IBS Trilogia di New York è probabilmente il suo libro piú letto, credo principalmente perché apre nuovi orizzonti attraverso la combinazione unica fra indagine, racconto avvincente e riflessione che caratterizza molte sue opere. Il lettore viene risucchiato di colpo nel mondo dell’investigazione e della sorveglianza solo per ritrovarsi avvolto nei misteri esistenziali e letterari che lei presenta nei tre romanzi brevi – Città di vetro, Fantasmi e La stanza chiusa – di cui si compone la trilogia. Jan Kjærstad ha assolutamente ragione quando la descrive come un «cristallo che rifrange la luce in colori che raramente sono stati mai visti prima»1. Che cosa ha ispirato queste strane storie?
PA Vengono da materiale su cui riflettevo e lavoravo da molti anni. Nel «Taccuino rosso» racconto di aver ricevuto una telefonata da una persona che voleva parlare con l’agenzia Pinkerton. Da là è nato il primo romanzo, Città di vetro. L’idea del numero sbagliato mi incuriosiva e, siccome guarda caso era il numero di un’agenzia investigativa, mi è parso inevitabile che la mia storia dovesse avere un elemento poliziesco. Non è assolutamente una parte fondamentale della storia e mi ha sempre irritato sentire definire questi libri romanzi polizieschi. Non lo sono affatto.
IBS No, per niente. Anche se il protagonista di ciascuna storia a un certo punto si dedica a un’investigazione, l’elemento d’indagine riguarda questioni linguistiche ed esistenziali piuttosto che criminali. Voleva sperimentare il genere poliziesco o le era semplicemente utile come forma?
PA Mi era utile cosà come il vecchio repertorio del music-hall e il vaudeville sono stati utili a Beckett per scrivere Aspettando Godot. O come i romanzi cavallereschi sono stati utili a Cervantes per scrivere il Don Chisciotte. Immagino che anche Delitto e castigo si possa definire un poliziesco. Molti autori hanno usato le forme del romanzo giallo per scrivere altro. Non sono certo il primo della serie. Quindi non pensavo di accingermi a far esplodere qualcosa. Ero solo curioso.
IBS Non è che magari voleva assegnare alla scrittura un ruolo di indagine?
PA Volevo solo restare fedele all’ispirazione scaturita da quella telefonata. Era una sfida rivolta a me stesso. Le fonti di questo libro sono di gran lunga piú importanti. Sul piano strettamente intellettuale, una risiede nella mia intensa lettura di John Milton ai tempi del college. Un mio brillante professore, Edward Tayler, teneva un famoso corso su Milton alla Columbia. Ha completamente cambiato il mio modo di pensare alla letteratura. Ero giovane e impressionabile: uno studente immerso nelle riflessioni sul linguaggio suscitate da Milton. Hanno influenzato le mie idee sulla Nuova Babele e ispirato le teorie folli che attribuisco a Henry Dark in Città di vetro. Sul piano personale, Città di vetro è anche un’autobiografia/biografia ombra. Ho immaginato, in termini iperbolici, che fine avrei fatto se non avessi incontrato Siri. In un certo senso è un omaggio a lei. Quando l’ho incontrata ho pensato davvero che mi avesse salvato la vita.
IBS Senza di lei sarebbe stato Quinn?
PA Forse, può darsi. Altre fonti d’ispirazione fondamentali sono le storie sui bambini selvaggi, da cui sono maturati gli interrogativi sul linguaggio che da sempre mi interessano. Da giovane ho scritto molte pagine su questi problemi linguistici. Le ho integrate in un progetto precedente che combinava Moon Palace e Città di vetro – un’opera enorme, troppo voluminosa per poterla gestire. Molte idee di Città di vetro sono uscite da quelle opere embrionali, per esempio le lettere che si formano con i passi di una persona che cammina per la città e la conversazione su Don Chisciotte con il personaggio «Auster». Tra parentesi, è una lettura completamente folle del Don Chisciotte, e vorrei ribadire che mi prendevo in giro da solo. Quasi tutto quello che dice «Auster» è all’opposto di ciò che penso.
IBS Me ne rendo conto [ride]. Viene anche descritto come una persona inaffidabile e sgradevole.
PA Be’, non esageriamo…
IBS Si è «comportato male da cima a fondo»2.
PA SÃ, sà [ride].
IBS C’è un momento, verso la fine della Stanza chiusa, in cui il narratore inserisce questa dichiarazione alquanto sbalorditiva: «le tre storie sono una storia sola, ma ognuna rappresenta un diverso stadio della mia consapevolezza di essa» (294). Aveva progettato fin dall’inizio che si rispecchiassero a vicenda?
PA No. È cominciata cosÃ: mentre lavoravo a Città di vetro nel 1981 mi sono reso conto che circa cinque anni prima avevo scritto qualcosa di simile in un atto unico intitolato Blackout3. Cosà ho ripreso quella pièce per vedere se potevo riconfigurarla in una prosa narrativa. Sono tornato indietro, ho adattato alcune idee da quel vecchio materiale e, in effetti, Blackout ha dato origine a Fantasmi. Mentre scrivevo il secondo volume, ho capito che ne occorreva un terzo. E cosà è diventata una trilogia.
IBS Lei dice che i tre romanzi sono dimensioni diverse della stessa storia.
PA La questione che le percorre tutte è l’ambiguità . Ambiguità e incertezza. Se dovessi sintetizzarlo in una frase, direi: «imparare a vivere con l’ambiguità ». Questa è l’essenza della Trilogia di New York. Questo spiega come mai, proprio alla fine, il narratore della Stanza chiusa butta via il taccuino di Fanshawe.
IBS Perché per lui segna l’ennesima fine? «Tutte le parole mi erano familiari, ma sembravano accostate in maniera bizzarra, come se il loro scopo finale fosse quello di cancellarsi a vicenda. Non saprei spiegarmi diversamente. Ogni frase annullava la frase precedente, ogni paragrafo rendeva impossibile il successivo» (313).
PA Parla d’incertezza, del fatto che al mondo non esiste nulla di eterno e scontato. Bene o male, dobbiamo fare spazio alle cose che non capiamo. Dobbiamo vivere con l’oscurità . Non sto parlando di accettazione passiva e quietistica delle cose, ma della presa di coscienza che esistono cose che non sapremo mai.
IBS Molto interessante, «imparare a vivere con l’ambiguità ».
PA Forse.
IBS Immagino c’entri con le considerazioni che il narratore fa in questo brano: «È tanto tempo ormai che lotto per dire addio a qualcosa, ed è la lotta quello che veramente conta. La storia non è nelle parole: è nella lotta» (294). Io ho capito che questa lotta riguarda la scrittura.
PA Certo che riguarda la scrittura, ma allo stesso tempo vuol dire fare spazio all’ignoto.
IBS Dire addio agli assoluti?
PA SÃ, ne sono convinto.
IBS Be’, se nella Trilogia di New York si sono consolidate le sue idee fondamentali riguardo alla conoscenza e la verità , non possiamo considerarlo uno dei suoi libri piú importanti, se non il piú importante in assoluto? Critici e recensori la pensano cosÃ.
PA Non lo so. Secondo me i giornalisti tendono a considerare l’opera che porta per la prima volta un autore all’attenzione del pubblico come la migliore. Prendiamo Lou Reed4. Lui non sopporta Walk on the Wild Side. È una canzone famosissima, che lo segue da una vita, e per la quale sarà sempre conosciuto. Idem per Godard: malgrado tutti i film che ha girato dopo, sarà sempre conosciuto per Fino all’ultimo respiro. Vale anche per i romanzieri; vale per i poeti. Comunque, io non penso in termini di «migliore» o «peggiore». In fondo fare arte non è come gareggiare alle Olimpiadi.
IBS Non sto suggerendo che Trilogia di New York è il suo libro migliore ma che, nel complesso, potrebbe essere il suo lavoro piú importante.
PA Piú importante nel senso che è il piú letto e il piú studiato dei miei libri, forse.
IBS Perché crede che sia cos�
PA Non lo so, non lo so. Sembra che molti l’abbiano ritenuto innovativo.
IBS Infatti è cosà e, per un motivo o per l’altro, questa sua novità coincide con le idee emerse nella teoria francese e apparse sulla scena letteraria nel periodo in cui lei ha pubblicato la Trilogia di New York.
PA Come lei sa, non c’entravo niente con tutto questo.
IBS Lo so. È solo una strana coincidenza.
PA Qualcosa mi dice che, col passare degli anni, via via che la teoria francese perderà d’importanza, la gente smetterà di leggere i miei libri in quel modo. Almeno lo spero.
IBS Forse. Comunque credo che le sue prime opere passeranno alla storia come tipicamente postmoderne. So che non le fa piacere essere messo in questa categoria.
PA Trilogia di New York sarà sempre associata al mio nome, al di là di dove andrò e di quante altre cose scriverò. Non posso farci niente.
IBS Pensa che sia un male? Le dà fastidio?
PA Il fatto è che non so nemmeno se Trilogia di New York sia tanto riuscito. A me sembra piuttosto rozzo. Credo di essere migliorato come scrittore. Sono testi giovanili che segnano la fine di una certa fase della mia vita.
IBS Comunque lei ha sperimentato con la convenzione letteraria, ha aperto nuove possibilità alla narrativa, esplorato idee. Quei primi libri, soprattutto la Trilogia di New York, hanno sollevato grandi interrogativi sulla verità , il linguaggio, sullo stare al mondo. Stimolano la riflessione su questioni che erano assolutamente centrali nella teoria letteraria contemporanea.
PA Non voglio fingere che non siano libri filosofici.
IBS Molto piú dell’Invenzione della solitudine, secondo me, anche se quel libro invita non poco alla riflessione.
PA Nella seconda parte dell’Invenzione della solitudine esploro gli stessi interrogativi, ma piú da una prospettiva storica che puramente filosofica.
IBS L’invenzione della solitudine e la Trilogia di New York hanno affascinato i lettori di tutto il mondo. I miei studenti li adorano. La settimana scorsa ne ho parlato a lezione (probabilmente per la decima volta) e alla fine uno dei miei studenti è venuto a chiedermi di darle questa lettera. Dice che i suoi libri gli hanno cambiato la vita e che adesso vuole fare lo scrittore!
PA [Ride] Povero lui.
IBS Fa questo effetto. Era sconvolto. Gli mancava il respiro, dopo la lezione è rimasto per parlare di quello che provava.
PA Che anno frequenta?
IBS Be’, sono studenti del quarto o quinto anno. Stanno per prendere la laurea magistrale. Nel tempo ho avuto diversi studenti che hanno reagito cosÃ.
PA Be’, mi fa piacere.
IBS Credo dipenda dalla particolare combinazione tra narrazione avvincente e sfida intellettuale: offre nuovi spunti di riflessione su come cerchiamo di dare un senso al mondo. Affronta problemi con i quali ci troviamo alle prese tutti quanti, specialmente da giovani. Una delle caratteristiche piú singolari, non solo delle sue prime opere, è che le sue domande aprono solo ad altre domande. Raramente lei fornisce le risposte. I processi e i meccanismi della scrittura le interessano cosà tanto che li mette a nudo e intreccia le sue riflessioni alle storie che racconta.
PA Sono questioni su cui rifletto da quando sono nato.
IBS Certo, come tutti gli scrittori.
PA Gli scrittori in genere sono assolutamente soddisfatti dei modelli letterari tradizionali e contenti di produrre opere che reputano belle, autentiche e valide. Io ho sempre voluto scrivere quello che mi sembra bello, autentico e valido, però m’interessa anche inventare nuovi modi per raccontare una storia. Io volevo rovesciare le cose. Immagino sia una posizione tremendamente ambiziosa: non essere soddisfatti delle convenzioni, giocarci ogni tanto e poi smascherare le norme tradizionali e forzarle oltre i limiti.
IBS Per metterle a nudo o solo per vedere che succede quando si va a scavare?
PA Voglio rovesciare le cose. Come un architetto che costruisce una casa con tutti i tubi e i fili elettrici a vista. Sono attratto dal versante artificiale della letteratura. Sappiamo tutti che è un libro: lo apria...