– Figliolo, questo lavoro è cosà semplice, – disse Joe Graham tra due bocconi di toast, – che puoi farlo persino tu.
– Ancora un po’ di succo d’arancia, Joe? – chiese Karen, in piedi alle sue spalle con una caraffa. Prima gli aveva offerto un piatto di uova strapazzate con patate fritte e toast di segale. E prima ancora aveva dispensato caffè, succo e muffin mentre cucinava.
Neal le lanciò un’occhiataccia. Vivevano insieme da nove mesi e lei gli aveva preparato la colazione soltanto una volta.
Biscotti caldi Pop-Tarts. Bruciati.
Era Neal quello in casa che si occupava della cucina.
Finché arriva Graham, pensò, e Karen diventa la dolce zia Bea.
Karen ricambiò l’occhiataccia, che non era affatto da zia Bea, ma da Karen Hawley, e significava: «Non rompere, io preparo la colazione quando mi va».
Karen voleva bene a Graham. La sua faccia da folletto le era simpatica e il braccio artificiale lo faceva sembrare vulnerabile. Karen vedeva che Joe rispettava sé stesso e le persone che aveva intorno, e questo le piaceva. Inoltre, sapeva che aveva praticamente cresciuto Neal, trasformandolo da bambino abbandonato in un essere umano decente. Karen lo trattava come un suocero a cui voleva un gran bene, anche se Graham non era il vero padre di Neal e lei non era sua moglie.
Nell’America degli anni Ottanta, pensava Karen, le famiglie non sono piú cosà convenzionali.
– Cos’è questo, il tuo look da Serpico? – chiese Graham.
Non aveva mai visto prima Neal con i capelli lunghi, per non parlare della barba. E la camicia di tela consunta, fuori da un paio di jeans sbiaditi? Il ragazzo aveva bisogno di ricordare in quale decennio si trovasse.
– È una specie di copertura, – borbottò Neal.
Era imbarazzato. All’inizio barba e capelli erano proprio quello, un modo per mascherare la sua identità , ma poi il suo aspetto aveva cominciato a piacergli. Anzi, piú che l’aspetto, la sensazione: si sentiva rilassato, tranquillo, ed era un bel cambiamento dopo ventisette anni sempre in tensione come l’interno di una palla da baseball.
– A me piace, – disse Karen. Gli passò le dita tra i capelli, dove toccavano il collo. – Ma mi sa che stasera devo darti una spuntatina.
Questa è una buona cosa, pensò Graham. Una buona cosa per il ragazzo; finalmente ha una persona accanto. Quando vado a prenderlo, di solito lo trovo sepolto tra libri, schede e brutti ricordi, intento a leccare l’autocommiserazione come fosse un gelato. Stavolta sta con una donna seria, che lo ama tanto da non avere pazienza con le sue stronzate. E Neal non ha il tempo di piangersi addosso: la mattina apre gli occhi e lei è lÃ.
– Allora, lo vuoi il lavoro? – chiese Graham.
– Papà , sto pensando…
– Sul serio? Quando hai cominciato? – Graham sentiva che insultare Neal era suo dovere.
– Da poco, – ammise Neal. – Ma sto pensando di ritirarmi.
Ci pensava da quando aveva sparato a un uomo, lasciandolo morto in mezzo alla neve. Poi si era rifugiato nella stanza da letto di Karen Hawley e non ne era uscito per settimane, nascondendosi dai federali, dalla polizia stradale e da quella locale.
E là era successa la cosa piú strana di tutte: nulla.
Quando finalmente aveva messo fuori la testa, capelli lunghi, barba e tutto, aveva scoperto una totale mancanza di interesse; niente domande; nessuno, nel piccolo villaggio di Austin, Nevada, aveva detto nulla.
E Neal aveva scoperto di avere una vita.
– Quanti anni hai, ventotto? – chiese Graham.
– Lavorando per gli Amici gli anni si contano come quelli dei cani, – rispose Neal. – Perciò in realtà ne ho centonovantasei.
Gli Amici di Famiglia: un’organizzazione privata che il banchiere Ethan Kitteredge gestiva per aiutare i suoi clienti piú ricchi a risolvere i loro problemi. Il che di solito significava gettare in mezzo a quei problemi Neal e Graham. Neal era uscito da poco dall’ultima situazione difficile e non era ansioso di cacciarsi in un’altra.
Inoltre, pensò, io qui sono felice. Mi alzo la mattina, preparo il pranzo al sacco per Karen, poi mi metto alla scrivania e lavoro alla mia tesi su Smollett fino a mezzogiorno. A quel punto mi cucino qualcosa da mangiare o vado da Brogan a farmi un sandwich e una birra, quindi torno a casa, lavoro fino al tardo pomeriggio e poi preparo la cena. Quando arriva Karen mangiamo, e dopo cena lei di solito si mette a correggere i compiti dei suoi alunni. A volte guardiamo un po’ di televisione e infine ce ne andiamo a letto. La mia vita mi piace.
– Sto pensando di farmi convalidare tutti gli esami che ho fatto alla Columbia, – disse. – E di finire l’università qui in Nevada.
Finire l’università . Una frase che aveva un suono quasi irreale. Ormai ci provava da circa sei anni, ma il lavoro per gli Amici lo aveva fatto deviare spesso dalla sua idea di insegnare letteratura inglese, un giorno, in una piccola università da qualche parte.
– Gli assegni li hai ricevuti? – chiese Graham.
Neal annuÃ. Qualche settimana dopo essersi rintanato da Karen, era arrivato un pacco con un set completo di documenti di identità a nome Thomas Heskins. Pochi giorni dopo, era arrivato anche il primo di una serie di assegni mensili, grosso modo equivalenti al suo stipendio come agente operativo degli Amici di Famiglia.
Karen si accigliò alla menzione degli assegni, che rappresentavano un tema sensibile tra loro. Neal se ne stava in casa a scrivere la sua tesi: «Tobias Smollett, il fuoriclasse della letteratura inglese del XVIII secolo», e guadagnava piú di Karen, che lavorava cinquanta e piú ore alla settimana come maestra. E tipicamente (per lui) aveva deciso di scrivere la tesi di dottorato prima ancora di iscriversi a un corso di laurea.
Karen Hawley amava davvero Neal, ma si rendeva conto che tendeva a mettere il carro davanti ai buoi. E ora che si era presa un semestre sabbatico, quel problema stava diventando anche suo.
– Quegli assegni, – disse Graham, – non rappresentano una pensione. Erano una specie di rimborso per inabilità al lavoro, durante il periodo in cui hai dovuto nasconderti.
Erano? pensò Neal. Non suonava bene.
– Cosa stai cercando di dirmi, papà ? – chiese.
– Che puoi tornare a essere Neal Carey, se vuoi.
E perché dovrei volerlo?
– Chi avete pagato?
«Avete» si riferiva alla banca di Kitteredge a Providence, nel Rhode Island.
– Le solite persone, – rispose Graham. Comprare dei politici a Washington era facile come abbonarsi a una rivista, anche se nel caso dei politici bisognava rinnovare piú spesso l’abbonamento. Inoltre, i federali non avevano particolare interesse a risolvere quel caso. Se qualcuno faceva loro un favore, togliendo di mezzo uno stronzo neonazista come Strekker, be’, era uno stronzo in meno di cui preoccuparsi. Graham non poteva provare che Neal avesse fatto quel servizio alla collettività e tra loro non ne avevano mai parlato, ma l’ultima volta che Joe Graham lo aveva visto, Neal Carey si stava allontanando tra i cespugli di salvia con un fucile in mano.
– Ed pensa che sia ora di farti tornare al lavoro, – proseguà Graham.
Ed era Ed Levine, il direttore della sede degli Amici a New York, dove Graham lavorava, mentre Neal di solito no.
– Chi è scomparso? – sospirò Neal. – Chi devo trovare?
Perché era quello ciò che faceva di solito per gli Amici.
Graham si produsse nel suo sorriso da ratto sopra un mucchio di rifiuti e disse: – Questo è il bello.
– Il bello? – gli fece eco Neal. Arrendersi e chiedere era piú facile che lasciare a Graham il divertimento di tirar fuori le parole un po’ alla volta.
– Non devi trovare nessuno. La persona che cerchiamo l’abbiamo già trovata noi.
– Quindi? – chiese Neal.
Graham sogghignò. – Vogliamo che tu le insegni l’inglese.
– Chi è? Perché? Da dove viene?
– Brooklyn, – rispose Graham.
– Restano ancora chi e perché.
– Lo prendi il lavoro? – chiese Graham.
Avrebbe rivelato il resto solo se Neal avesse accettato.
Già , pensò Neal. Prima accetto, poi mi dici che l’avete trovata in una prigione ai confini della Mongolia e il mio lavoro consiste nell’infiltrarmi nella nazione, insegnarle l’inglese e fuggire in groppa a un cammello attraverso l’Unione Sovietica.
– Mi sono ritirato, – ripeté.
– Quant’è la paga? – chiese Karen a Graham.
Neal la fissò, inarcando le sopracciglia.
– Ci piacerebbe costruire un terrazzo in legno dietro la casa, – spiegò lei.
...