Hap & Leonard. Sangue e limonata
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Hap & Leonard. Sangue e limonata

  1. 216 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Hap & Leonard. Sangue e limonata

Informazioni su questo libro

Hap Collins è solo un ragazzo, ma sa già di essere molto diverso dai bigotti razzisti e ottusi della cittadina in cui è cresciuto. E sa che per ridurli a mal partito non bastano le parole: bisogna usare le loro stesse armi. Anche il giovane Leonard Pine è diverso da quelli che lo circondano: nero, gay e, a sorpresa, conservatore. Nella migliore delle ipotesi, i due formano una coppia improbabile. Finché un giorno, per caso, Hap vede Leonard fare il culo a strisce a una manica di bulli. E capisce che, a dispetto delle apparenze, ha trovato il socio ideale. Con sublime ironia, Lansdale scava nel passato dei due detective piú celebri dell'East Texas e compone un mosaico di vicende e personaggi di volta in volta terribili, comici, violenti e nostalgici. Tutti, però, indimenticabili.

- Non ti sei mai chiesto chi di noi due sia il migliore?
- No.
- Bugiardo.
- Sarò onesto, - dissi. - Non voglio scoprirlo.
- Questo lo posso capire, - disse Leonard.
- Se dovesse succedere, le conseguenze sul nostro rapporto potrebbero non piacerci.
- E questo lo capisco ancora meglio.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2019
Print ISBN
9788806235307
eBook ISBN
9788858429891

Nel fiume dei morti

Mentre attraversavamo il lungo ponte sul Sabine, uscendo da Marvel Creek, ci voltammo entrambi verso il fiume, che scorreva alla nostra sinistra: potevamo vederlo allontanarsi in mezzo al paesaggio, e serpeggiare.
Leonard fece un sospiro.
Sapevo a cosa stava pensando. Non potevamo passare sopra quel ponte senza che il ricordo ci aggredisse. Dei nostri primi momenti insieme, quello era stato l’unico nel quale non ci eravamo sentiti solo minacciati e in pericolo, ma avevamo visto la morte in faccia.
– Brutta storia, – disse Leonard, senza preoccuparsi di spiegare cosa intendesse.
– Puoi dirlo forte, – risposi.
– Avevamo appena cominciato a conoscerci sul serio.
– Già.
– E hai fatto una cosa per me veramente da pazzi.
– Vero. E sta’ certo che non la rifarei.
– Sí, invece. Ce l’ho ancora qui con me.
– Lo so. E a questo proposito, continuo a pensare che come portachiavi faccia davvero schifo.
– Mi ricorda un sacco di cose, non tutte belle, – disse Leonard. – Ma a volte ripensare alle cose peggiori e guardarle negli occhi è necessario.
Avevamo attraversato il ponte ed eravamo dall’altra parte, ormai, ma il ricordo di quanto era accaduto non mi aveva abbandonato, e restammo in silenzio per un po’, pensando al passato ciascuno a proprio modo. O almeno credo.
Quando accadde questo episodio avevamo diciassette anni, ed eravamo andati a pesca sul Sabine.
Avevamo imparato che se ci sedevamo su una barca e gettavamo in acqua un paio di lenze era probabile che ci saremmo procurati qualcosa da mangiare la sera, davanti a un falò acceso. Ma soprattutto, avevamo imparato a conoscerci. Io avevo appreso molte cose su Leonard, sulla sua famiglia e su cosa provasse per il fatto di essere nero e gay, e lui ne aveva apprese altrettante sulla mia famiglia, e su di me.
Seguimmo la corrente per tutto il giorno: avevamo l’attrezzatura da campeggio nella barca e l’intenzione di trovare un posto dove fermarci prima che calasse la notte. La nostra era una barca scoperta, bella pesante. Il motore non era particolarmente potente, ma bastava per tenere la velocità della quale avevamo bisogno.
L’acqua puzzava, perché era una giornata molto calda. Dopo un po’ spegnemmo il motore e ci fermammo all’ombra degli alberi, in un punto del fiume parecchio stretto. Faceva piú fresco. Il vento si alzò e fu una fortuna, perché allontanò da noi il tanfo e le zanzare.
Non era ancora buio quando la lenza di Leonard si incagliò. Nel punto in cui ci trovavamo, le acque del Sabine erano sorprendentemente limpide. La corrente era talmente forte che avevamo dovuto gettare l’ancora per non essere trascinati via. Il fiume era profondo, ma cosí trasparente che quando Leonard si sporse per vedere che cosa fosse a trattenere la sua lenza, poté vedere il fondale.
– Vieni a dare un’occhiata, – mi disse.
Mi sporsi anch’io sul fianco della barca, e guardai. C’era un’altra barca, sul fondo del fiume.
Non era una di quelle barche con il motore fuoribordo. Era un cabinato, con tanto di copertura e finestre, e aveva un motore vero. Non sembrava niente male: peccato che fosse affondata, però. La lenza di Leonard si era impigliata su uno dei corrimano laterali, e la vedevamo perfettamente. Leonard provò a tirare, senza risultato.
– Potrei tuffarmi e liberarla, – disse.
– È piú profondo di quanto sembri, – risposi.
– Ma so nuotare molto bene. Meglio di quello stronzo di Aquaman.
– Secondo me dovresti tagliare la lenza, invece, e prepararne un’altra.
– Voglio recuperare il piombo.
– Ti preoccupi per due pallini di piombo? Che cazzo, ne ho quanti ne vuoi, nella mia cassetta. Serviti pure, e quando torniamo a riva te ne compro anche degli altri; pure un’incudine, se ti serve per legarla alla tua lenza.
– Non è un piombino qualunque, – spiegò Leonard. – Me l’ha regalato mio zio. È la statuetta di una bambinaia nera, presa da una pubblicità.
Non me n’ero accorto. – E ci tieni cosí tanto? – chiesi.
– Non pretendo che tu capisca, Hap. Ma appartiene a mio zio, o gli apparteneva, diciamo. E lui me l’ha regalata. È un ricordo, insomma.
– Mi stai dicendo che se non recuperi una statuina umiliante, una bambinaia nera fatta di piombo, non riuscirai piú a dormire la notte? Mi prendi per il culo?
– Mio zio l’aveva presa a un uomo. Quel tizio aveva attaccato briga, lo pigliava in giro e gliela sventolava davanti al naso.
– Ah, sí? E quel tizio andava in giro con una statuina in tasca? – dissi.
– Già. Mio zio gli ha rotto il culo, gliel’ha presa e da allora è stata sua. Finché non l’ha data a me.
– Prova a liberare la lenza.
– Ci ho già provato, – disse Leonard. – L’amo è sotto il corrimano. Mi tocca tuffarmi, per recuperarla.
– Ti aspetto qui, allora, – dissi.
Leonard si tolse la camicia passandosela sopra il capo, poi si sfilò le scarpe e i pantaloni, restando con i soli boxer addosso.
Doveva aver visto gli stessi episodi di Avventure sotto il mare che avevo visto anch’io, perché si sedette sul bordo della barca, di spalle, e si tuffò. Mi spostai da dove ero seduto, avvicinandomi al punto da cui si era immerso, e guardai giú.
Leonard scendeva sempre di piú, con una serie di potenti bracciate. La mia intuizione era stata corretta: il fiume era molto piú profondo di quanto sembrasse. Lo vidi raggiungere il ponte, spingersi lungo il corrimano verso il punto dove l’amo si era incagliato, poi voltarsi verso la porta sul retro della cabina, che era aperta. Rimase come paralizzato per qualche secondo, poi dimenticò la sua statuina, lasciò andare il corrimano e risalí verso la superficie alla massima velocità possibile. Lo vidi emergere di scatto, come un delfino, e aggrapparsi al bordo della barca. Lo aiutai a risalire.
– Che cazzo è successo? – chiesi. – Ti sei dimenticato di recuperare la tua statuina.
Per essere un nero, era piuttosto pallido.
– Ci sono dei corpi, là sotto. Nudi.
– Che cosa?
– Dei corpi, ti ho detto.
– In che senso, dei corpi?
– Di cosa cazzo credi che parli? Di un alce o di uno scoiattolo? Corpi. Cadaveri, cazzo. Una donna e un uomo, e non credo proprio che stessero testando la temperatura dell’acqua.
– Gesú, – dissi.
– Già, Gesú.
– Cosa credi che sia successo?
– Che sono affogati, cazzo. Santo cielo, Hap. Cosa vuoi che ne sappia?
Dopo un istante di riflessione, mi tolsi i vestiti e mi tuffai a mia volta. L’acqua era fredda. Quando raggiunsi il ponte della barca, guardai attraverso la porta della cabina e vidi la stessa cosa che aveva visto Leonard. Due corpi. Mi affacciai all’interno e il cadavere di un bambino mi sfiorò, facendomi risalire a razzo verso la nostra barca, rischiando quasi di rovesciarla per la fretta con la quale tentai di issarmi a bordo.
– C’è anche un bambino, – dissi.
– Merda, – disse Leonard.
– Già. Mi sono fatto prendere dal panico.
– Anche io, – disse Leonard. – Forse dovremmo imparare a evitarlo.
– Credo che la barca sia affondata in pochi secondi, però che cavolo, perché non hanno provato a tornare in superficie a nuoto? Il fiume è profondo, certo, ma non cosí tanto, e la madre o il padre avrebbero potuto portare su il bambino.
– Non se è stato tutto cosí rapido che si sono trovati sul fondo e con i polmoni pieni d’acqua prima ancora di rendersene conto.
– Ma perché la barca affondasse cosí in fretta dovrebbe aver sbattuto di brutto, e la chiglia era intatta. Dev’esserci un buco dentro la cabina.
– Dovremmo chiamare qualcuno che li tiri fuori da lí, – disse Leonard.
– Sí, dobbiamo farlo. Senti, provo a immergermi un’altra volta per recuperare la tua statuina.
– Oh, fanculo la statuina.
– Ah, sí? Fino a pochi minuti fa non potevi farne a meno e adesso fanculo la statuina?
– Non avevo ancora trovato tre cadaveri in un barcone.
Non dissi niente. Ero ancora in mutande, quindi presi il coltellino dalla tasca dei jeans, lo aprii e mi tuffai di nuovo. Tagliai la lenza e recuperai la statuina di piombo, stringendola in un pugno. L’acqua cominciava a intorbidirsi e il sole a calare, lasciando una strana scia color ruggine sulla superficie.
Mi imposi di entrare di nuovo nella cabina. Era spaventoso vederli fluttuare, e c’era anche del sangue, in lunghe strisce sottili che sembravano quasi stelle filanti.
Il bambino non doveva aver avuto piú di quattro o cinque anni, e non era un bello spettacolo, perché quando il suo corpo ruotò nell’acqua, che cominciava ad agitarsi, vidi che aveva un buco in testa, poco sopra un orecchio, e quando ruotò ancora mi accorsi che dalla parte opposta c’era un buco molto piú grande, che occupava l’intera tempia.
L’uomo e la donna erano giovani, e notai diverse bruciature sui loro corpi e qualcosa di rotto infilato tra le loro natiche. Bottiglie di liquore, pensai. Avevano dei lividi scuri sul collo, e il pene dell’uomo era stato spellato come una banana, mentre i seni della donna erano pieni di segni, probabilmente lasciati da una sigaretta accesa. All’improvviso la fanghiglia invase l’abitacolo, che piombò nel buio. Colto dal panico, persi il coltellino e tornai su con la statuina ancora stretta nel pugno.
Quando mi ritrovai in superficie, l’oscurità era scesa sul fiume come un sipario, e stava piovendo. Il fiume era quasi sparito nel buio, ma si intravedeva un fronte piovoso che lo attraversava venendo verso di noi, e che prometteva acqua a catinelle. Si faceva spazio a ondate successive, e sapevamo che ci saremmo ritrovati fradici fino al midollo. La luna non si era ancora levata, non c’erano stelle, e tra la pioggia e le nubi non avremmo potuto vederle comunque.
Leonard mi tirò su a bordo, poi prese una torcia e la puntò su di me. Gli tesi la mano, che stringeva ancora la statuina.
– Non c’era bisogno che lo facessi, Hap.
– Cavolo, lo so. Quella gente là sotto è stata ammazzata. Non si tratta solo di una barca che è affondata.
Gli dissi che cosa avevo visto.
– Cristo. Be’, una cosa è sicura. Non sono venuti fin qui per farsi del male da soli, affogare il loro bambino, ficcarsi due bottiglie nel culo e poi romperle.
– È quello che dico anch’io.
Leonard si era già rivestito, e io feci altrettanto. Gli abiti erano umidi per la pioggia.
Andai ad accendere il motore, ma fece cilecca.
Leonard disse: – Gli do una botta io.
In qualunque altra occasione avrei risposto con una battuta oscena, ma non ero dell’umore giusto.
Prese la corda e le diede uno strattone con tutte le sue forze. La corda si ruppe.
– Bell’affare, – commentai. – Dovremo tornare a remi.
– Stanotte? Ci metteremmo delle ore...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Hap & Leonard Sangue e limonata
  4. La parabola del bastone
  5. Un falò di gomme
  6. Non sei uno di noi
  7. In riva al fiume
  8. Una serata finita presto
  9. Il bambino che diventò invisibile
  10. Sangue e limonata
  11. Nel fiume dei morti
  12. Una sosta per un caffè
  13. Apollo Red
  14. Un serpente innocuo
  15. Negli abissi del mondo
  16. A caccia di scoiattoli
  17. La quercia e il lago
  18. Postfazione
  19. Il libro
  20. L’autore
  21. Dello stesso autore
  22. Copyright