Cattiva
eBook - ePub

Cattiva

  1. 112 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Accanto ad ogni culla, ciondolano dal sonno due genitori appena nati. Un giovane uomo intenerito e forte, una giovane donna sorpresa e tramortita, che imparano a spostarsi dal centro del mondo. Perché quella bimba tutta rosa che agita i morbidi piedini è inoffensiva solo all'apparenza. Soffice ma imperativa come un peso piuma, ha stravolto tutto in un istante.

«Passiamo ore cosí, a fissarci e a non sapere che fare. Mi viene da dirle, Ma che vuoi da me. Io non ti merito. E lei mi guarda. Perché sa che in qualche modo la merito, anche se non sa come dirmelo». Alle tre di notte, mentre la città riposa, la madre e la figlia sono sul divano. Una ha due mesi e urla come un'ossessa, l'altra ha trent'anni e fissa la parete, coi piedi scalzi, cercando di ricordarsi com'era vivere quando di notte si dormiva. La scrittura materica e sensuale di Rossella Milone ritrae con esattezza la battaglia di emozioni che accompagna la nascita del primo figlio. Questo romanzo riesce in un'impresa impossibile: raccontare l'accidentato e recalcitrante processo che trasforma una coppia in una coppia di genitori. «Le madri e i padri posseggono millenni di esperienza alle spalle, ma nessuno in tutta l'evoluzione umana è mai diventato un genitore perfetto». Perché un figlio è prima di ogni altra cosa una rivoluzione cognitiva, e quando è troppo presto per parlare d'amore forse è proprio il momento giusto per farlo.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Cattiva di Rossella Milone in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
Print ISBN
9788806238438
eBook ISBN
9788858428764

Il momento in cui sono morta

Non la devi tenere attaccata a un seno soltanto. Devi fare dieci minuti da una parte, dieci minuti dall’altra.
Mia madre mi strappa la bimba dalle braccia, la capovolge come uno strofinaccio e me l’attacca all’altro capezzolo. Hai voglia a dirle che no, io me la voglio tenere finché non ha finito, che il latte buono, quello piú grasso, esce soltanto dopo, all’inizio viene fuori solo acqua zuccherina. Quello utile per la ciccia, lo deve tirare lei a furia di succhiare.
No, quando mai. Dieci minuti da una parte, dieci minuti dall’altra, ripete mia madre.
I miei genitori vengono ad aiutarmi, secondo loro.
Mio padre sistema le tende sfilate dagli anelli, sbrina il freezer, applica certi dischetti di plastica sulle prese di corrente, perché la bambina non ci infili le dita. Se gli faccio notare che a stento quella sa tenere la testa dritta, lui risponde Non si sa mai – che è la sua frase preferita.
Avrei bisogno di un pacco di assorbenti, la crema per le emorroidi, e della verdura fresca per me e Vincenzo. Mangiamo broccoletti e bietole surgelate da due mesi. Ma mia madre e mio padre hanno sempre altro da fare, in casa, cose che servono solo nella loro testa.
Però, certi pomeriggi, nei rari casi in cui si trattengono piú delle due ore canoniche, mia madre mi dice Vatti a fare una doccia.
E io mi tuffo nell’acqua come se per la prima volta ne sentissi la freschezza, quel lampo vivo e pungente, il getto confortante.
L’acqua scorre sulla pancia floscia e l’ombelico sussulta, un bottone sulla gelatina. Il sapone mi dà sollievo, mi pare. Mi pare che potrei anche mettermi a canticchiare, oppure a depilarmi per bene, con la crema, non con la lametta.
Ma è una finzione.
Credere di possedere il tempo è una finzione. Soprattutto quando un neonato te lo strappa via tutto all’improvviso.
Una certa consapevolezza sinistra mi aleggia nelle orecchie e mi sussurra – mentre l’acqua mi bagna la testa – che no, devo fare alla svelta, devo fare veloce, mi devo sbrigare a correre da lei, perché è da lei che devo stare, non dentro a una doccia per sentirmi bene.
Il tempo per me che è solo per me, ha un andazzo che zoppica e prende a fare male se le sto troppo lontana. La consapevolezza che questo nuovo tempo zoppicante sarà quello definitivo per tutto il resto della mia vita, mi sbarra gli occhi sotto il getto d’acqua. E l’unica cosa che riesco a fare, immobile, è fissare un punto fermo davanti a me. Che poi è un piccolo foro nelle mattonelle dove una volta c’era un chiodo che manteneva un quadretto intagliato, un albero solitario scolpito nell’osso. (Era la nostra bomboniera di nozze, che all’inizio mi piaceva assai, per questo l’avevo appesa lí nel bagno; poi a un certo punto non m’era piaciuta piú, ché le cose a piacere sempre si sciupano, quindi l’avevo tolta).
Cosí dopo cinque minuti sono già fuori, con l’accappatoio e l’asciugamani a turbante in testa, e ancora della schiuma attorno alle caviglie, una gamba depilata e una no.
E che ci fai già qui?, mi dice mia madre, che sta canticchiando mentre la tiene sulle ginocchia, e la bimba fa certe facce che assomigliano vagamente a un sorriso.
Tutto a posto?, mi precipito quasi, manco mia madre la stesse sgozzando.
Sí, Emilia, ha fatto solo un rigurgito. Vatti a sistemare, va’.
Io ho finito.
Me la riprendo, lei si infila tra l’accappatoio e il collo, riconosce la mia fretta, riconosce il mio disappunto, e si mette a piangere.
Succede sempre che la notte mi sveglio prima di lei. Io lo so, mentre dormo, che si sta per svegliare, cosí il sonno si arresta: lei è tempestiva, è un astro che sa quando spuntare, tiene un orologio suo interno puntualissimo pieno di lancette, non sgarra un secondo. Ma sono diventata precisa pure io. (Mia madre, una volta, mi ha detto Le donne e gli uomini tengono le lancette nel cervello, solo che le donne sono piú puntuali per via della menopausa, che è il rintocco per eccellenza). E infatti mi sveglio tipo all’una se lei ha succhiato alle ventidue, o alle cinque se ha succhiato alle due di notte. Insomma, la mia vita è fatta di tre ore: quello che viene prima delle tre ore scompare allo scoccare della quarta, perché è cosí che si nutrono gli esseri viventi, dimenticando, e andando avanti.
Mi sveglio e lei comincia a strillare, non mi dà nemmeno il tempo di alzarmi, infilare le mani nella carrozzina, afferrarla, attaccarmela. Grida come un’affamata disperata, perché è un’affamata disperata. Mentre faccio tutte queste cose – alzarmi, afferrarla, recuperare la mammella – il sonno diventa un’altra persona che prende posto nella testa, anzi: prende il posto che teneva lei prima dentro di me, fino ad allargarsi in tutte le altre parti del corpo e invaderle. Il sonno è un altro figlio, indiscreto, opprimente, che mi bracca senza pietà. E mentre l’afferro dalla carrozzina lei si aggrappa al volo. Ha la pelle tiepida come se fosse uscita dalle pantofole.
Vincenzo mi dice Aspetta faccio io, ma non si muove di un millimetro, nel letto, con la voce impiastricciata. Anche lui ha un altro figlio che è il sonno, solo che suo figlio è già piú grande, è già piú autonomo. Cosí io gli dico E che ti alzi a fare, mica ti esce il latte a te.
Ma ti faccio compagnia, fa.
Dopo due minuti scarsi si mette a russare.
Ha mangiato piccante a cena, salsiccia e friarielli, presi in rosticceria. (Io non posso mangiare i friarielli piccanti, e le salsicce ho chiesto quelle senza pepe, altrimenti chissà quale sapore prenderebbe il mio latte).
Mentre Vincenzo russa, mentre lei succhia, mentre la stanza si acquieta in un provvisorio momento di pace, mi assopisco con la testa sulla spalliera, un peso piuma tra le braccia che a stento si muove. Sento solo il costante, ritmico movimento della suzione, uno strano calore che da me passa a lei, che da lei passa a me. Fa caldo. Ma questo è un caldo diverso, ha a che fare solo con gli esseri umani. Non sento le sue labbra, sono troppo fuse, sono troppo immerse: capezzolo e labbra sono la stessa cosa, sento un filo che si tende, una forma allungata e liquida che ci allaccia.
Vincenzo russa. Io sto per russare. Lei mi sfugge un poco, sobbalza, si aggrappa al seno con le gengive ossute. Potrebbe scivolarmi come un oggetto sul pavimento, allora la stringo.
Non ho le forze per cullarla ancora, però ho la mia voce. Cosí le dico, con il tono piú limpido e sincero che posso Angelo, grazie per la tua pazienza.
Mia figlia ha ancora fame e il mio latte non le basta, ma la voce la calma.
Continuo, con molta lentezza
Angelo, grazie per la tua pazienza.
Mi annunciasti un tempo la poesia.
Avvertii solo un fremito d’ali stupite.
Non la fatica, non l’estasi del volo.
Pure – ignara – ti accolsi1.
Ma che stai dicendo?, mi fa Vincenzo, tutto stordito.
Shhh, gli dico. È una delle poesie che va dicendo mia madre.
E allora?
E allora succede che l’ha riaddormentata.
Poi c’è stato il momento in cui ero morta. Vincenzo non se n’era accorto, ma io sí, perché sentivo la morte prendermi lentamente, prima dalla punta dei piedi e poi strisciare come un lombrico fino alla testa. Non era una brutta sensazione, era tipo dopo l’orgasmo, che tutto si ricompone in uno stato di benessere in cui non ricordi e non dimentichi nulla. In quel momento potrebbe succedere ogni cosa ma il corpo è beato e allora ci si abbandona verso una luce qualsiasi.
Era venuto il ginecologo che mi aveva ficcato dentro due dita.
Vincenzo era di fronte a me, col camice e la cuffietta verde, mi sembrava un elfo. Io stesa con le ventose sulla pancia, l’ostetrica di fianco, il battito di mia figlia che pulsava sullo schermo – stava tutta eccitata come quando si deve andare al mare. Lei però doveva uscirci, dal mare.
Insomma, l’ostetrica aveva chiamato il ginecologo perché le era sembrato che fossi pronta. Ma non ne era sicura, ché era giovane, aveva appena finito il corso di ostetricia. Era molto rassicurante, comunque, e aveva dei riccioli stretti stretti e neri. Mi sorrideva spesso, e mi accarezzava la guancia. Quando mi piegavo in due lei si abbassava con me e mi guardava negli occhi, solo per farmi vedere che c’era. Veniva dai Quartieri Spagnoli e si chiamava Ilaria.
Ilaria aveva chiamato il ginecologo che invece aveva la faccia da grissino. Pure lui sorrideva, ma solo perché pensava ad altro. E poi gli occhiali li teneva sulla punta del naso, sottili tutti e due, naso e occhiali, ho pensato che erano cosí in punta che gli sarebbero caduti e me li avrebbe lasciati dentro la fica.
Vediamo un po’, ha mugolato il grissino, sorridendo come un fesso. Si è alzato la manica del camice, ha infilato un guanto di lattice blu, e poi ha spalancato, richiuso e spalancato ancora quelle dita da puffo, come se stesse provando una tenaglia.
Vincenzo aveva le braccia conserte, si mordicchiava le labbra, dondolava sulle gambe a destra e a sinistra – manco se ne accorgeva di quanto fosse ridicolo. Ilaria invece era impassibile. Ed era tutto quello che volevo. L’impassibilità. Io fissavo lei. Fissavo quei suoi occhi da vaiassa dei Quartieri, fieri e sicuri, quella sicurezza maleducata che sa quando tacere, e quando parla sa cosa dire. Io mi fidavo di quegli occhi lí, pure se si erano appena diplomati, ché mi parevano l’unica cosa certa di quella stanza e di quel momento. Occhi in attesa.
Finché Ilaria ha detto Ora ti farà male.
E io la volevo la verità, ché con la verità uno si prepara, con la menzogna rimani senza scappatoie.
Cosí ho trattenuto il respiro, mia figlia batteva il suo cuore sul display, lo sentivo come sentivo il sudore sul collo, l’ansia, gli occhi di Ilaria.
Il grissino mi ha allargato la vagina, ha infilato piú dentro le dita, ha spinto in su, sfiorandomi il cuore, mi pareva, come se volesse toccare mia figlia, forse l’aveva toccata veramente, ha spinto ancora di piú, sfiorando il fondo della mia esistenza, l’ha braccata e stritolata, e io ero morta.
A gridare già gridavo. Quindi in quel momento ho sentito il corpo stupirsi di quanto dolore fosse in grado di provare. Era uno stupore cosí forte da smettere di fare qualsiasi cosa. Di respirare, soprattutto. Di resistere. Sono stata via solo un attimo – pulito, muto, trasparente –, ma quell’attimo mi ha salvata, ché il dolore non lo sentivo piú proprio perché ero morta.
È a quattro centimetri, ha detto il grissino.
Mi pareva, ha fatto Ilaria, che aveva già capito tutto quanto, non aveva mica bisogno di quel grissino lí.
Vincenzo ha sgranato gli occhi e ha detto Che significa?
Io poi non ho sentito piú niente di quello che dicevano; Ilaria mi stava passando una pezza bagnata sulle labbra, che al momento mi pareva la cosa piú bella mi fosse mai capitata in tutta la mia vita.
Poiché dorme, la stacco dal seno. Mentre succhiava devo essermi assopita pure io. Mi ritrovo con la testa che ciondola sulla spalliera del letto, una fitta lungo il braccio con cui la reggo, il polso a formicolare. Lei ha ancora la bocca attorno al capezzolo, gli occhi chiusi, il respiro calmissimo come un lago. So che dorme da come mi respira addosso. Le mie labbra le sfiorano la nuca, mi ficco in bocca un suo ciuffo di capelli: il mio bacio cosí dimesso è la cosa piú utile che possa darle. Adesso potrei piazzarla nella carrozzina, rimettermi il seno nel pigiama, stendermi, dormire. Ma mi pare tutto troppo faticoso. Cosí dico Oh, Vincé, mi aiuti.
Lui mugola qualcosa di incomprensibile, ma capisce al volo, si alza come un sonnambulo e come un sonnambulo prende la bimba, la sistema nella carrozzina, non so nemmeno se la copre e ritorna nel letto, al mio fianco.
Una sua mano mi accarezza la coscia. Tutto bene?, fa.
Sí.
Un secondo dopo russa.
Io ho gli occhi spalancati e fisso il soffitto. Quel mio secondo figlio, il sonno, si è perso nei vicoli strettissimi di una città di mare. Scorrazza di qua e di là, in mezzo ai vicoli assolati, si mette a saltellare, a cantare, a fischiettare. Io lo chiamo ma lui nulla, non mi ascolta, piú lo chiamo e piú mi ignora, è uno scostumato di quelli peggio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Cattiva
  4. La mattina è adesso
  5. Non ridere
  6. Cosa devo fare?
  7. Domande per Babbo Natale
  8. Il momento in cui sono morta
  9. La negazione del prezzemolo
  10. I barboni sono ciechi
  11. Una persona buona e una persona cattiva
  12. Otto nero
  13. Magma
  14. La martire
  15. La villa dei Misteri
  16. Tuffi
  17. Plancton
  18. Le fatiche di Eracle
  19. Immortalità
  20. Il libro
  21. L’autrice
  22. Della stessa autrice
  23. Copyright