Bontà
eBook - ePub

Bontà

  1. 136 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Ugo odia il proprio nome. Ricco di famiglia, ha fatto carriera nell'editoria tra competizioni aziendali, problemi di management e sarcasmi sulla letteratura mediocre. Al lavoro è efficiente, perfezionista, disprezza i buoni «che usano la modestia come una clava»; si vendica in pubblico di un'infelicità privata, perché le ossessioni non solo erotiche l'hanno condannato alla solitudine. Per lui, piacere e dominio coincidono.
Quando la vecchiaia si annuncia con segni inequivocabili, Ugo decide che è ora di dare un senso alla propria vita e, da poeta senza poesie, crede di riscattarsi mediante l'azione: usando a sproposito una conquista civile, progetta un velleitario suicidio per procura. Ma il destino ha in mente altro e lo conduce dove mai avrebbe sospettato.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
Print ISBN
9788806238582
eBook ISBN
9788858429785
Capitolo quarto

Di là dal muro

Il suicidio, nella maggioranza dei casi, è frutto di stanchezza o di superbia: ci si ammazza per smettere di soffrire, o perché si considera la vita al di sotto delle nostre aspettative; talvolta il suicida intende vendicarsi di singole persone che l’hanno offeso («ora vedrete»), amanti, genitori o compagni di scuola; rarissimamente ci si immola per senso di colpa o per stare all’altezza di un ideale, o per testimoniare una fede (martirio). Ugo vuole morire sulla scena, come i grandi attori. Desiderare come un disperato la bellezza è stato il solo eroismo della sua vita: nel nòcciolo dello stereotipo che l’ha definito per cinquant’anni (il ricco gay internazionale promiscuo e consumista, il chiagni-e-fotti fintamente trasgressivo) s’annidava il rancore tragico e radicale di Shylock l’ebreo – strappare il cuore o farselo strappare. I goyim, nel suo caso, essendo l’intera Natura che l’aveva ingannato con forme tanto attraenti quanto umilianti. Orgasmare nella bellezza, non importa con chi, purché senza limiti; innamorarsi è volgare, morire di perfezione no. Il suo motto sul posto di lavoro («non mi accontenterò di niente di meno»), per cui l’han sempre preso in giro, era il pallido riflesso d’una vocazione piú alta; ora bisogna trarne le conseguenze irrevocabili. Permanere sopra le nuvole, cosí compatte che ti aspetti il pescatore con la barchetta (e quell’idiota di Carlo si chiedeva perché, quando prendevano insieme un aereo, lui non leggesse e tenesse la fronte incollata al finestrino); Ugo ha deciso di morire per cercare la sua vera patria, per ribaltare il giudizio in extremis, per chiudere in vantaggio.
– Devo dirti una cosa dolcissima, mi sono diluito nel tuo corpo… non ho paura, uccidimi con le tue mani, basta che me le allacci intorno al collo e stringi… non smettere di toccarmi i capezzoli… è giusto che tu stai con una donna piú giovane… morire per mano tua è tutto quello che posso ancora avere dalla vita.
Slacciandosi la giacca da camera, Ugo si sentiva Clara Calamai; teatrino erotico di vecchi bavosi a cui Manuel non ha mai dato importanza. Ma stavolta si spaventa, perché questo vecchio (il suo consorte!) sta prendendo la cosa terribilmente sul serio, «’stu babbasuni vuole che ’u scanno vero». Ugo, è cosí, non immagina altra soluzione che suicidarsi per procura, nessun’altra onorevole via d’uscita; scambiando la testardaggine per grandezza, soltanto salendo sul patibolo del Sesso Incarnato si illude di collocarsi nella linea dei Crivelli che contano, smentendo mammina. «Il mio animale dorato deve pur guadagnarsela, la bella vita». Ormai si è spinto cosí avanti nella fantasia che l’idea di deflettere lo annienterebbe («sacrificandomi darò un senso agli errori, riscatterò le impotenze, non finirò come un relitto a mendicare sulla soglia della normalità»). Per innervare il simbolo chiede a Manuel di vantare trascorse violenze («… allora io la mozzico e la sbatto contro la parete… mia madre ha chiamato i carabinieri e l’ho dovuta bastonare, mi stava vendendo per la seconda volta… con l’eunuco, cosí lo chiamavo per via del coglione solo, siamo arrivati alle mani grosse, colpi di sedia… lo assaltai col coltello di Rambo, quello di survivor… perdo il controllo a causa gli anabolizzanti, mi monta una superforza dentro, non mi sento piú la faccia, mi cala come un velo… divento bianco, freddo, col cuore chiuso e non riesco a fermarmi»), ma poi gli viene voglia di strizzargli le cosce e fargli un pompino.
– Fin da piccolino sono stato in guerra, daddy, sono nato nel mondo delle liti… more than I could stand.
– Allora lo parli, l’inglese.
– Enough for my job.
– Un lavoro che non dovresti piú fare… so che ti sei iscritto dove non dovevi iscriverti…
– Che fai, mi stólcheri?
– I difetti ce li hai anche tu… fisici, intendo… hai i piedi deformati e le orecchie senza lobo.
– Perché t’accontentasti subito, ’u primu ca truvasti.
Si stuzzicano, giocano a imitare la voce sublime di Amy Winehouse fragrante di alcol e droga, love is a losing game.
– Per il compito che ti aspetta, uno valeva l’altro.
– Non vorresti invece morire ficcando? io posso venire anche cinque volte in un giorno.
– Purtroppo alla mia età è solo un modo di dire… conta piú l’orgoglio dell’idraulica… il disgusto arriva quasi subito.
– Aiútati…
– Morire di overdose è da coatti.
– Non possiamo divertirci ancora un poco? dài, almeno un’altra isola? col mare che mi stuzzica intorno m’a scialo… lí ti farò da maritino fedele.
L’inverno si sta lentamente schiudendo, come un uovo al termine della cova; finito il carnevale ambrosiano, mancherà meno di un mese all’ingresso di Ugo nel settantacinquesimo anno, soglia insuperabile per il progettato «poema d’azione» – la coincidenza del proprio compleanno (14 marzo, santa Matilde regina) con l’onomastico della madre è un marchio infamante da cui puntigliosamente emanciparsi per dare compiutezza al finale. No, non c’è piú tempo per divertirsi, né isole né savane né metropoli. La teatralità melodrammatica è il grimaldello che rende plausibile l’insensato: Ugo si aggrappa a una vecchia tragedia in versi di Pasolini, un Edipo ribaltato in cui è il padre che sogna di essere ucciso dal figlio1. D’altronde, l’intera nostra società non corre forse verso l’eutanasia da desiderio? Purtroppo il cervello di Ugo è ormai (anzi, è sempre stato) troppo debole per la psicologia sociale o la profezia: scarta dai binari, bighellonando tra scontri generazionali e bandiere rivoluzionarie del Sessantotto, poi si ipnotizza sul volto da cucciolo di Leslie Cheung, il memorabile androgino protagonista di Addio mia concubina; gli scrittori di plastica (ciabattoni o manieristi) sono le guardie rosse arroganti che sputtanano l’Opera di Pechino, ma da loro qualcosa nascerà. Ai vecchi tradizionalisti non resta che uno squallido crepuscolo, o il taglio netto. Manuel, nel profilo delicato del naso e degli zigomi, un po’ somiglia a Cheung, morto suicida gettandosi da un grattacielo.
– Non lo nego, ciò anch’io i miei magheggi mentali… non è che mi piacciono proprio gli uomini, gratis mai… Singapore, Hong Kong, sono attratto dai cinesini… alcuni clienti mi piacciono, o i paraplegici, o i sordomuti, perché sono indifesi… mi eccita questa cosa di dominarli, sodomizzarli con forza… molte «pratiche» pure in sedia a rotelle ho avuto… a New York, e con loro mi veniva la minchia dura senza Viagra, è una mia perversione… li sollevavo tipo infermiere per posarli sul letto a pancia sotto, li accompagnavo in carrozzella fino a casa… amo frustarli, piú loro provano dolore piú io provo piacere… soprattutto se sto bardato in leather… della donna amo che si mette vestita di pelle, ecco, ecco… qui andiamo sul discorso di mia madre secondo me, amo le femmine coi tacchi perché mia madre ha fatto l’indossatrice, quindi chissà… mi piace che mi graffiano, che mi sputano in faccia… lei mi picchiava da piccolo… me la ricordo nei video di mio padre inguainata in lattice, molto dark…
Ugo non sa mai quanto Manuel sia sincero o quanto posi per rendersi interessante; certo è meno ovvio di quel che sembrava, bisognoso di protezione oltre che dotato di pericolosità ingovernabile. Passano insieme piú tempo del previsto, Ugo ha notato che quando Manuel dorme da lui spariscono i vuoti di memoria: non dimentica niente di acceso o di aperto, ricorda i nomi degli attori e delle cantanti, l’intera lista dei romanzi di Zola. In fondo è bello non dover fingere sublimità, dare per scontata la presenza in casa di una tale meraviglia. Sentire la mattina i suoi «abuelito» quando viene a svegliarlo, e assaporare la sera qualche erezione piú spontanea («contento, che oggi sono lanciato?»), come se la recita della tenerezza gli riuscisse piú fluida. Manuel è un oggetto misterioso e sbriciolabile in mille frammenti; quella volta che in metrò gli è passato davanti veloce, senza accorgersi di lui né di nessuno, sembrava un vento che spazzasse i vagoni. Una manciata di sabbia che ti arriva negli occhi. Le rimpiangerò quelle camicie a fiori attillate e incongrue; i minimi contrasti quotidiani, l’acqua che bolle o non bolle, la coperta da mettere o togliere, «comunque sappi che ti odio» a fior di labbra se occupa il bagno padronale; farlo ridere per le parole buffe, come «sprimacciare» o «coulonne» (detto della postina dall’esuberante deretano). E se Manuel si stesse affezionando, magari per pigrizia? Anche Ugo incorre in lapsus insidiosi: al mare gli è scappato «oggi le onde hanno avuto pietà, ci hanno lasciato fare il bagno», mentre in acqua c’era stato solo il piú giovane; e Manuel per procurargli il gastroprotettore in farmacia aveva fatto tanta strada a piedi che Ugo, pur continuando ad avere mal di stomaco, aveva simulato di star bene. Lapsus del cuore. Ma poi, in controtendenza, ecco Manuel che dice «il tuo cadavere» invece di «il tuo carattere», o che in una partita di squash tra compagni di palestra si fa segnare tra i single.
– Quando sto là la fede me la levo… già che mi talíano in traverso perché ciò il rolex… tre giri di chiave all’armadietto ci dò, è pieno di ladri… peggio, capaci che ti infilano gli anabolizzanti in borsa e poi ti denunciano per liberarsi loro…
– Non fare la vittima, ricordati che sei un carnefice.
– Sono un ragazzo fortunato (sull’aria di Jovanotti)… perché sono stato poliziato…
– Uccidimi… please, please.
– Sembri l’uccellino dell’isola…
(A Marie-Galante, unica loro memoria condivisa, spesso si fermava sul balcone un uccelletto simile a una cinciallegra, con un cinguettio acuto e bitonale esplosivo all’inizio e fricativo alla fine, sicché pareva ripetesse «please, please» senza pause e con folli improvvise accelerazioni).
Ugo comincia a temere che il suo piano anneghi nell’ironia, o nel sentimentalismo; invece di tranquillizzarsi Manuel è sempre piú agitato, si sfonda di anfetamine e di Testovis e di coca («una botta e sono sempre wow») – dimagrisce, si vedono le costole affiorare dagli addominali e dimagrendo acquista un aspetto piú spirituale; anzi spiritato, sale le scale ansimando, ansioso come un ragazzino che a scuola sia rimasto indietro perché è stato malato e ora voglia recuperare le lezioni perdute. «Pronto per l’ispezione». Non è il boia giusto, troppo passivo; le tanto esibite «bambine», pare, non sono per niente soddisfatte della sua virilità: Ugo gli ha trovato nel bagno della servitú una fiala di Caverject con siringa monouso. In compenso i suoi baci sono diventati piú profondi, quasi veri: ah, la tentazione di dirgli «va bene, lasciamo perdere, stammi accanto cosí e basta».
Ma poi, che succederebbe? Quante volte ha già creduto di innamorarsi, e ogni volta è stato smentito? Illusioni esistenziali come si parla di illusioni ottiche, scherzi del deserto. Anche gli orgasmi romantici, non basta la sicurezza del non-contraccambio per farli durare; amori inconsulti di una settimana finiti in pessime gangbang baraccone, testimoni di come la materia sia inadeguata a reggere quel che materia non è. Adesso basta. «Di Manuel cosí potrei comprarne dieci, ma allora niente è verità»; la sola verità è la morte. L’ossessione riprende il sopravvento, via queste lacrime troppo umane, siamo coerenti perdío. Benvenuta l’angoscia che torna, fortunatamente, quando è stanca di stargli lontano. La ricreazione è finita. «Fa’ che ci riesca, mio Dio ti prego, fa’ che io trovi la rabbia sufficiente… devo umiliarlo, fargli ribrezzo… devo tenerlo a stecchetto come si fa coi cani prima del combattimento».
Il corpo comanda, il corpo decrepito è l’unica misura; quel corpo che riflesso allo specchio mostra tutta la sua miseria, e piú che decidere chiede soltanto pietà. Prima ci sono state le fitte all’occhio, come se un ragno ci avesse fatto il nido, poi le dita a scatto della mano destra e il ginocchio sífulo e la spalla semi-paralizzata, il braccio che cade giú come una mensola. Ora, soprattutto, gli impedimenti al linguaggio: Ugo ha difficoltà ad articolare, le parole si accavallano irte di spigoli e bisogna stare...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Bontà
  4. Capitolo primo. Open space
  5. Capitolo secondo. Il casting
  6. Capitolo terzo. La tentazione
  7. Capitolo quarto. Di là dal muro
  8. Nota
  9. Il libro
  10. L’autore
  11. Dello stesso autore
  12. Copyright