
eBook - ePub
In un tempo freddo e oscuro
e altri racconti
- 248 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
In un tempo freddo e oscuro
e altri racconti
Informazioni su questo libro
Un romanzetto rosa scovato in una sgangherata libreria nasconde tra le pagine il poster di una misteriosa donna nuda. Un uomo si sveglia legato a una sedia, di fronte a un dobermann scatenato. Un coniglio di un metro e ottanta corteggia un turista in un cimitero egiziano. Un ciccione comunica con un elefante per carpirne la saggezza. Un dinosauro gonfiabile vuole a tutti i costi andare a Disneyland...
Prima di essere un grande romanziere e un maestro dei generi letterari, Joe Lansdale è un interprete riconosciuto dell'arte del racconto. Un talento che questa antologia, interamente inedita in Italia, restituisce al meglio.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a In un tempo freddo e oscuro di Joe R. Lansdale, Luca Conti, Luisa Piussi, Luca Conti,Luisa Piussi in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788806176457eBook ISBN
9788858402429Il coniglio bianco
A Bill Pronzini
Per l’ennesima volta si era messo a rileggere Alice nel Paese delle meraviglie, ma a un certo punto l’afa gli aveva impedito di concentrarsi. Le parole gli si scioglievano davanti agli occhi per poi ricomporsi, il sonno lo ghermiva e lo lasciava andare, simile a dita di una mano che si infilano in un guanto e subito se ne ritraggono.
Assonnato, ma pur sempre rigoroso nelle sue abitudini, depose il libro, uscà dalla squallida camera d’albergo – gli egiziani, laggiú al Cairo, la consideravano un posto di classe – e scese in strada nel cuore della notte.
Faceva caldo, là fuori, ma era certo piú gradevole della sua stanza, che gli dava l’impressione di trovarsi rinchiuso in un forno.
Eppure, malgrado una notte cosà appiccicosa, nell’aria c’era un che di inebriante. Strade e palazzi, che di solito gli erano familiari punti di riferimento, adesso quasi lo ammaliavano col loro aspetto inconsueto, come se fossero stati sostituiti con riproduzioni degli originali. Anche i suoi stessi passi sul selciato gli suonavano lontani in maniera singolare. E, cosa ancor piú strana, i consueti ragazzotti di strada e i mendicanti immersi nel sonno erano spariti. Di solito li vedeva addossati ai muri delle case, o nei vani delle porte, simili a cani randagi. Ma stavolta non c’era nessuno.
Avventurarsi per quelle strade a notte fonda, Wally Carpenter lo sapeva bene, era come andare a caccia di guai. Ma lui non conosceva la paura. Inoltre, nella tasca della giacca aveva una calibro 38 a canna corta, carica, ed era capace di usarla alla perfezione.
Con cautela, quindi, ma senza un vero e proprio timore, Carpenter si inoltrò sempre piú nelle strade buie del Cairo, riflettendo sull’apparente desolazione e sull’insolito silenzio della città . Vagava quasi senza meta, e si chiedeva se per caso l’avessero rapito gli extraterrestri per poi trasportarlo su una copia identica di quel luogo che tanto amava e conosceva. Di là a poco finà per ritrovarsi nella parte del Cairo che va sotto il nome di Città dei morti.
Era un’autentica meraviglia, quel posto. Una città vera e propria – case, strade, mura – da sempre dedicata agli spiriti dei defunti. Si diceva che vi fossero persone, al Cairo, in grado di parlare con quei morti, gente che in cambio di una somma di danaro sapeva chiamare gli spiriti dei cari estinti e porre loro delle domande, per poi riferirne le risposte.
Era un luogo magico, ammantato di leggenda, e non certo ideale – specialmente per uno straniero – per una passeggiata notturna. Si diceva, ancora, che fosse infestato da banditi e da appestati, cosà come da demoni che amavano nutrirsi di cadaveri.
Carpenter sapeva anche questo, ma non si preoccupava piú di tanto. Ai banditi ci avrebbe pensato la sua pistola; i demoni e tutto il resto, be’, erano il prodotto di sogni indotti dall’oppio, di immaginazioni sfrenate, niente piú.
Un tempo Carpenter era stato uno studioso molto promettente. Si era laureato in Antropologia e in Archeologia, passioni che l’avevano ben presto condotto in Egitto, terra di antiche usanze, terra dei sogni.
Ma dopo averne scavato le sabbie e razziato le tombe, aveva perso ogni interesse nell’aspetto materiale della sua professione, scegliendo invece di esplorare il suo versante accademico. Aveva deciso di scrivere un libro, di occuparsi di carta, penna e calamaio e mettere da una parte la polvere e il sudore.
Presa questa decisione, la notte si aggirava spesso per le strade della città ; affidava appunti alla memoria per poi riversarli su carta, per conservarli in vista del giorno in cui avrebbe iniziato a trattare in un suo libro i misteri e le meraviglie d’Egitto. Nel frattempo consultava volumi d’archeologia, mitologia e antropologia e, nel tempo libero, si dedicava alla lettura e alla rilettura – per puro e semplice divertimento – di Alice nel Paese delle meraviglie e del suo seguito, Attraverso lo specchio. Quelli di Lewis Carroll erano gli unici testi di narrativa che lo interessassero. Lo rilassavano, lo mettevano di buonumore; a ogni nuova lettura riusciva a trovare in essi qualcosa di nuovo e di affascinante. Tant’è che Alice e le sue vicende gli frullavano ancora in testa, quella notte, nel varcare i confini della Città dei morti e avventurarsi al suo interno.
Era forte, tra le rovine, il fetido tanfo della decomposizione, cosà come i piú familiari e confusi odori della città stessa. Odori, peraltro, che i suoi sensi parevano recepire in maniera assai strana, come filtrati da un’altra dimensione. C’erano pace e tranquillità , nella Città dei morti: gli sembrava quasi di aver abbandonato la Terra ed essere sbarcato sulla Luna.
Ma nel valutare quell’incongrua solitudine, Carpenter udà alla sua destra un rumore, come di qualcuno che fuggiva. Si voltò in fretta, scorse una sagoma spostarsi da una zona d’ombra all’altra, svolazzare una sola volta al chiaro di luna per poi svanire nelle tenebre.
Carpenter fu quasi per estrarre la pistola di tasca. Poteva essere un bandito, certo, ma era piú facile che si trattasse di un mendicante o di un appestato che aveva trovato rifugio da quelle parti, proprio come i vagabondi americani sceglievano di passare la notte nei cimiteri per non essere infastiditi. Se era questo il caso, c’era ben poco da temere. Se invece si trattava di un bandito, c’era pur sempre la pistola.
Cercò invano di distinguere qualcosa nel buio. Poco dopo, riprese il cammino. Non aveva fatto che pochi metri quando tornò a udire il rumore; e stavolta, nel girarsi, riuscà a scorgerne il responsabile.
Un grosso coniglio bianco saltò fuori dall’ombra. Indossava un panciotto a scacchi. L’animale si fermò, lanciando a Carpenter un’occhiata priva di interesse, per poi estrarre un orologio dal taschino del panciotto.
– Oh cielo, – disse il coniglio in ottimo inglese. – Che ritardo. SÃ, sÃ, sÃ, che ritardo.
Si voltò e, un balzo dopo l’altro, tornò veloce a dileguarsi nell’ombra.
Carpenter scosse il capo e sbatté gli occhi. Va bene, era pur sempre una notte inebriante, ma tutto questo era ridicolo. Conigli alti un metro e ottanta, al Cairo? Nella Città dei morti? Era per caso finito sul set di Harvey? Di sicuro stava sognando.
D’un tratto gli giunse una sorta di coro a bocca chiusa, una melodia che Carpenter riconobbe subito. Era la canzone che George Armstrong Custer, il generale Custer, aveva adottato come inno del suo battaglione. Com’è che si chiamava? Garry Owen? SÃ, qualcosa del genere.
La musica svanà nella notte. Carpenter afferrò la pistola e s’infilò baldanzoso nell’oscurità , deciso a scoprire che cosa ci facesse un buffone travestito da coniglio nella Città dei morti, e perché zompasse qua e là canterellando Garry Owen.
Adesso la musica era ricominciata. Sembrava giungere da piú lontano. Carpenter continuò ad avanzare, mentre la morbidezza della notte gli si stringeva attorno. Si trovò di fronte a un ostacolo e, nell’accendere un fiammifero, si accorse che si trattava di una parete di creta e paglia, essiccata al sole. Alla sua sinistra, un’ampia apertura circolare, poco piú di un foro praticato nell’argilla. Da dietro quel muro si udiva provenire ancora il flebile motivetto di Garry Owen.
Si chinò, fiammifero in una mano e pistola nell’altra, e s’infilò nell’apertura.
Giunto dall’altra parte, si fermò per guardarsi attorno. Niente conigli.
Il fiammifero si spense. Ma per il momento non gli serviva. Adesso c’era luce, molta piú luce di prima. La luna brillava come una padella d’alluminio, e le stelle rassomigliavano a milioni di vividi occhi di animali intenti a sbirciare dalle profondità di un bosco.
– Che strano, – disse Carpenter a voce alta. «Di sicuro mi sono addormentato in poltrona mentre leggevo Alice nel Paese delle meraviglie, e guarda un po’ che razza di sogno». – Sempre piú stranissimo, – disse, sarcastico.
– Accipicchia, accipicchia, – disse di nuovo la voce, e il coniglio gigante parve spuntar fuori dal nulla, per piombare con un salto nei pressi di Carpenter. La sua coda bianca e lanuginosa scampanò davanti all’uomo, simile al rimbalzo di una palla.
– Ehi, tu, aspetta un momento! – gridò Carpenter.
Il coniglio si fermò, voltando la testa per guardarsi alle spalle. – Buon Dio, buon Dio, che c’è adesso? Facciamo presto, che sono in ritardo, sÃ, molto in ritardo.
Carpenter si sentà un po’ stupido, con la pistola in mano, e tornò a riporla nella tasca della giacca. Non gli sembrava molto sportiva l’idea di sparare a un coniglio gigante. Si accostò a grandi passi all’animale e scosse il capo.
– Non è un costume, – disse.
– Cosa? – fece il coniglio.
– Sto sognando, per forza. Conigli giganti, senza dubbio.
Il coniglio fece un giro su se stesso e si piazzò proprio di fronte a Carpenter, muovendo il grosso naso e sbattendo gli occhi. – Cerchiamo di non sottovalutare i conigli, va bene? – Poi estrasse un piccolo ventaglio e lo batté sul palmo dell’altra zampa (mano?)
– Tutto questo è ridicolo, – disse Carpenter. – Non riesco a svegliarmi.
– Ah, s� Non ci riesce? – disse secco il coniglio.
– Che sogno assurdo. Neanche fossi caduto in una tana.
– Può essere, può essere, – disse il coniglio. – Ce ne sono dappertutto. Whitechapel, Inghilterra; Fall River, Massachusetts. Dappertutto. Saltano fuori in ogni genere di posti, altro che.
– Ma che storia inaudita, – disse Carpenter.
– Ah, s� – disse il coniglio, con aria stupefatta. – «Qual era la canzon delle Sirene, | che nome, ancora, Achille si era dato, | nascosto tra le donne? Saranno certo | domande assurde, ma non cosà impossibili» –. Il coniglio accennò un inchino. – Sir Thomas Browne.
– Già … mica male, direi. Dove mi trovo? Nella Città dei morti, forse? O dentro un sogno?
– «Dalla tomba fino agli Inferi | ogni strada è lunga uguale». Cicerone, – disse il coniglio.
– Ma che razza di risposta è? – disse Carpenter. Di nuovo, il coniglio estrasse l’orologio dal taschino del panciotto. – Perbacco baccone, sto perdendo tempo. Venga anche lei, se proprio deve, ma cerchi di sbrigarsi.
Per un istante Carpenter rimase interdetto, infine si decise ad andare dietro al coniglio, che a forza di salti si muoveva con una certa velocità . Fu un inseguimento in piena regola. Alla fine Carpenter riuscà a raggiungere l’animale, che si era messo a sedere su una panchina di pietra accanto a un lampione metallico e leggeva il giornale. Assicurato al lampione, e mosso dal vento, c’era un pezzo di carta, mentre uno sciame di grossi insetti si agitava attorno alla luce. Ai piedi del coniglio cresceva, senza apparente logica, una gran quantità di passiflora, oltre a una serie di piante di belladonna dal fiore color porpora.
– Sbaglio, o era in ritardo? – disse Carpenter.
– Ritardo? – fece il coniglio.
– Pensavo… Oh, lasciamo stare. Già mi sembra incredibile far conversazione con un coniglio.
– E cosa c’è di strano? – disse l’animale, lasciandosi cadere il giornale in grembo. Poi agitò il naso con fare impaziente.
– Be’, lei non può essere vero.
Il coniglio accavallò le gambe – la sinistra sopra la destra – e cominciò a dimenare il piede, innervosito. Il giornale finà svolazzante in terra. – Buon Dio, certo che lei è proprio stupido. Ce ne vuole per convincerla, oh, se ce ne vuole –. Alzò la voce e puntò un dito contro Carpenter. – Piú si è convinti di una cosa, piú essa è vera.
– Per favore! Conigli di quasi due metri! I conigli sono esseri piccoli e insignificanti.
Il coniglio si alzò in tutta la sua statura. – Guardi che siamo oggetto di una certa venerazione, signor mio. Diamine! Proprio la piú importante divinità dell’Egitto aveva la testa di coniglio. Altroché.
Carpenter ci pensò su. Ma certo. Osiride, dio dei morti, era spesso raffigurato con la testa di un coniglio. E, come tale, andava sotto il nome di Wenenu.
– Ma dove mi trovo? – chiese poi all’animale.
– Lei è qui, ecco dove, – rispose il coniglio. – Cielo, che domande sceme.
Carpenter si grattò la testa. – Lei ha detto che ci sono tane dovunque, sparse per tutto l’universo. Non è che sono finito in una di queste?
– Oh, può essere, può essere. Ci sono tane dappertutto. A Whitechapel, per esempio –. Ciò detto, il coniglio si lanciò in un piccolo balletto, intonando una filastrocca.
Jack è morto, Jack è morto,
Jack lo squartatore è morto.
Guarda un po’ che meraviglia,
lui la gola si è tagliato
col sapone di Marsiglia,
Jack lo squartatore è morto.
Jack lo squartatore è morto.
Guarda un po’ che meraviglia,
lui la gola si è tagliato
col sapone di Marsiglia,
Jack lo squartatore è morto.
Il coniglio tacque per un istante. – Anche a Fall River, – disse poi. E riprese il suo balletto, una sorta di giga scozzese.
Lizzie Borden prese un’ascia
colpà a morte la matrigna
quando vide il suo malfatto
al papà ne diede un sacco!
colpà a morte la matrigna
quando vide il suo malfatto
al papà ne diede un sacco!
Il coniglio smise di danzare, si sporse in avanti per mostrare a Carpenter i due incisivi, spessi e brillanti come grosse zollette di zucchero. – È cosà che fece? – sussurrò.
– Mica male, davvero, – disse Carpenter, entrato ormai nello spirito della faccenda. – Proprio uno splendido ballo.
– Oh, – disse il coniglio con evidente soddisfazione. – Ne è proprio convinto?
– Ma certo.
Il coniglio si sforzò di sembrare modesto. – Be’, sono abbastanza tagliato per questo genere di cose, sa com’è.
– Ho visto.
– Ah, sÃ? Bene, bene –. Poi abbassò la voce, quasi confidenziale. – Ci sono un sacco di conigli, sa. Spuntano fuori dovunque –. Gli fece l’occhiolino, con fare allusivo. – Dia un’occhiata a quel pezzo di carta attaccato al lampione, signor mio. Molto illuminante, in tutti i sensi.
Carpenter si voltò verso il lampione col suo bravo pezzo di carta. Intanto si era levato il vento, con gran fracasso, e stava quasi per staccare il foglio dal lampione. Carpenter si frugò in tasca alla ricerca degli occhiali e li inforcò.
Di colpo come era venuto, il vento cessò. Carpenter si sporse in avanti a leggere. Era la pagina di una rivista di medicina, strappata di netto. In alto, un timbro gli rivelò che un tempo la pagina era appartenuta a un volume conservato nella biblioteca medica dell’Esercito degli Stati Uniti, a Washington.
Nel corso della lettura, Carpenter scoprà che la pagina parlava di una certa Mary Toft, che nel 1726 aveva sostenuto di aver dato alla luce dodici coniglietti. Un fatto che, pur non essendo mai stato provato, nessuno era mai riuscito a confutare.
– Sbalorditivo, – disse Carpenter, riponendo gli occhiali e voltandosi verso il coniglio. Ma l’animale era sparito. A grandi balzi, ormai lontano, stava per infilarsi di nuovo nell’oscurità .
Il vento, tornato a soffiare, aveva raccolto la pagina di libro per avvolgerla alle caviglie di Carpenter. L’uomo la staccò via, e stava giusto per gettarla da una parte quando fu colpito da un articolo evidenziato in rosso. Non stette neanche a cercare gli occhiali, ma si limitò ad avvicinarsi il ritaglio al volto.
La breve di cronaca si occupava di una serie di brutali omicidi che avevano colpito i tassisti di New York. Chi li aveva assassinati nelle loro vetture gli aveva addirittura strappato il cuore. Nessun indizio, riferiva l’articolo.
Carpenter rabbrividà e gettò via il foglio, per poi guardarsi attorno. Tutto era cambiato. Quando ciò fosse accaduto, non l’avrebbe saputo dire, ma senza dubbio quella non era piú la Città dei morti. In lontananza, le sagome messe in risalto dalla luna gliela potevano ancora ricordare, ma da vicino le cose erano molto diverse. La panchina e il lampione, per esempio. Da dove diamine erano saltati fuori?
E c’era dell’altro. Una sensazione. Niente di tangibile, peraltro, ma si avvertiva nell’aria, simile a quel che si prova quando sta per mutare il tempo. Di sicuro era cambiato qualcosa, e non poco.
Visto che non aveva di meglio da fare, Carpenter trotterellò fino al punto in cui aveva visto sparire il coniglio. Nel tragitto, scoprà alla sua sinistra un ampio scorcio di case e palazzi, tutti in rovina come al termine di un bombardamento. Cosà doveva essere Londra, si disse, dopo che i tedeschi avevano tentato di raderla al suolo.
Alla sua destra c’era un enorme carretto, carico fino all’inverosimile di sagome ammantate d’ombra. Al carretto era legato un cavallo, con la testa china sui ciottoli del selciato. In lontananza, oltre il carretto, si levavano colonne di fumo; e una flebile voce, da chissà dove, proclamava: – Che escano i morti.
Carpenter affrettò il passo, mentre le visioni che gli si erano appena manifestate già svanivano nel nulla, simili a fotogrammi cinematografici.
– Può essere, secondo lei, che sia un gioco di specchi? – gli chiese il coniglio, uscendo dall’ombra.
– Pen… pensavo che lei mi avesse preceduto. C...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- Introduzione
- In un tempo freddo e oscuro
- Indice