Pare che laggiú, all’altro capo del mondo, ci sia un’isola. Si chiama W.
Si allunga da est a ovest, per un’estensione massima di circa quattordici chilometri. La sua configurazione complessiva ricorda il cranio di una pecora con la mandibola parecchio slogata.
Il viaggiatore smarrito, il naufrago volontario o sfortunato, l’esploratore ardito, catapultati dal fato, dallo spirito d’avventura o dall’inseguimento di chissà quale chimera in mezzo a quella miriade di isole che si sgranano lungo la punta sconnessa del continente sudamericano, avrebbero ben poche probabilità di approdare a W. La costa, infatti, non offre alcun approdo naturale, soltanto una serie di secche che scogli a fior d’acqua rendono estremamente pericolose, falesie di basalto a picco e senza faglie, oppure, a occidente, nella regione corrispondente alla nuca della pecora, paludi pestilenziali. Queste paludi sono alimentate da due fiumi di acqua calda, chiamati Omega e Caldea, le cui anse quasi parallele determinano, per un breve tratto nella parte centrale dell’isola, una micromesopotamia fertile e verdeggiante. La natura profondamente ostile del mondo circostante, i rilievi tormentati, il suolo arido, il paesaggio brumoso e perennemente coperto di ghiacci, rendono ancora piú stupefacente la campagna fresca e ridente che in quel punto si offre alla vista: non piú la landa desolata spazzata dalla brutalità dei venti dell’Antartico, non piú i dirupi frastagliati, non piú le misere alghe sopra cui volteggiano senza sosta milioni di uccelli marini, ma dolci vallate incorniciate da boschetti di querce e di platani, sentieri polverosi costeggiati da muretti a secco o da alti cespugli di more, da grandi distese di mirtilli, di rape, di granturco, di patate dolci.
Nonostante l’apprezzabile mitezza del clima, né i Fuegini né i Patagoni si stabilirono su W. Quando il gruppo di coloni da cui discende l’attuale popolazione indigena vi si insediò, alla fine del XIX secolo, W era un’isola completamente deserta, come ancora lo sono gran parte delle isole della regione; le brume, gli scogli, gli acquitrini la rendevano inaccessibile; esploratori e geografi non ne avevano mai portato a termine, ammesso che ci avessero provato, il rilievo topografico, e su pressoché tutte le mappe W non compariva o era una semplice macchia informe e senza nome, i cui vaghi contorni separavano a stento il mare dalla terra.
La tradizione fa risalire il primo insediamento e il nome stesso dell’isola a un certo Wilson. A partire da questa base condivisa sono state formulate diverse varianti. In una di queste Wilson è un guardiano del faro la cui negligenza sarebbe all’origine di una spaventosa catastrofe; in un’altra è a capo di un gruppo di convicts che si sarebbero ammutinati durante il loro trasferimento in Australia; in un’altra ancora è una specie di capitano Nemo disgustato dal mondo, animato dal sogno di edificare una Città ideale. Una quarta variante, non molto diversa dalla precedente, ma con differenze significative, vede Wilson nei panni di un campione (altri dicono di un allenatore) che, esaltato dall’impresa olimpica, ma avvilito dalle difficoltà con cui allora doveva confrontarsi Pierre de Coubertin e persuaso che l’ideale olimpico potesse soltanto essere vilipeso, sporcato, pervertito a vantaggio di sordidi traffici, sottomesso ai peggiori compromessi proprio da coloro che pretendevano di servirlo, decise di adoperarsi per fondare, lontano da diatribe scioviniste e manipolazioni ideologiche, una nuova Olimpia.
I particolari di queste tradizioni non si conoscono; e la loro veridicità non è affatto garantita. Ma ciò non ha molta importanza. Abili speculazioni su determinate consuetudini (per esempio un certo privilegio concesso a un certo villaggio) o su alcuni patronimici ancora in uso, potrebbero fornire precisazioni o chiarimenti sulla storia di W, sulla provenienza dei coloni (di cui quantomeno sappiamo che erano bianchi, occidentali, quasi esclusivamente anglosassoni: Olandesi, Tedeschi, Scandinavi, esponenti di quella classe altera che negli Stati Uniti chiamano Wasp), sul loro numero, sulle leggi che si diedero e via di seguito. Ma che W debba la sua fondazione a pirati o a sportivi, tutto sommato è abbastanza indifferente. Quel che è certo, incontestabile, quello che colpisce al primo sguardo, è che oggi W è un paese dove lo Sport regna sovrano, una nazione di atleti dove Sport e vita si fondono in un unico, magnifico sforzo. Il nuovo venuto si troverà ad ammirare il fiero motto
FORTIUS ALTIUS CITIUS
scolpito sulle arcate monumentali all’entrata dei villaggi, i magnifici stadi con le piste di cenere curate alla perfezione, i giganteschi giornali murali che riportano i risultati delle competizioni a qualsiasi ora del giorno, i quotidiani trionfi riservati ai vincitori, la tenuta degli uomini: una tuta grigia con un’enorme W bianca stampata sulla parte posteriore. Da tutto ciò, diviso tra stupore ed entusiasmo (chi non si entusiasmerebbe di fronte alla disciplina temeraria, alle prodezze quotidiane, alla lotta gomito a gomito, all’ebbrezza generata dalla vittoria?), il nuovo venuto comprenderà che a W si vive per glorificare il Corpo. E scopriremo piú avanti come questa vocazione atletica determini la vita dello Stato, come lo Sport governi W, in che modo ne abbia profondamente plasmato le relazioni sociali e le aspirazioni individuali.
I ricordi ormai esistono, effimeri o tenaci, frivoli o penosi, ma non c’è niente a tenerli insieme. Come quella grafia slegata, fatta di lettere isolate incapaci di saldarsi l’una all’altra per formare una parola, che mi contraddistinse fino all’età di diciassette o diciotto anni; o come quei disegni disarticolati, sconnessi, i cui elementi sparsi restavano quasi sempre scollegati e di cui, nel periodo di W, diciamo tra gli undici e i quindici anni, riempivo quaderni interi: figure del tutto disancorate dal suolo che avrebbe dovuto sostenerle, imbarcazioni in cui le vele non erano fissate agli alberi, né gli alberi allo scafo, macchine da guerra, congegni di morte, aeroplani e veicoli dagli ingranaggi improbabili, con gli scarichi staccati, i cavi spezzati e le ruote che giravano nel vuoto; le ali degli aerei erano scollate dalla fusoliera, le gambe degli atleti erano separate dal tronco, le braccia dal torso, le mani non avevano presa.
Quel periodo si distingue in primo luogo per l’assenza di riferimenti: i ricordi sono frammenti di vita sottratti al vuoto. Nessun ormeggio. Niente che li ancori, niente che li fissi. Niente o quasi a confermarli. Nessuna cronologia, se non quella che con il tempo ho arbitrariamente ricostruito: passava del tempo. C’erano delle stagioni. Si andava a sciare o a fare il fieno. Non c’era inizio né fine. Non c’era piú alcun passato e per molto tempo non ci fu neanche un futuro; una semplice durata. Si era lÃ. Succedeva in un luogo lontano, ma nessuno avrebbe potuto dire con esattezza lontano da dove, forse semplicemente da Villard-de-Lans. Ogni tanto si cambiava posto, si andava in un altro convitto o presso un’altra famiglia. Cose e luoghi non avevano nome o ne avevano piú di uno; le persone non avevano volto. Una volta era una zia, la volta dopo un’altra zia. Oppure una nonna. Un giorno si incontrava la propria cugina e quasi ci si era dimenticati di avere una cugina. Poi non si incontrava piú nessuno; non si sapeva se fosse normale o no, se sarebbe stato sempre cosà o se fosse soltanto una cosa temporanea. Che ci fossero periodi con zie e altri senza zie? Non si domandava niente, non si sapeva bene che cosa si sarebbe dovuto domandare, forse si aveva un po’ paura della risposta che si sarebbe ottenuta se ci si fosse azzardati a domandare. Non si facevano domande. Ci si limitava ad aspettare che il caso facesse tornare una zia o, se non quella, l’altra, in fondo chi se ne importava di sapere quale zia fosse, o addirittura se esistessero o meno delle zie. L’esistenza di zie, di cugine, di una nonna, in effetti, lasciava sempre un po’ sorpresi. Si poteva benissimo vivere senza, non si capiva bene a che cosa servissero, né perché fossero persone piú importanti delle altre; e nemmeno era molto gradita quell’abitudine che le zie avevano di comparire e scomparire a ogni pié sospinto.
L’unica cosa certa è che è durata un sacco di tempo, e poi un giorno è finita.
Anche mia zia e le mie cugine hanno molto dimenticato. Mia zia ricorda che guardava le montagne; si domandava perché la piccola fattoria che scorgeva ai margini del bosco non fosse quella di suo nonno: come se fosse nata lÃ; e avesse giocato là per tutta la sua infanzia.
Quanto a me, mi sarebbe piaciuto aiutare mia madre a sparecchiare dopo cena. Il tavolo della cucina sarebbe stato ricoperto da una tela cerata a quadretti blu; sospeso sopra il tavolo ci sarebbe stato un lampadario con un paralume all’incirca a forma di piatto, di porcellana bianca o di latta smaltata, dotato di un sistema di pulegge con un contrappeso a forma di pera. Poi sarei andato a prendere la cartella, avrei tirato fuori il libro, i quaderni e il portapenne di legno, avrei disposto tutto sul tavolo e mi sarei messo a fare i compiti. Nei miei libri di scuola succedeva cosÃ.
La maggior parte degli abitanti di W è raggruppata in quattro agglomerati chiamati semplicemente i «villaggi»: c’è il villaggio W, probabilmente il piú antico, fondato dalla prima generazione di uomini W, e ci sono i villaggi W-Nord, W-Ovest e W-Nord-Ovest, situati rispettivamente a nord, a ovest e a nord-ovest di W. Questi villaggi sono sufficientemente vicini gli uni agli altri perché un podista, partendo dal proprio all’alba, possa attraversare gli altri tre ed essere di ritorno al punto di partenza prima di mezzogiorno. Questo esercizio è peraltro molto praticato, e parecchi direttori sportivi l’hanno scelto come preliminare degli allenamenti non solo per i fondisti, ma per tutti gli atleti, compresi i lanciatori, i saltatori e i lottatori.
La strada che collega i villaggi è particolarmente stretta, e in breve si è imposta la prassi di svolgere questo riscaldamento mattutino correndo in un solo senso, nello specifico in senso orario. Ovviamente correre contromano costituisce una grave infrazione. Nella misura in cui a W il concetto di peccato è, se non sconosciuto, quantomeno perfettamente integrato nell’etica sportiva (ogni errore, intenzionale o non intenzionale – benché a W questa distinzione sia del tutto priva di senso – comporta automaticamente la squalifica, vale a dire la sconfitta, una sanzione che sull’isola è di una gravità estrema, per non dire capitale), il mancato rispetto di una prassi, se al di fuori della competizione, ha un’inevitabile connotazione di sfida: sulla base di questo semplice presupposto si è determinato il meccanismo, abbastanza complesso, che regola le gare fra i villaggi.
Per capire questo meccanismo, che è uno dei pilastri della vita W, è necessario precisare la nozione di «villaggio»: i villaggi non riuniscono la totalità degli abitanti di W, ma esclusivamente gli sportivi e coloro che, pur non praticando piú alcuna disciplina, pur non partecipando piú alle competizioni, sono direttamente necessari agli sportivi: i direttori di squadra, gli allenatori, i medici, i massaggiatori, i dietologi e via di seguito. Coloro la cui attività è connessa non con gli individui, ma con le loro prestazioni, vale a dire, in ordine decrescente di grado e responsabilità , gli organizzatori, i direttori di gara, i giudici e gli arbitri, i cronometristi, i guardiani, i musicisti, i portatori di fiaccole e stendardi, i lanciatori di colombe, gli spazzapiste, gli inservienti di mensa e via di seguito sono alloggiati negli stadi o nelle dipendenze. Gli altri, quelli la cui attività non è, o non è piú strettamente legata allo Sport, nella fattispecie soprattutto vecchi, donne e bambini, alloggiano in un complesso di edifici a pochi chilometri da W in direzione sud-ovest, chiamato la Fortezza. Qui, tra le altre cose, ci sono l’ospedale e l’infermeria centrale, l’ospizio, le case dei giovani, le cucine, i laboratori e via di seguito. Il nome Fortezza deriva dalla struttura centrale, una torre merlata, pressoché senza finestre, costruita con una pietra grigia e porosa, una specie di lava pietrificata, il cui aspetto ricorderebbe quello di un faro. Questa torre è la sede del Governo centrale di W. È qui che, in gran segreto, si prendono le decisioni piú importanti, in particolare quelle concernenti l’organizzazione dei piú grandi raduni sportivi, i Giochi, che sono tre: le Olimpiadi, le Spartachiadi e le Atlantiadi. I membri del Governo vengono scelti tra gli Organizzatori e nel collegio dei Giudici & Arbitri, mai tra gli Atleti. La gestione di uno stato sportivo richiede infatti un’imparzialità assoluta e qualsiasi Atleta, per quanto onesto e dotato di fair play, sarebbe troppo tentato di favorire la propria vittoria o, se non altro, quella della propria squadra, per rispettare appieno l’implacabile neutralità dei Giudici. Piú in generale, nessuna carica amministrativa, a qualsiasi livello, è mai affidata a un Atleta in attività : i villaggi e gli stadi (sorta di enti municipali del Governo) sono gestiti da funzionari nominati dal Potere centrale, scelti prevalentemente tra i cronometristi e i direttori di gara (per «direttore di gara» si intende un organizzatore subalterno responsabile del regolare svolgimento di una competizione, da non confondersi con il «direttore sportivo» – o «direttore di squadra» – responsabile dell’allenamento e della condizione fisica degli Atleti).
A W, in sostanza, un villaggio corrisponde a quello che altrove chiameremmo «villaggio olimpico», a quello che nella stessa Olimpia chiamavano il Leonidaion, oppure a uno di quei campi di allenamento dove sportivi di una o piú nazioni seguono programmi preparatori alla vigilia di grandi incontri internazionali.
Oltre agli alloggi degli Atleti, ogni villaggio dispone di piste di allenamento, una palestra, una piscina, sale di massaggio, un’infermeria e via di seguito. A metà strada tra due villaggi c’è uno stadio di dimensioni abbastanza modeste, riservato alle competizioni tra i villaggi connessi. Pressappoco al centro del quadrilatero formato dai quattro villaggi si trova lo Stadio centrale, molto piú imponente, sede dei Giochi, vale a dire le competizioni che oppongono rappresentanti di tutti i villaggi, e delle cosiddette «gare di selezione», o piú semplicemente «selezioni», vale a dire gli incontri che oppongono i villaggi non connessi tra loro. Di conseguenza W può, per esempio, gareggiare quotidianamente con W-Nord (nello stadio comune ai due villaggi, a metà strada tra W e W-Nord) e con W-Ovest (nello stadio a metà strada tra W e W-Ovest), mentre ha ben poche possibilità di misurarsi con W-Nord-Ovest, con cui non divide alcuno stadio. Lo stesso vale per W-Nord, che ha ben poche occasioni di confronto con W-Ovest. Le possibilità di confronto tra i villaggi sono dunque alquanto differenziate. Come spesso accade, questa differenziazione ha esasperato la rivalità tra i villaggi; per una specie di riflesso «campanilistico», gli Atleti di un villaggio arrivano a considerare nemici giurati i loro omologhi del villaggio con cui non sono connessi. Gli incontri tra due villaggi non connessi sono dunque animati da uno spirito combattivo, da un’aggressività , da una volontà di vincere che conferiscono alle competizioni un’attrattiva di cui gli incontri tra villaggi connessi e, a maggior ragione, le gare di qualificazione relative a un solo villaggio sono spesso sprovvisti.
Le competizioni, com’è evidente, sono dunque di quattro tipi. Al livello piú basso ci sono i campionati di classificazione, in cui gli Atleti di un dato villaggio si guadagnano il diritto di partecipare agli incontri inter-villaggi.
Seguono i campionati locali, in cui si affrontano i villaggi connessi, che sono quattro: W contro W-Nord, W contro W-Ovest, W-Nord contro W-Nord-Ovest, W-Ovest contro W-Nord-Ovest.
Quindi le «selezioni», che oppongono i villaggi non connessi, W contro W-Nord-Ovest e W-Nord contro W-Ovest.
Infine i Giochi, che, come abbiamo detto, sono tre: le Olimpiadi, che hanno luogo una volta all’anno, le Spartachiadi, che hanno luogo ogni tre mesi e sono aperte, in via eccezionale, agli Atleti che non si sono classificati nei loro villaggi, e le Atlantiadi, che hanno frequenza mensile.
La data dei Giochi è fissata dal Governo centrale. Gli altri incontri sono regolati dal principio della sfida: ogni mattina, durante la corsa di riscaldamento, un Atleta di un villaggio, designato la sera precedente dal proprio direttore sportivo, parte in contromano e sfida il primo Atleta che incrocia. Le possibilità sono tre: l’Atleta si ritrova a sfidare un Atleta del proprio campo, e le competizioni del giorno saranno campionati di classificazione interna; lo sfidato appartiene a uno dei due villaggi connessi, e allora si disputeranno dei campionati locali; lo sfidato appartiene al villaggio non connesso e si disputerà un incontro di selezione.
Henri, il figlio della sorella del marito della sorella di mio padre, che da allora chiamo cugino benché non lo sia, non piú di quanto fosse mia zia sua madre Berthe, Marc mio zio, Nicha e Paul miei cugini, soffriva di asma e, già prima della guerra, gli avevano raccomandato l’aria di mezza montagna di Villard-de-Lans. Per questo motivo, tutti i membri della mia famiglia adottiva che non avevano scelto di emigrare negli Stati Uniti – vale a dire circa i due te...