Lo sport dei re
eBook - ePub

Lo sport dei re

  1. 584 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Ricco proprietario terriero del Kentucky, Henry Forge aspira ad allevare il cavallo perfetto, una macchina da corsa imbattibile. Autoritario e tracotante, Henry è sicuro di poter piegare tutto alla sua volontà, dalla genetica all'unica figlia ed erede Henrietta. A scompaginare il malsano equilibrio dei Forge arriva Allmon, uno stalliere nero cresciuto tra la violenza e la miseria del ghetto. È la miccia che incendia il divario tra ricchi e poveri, animali vincenti e perdenti, bianchi e neri. «Ci sono regno, classe, ordine, famiglia, genere, specie. Puoi girare i tacchi, ripercorrere il corridoio all'indietro, sottrarti a quel coro di sguardi, ma è impossibile sfuggire alla categoria della tua nascita e alle categorie morfologiche che la precedono». È questa la condanna che grava sulla misera stirpe di Scipio, schiavo nero che per sfuggire ai soprusi di un padrone bianco ha imboccato una strada disseminata di disgrazie? Oppure a essere condannata è la superba famiglia Forge, da secoli abituata a possedere, comandare, maltrattare? Fin da bambino, Henry sa di essere destinato a grandi imprese, come tutti i Forge che da secoli occupano le terre fertili del Kentucky. Logorato dalla smania di perfezione, Henry dedica la sua esistenza a trovare la combinazione genetica che gli faccia ottenere un cavallo imbattibile. Abbandonato da sua moglie, Henry rimane solo con la figlia Henrietta e trasmette alla bambina la sua stessa ossessione, sviluppando con lei un rapporto malato. Ma qualcosa - o qualcuno - sta per attaccare la fortezza inespugnabile dei Forge e sovvertire l'ordine del loro mondo. Allmon Shaughnessy ha una madre nera e un padre bianco assente. Cresciuto nei quartieri ghetto dell'Ohio, ha dovuto fare i conti con quello che la vita gli ha riservato: la morte del nonno e della madre, l'impossibilità di stipulare un'assicurazione sanitaria, il fantasma della segregazione, gli scontri con la polizia negli anni Novanta, le attività illegali come unico mezzo di sostentamento, il riformatorio prima e il carcere poi. Il riscatto sembra arrivare quando ottiene un impiego a Forge Run. Presto Henrietta si innamora di quel ragazzo difficile e per giunta nero. È un'onta che pesa sul nome dei Forge e Henry è disposto a tutto pur di ostacolare la relazione, persino a capitolare su Hellsmouth, il suo cavallo migliore. A fare da sfondo a questa vicenda, il passato glorioso dei Forge e quello tormentato della famiglia nera di Allmon: due dimensioni che continuano a intersecarsi e sovrapporsi in epoche diverse, coinvolgendo una schiera di personaggi indimenticabili. Come la madre muta di Henry, Lavinia; o quella di Allmon, Marie, vittima di un uomo insensibile e di un sistema disumano; o ancora il piccolo Samuel, il figlio di Henrietta, unica speranza di pace fra due mondi troppo distanti. Con questo romanzo epico e corale, C. E. Morgan traccia un ritratto spietato della società americana, in cui la schiavitú è una macchia pressoché indelebile e non può esistere redenzione dalle colpe del passato senza uno sforzo d'amore.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Lo sport dei re di C. E. Morgan, Giovanna Scocchera in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
Print ISBN
9788806195311
eBook ISBN
9788858429136
Capitolo terzo

Nient’altro che una fiammella accesa

Rispondete a questa domanda, se potete.
Cos’è l’anima di un uomo, voi lo sapete?
BLIND WILLIE JOHNSON
In questo atto Allmon è per le strade di Northside, giú nella valle del Mill con il suo torrente scarno e stonato, stretto fra la collina dell’università a sudest e College Hill a nord, che nonostante il nome non ha nessun college, solo modeste case bianche che preannunciano le periferie a venire, dita bianche che si protendono dal palmo della città, indicando la via d’uscita. Ma Allmon non va mai piú a nord di Northside, perché non ci va neanche sua madre, Marie. Marie la dolce, Marie l’ingenua, Marie la prima della famiglia a scappare dal quartiere di Over-the-Rhine con un diploma di scuola superiore, una laurea biennale e il sogno di diventare maestra – voleva insegnare ai bambini come il suo – prima di ammalarsi. Ma adesso è ancora alta e affusolata, i piedi piccoli e il seno grande, e sotto il foulard colorato i capelli seguono la loro onda naturale. Rossetto color prugna con sopra una passata di vaselina e un bambino al fianco, un figlio adorato nato il giorno del suo compleanno.
Appena a est di Northside, lo stabilimento della Procter & Gamble lavora giorno e notte per rimescolare tensioattivi, cloruri, silicati, solfati e, un tempo, anche grasso di maiale. I fumi grigi si alzano e si trascinano nel cielo posandosi bassi come un coperchio color alluminio, tanto che anche nelle giornate piú limpide il corso del Mill Creek riflette il suo grigiore. Le auto si infilano nella corrente di smog del tardo pomeriggio; scendono appaiate il viadotto e attraversano la valle sgraziata di ritorno alle periferie, lasciandosi alle spalle solo fumi che si alzano e, guarda, il sole sta tramontando, ditate di rosa che scivolano sui vetri sporchi. Il sole spezza il lerciume dell’aria e lo trasforma in centomila arcobaleni. Colori sorbetto, sfumature pastello, arancio melone, rosa nuziale, bianco candido. La prima cosa che Allmon penserà del suo fazzoletto di cielo: Voglio mangiarlo. Le strade, dall’estremità nord di Knowlton’s Corner alla salita di College Hill, si tingono di metallo intenso alla luce di un tramonto che annuncia solo la metà del secondo turno di lavoro nello stabilimento, con le sue finestre plumbee e le torrette che sventolano banderuole di fumo. Dentro, mattoncini bianchi di sapone scendono dallo stampo di raffreddamento per essere confezionati in carta cerata bianca, poi vengono raccolti sei a sei e fatti scivolare lungo la sferragliante linea di assemblaggio per finire in una scatola, chiusa e sigillata nel cuore di Northside.
Nella valle l’asma è dilagante e Allmon ne soffrirà da bambino, il corpo piegato da crisi sibilanti mentre fa la sua passeggiata serale con Marie lungo Hamilton Avenue, specchiandosi entrambi nelle vetrate delle palazzine in arenaria e nelle vetrine dei negozi, i loro visi arrossati dall’inquinamento riflesso, il solfuro di rame ad accendergli di luce i capelli. Marie canta sottovoce mentre camminano. Nessuno ha mai detto che è bella, però è giovane, e la gioventú è una specie di bellezza – ancora neanche una ruga, ancora dritta e affusolata. Qualcuno, passandole accanto in macchina, penserà con affetto alla propria madre. Qualcuno penserà che le ragazze nere fanno figli troppo presto. Ma di certo a nessuno verrà in mente di pensare, oddio, in un batter d’occhio questo momento passerà e queste donne giovani saranno come fiori recisi, mentre Marie e suo figlio si dirigono verso sud, dove la Chase incrocia Hamilton Avenue, il luogo del loro primo appartamento, il primo posto che Allmon chiamerà casa.
Ebbene sí, la valle: vivevano in quella conca, a pochi chilometri dal fiume, e ogni volta che il livello dell’acqua si alzava, come era successo nel 1884 e poi di nuovo nel 1937, il fiume grigio prendeva a scorrere nelle arterie piú basse della città e impantanava il cuore di Northside. I benestanti vivevano sulle sette colline di Cincinnati, e quando arrivava l’inondazione osservavano dall’alto, turbati.
Sulla Chase, Marie e Allmon vivevano in un edificio vecchio cent’anni insieme ad altre tredici famiglie, in appartamenti di due stanze. In quella prima sistemazione provvisoria, l’estate arrivò come una piaga d’Egitto, e Marie teneva le veneziane tirate per schermare il caldo rovente. Si toglieva il vestito e faceva su e giú per l’appartamento con addosso le mutande e nient’altro, e quando allattava il bambino, si sedeva semplicemente sul pavimento a gambe incrociate, come un povero Buddha sfinito con il piccolo in grembo. Le piante pendevano flosce nella penombra, le veneziane orlate di sole non si muovevano di una virgola. Marie leniva con delle creme la pelle arrossata del piccolo e lo baciava sulla testa sudata. A volte piangeva sentendolo tossire con tanto affanno e se lo stringeva forte al petto nonostante il caldo. E quando finalmente si addormentava, gli cantava una ninnananna, gli cantava Dormi dormi, non piangere dài, dormi bimbo mio, e al risveglio avrai tutti i tuoi bei cavallini neri, bai, pomellati e grigi, e una carrozza con sei cavalli bianchi, dormi dormi.
A volte in casa c’era un uomo. Un uomo bianco, che andava e veniva. Quando pioveva, nelle strade si sentiva un vago odore del fiume lontano.
Abitarono in quell’appartamento fino al 1984 e proprio quando Allmon stava cominciando a dare forma ai primi ricordi della sua vita, si trasferirono. Si trasferirono perché l’uomo bianco si faceva vedere sempre meno, e quando arrivava c’erano sempre litigi. Non era alto, ma era bello nonostante la sua dolorosa magrezza, con un paio di baffi rossicci che ricadevano curvi sul labbro, come un pesce. Aveva capelli lunghi e scuri, il naso corto, occhi da irlandese, e nelle tasche posteriori dei jeans teneva sempre delle sigarette, tanto che in quel punto il cotone si era scolorito a strisce. Lui e suo figlio facevano il pisolino insieme. Quell’uomo era come un bagno a secco: distesi al suo fianco ci si sentiva vuoti e sicuri, puliti, anche se puzzava di sigarette. La madre di Allmon piazzava posacenere di vetro verde per tutta casa cosí quando lui arrivava non doveva fare altro che allungare la mano oltre la testa di Allmon e far cadere la cenere del mozzicone nei contenitori di vetro. Allmon chiedeva: «Dove sei stato?» Lui rispondeva: «Nella Carolina del Sud e del Nord, in Georgia, in Florida. Ho passato due giorni a Beaufort. E sai com’è?» No, non lo sapeva. «È bella forte!» L’uomo rideva, e rideva anche suo figlio. «E poi sono andato a St Augustine. Sai cos’hanno laggiú? Tutto quello che non hai mai sentito nominare».
Arrivava sempre senza preavviso, poi gli assegni diventarono irregolari, e dopo ancora le visite finirono e gli scatoloni cominciarono ad ammucchiarsi in mezzo al soggiorno. Le pentole senza manici, i vasi di acetosella, la tante piccole scarpe di Allmon, tutto raccolto lí dentro, e poi sua madre accovacciata sul divano con la testa fra le mani, le dita strette ad artiglio sul cranio.
– Che c’è, mamma?
– Niente.
– Mamma…
Lo sguardo che le vede negli occhi gli frena la lingua. – Non ce la faccio. Non posso perdere nessun altro… Da sola non ci riesco.
E cosí lasciarono l’appartamento sulla Chase e si spostarono sette strade piú a sud verso il turbolento versante meridionale del quartiere, quello piú economico, dove il viadotto attraversava il Mill Creek ormai denso di liquami fino a Knowlton’s Corner, un incrocio di cinque strade dove cento anni prima il commercio era stato cosí intenso e vivace che ogni domenica pomeriggio la gente straripava dai marciapiedi, i clienti dei negozi costretti a camminare in mezzo alla strada mentre si muovevano a frotte tra macellaio e cartolaio, fruttivendolo, pompe funebri e drogheria, un esercito di anime che avanzava spalla a spalla. Ma quando la città si fece piú grande, la folla del weekend si trasferí verso nord, risalí le colline in direzione della periferia, e il versante meridionale del quartiere passò prima agli operai bianchi piú poveri, poi a un’alternanza di bianchi e neri, per poi diventare il quartiere solo nero che è oggi, e Knowlton’s Corner prese le sembianze di un luogo d’altri tempi. Quell’intreccio di strade era antico e logoro come la ruota di un carro, una raggiera di vie disseminate di vetri rotti, mozziconi di sigarette e chiazze lucide d’olio, con al centro un fatiscente negozio di vestiti, una stazione di servizio, un fast food e un minimarket. Fu qui che Marie prese in affitto un altro appartamento di due stanze, un posto minuscolo ma pieno di tutti i suoni che Allmon avrebbe associato alle prime scene della sua vita: il capriccioso lamento delle sirene, l’inflessione rauca di voci maschili, gli autobus che sbuffavano in strada, i cani sciolti. A luglio, si affacciava dal bovindo e guardava sfilare la parata della festa dell’Indipendenza. D’inverno, la neve diventava grigia come cenere di tabacco nello stesso istante in cui si posava in strada. Ed era in quell’appartamento che, quando Allmon diceva: «Mi manca papà», sua madre rispondeva ancora: «Anche a me, piccolo mio».
Giú di sotto dietro l’edificio, giú in fondo al pozzo delle scale sul retro, c’era il giardino di cemento, il cuore cavo dei vari condomini di fine secolo scorso che formavano l’isolato. Gli edifici erano torri che si alzavano di oltre dodici metri su ogni lato del cortile, creando una radura ombreggiata dove le bambine del vicinato si riunivano a giocare d’estate. In un angolo c’era un rottweiler alla catena che russava con il mento color caramello stretto fra le zampe. Le bambine arrivavano alla spicciolata dagli edifici ogni mattina – una usciva sempre scavalcando la finestra della cucina – per litigare, ballare, gridare e saltare con due corde, ma si ritraevano dal sole di mezzogiorno che arroventava il cemento come una padella sul fuoco, perché una volta una delle bambine che faceva girare le corde le aveva mollate di colpo, aveva cominciato a dondolare la testa come un pupazzo a molla, e poi era crollata a terra a faccia in giú, e la cicatrice sulla guancia ne era la dimostrazione. A mezzogiorno le ragazze si rannicchiavano sotto un architrave a succhiare lecca lecca all’arancia finché l’ombra delle due non ricadeva obliqua sul cortile, poi riprendevano a giocare.
Allmon rimase a vegliare senza battere ciglio dalla sua finestra al secondo piano per molti mesi, prima di trovare il coraggio di sgusciare fuori dall’edificio e avvicinarsi al giardino di cemento. E comunque il riserbo lo paralizzava a tal punto da farlo restare impalato sulla soglia a guardare le bambine da dietro il velo delle sue ciglia. Saltavano, cantavano e gridavano mentre una bambina si muoveva svelta fra le corde, le mani puntate sui fianchi asciutti e le treccine che facevano su e giú al ticchettio delle perline con cui terminavano. Mentre Allmon le osservava, una pallina di alluminio scivolò via dai capelli facendo cadere due perline, che rotolarono via sul cemento.
– I capelli! I capelli! – esclamarono le bambine, e la saltatrice di turno si allontanò svelta dalle corde con le mani sulla testa, e fu allora che vide il bambino. Stringendosi la treccia con due dita gridò: – Il piccolino!
– Il piccolino! – In un vivace, sudato ed entusiastico fervore si mossero verso di lui sette bambine, ma lui rimase timidamente in disparte, curvo su se stesso. La bambina che aveva perso le perline fu la prima a raggiungerlo e gli sorrise accarezzandolo sulla testa come fosse un cagnolino.
– Assomiglia a un vecchietto, – disse mentre studiava la fronte curiosamente accigliata, gli zigomi affilati, le guance scavate.
– Perché parli sempre da bianca, Danelle?
– Non è vero! – esclamò la bambina voltandosi di scatto, offesa.
– Sí, invece, – arrivò in coro la risposta. Ormai si erano disposte a cerchio tutto intorno a lui, o a lei.
– Danelle vuole essere bianca!
– No!
– Danelle vuole…
– Zitte. Facciamo saltare il piccolino, – intervenne un’altra facendosi avanti, una bambina alta, il loro implicito leader. Teneva ancora in mano il capo delle corde cadute a terra.
– Non sono un piccolino, – ribatté Allmon.
– Hai un papà bianco? – chiese qualcuno, e tutti gli occhi furono di nuovo puntati su di lui.
La lingua di Allmon rimase d’un tratto confusa.
– Dicono che hai un papà bianco!
– Sei bianco?
In mezzo a tutte quelle braccia, gambe e teste allungate, la bugia fu istinto puro. – Il mio papà è nero.
– Io voglio un papà bianco, – disse una di loro.
– Non è vero. I bianchi non usano le salviette.
La bambina che accarezzava Allmon sulla testa lo osservò affilando lo sguardo. – Tuo papà è nero sul serio? – gli chiese, ma sotto la pressione della sua mano Allmon non poté fare altro che annuire.
– Salta, salta, – esclamò qualcun’altra, e tutte quante si unirono in coro e si ridisposero in formazione facendo girare un’unica corda. Allmon si avvicinò – un bambinetto muscoloso in canottiera bianca, i capelli appena dritti sulla testa e sformati per lieve trasandatezza.
– Mi piace il caffè, mi piace il tè, – canticchiavano, – voglio che il piccolo salti con me. Doppia corda! – Le due corde presero a grattare in coppia il cemento. Le piccole ginocchia di Allmon si piegavano su e giú, le mani aperte, il viso scuro di concentrazione. L’ombra di una nuvola attraversò il cortile e la bambina che faceva girare le corde – e dondolava la testa a tempo, la lingua rosa che spuntava dalle labbra strette – alzò lo sguardo al cielo. Allmon calcolò il tempo di discesa della corda, trattenne un saltello e cadde a terra con un tonfo e una finta esclamazione di dolore, rotolandosi sulla schiena in attesa del benvenuto, le braccia spalancate.
Gli furono subito addosso. Oh, gli si distesero sul corpo, gli presero il viso fra le mani, e lo baciarono, l’alito caldo e le bocche appiccicose.
– Allmon!
Le bambine si allontanarono di scatto dal suo corpo disteso, ed ecco la sagoma di Marie stagliarsi contro il cielo mentre si sporgeva pericolosamente dalla finestra della cucina urlando: – Non molestate mio figlio! – Le bambine tennero lo sguardo fisso a terra, poi una...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Lo sport dei re
  4. I. Una strana famiglia di eventi
  5. II. Lo spirito degli animali inferiori
  6. III. Nient’altro che una fiammella accesa
  7. IV. La macchina della sopravvivenza
  8. V. Hellsmouth
  9. VI. L’interpretazione dei cavalli
  10. Epilogo
  11. Ringraziamenti
  12. Il libro
  13. L’autrice
  14. Della stessa autrice
  15. Copyright