Un paese lontano
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Un paese lontano

Cinque lezioni sulla cultura americana

  1. 168 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Un paese lontano

Cinque lezioni sulla cultura americana

Informazioni su questo libro

Cinque saggi brevi e compatti, che individuano alcuni concetti fondamentali della modernità, per riflettere criticamente sullo sviluppo planetario dell'egemonia culturale americana, accostando Whitman a Baudelaire, il western al film noir, Hemingway a Joyce, Miller a Brecht, oppure Vermeer a Hopper e Rembrandt a Warhol. Riflessioni critiche e puntuali analisi stilistiche evidenziano dissonanze, antitesi e conflitti, e compongono una sorta di breviario di educazione estetica, utile a illustrare le diverse realtà culturali e le metamorfosi delle forme artistiche all'interno di distinti contesti sociali, tra Vecchio e Nuovo mondo. Con una missione: risvegliare in ogni lettore il «senso di meraviglia per quel che la letteratura sa fare», dimostrando soprattutto che «vale la pena studiare la letteratura, e non solo leggerla per piacere».

«Un sogno, o forse un'ossessione. Nulla deve fermare la marcia della carovana: una preghiera mormorata in fretta, e i morti vengono lasciati per sempre alle spalle; una bambina nasce, e dopo qualche ora è già sul carro. La vita è al tempo stesso implacabilmente quotidiana - sempre lí a far bollire il caffè, a rammendare calzini e lavare l'unica camicia decente - e del tutto imprevedibile: un pericolo che non viene tanto da altri esseri umani (benché il conflitto con gli "indiani" compaia in quasi tutti i film sulla migrazione verso ovest), quanto dall'ostilità della natura: fa sempre troppo caldo, troppo freddo, troppo secco, troppo vento… pioggia, polvere, neve, montagne, rapide…» «L'opera di Edward Hopper è insieme una lontana eco di quella di Vermeer, e il suo rovesciamento. Anche qui, vita di ogni giorno: ma la vivacità dell'Olanda del Seicento è ricaduta nelle antiche associazioni del termine "quotidiano": un che di incolore, mesto, monotono, privo di storia. […] Una vita privata senza vita; e giú in strada, una sfera pubblica senza pubblico. Farmacia: chiusa. Domenica mattina: vuota. È domenica mattina, e dalle ombre si capisce che è presto, dunque è logico che non ci sia in giro nessuno. Ma in arte la causalità è sempre teleologia mascherata: nessuno aveva costretto Hopper a dipingere una farmacia dopo l'orario di chiusura, o una strada all'alba; se lo ha fatto, è perché voleva dipingere lo spazio pubblico come un deserto. È la vera e propria impresa dei Nottambuli: infilare quattro persone in un piccolo spazio - e farlo sembrare vuoto».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2019
Print ISBN
9788806239954
eBook ISBN
9788858430262
Argomento
Letteratura

Note

Introduzione.

1. Il corso veniva insegnato da tre diversi gruppi; durante il terzo trimestre, io mi occupavo del periodo 1850-1914, insieme a Nicholas Jenkins (1914-1945) e Ursula Heise (1945-2000). In seguito, gli insegnanti vennero ridotti a due, e infine a uno solo.
2. Questo modo di vedere la storia è il risultato di influenze diverse: le prime, di stampo strettamente critico-letterario, furono il formalismo russo e lo strutturalismo degli anni Sessanta; piú tardi incontrai gli «equilibri punteggiati» di Gould ed Eldredge e i «cambi di paradigma» di Kuhn; piú di recente, ho spesso pensato al «teatro epico» di Brecht, dove «ogni scena sta per sé», la storia procede per «salti», e il significato dell’insieme può esser colto solo grazie al «montaggio» di elementi diversi.
3. György Lukács, Teoria del romanzo (1914-15), Newton Compton, Roma 1972, p. 74. (Qui e altrove, le traduzioni dei testi citati sono state a volte lievemente modificate per ragioni di fedeltà all’originale). Lukács non è il solo a pensarla in questo modo: in Attitudes toward History (1937, terza edizione, University of California Press, Oakland 1984, p. 43), Kenneth Burke definí le forme estetiche come «strategie per vivere», mentre per George Kubler «ogni opera d’arte significativa può esser considerata […] come la soluzione, difficile a raggiungersi, di un qualche problema» (The Shape of Time. Remarks on the History of Things, 1972, Yale University Press, New Haven 2008, p. 30). Prendendo le mosse dall’Antropologia strutturale di Lévi-Strauss, Fredric Jameson ha parlato della narrativa come di una «soluzione immaginaria di una contraddizione reale» (The Political Unconscious. Narrative as a Socially Symbolic Act, Cornell University Press, Ithaca 1981, p. 77), mentre per Michael Baxandall «la spiegazione storica di un dipinto» consiste nel «ricostruire sia il problema specifico che intendeva risolvere, sia le specifiche circostanze della sua produzione» (Patterns of Intention. On the Historical Explanation of Pictures, Yale University Press, New Haven 1985, pp. 14-15).
4. Theodor W. Adorno, lettera del 10 novembre 1938, citata in Walter Benjamin, Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell’età del capitalismo avanzato, Neri Pozza, Vicenza 2012, pp. 747-48.
5. Aby Warburg, Der Bilderatlas Mnemosyne. Einleitung (1929), in Id., Gesammelte Schriften, vol. II/1, a cura di Martin Warnke, De Gruyter, Berlin 2000, p. 3.
6. Erwin Panofsky, Il concetto del «Kunstwollen» (1920), in Id., La prospettiva come «forma simbolica» e altri scritti, Feltrinelli, Milano 1979, p. 167.
7. Henrik Ibsen, Quando noi morti ci destiamo, in Id., I drammi, traduzione di Anita Rho, 3 voll., Einaudi, Torino 1959, vol. III, p. 834.
8. D’Arcy W. Thompson, Crescita e forma (1917), Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 15.
9. Georg Simmel, Filosofia del denaro (1900), Utet, Torino 1984.
10. Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 2014, p. 79.
11. Nel caso di Hopper e Miller, con la loro America da Grande Depressione (Hopper) o senza speranze di progresso a breve (Miller), il tema dell’egemonia è di fatto assente. La luce che gettano sul Novecento americano è sufficiente, spero, a giustificare la loro presenza.
12. Theodor W. Adorno, Alban Berg. Master of the Smallest Link (1968), Cambridge University Press, Cambridge 1991, pp. 35-37 [trad. it. Alban Berg. Il maestro del minimo passaggio, Feltrinelli, Milano 1983].
13. Max Weber, La scienza come professione (1918), in Id., Il lavoro intellettuale come professione, Einaudi, Torino 1967, pp. 35-36.
14. Robert Boyle, A Proemial Essay, wherein, with some Considerations touching Experimental Essays in general, Is interwoven such an Introduction to all those written by the Author, as is necessary to be perused for the better understanding of them; in The Works of the Honourable Robert Boyle, a cura di Thomas Birch, seconda edizione, Rivington, London 1772, vol. I, p. 312.
15. In realtà, qui non si tratta solo della «forma» dell’insegnamento. A libro finito, mi sono reso conto che la sua tesi non era cosí esplicita come avei voluto: che, per esempio, la costellazione di valori che definisce secondo me l’egemonia americana – democrazia, violenza e consumi – era emersa in modo troppo sporadico e frammentario. Lí per lí, pensai semplicemente di correggere quel che avevo scritto; poi capii che alla base del problema stava la mia convinzione che, in un corso universitario, le tesi di chi insegna dovrebbero rimanere piú sullo sfondo di quanto di solito non accada in un libro. Giusta o sbagliata che sia questa idea, mi è sembrato che il libro dovesse rispettare il principio su cui si era fondato il corso.
16. Bertolt Brecht, Il teatro moderno è il teatro epico. Note sull’opera «Ascesa e caduta della città di Mahagonny» (1931), in Id., Scritti teatrali, Einaudi, Torino 2001, p. 30.
17. Id., Teatro di divertimento o teatro d’insegnamento? (c. 1936), in Id., Scritti teatrali cit., p. 63.
18. «Non potrebbe essere tutt’uno il piacere che prova a bere e a lavarsi, e quello procuratogli dai nuovi pensieri?» si chiede Brecht nel Kleines Organon: «Non dimenticarlo: egli pensa per il piacere di pensare!»; Breviario di estetica teatrale (1948), in Id., Scritti teatrali cit., p. 141.
19. Richard P. Feynman, Il piacere di scoprire (1999), Adelphi, Milano 2002, p. 123.
20. Weber, La scienza come professione cit., p. 34.
21. Burke, Attitudes toward History cit., p. 4.

Capitolo primo.

1. Friedrich Hölderlin, Tutte le liriche, traduzione di Luigi Reitani, Mondadori, Milano 2001 («Aber Freund! wir kommen zu spät; zwar leben die Götter | Aber über dem Haupt droben in anderer Welt. | Endlos wirken sie da und scheinen’s wenig zu achten, | Ob wir leben…»).
2. Lukács, Teoria del romanzo cit., pp. 108 e 68.
3. Weber, La scienza come professione cit., p. 41.
4. «Indessen dünket mir öfters | Besser zu schlafen, wie so ohne Genossen zu seyn, | So zu harren, und was zu thun indeß und zu sagen, | Weiß ich nicht, und wozu Dichter in dürftiger Zeit?»
5. G. W. F. Hegel, Estetica (1820-29), Einaudi, Torino 1967, pp. 14-15.
6. Lee Erickson, The Economy of Literary Form. English Literature and the Industrialization of Publishing, 1800-1850, Johns Hopkins University Press, Baltimore-London 1996, p. 26.
7. Walter Benjamin, Su alcuni motivi in Baudelaire (1940), in Id., Charles Baudelaire cit., p. 853.
8. Charles Baudelaire, I fiori del male e altre poesie, traduzione di Giovanni Raboni, Einaudi, Torino 2014 («La sottise, l’erreur, le péché, la lésine, | Occupent nos esprits…»).
9. Walt Whitman, Prefazione 1855 alla prima edizione di Foglie d’erba, traduzione di Enzo Giachino, Einaudi, Torino 2016, pp. 691-705. («The Americans of all nations at any time upon the earth have probably the fullest poetical nature. The United States themselves are essentially the greatest poem […]. Here is not merely a nation but a teeming nation of nations. Here is action untied from strings necessarily blind to particulars and details magnificently moving in vast masses. Here is the hospitality which forever indicates heroes […]. Here are the roughs and beards and space and ruggedness and nonchalance»).
10. Id., Il canto di me stesso, ibid., pp. 55 sgg. («The bugle calls in the ball-room, the gentlemen run for their partners, the dancers bow to each other; | The youth lies awake in the cedar-roof’d garret, and harks to the musical rain; | The Wolverine sets traps on the creek that helps fill the Huron; | The squaw, wrapped in her yellow-hemmed cloth, is offering moccasins and bead-bags for sale; | The connoisseur peers along the exhibition-gallery with half-shut eyes bent sideways; | As the deck-hands make fast the steamboat, the plank is thrown for the shore-going passengers»).
11. «Census, Map, Museum» è il titolo del capitolo di Imagined Communities in cui Benedict Anderson descrive le «matrici» classificatorie usate dagli Stati moderni, e fondate sull’idea che il mondo (come l’America di Whitman) «sia fatto di entità plurali e replicabili» (Benedict...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Elenco delle illustrazioni
  4. Un paese lontano
  5. Introduzione. Stanford, Salerno
  6. I. Walt Whitman o Charles Baudelaire?
  7. II. Grammatica e guerra: Grande fiume dai due cuori di Hemingway
  8. III. Contrappunto: il western e il film noir
  9. IV. La causalità in Morte di un commesso viaggiatore
  10. V. Amsterdam, New Amsterdam
  11. Note
  12. Indice dei nomi e delle opere
  13. Il libro
  14. L’autore
  15. Dello stesso autore
  16. Copyright