dalla zona pedonale e Pepa era nel passeggino e Maw aveva tre bottiglie di sidro in un sacchetto. Ha detto: – Ciao Claire, come te la passi, gioia? – e Maw ha detto bene e sembrava voler andare via ma lui le ha messo una mano sulla spalla e ha detto: – Te la passi bene, gioia mia? – e Maw ha detto di sí e che voleva solo andare a casa a preparare la cena.
Ian Leckie mi ha carezzato la testa e ha detto: – Come sta la mia Bella Sal? – e poi si è accovacciato e ha messo una mano sulla guancia di Pepa e ha detto: – Guarda la piccola Pepa, che bella bambina –. E lei ha sorriso e non aveva denti davanti e lui ha battuto le mani e gonfiato le guance e lei ha ridacchiato.
E Maw: – Ci vediamo, Ian. Andiamo, Sal.
E Ian Leckie: – Sabato vado all’argine a pescare il merluzzo se Sal vuole venire. È brava a pulire il pesce.
E Maw: – Oh Ian, sabato siamo via, andiamo a Glasgow a trovare la mia amica Jo. Andiamo, Sal… – E si è riavviata verso casa. Io lo sapevo che il sabato non eravamo via e lo sapevo che lei non aveva nessuna amica a Glasgow che si chiamava Jo. La mia mamma era brava a dire le bugie. Siamo arrivate a casa e lei ha attaccato col sidro e io e Pepa abbiamo guardato la tv.
Da allora quando vedevo Ian Leckie o andavo da lui per stare nel suo capanno degli attrezzi lui diceva: – Come va la tua mamma? – e io dicevo tutto bene. E allora lui diceva: – Beve ancora? – e io dicevo di sí. E lui diceva: – Dille di venirmi a trovare se le serve una mano.
Ma io non glielo dicevo. Lei si arrabbiava e urlava solo se non aveva da bere o se io lo nascondevo e lei lo trovava o se le dicevo di non bere. Quando si ubriacava stava bene e poi per un po’ era affettuosa e voleva coccolarci. E poi a volte piangeva e si metteva a telefonare alla gente col suo telefono e io preparavo la cena a Pepa e la mettevo a letto. Se tornavo a vedere, lei di solito dormiva e non c’era modo di svegliarla e allora controllavo se la sua sigaretta era spenta e la coprivo con un sacco a pelo e andavo a letto oppure leggevo qualcosa su internet.
Maw ci portava sempre a rubare da bere con Pepa nel passeggino. Riusciva a prendere solo il vino o lattine di sidro o birra extra stron...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Sal
  4. I. Trappole
  5. II. Spari
  6. III. Ami
  7. IV. Neve
  8. V. Uccelli
  9. VI. Paese
  10. VII. Ingrid
  11. VIII. Febbre
  12. IX. Funghi
  13. X. Accampamento
  14. XI. Cibo
  15. XII. Magna Bra
  16. XIII. Sci
  17. XIV. Auto
  18. XV. Brina
  19. XVI. Foschia
  20. XVII. Nebbia
  21. XVIII. Casa
  22. Ringraziamenti
  23. Il libro
  24. L’autore
  25. Copyright