10.
Intervista impossibile a Marie Le Jars de Gournay
SEGRE Cara Signora, la ringrazio per aver accettato di rilasciarmi questa intervista. E mi scuso di averla disturbata.
LE JARS Nessun disturbo. Sto in questo appartamentino sola e quasi abbandonata; piomberei nella malinconia se non ci fossero i miei libri e il gatto, che spesso mi fa sorridere con l’eleganza della sua ingenuità . Insomma, una visita mi fa piacere.
SEGRE Per me è un grande privilegio quello di poterla intervistare quasi quattro secoli dopo la sua morte. Conosco e leggo spesso gli Essais di Montaigne sin dai quindici anni. Potrei dire che vi ho trovato l’esperienza e la saggezza di un padre, negli anni tragici della guerra che dispersero momentaneamente la mia famiglia.
LE JARS Eh no, scusi. La figlia adottiva di Montaigne sono io, solo io, non vorrà prendere il mio posto.
SEGRE Non mi sogno di attentare alla sua posizione di erede spirituale. È proprio per questa che vengo a disturbarla. Credo che sia assolutamente eccezionale il fatto che una donna, nel Cinquecento, abbia curato l’edizione di un’opera cosà importante come gli Essais, e si sia battuta perché la loro grandezza fosse conosciuta.
LE JARS È vero. La settima edizione degli Essais, tenendo conto anche delle ristampe, uscà nel 1595, curata da me su richiesta della vedova, che aveva constatato il mio impegno nella decifrazione, insieme con Montaigne, degli appunti e abbozzi autografi, e conosceva la mia dedizione a quel capolavoro. Ora essa voleva che si utilizzassero i materiali manoscritti dello scrittore non entrati nelle edizioni precedenti. Di queste edizioni s’era occupato Montaigne stesso, curando la prima nel 1580, e le altre nel 1582 e nel 1588; a ogni nuova edizione fece aggiunte, anche consistenti. Per esempio la parte terza fu inserita negli Essais solo nel 1588.
Io, dopo il 1595, mi presi anche cura delle edizioni del 1598 e del 1602; ma qui rischio di confondere le date di stampa e quelle dei frontespizi.
SEGRE Signora, mi pare di leggere la nota al testo di un’edizione moderna. Certo lei avrà conservato le lettere di Mme Montaigne, di cui parla diffusamente nella Prefazione al testo del 1595.
LE JARS Ho perduto tutto. Quanto al mio impegno, le dirò che imparai bene i segreti della stampa, dai criteri ortografici all’impaginazione dei capitoli. Trattavo con l’editore L’Angelier, frequentavo la sua tipografia e spesso vi portavo le ultime aggiunte, da autografi appena venuti fuori. Insomma, fui occupata per anni nella curatela degli Essais.
SEGRE Lei era stata tra i primi ad ammirare il capolavoro di Montaigne.
LE JARS Lo lessi nel 1583-84, quando avevo diciott’anni. Era uscito, come abbiamo visto, nel 1580. Per me fu la rivelazione. Mi ero sottratta all’insegnamento delle attività donnesche, perché sentivo che alle donne il mondo in cui vivevo concedeva soltanto la virtú di ignorare e soffrire. Come atto di libertà , avevo studiato da sola il latino e un po’ di greco. Già amavo l’Iliade, che avevo tradotto in francese per capirla meglio, e i grandi moralisti come Orazio o Seneca. Mentre la vita attorno a me mi appariva meschina, mi trasferivo, grazie alle mie letture, in un mondo raffinato e magnanimo. Gli Essais, compresi allora, mostrano che questa grandezza può costituire un modello anche oggi, e che comunque i classici aiutano ad analizzare in modo insuperabile l’animo degli uomini. Essi sono un vero breviario dei semidei. Perciò incominciai a studiare attentamente ogni pagina degli Essais, rendendomi conto che essi sono un’opera non da gustare, ma da digerire e assimilare. Quando poi ebbi l’occasione straordinaria di assistere di persona all’ampliamento dell’opera da parte di Montaigne, e dopo la sua morte di maneggiare e riordinare i suoi autografi, credo di aver fatto un’esperienza unica. Del resto, mi ero già resa conto che per dominare la lingua degli Essais occorre trascriverli. Io sola, con il mio lavoro, ho raggiunto la perfetta conoscenza della grande anima di Montaigne, e tocca a me d’esser creduta in buona fede, quando il libro da solo non è chiarificatore.
SEGRE È chiaro che lei, signora, ha lavorato a queste edizioni con passione, anche sacrificando la sua attività personale di scrittrice, che ha prodotto comunque libri di filosofia, di morale, di retorica. Ma aveva pure un programma culturale piú ampio?
LE JARS Non vedo programma piú ampio che favorire la diffusione e la comprensione degli Essais.
SEGRE Certamente era spinta anche dalla sua ambizione. L’essere proclamata e riconosciuta una discepola ideale e quasi una ispiratrice di Montaigne…
LE JARS …figlia adottiva, prego.
SEGRE L’essere figlia adottiva, nonché la guardiana della sua opera, non era cosa da poco.
LE JARS Devo confessare (per essere onesta anche verso Montaigne) che legando il mio nome al suo ho pensato di legittimare la mia operosità di donna intellettuale, vista con sospetto da tutti i barbassori, specie se letterati. Avevo già cercato d’inserirmi negli Essais offrendo a Montaigne una mia poesia, un sonetto, che poteva essere riprodotta prima del testo. Montaigne non ne fece nulla; forse non gli piacque. Per lo stesso motivo colsi a volo l’opportunità di prefare l’edizione del 1595. Scrissi una premessa piuttosto lunga, che è anche una guida alla lettura dell’opera, e che mostra come avessi assimilato il linguaggio di quello che chiamo mio padre. Questa premessa la tolsi poi dalla seconda delle mie edizioni, in seguito alle critiche che le furono fatte; ma la riunii agli altri miei scritti quando li raccolsi. E non dimentichi quella specie di romanzetto, Le proumenoir de Monsieur de Montaigne, che mandai a lui dopo il nostro incontro del 1588 e poi pubblicai nel 1594, quando era ormai defunto. Rievocavo le nostre giornate al mio (ora non piú) castello di Gournay-sur- Aronde, in Piccardia, e le nostre conversazioni su Plutarco, sull’amicizia e sull’amore. Se alla fine sono stata accettata, a denti stretti, nella società dei dotti, anche questo lo devo a Montaigne. Aggiungo che seppi utilizzare tutte le occasioni per essere ammessa in Parnaso, anche la conoscenza del filologo Giusto Lipsio. Riuscii persino a portare dalla mia parte Richelieu. Il cardinale aveva apprezzato un mio pamphlet in difesa dei Gesuiti, che qualcuno indicava come mandanti di Ravaillac, l’assassino di Enrico IV (siamo nel 1610). Quando caddi in miseria, per gli errori di mia madre nella conduzione del patrimonio, e poi per la necessità di aiutare i miei fratelli, Richelieu mi conferà una pensione.
SEGRE Mi dica qualcosa, se non le pare indiscreto, sul suo rapporto con Montaigne, decisivo per lei e per la sua successiva attività . Esso si riduce, come è ricordato in tutti i libri su di lui, a qualche incontro a Parigi nel 1588, seguito da tre brevi soggiorni al suo castello di Gournay. Perché?
LE JARS È vero. Comunicai la mia ammirazione a Montaigne per lettera, e lui trovò l’occasione per incontrarmi, durante un suo e mio viaggio a Parigi. Io avevo ventitre anni, lui cinquantacinque. Quel primo rendez-vous procurò, credo a entrambi, una forte impressione. E infatti lui accettò subito un invito di mia madre, ispirato da me, al castello di Gournay, dove passò, con qualche interruzione, circa tre mesi. Poi non ci vedemmo piú. Qualche rara lettera, e nient’altro. Non ho voglia di raccontare i motivi, anche meschini, che ci tennero definitivamente lontani.
SEGRE Che cosa ha fatto delle lettere di Montaigne? Non mi risulta che siano pubblicate.
LE JARS Sono andate perdute.
SEGRE Come quelle di Mme Montaigne?
LE JARS Esattamente.
SEGRE Ma torniamo al periodo di Gournay-sur- Aronde. Come passavate le giornate?
LE JARS Molte ore nel mio studio al castello, interpretando le pagine manoscritte di Montaigne, discutendone con lui la formulazione o il collocamento fra le pagine dell’edizione precedente degli Essais, usata come esemplare di base. Montaigne era felice nel vedere le sue frasi prendere ordine e senso. Diceva che senza di me non ci sarebbe riuscito. Di mattina, io spesso cavalcavo nel bosco dietro al castello. Montaigne non poteva seguirmi, a causa della sua grave caduta del 1569 che descrive particolareggiatamente negli Essais (II, 6); e poi soffriva sempre di piú per i calcoli ai reni. Mi aspettava dunque, poveretto, su una panchina vicina al castello. Spesso verso il tramonto passeggiavamo nel bosco; e nella sua parte piú riparata avevamo trovato un angolo, vicino a una sorgente limpida, un vero locus amoenus, dove sederci accanto e parlare di noi, dell’amore, dei grandi scrittori e della vita.
SEGRE Come Enea e Didone?
LE JARS Lei è troppo malizioso. Fingerò di non aver capito quell’allusione, un po’ banale, me lo lasci dire.
SEGRE Qui sono costretto a toccare un punto forse ancora piú delicato di altri già incontrati. Mi scuso sin da ora, ma lei certo non ignora che i giornalisti sono curiosi e sospettosi. In piú, lei sa certamente che qualche critico maligno ha notato un fatto curioso: le notizie che si conservano sul suo rapporto con Montaigne hanno tutte come fonte, senza eccezioni, lei stessa; persino lettere inviate a lei, certo fondamentali, come quelle di Montaigne e, l’abbiamo visto, della moglie, sono sparite. Di Montaigne resta soltanto, negli Essais, l’accenno a un gesto stoico compiuto in gioventú da una fanciulla non nominata, ma che è certo lei, «per testimoniare l’ardore delle sue promesse» (I, 40). Si vorrebbe saperne di piú, ma abbiamo cose piú importanti da discutere.
LE JARS È stata comunque una bravata infantile: volevo colpire l’ospite.
SEGRE In contrasto con questa specie di preterizione nei suoi riguardi, c’è invece piú avanti (Essais, II, 17) una intera mezza pagina dedicata esclusivamente a lei, signora Marie, nominata questa volta, con lodi straordinarie. Ma, guarda caso, questa pagina non si trova tra gli autografi su cui si basa l’edizione che lei ha curato.
LE JARS E con questo? Una parte di quei manoscritti è sparita.
SEGRE Però i soliti critici hanno anche notato che quella pagina su di lei stona riguardo al contesto in cui è inserita, dedicato ai grandi uomini e scrittori, appena nominati senza entrare nei particolari. D’improvviso invece si parla ampiamente di lei, ma non piú che come una speranza della letteratura francese. Questa cautela contrasta con le espressioni di grande affetto che le riconoscono pure il merito di aver subito apprezzato gli Essais. È naturale che lei tenga molto a questa pagina, tanto che richiama su essa l’attenzione dei lettori nella Prefazione agli Essais. I critici malevoli suppongono che questa mezza pagina l’abbia scritta lei stessa, inserendola abilmente nell’edizione degli Essais del 1595.
LE JARS Potrei benissimo capovolgere queste osservazioni stilistiche; conosco la lingua di Montaigne meglio di lei. La verità è questa: io tenevo continuamente in tasca o nella borsetta quel foglio adorabile. Pian piano si è prima stropicciato, poi consunto e sbriciolato, e l’ho gettato via, in un momento di rabbia. Se però lei vuol credere che l’abbia scritto io, rendendo Montaigne padre inconsapevole di una mia autocelebrazione, non so che farci. Non avrò che da spostare il suo nome dall’elenco degli amici a quello dei nemici. Le dico solo che ormai queste insinuazioni non possono nuocermi. Sarebbero state esiziali se fossero circolate quando vivevo ancora.
SEGRE Mi scusi, signora, non vol...