Gli adulteranti
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Gli adulteranti

  1. 192 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Ray è piú vicino ai 35 che ai 30, troppo vecchio per definirsi millennial, non abbastanza per non comportarsi come tale. Ha una moglie e un figlio in arrivo, e un lavoro da fame come giornalista hi-tech, eppure le responsabilità dell'età adulta gli appaiono remote e nebulose quanto il possesso di una casa di proprietà a Londra città: niente che una bella battuta e una gran dose di arguzia non sappiano ridimensionare. Sempre che un giorno di follia urbana nell'agosto del 2011 non lo metta di fronte al suo maggior talento: cacciarsi in guai ben piú adulti di lui.

Oh, quanto la sa lunga il nostro Ray... D'altra parte è giovane, arguto, fulminante nella battuta e brillante in società: non sono forse questi i passepartout del nostro tempo? Xennial spiantato e creativo, si prepara all'imminente nascita del suo primo figlio fingendo che delle responsabilità basti farsi gioco. Da giornalista tecnologico freelance, scrive per Techtracker.co.uk articoli che gli fruttano dieci pence a parola, una miseria di cui si vendica infilando in ogni pezzo una frase composta solo di parole brevissime, di cui poi si compiace cosí: «Quell'inciso vale quasi quattro pence a lettera, gonzi». Eh no, a Ray non la si fa! Certo, difficile potersi permettere una casa di proprietà con quegli introiti, non nella Londra del Ventunesimo secolo, non se si viene continuamente scalzati da fantomatici acquirenti per pronta cassa. Ma a quella vecchia volpe di Ray quell'uva interessa tanto poco da definirla «l'orribile villetta a schiera» (salvo poi spingersi fino all'effrazione pur di garantirsi una chance di raggiungerla). Se l'amata moglie Garthene, infermiera con i piedi per terra e un pancione di otto mesi, ha un turno di notte in ospedale, vorrà dire che Ray ci andrà da solo alla festa. Fingerà di annoiarsi e flirterà con la comune amica Marie, ma senza levarsi le scarpe, «il che, moralmente parlando, faceva una certa differenza». E che importa se quella è Londra, è l'agosto del 2011 e fuori infuriano i peggiori disordini che il Paese ricordi? Si può comunque uscire per strada, accettare un paio di birre di dubbia provenienza e lasciarsi immortalare, sorridente e compiaciuto, in uno scatto fatale. Ray la sa tanto lunga da surfare sulla vita come nel web che è la sua seconda casa (e forse la sola, giacché un'altra non l'avrà mai...). Ma possibile che nessuno gli abbia mai detto che se una cosa può andar male, lo farà?

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2019
Print ISBN
9788806234928
eBook ISBN
9788858430651

Parte prima

– … E penso che il problema sia la nostra idea di innocenza, – disse lei, e da come modulava la voce era chiaro che quella in corso era una delle conversazioni piú impegnate mai svoltesi all’8b di Longford Close. Mia moglie, Garthene, non era presente alla festa. Non era in procinto di spuntare dal bagno e scoprire che suo marito stava calcando le fumose vette della filosofia con una donna nubile che, da lontano, poteva sembrare che avesse la bocca imbrattata di rossetto pesante, mentre in realtà si trattava solo dell’insolita attaccatura del labbro superiore.
– Dovresti parlarne con mia moglie, – dissi. – Garthene adora questo genere di discorsi.
È fantastico avere una compagna che risponde al nome di «Garthene». Il solo pronunciarlo dà un tono alla conversazione.
– Strano, – disse lei, – non sembravi sposato.
Adocchiai Dave Finlay e gli feci cenno di avvicinarsi. Dave, uno degli assistenti operatori piú importanti dell’industria cinematografica del Regno Unito, stava tornando dalla cucina con una pila di patatine nella mano sinistra e un bicchiere pieno di vino bianco nella destra. Gli assistenti operatori addetti alla messa a fuoco devono avere una precisione incredibile nei movimenti. Io e Garthene immaginiamo che Dave Finlay sia un amante molto meticoloso. Ci scherziamo su senza problemi perché Garthene non potrebbe mai essere attratta da Dave, per via di un suo brutto vezzo. Ogni volta che beve vino gli rimane qualche gocciolina intrappolata nei folti baffi, e poiché ne è consapevole dopo ogni sorsata porta il labbro inferiore sopra quello superiore per raccogliere i rimasugli di Piepoul de Pinet, in questo caso specifico. Sono abbastanza sicuro, invece, che Dave non sappia un’altra cosa, e cioè che i baffi, ritornando in posizione, per contraccolpo spruzzano un getto finissimo, quasi impercettibile, di quello che è lecito ritenere un misto di vino e secrezioni della cavità orale. Lo spruzzo non arriva addosso a nessuno in particolare, piuttosto si fonde nell’atmosfera, ricordandoci che l’aria che respiriamo è piena di liquidi, visceri e frammenti di pelle altrui. In linea teorica questo pensiero non mi disturba. Ogni volta che sentiamo un odore assorbiamo microscopici frammenti di ciò che lo sprigiona. Perfetto. Ma io e Garthene conveniamo sul fatto che, quando ci si trova a parlare con Dave Finlay, sapere che ogni nostra successiva inspirazione conterrà una dose piú abbondante del normale del suo DNA è una roba che ammoscia parecchio. Forse la situazione migliorerebbe se Dave avesse i baffi piú curati, ma questo implicherebbe piú autostima da parte sua, che gli verrebbe dall’avere una vita amorosa attiva, la quale a sua volta dipenderebbe dall’avere baffi piú curati, e cosí via.
La donna nubile strinse il mignolo sollevato di Dave, quello della mano che reggeva il vino, e si presentò, quindi gli sfiorò il gomito, e a questo segnale mi allontanai. Andai in bagno e scrissi un elaborato messaggio a mia moglie: Il puzzo di morte, Garthene. Il puzzo di morte che pervade questa gigantesca farsa. Ogni tintinnio di bicchiere, ogni risata falsa, ogni hit ripetuta all’infinito – piú rumore facciamo, piú facile sarà per l’angelo della morte trovarci al buio. E pure i canapè, che stronzata. 6/10.
Non abbiamo amici che fanno i canapè. Mia moglie avrebbe colto subito l’incongruenza. Garthene vuole che mi diverta ma non le dispiace che finga il contrario, quando fa il turno di notte. Mi rispose: Bevi di piú x. Fui contento, perché mia moglie non è una che manda x alla leggera.
Tornai in corridoio, dove Michael Bonner stava smanettando sul telefono in attesa di andare al gabinetto dopo di me. Nessuno ce l’aveva con Michael perché continuava a farsi di cocaina, essendo chiaro a tutti che il bagno, per lui, rappresentava una sorta di macchina del tempo. Ne sarebbe uscito qualche minuto dopo con l’aria stordita, reduce da una festa a casa di amici di cinque anni prima, quando ancora non conosceva Kamara e non aveva avuto le gemelle. Sapevo per esperienza che conveniva stargli alla larga fino a tarda serata, quando avrebbe finito la scorta di droga e cominciato a provare un po’ di odio verso se stesso. A quel punto sarebbe diventato molto piacevole.
Su consiglio di mia moglie trangugiai il mio bicchiere colmo di vino prima di trasferirmi nuovamente in salotto. Qui Lee, il padrone di casa, stava preparando i drink, sbattendo ritmicamente uno strofinaccio pieno di cubetti di ghiaccio sullo spigolo del tavolo da pranzo. Non molto efficace, come maniera di frantumare il ghiaccio, ma di sicuro effetto. In cucina trovai sua moglie Marie – molto bella, fronte alta e rughette deliziose – che si stava accendendo una sigaretta sulla fiamma dei fornelli. Sapevo che a Garthene non dispiaceva che chiacchierassi con Marie. Lei e Lee hanno sempre dato l’impressione di possedere un’enorme sicurezza economico-sessuale. Marie, poi, è da quando ha raggiunto l’età adulta che fa la parte della bella donna, e la cosa le pare, se non propriamente noiosa, semplicemente scontata. Quando mi avvicinai scacciò via il fumo con la mano.
– Ray, – disse, – bravo che sei venuto.
Inspirai il fumo passivo facendo una scena esagerata e Marie rise a denti stretti, buttando fuori involontariamente quello che le era rimasto nei polmoni. Guarda caso, assorbire gli effluvi di Marie fu ben diverso dall’inalare le secrezioni orali di Dave Finlay. Marie con un saltino si mise a sedere sul bancone della cucina per poter meglio indirizzare il fumo fuori dalla finestrella. I suoi polpacci nudi contro la parete bianca e liscia del mobile erano una vista non banale. Sapevo che Garthene avrebbe trovato strano se non li avessi notati. Facendo finta di niente avrei lasciato intendere di avere il terrore di guardarli per paura di ardere di desiderio represso. Aveva delle gambe stupende. Niente di cui preoccuparsi. La cicatrice a mezzaluna sulla rotula sinistra sembrava un sorriso.
– Questa sera ho fatto da apripista alcolica, Ray.
– Non me n’ero accorto.
– Mio marito mi ha spedita qui a farmi una bella bevuta di ottima acqua.
– A me sembri sobria. Ti affiderei i comandi di una macchina movimento terra.
– Lee dice che sono troppo vecchia. Troppo vecchia per azionarla.
– Tu sei una di quelle persone che, di faccia, non sembrano mai ubriache. Prova a biascicare qualcosa.
Marie abbassò lo sguardo. – Mi scento briaca.
– Vai cosí, – dissi.
– Non capiscio piú un casso.
– Brava. Adesso sembra quasi vero.
Marie sorrise e strizzò gli occhi dietro una nuvola di fumo. – Finalmente cominci a sembrare belloccio, – disse.
Per inciso, era tutto in regola. Garthene avrebbe potuto essere nella stanza con noi, e non sarebbe stato un problema.
– Temo che il vino abbia compromesso la tua capacità di intendere e di volere, – dissi. – Perciò è moralmente impossibile, per noi, andare a letto insieme.
– E se invece il vino mi avesse aperto gli occhi sui miei veri sentimenti?
– Da uomo moderno, non faccio supposizioni. Ho bisogno di segnali chiari. Non suppongo letteralmente mai niente di nessuno, tanto sono moderno.
– E se ti trascinassi di sopra? – chiese.
– Be’, resterei perfettamente immobile sul letto, non muoverei un dito, e se tu decidessi di tua spontanea volontà…
– … mi lasceresti saziare il mio appetito?
– Verrei incontro alle tue esigenze.
– Fortunata Garthene.
Il riferimento a mia moglie era la riprova, casomai fosse stato necessario, che era stata tacitamente presente nella stanza per tutta la durata del nostro colloquio. Sapendo che, dopo qualche bicchiere, ho un debole per i fondi di sigaretta, Marie mi passò la sua. Sul filtro c’era traccia di rossetto. Non ne aveva messo uno fatto per essere notato, ma quella era la prova che ce l’aveva.
Lee entrò con due drink. – L’apripista è ancora ai blocchi di partenza? – chiese.
Marie prese un bicchiere usato dal lavandino, un boccale da una pinta, lo riempí di acqua del rubinetto e se lo scolò tutto, con la gola palpitante, lasciando che un rivoletto le scendesse nell’incavo della clavicola sinistra. Quando posò il boccale aveva il fiato corto. Lei e Lee si fissarono brevemente negli occhi, poi lui annuí e posò sul bancone, accanto alla sua coscia, un long drink frizzante. Marie osservò l’anidride carbonica sprigionarsi nell’aria. L’altro bicchiere lo diede a me.
– Sei un vero signore, – dissi.
Mi ero divertito molto a chiacchierare con Marie e mi sarebbe piaciuto restare in cucina a parlare ancora un po’. Lee notò che restituivo la sigaretta a sua moglie. Si appoggiò ai fornelli.
– Come mai non c’è Garthene? – mi chiese.
– Fa la notte, – risposi. – Finirà alle sei.
– Non è un problema, – ribatté lui. – Saremo ancora svegli.
– In ogni caso, – dissi, – Garthene ha la fissa di puzzare, dopo i turni di notte. Di sudore misto a tossine. Io cerco di convincerla che è il profumo di chi dedica la propria vita agli altri, ma lei mi risponde che solo chi non frequenta gli ospedali può dire una cosa del genere.
Non stavano ascoltando. Lee guardò Marie accendersi un’altra sigaretta. Di solito era una fumatrice occasionale, ma quella sera aveva fatto un salto di livello. Sentivo sibilare uno dei fuochi perché il sedere di Lee stava schiacciando una manopola del gas. Il suo viso diventava sempre piú rosso man mano che beveva. Era arrivato a un pelo dalla stagionatura completa. Marie gli soffiò in faccia e lui la fissò da dietro la cortina di fumo, poi si girò e mi chiese di starle dietro prima di farsi largo tra la folla e tornare in salotto. Allungai una mano e spensi il fuoco.
– È un brav’uomo, il tuo uomo, – dissi.
Marie smise di buttare coscienziosamente il fumo di sigaretta fuori dalla finestra.
– Posso chiederti una cosa? – disse.
– Tutto quello che vuoi.
– Garthene ti ha detto dell’accordo fra me e Lee?
– Non mi sembra.
– Allora tua moglie è sicuramente una che sa tenere un segreto, – disse, ridendo.
L’aria nella stanza stava cambiando colore.
– Ebbene, che cosa prevede questo accordo? – chiesi.
– Il fatto che tutti e due possiamo andare a letto con un’altra persona, una volta all’anno.
– Stai scherzando.
– Niente affatto, – ribatté. – E in sostanza questo vuol dire…
– Aspetta un momento, – la interruppi, alzando una mano. – Ogni anno?
– Be’, perché funziona che…
– E se si sta insieme, poniamo, trent’anni? – dissi. – È l’equivalente di due squadre di calcio piú lo staff tecnico.
Quando mi viene una buona battuta devo dirla, è piú forte di me.
Marie rimase zitta. Si sentiva Michael Bonner, nella stanza accanto, difendere animatamente una qualche posizione.
– Non darmi retta, – dissi. – Sono un pessimo ascoltatore. Quindi potete andare a letto con chi volete?
– Non proprio. Ci sono alcune regole. Non dev’essere un amico o un’amica e bisogna farlo fuori Londra.
– Giusto, – dissi. – Perché ciò che accade oltre il raccordo anulare dell’M25 non è né eticamente né psicologicamente rilevante.
– Hai capito tutto, – disse Marie.
– Come fate a sapere chi ha fatto cosa, e quante volte?
– Non lo sappiamo, – rispose. – Il punto è proprio questo: non parlarne mai.
Scossi la testa, ammirato.
– Abbiamo piena fiducia che l’altro ci menta, – disse.
– Voi due siete veramente avanti.
Intanto Lee, in salotto, stava sollevando e rimettendo giú le lattine di birra sul tavolino, finché non ne trovò una che aveva il peso giusto.
Non mi ero accorto che Marie aveva continuato a bere, ma adesso aveva il bicchiere vuoto.
– Andiamo di sopra, – disse.
Alle feste di Marie e Lee la stanza degli ospiti tendeva a traboccare di gente, ma quella sera era vuota. In mezzo alla camera c’era un letto a una piazza e mezza, con un comò su un lato e una poltrona a orecchioni sull’altro. Marie tirò su i guanciali e si mise sotto il piumino con la schiena appoggiata alla testiera imbottita. Sollevò un lembo della coperta, io girai intorno al letto e mi infilai accanto a lei. Non ci levammo le scarpe, il che, moralmente parlando, faceva una certa differenza. La stanza era ben illuminata e le ante a specchio dell’armadio a muro ci consentivano di vederci. Era una scena buffa, Marie vestita di tutto punto, a letto, che fumava voluttuosamente. Mi stavo divertendo. Appesa a una parete c’era una cianografia, un disegno architettonico incorniciato con le graffette. Il soffitto dalla mia parte era spiovente. La mano destra di Marie reggeva la sigaretta, mentre la sinistra era sotto il piumino, vicino alla mia gamba.
Provai a immaginare Garthene nella stanza insieme a noi. Garthene, sobria dopo il suo turno di nott...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Gli adulteranti
  4. Parte prima
  5. Parte seconda
  6. Parte terza
  7. Parte quarta
  8. Parte quinta
  9. Il libro
  10. L’autore
  11. Copyright