Il sangue e il potere
eBook - ePub

Il sangue e il potere

Processo a Giulio Cesare, Tiberio e Nerone

  1. 120 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il sangue e il potere

Processo a Giulio Cesare, Tiberio e Nerone

Informazioni su questo libro

Perché Caio Giulio Cesare non osò proclamarsi imperatore? Tiberio fu davvero quel mostro di libidine che Svetonio ci racconta? Che cosa sarebbe stato Nerone senza sua madre Agrippina? Per rispondere a queste domande Corrado Augias e Vladimiro Polchi hanno costruito tre mirabili pièces teatrali, tre processi in cui i protagonisti di queste antiche vicende tornano per difendersi dalle accuse. Questi testi di teatro hanno girato l'Italia con grande successo, lasciando agli spettatori, ieri, e ai lettori, oggi, la domanda: ciascuno di questi tre grandi personaggi è colpevole o innocente? Dopo aver letto Il sangue e il potere, diventa giurato anche tu: scrivi il tuo giudizio a [email protected]

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2010
Print ISBN
9788806193003
eBook ISBN
9788858402818
Argomento
Letteratura
Categoria
Teatro

Processo a Nerone

Le confessioni di Agrippina

L’imputato.

Lucio Domizio Enobarbo, detto Nerone, nato il 15 dicembre del 37 d.C. ad Anzio. Figlio di Gneo Domizio Enobarbo e di Agrippina Minore. Imperatore romano, ultimo sovrano della gens Giulio-Claudia. Morto il 6 giugno del 68, all’età di trentun anni, avendo regnato per quattordici anni.
Nerone nacque ad Anzio il diciottesimo giorno prima delle Calende di gennaio, al primo sorgere del sole, in modo che fu toccato dai suoi raggi quasi prima della terra (Svetonio, Vita dei Cesari).
Nerone voleva realizzare il piano che sempre aveva avuto in mente: distruggere Roma e il suo Impero durante la sua vita (Cassio Dione, Storia romana).

I capi d’imputazione.

Gravi sono le accuse rivolte all’imputato.
Omicidio, per l’assassinio della madre Agrippina, della moglie Ottavia, del fratello d’adozione Britannico, del precettore Seneca. Corruzione dei costumi: la sua sessualità era iperbolica e malata. Incendio doloso: avrebbe appiccato il fuoco sul sacro suolo di Roma. Persecuzione dei primi cristiani.

I testimoni.

Agrippina, la madre: figlia del grande Germanico, fu sorella, moglie e madre di imperatori. Quando Nerone salí al trono, aveva già attraversato tre imperi «memorabili e tremendi»: quelli di Tiberio, Caligola e Claudio.
Messalina, moglie di Claudio: lui cinquantenne, lei quindicenne, ma già espertissima in faccende d’amore.
Seneca, il precettore: grande filosofo e felpato cortigiano, pensatore disinteressato e astuto accumulatore di denaro.
Britannico, il fratellastro: «Pronto a cedere ogni potere senza alcun rimpianto, in cambio di un solo amore» (Racine).

Le prove.

I testi del processo sono tratti da Cassio Dione, Catullo, Eutropio, Giovenale, Marziale, Plinio il Vecchio, Plutarco, Seneca, Sesto Aurelio Vittore, Svetonio, Tacito.
VOCE FUORI CAMPO Obiit tricesimo et secundo aetatis anno, die quo quondam Octaviam interemerat, tantumque gaudium publice praebuit, ut plebs pilleata tota urbe discurreret.
Scrive Svetonio: «Nerone morí nel suo trentaduesimo anno d’età, il giorno stesso in cui, un tempo, aveva fatto morire Ottavia, sua moglie. I plebei, coperta la testa con i loro berretti di feltro, corsero esultanti per tutta la città».
Stasera assisterete al processo contro Lucio Domizio Enobarbo, detto Nerone, nato il 15 dicembre del 37 d.C. ad Anzio. Figlio di Gneo Domizio Enobarbo e di Agrippina Minore.
Nerone fu accusato di mille delitti, ma fu anche un grande princeps e garantí quattordici anni di pace e di prosperità all’Impero.
Ma non possiamo giudicare Nerone senza conoscere la storia di sua madre Agrippina e i rapporti che corsero tra di loro. Torbidi? È possibile. Mescolati a molti interessi? È certo. Comunque essenziali al governo dell’Impero.
Allora, è da Agrippina, che bisogna cominciare.
Un cono di luce illumina la figura di Agrippina intenta a scrivere, leggere, riflettere. La sua voce come se fosse lontana…
AGRIPPINA Quante volte nel corso della mia esistenza mi sono chiesta le cause che hanno determinato eventi cosí sanguinosi. Il destino? Il momento storico? Una tara del carattere? Un potere troppo grande? Nerone, acclamato imperatore a diciassette anni, morí quando ne aveva solo trentuno. Una vita cosí breve! Nella sua prima sera di regno un tribuno venne a chiedergli, secondo l’uso militare, la parola d’ordine per la notte. Optima mater, la migliore delle madri. Vidi in quella scelta il coronamento del mio capolavoro.
Io lo avevo portato a quell’altezza vertiginosa, lui ne era consapevole e voleva che tutti sapessero.
La nostra intesa durò solo cinque anni. Una notte vidi entrare gli assassini, mandati da lui, le daghe già nude, lucenti alla fiamma delle torce. Allora offersi il grembo. Ventrem feri!, ho gridato al pretoriano, volevo essere trafitta lí dove avevo generato quel mostro di irriconoscenza, che lui lo sapesse e lo sapeste voi, posteri.
Ho detto irriconoscenza? Può un uomo della politica, un sovrano, essere giudicato su un sentimento cosí incerto, fragile, effimero? E può una madre tentare un bilancio del regno di suo figlio? Quattordici anni, piú di Napoleone, piú di Alessandro Magno, solo Augusto è rimasto piú a lungo sul trono. Quali sono i criteri allora, quali le azioni, per giudicarlo?
Stacco musicale.
PRESIDENTE DEL TRIBUNALE A giudicare l’imputato saranno i giurati qui convenuti. Si dia inizio al dibattimento.
L’accusa.
Entrano difensore e accusatore, vanno ai loro scranni.
ACCUSA Noi accusiamo Lucio Domizio Enobarbo, detto Nerone. I suoi reati sono gravi, terribili. Già la sua nascita fu di cattivo augurio: venne al mondo con i piedi in avanti.
Lo accusiamo dell’omicidio di Agrippina sua madre, Ottavia sua moglie, l’adolescente Britannico suo fratello, Seneca suo precettore.
Lo accusiamo di corruzione dei costumi. «Oltre al commercio con ragazzi liberi e al concubinaggio con donne maritate, violentò anche la vergine vestale Rubria e, dopo aver fatto castrare il ragazzo Sporo, cercò di mutarlo in donna e se lo fece condurre in pompa magna, con la dote e il velo rosso come nelle cerimonie nuziali solenni».
Lo accusiamo di aver incendiato il sacro suolo di Roma. «Nerone voleva realizzare il piano che aveva sempre avuto in mente: distruggere Roma e il suo Impero nel corso della sua vita».
Lo accusiamo infine della persecuzione dei cristiani. «Nerone spacciò come colpevoli dell’incendio di Roma, quelli che il popolo chiamava cristiani, odiati per le loro nefandezze. Alla loro morte si aggiunse lo scherno: con le spalle coperte di pelli ferine perché morissero dilaniati dai cani, o attaccati alle croci, perché quando imbruniva bruciassero, rischiarando la notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini per simile spettacolo e dava giochi del circo mescolato al popolo in veste di auriga in piedi sul carro».
Questi fu Nerone!
DIFESA Menzogne! Egli fu il princeps che garantí quattordici anni di pace e prosperità all’Impero.
Prestate attenzione alle sue ragioni e vi convincerete della sua innocenza. «Nerone nacque ad Anzio il diciottesimo giorno prima delle Calende di gennaio, al primo sorgere del sole, in modo che fu toccato dai suoi raggi quasi prima della terra».
Lo accusate di omicidio. Fu legittima difesa. Eliminazione di possibili nemici dell’Impero. Nerone non era un sanguinario, detestava le guerre, gli spettacoli cruenti, la violenza, le esecuzioni capitali.
Fu lui a proibire le lotte dei gladiatori all’ultimo sangue, anche se già condannati a morte.
Corruzione dei costumi? Tutt’altro. All’educazione forense e militare della gioventú romana volle sostituire la paideia ginnica e musicale dei Greci, calcando lui stesso le scene come istrione e citaredo. Dietro il narcisismo e gli eccessi del giovane imperatore c’era autentica passione per le arti, ma anche un progetto politico e culturale lucidamente perseguito: l’ellenizzazione dei costumi che un altro grande imperatore, Adriano, porterà a compimento. Ci vorrà un secolo, ma Nerone ne aveva già posto le fondamenta.
L’incendio di Roma? Sono gli stessi scrittori a lui contemporanei, anche se ostili, Cluvio Rufo, Flavio Giuseppe, Marziale, a ritenerlo innocente. Di piú. Tacito scrive che i soccorsi da lui diretti furono all’altezza di una moderna ed efficiente protezione civile.
Lo accusate infine del massacro dei cristiani. Nerone non li condannò certo per la loro fede, ma per incendio doloso. Reato di diritto comune. Le esecuzioni? Due o trecento fanatici di quella nuova e strana religione, ostile all’Impero e minaccia per le altre fedi.
Nerone governò bene. A lui seguí il caos. Dopo di lui tre imperatori in un solo anno: Galba, Otone, Vitellio.
Eppure, il prestigio di Roma era cosí solido che nessun nemico osò approfittarne.
Stacco musicale.
Entra Agrippina e prende posto su un alto scranno.
AGRIPPINA Figlia del grande Germanico, sono stata madre, sorella, moglie di imperatori.
Quando mio figlio è salito al trono, avevo già attraversato tre imperi «memorabili e tremendi»: quelli di Tiberio, Caligola, mio fratello, e Claudio, mio marito. E ne ero uscita viva, anzi piú forte che mai. Poi, ho sacrificato tutto per mio figlio. Quando un indovino caldeo mi profetizzò che Nerone sarebbe arrivato al trono e poi mi avrebbe uccisa, ho risposto senza esitare: «Mi uccida pure, purché regni».
Stacco musicale.
Sono nata nella primavera del 15 d.C. sulla riva sinistra del Reno, ad Ara Ubiorum (l’odierna Colonia). Mio padre, il grande Germanico, era impegnato in una dura campagna militare contro quei guerrieri che sei anni prima nella selva di Teutoburgo avevano annientato le legioni di Varo. Germanico vinse, recuperò le insegne cadute in mano al nemico e a Roma ebbe il trionfo. La sua fama salí cosí in alto da provocare l’invidia dell’imperatore Tiberio che lo spedí in Oriente. Non passò un anno e Germanico morí in Siria. Mia madre accusò Tiberio d’averlo fatto avvelenare. Fu la rovina della nostra famiglia. Mia madre suicida, morti i miei fratelli, assassinati amici e luogotenenti di Germanico. Imparai a conoscere il livido volto della sventura.
Tiberio si ritirò a Capri portando con sé mio fratello Caligola, un ragazzo, compagno della sua lussuria. Dieci anni dopo Caligola lo fece uccidere, e salí sul trono.
Avevo ventidue anni, ero sorella dell’imperatore. Dieci mesi dopo, ebbi un figlio da un uomo che non amavo, di trent’anni piú vecchio, Domizio Enobarbo. Quel figlio sarà Nerone.
DIFESA L’imperatrice (con tono di scherno) dimentica di ricordare che nella sua brama di potere non si negò neppure una torbida relazione con suo fratello Caligola. Non solo, uscita da quel letto incestuoso cercò di farlo assassinare.
AGRIPPINA Accusa di cortigiane gelose. Il mio solo pensiero era Nerone, volevo fare di lui l’erede del grande Germanico, orgoglio di Roma.
DIFESA (sarcastico) Madre premurosa, ansiosa per l’avvenire del figlio… infatti lo mette a balia da una zia. I suoi maestri sono un barbiere e un ballerino.
AGRIPPINA Caligola mi aveva confinato a Ponza. Come avrei potuto crescere mio figlio tra quelle genti rustiche? Quando anche Caligola venne ucciso e il mio esilio finí, tornai a Roma. Sul trono sedeva ora Claudio, mio zio. Uomo debole. Già cinquantenne aveva sposato una ragazza di quindici anni, dissoluta e lasciva: Messalina.
Stacco musicale.
MESSALINA (che emerge dal passato) Lasciva, sí, lo sono stata. Mi è sempre piaciuta la stretta di un uomo e il suo peso, gli spasimi, il suo rotto ansimare, sopra di me. Molto prima di provarlo, tutto questo l’avevo immaginato con il fervore che l’inesperienza, l’attesa, l’urgenza del sangue imprimono alle disordinate fantasie di un’adolescente. Tale l’impazienza e l’ansia che quando poi è accaduto davvero, mi sono sorpresa a pensare una notte dopo l’altra quanto fossero deludenti nella loro ripetizione quegli incontri, rispetto a ciò che la mia immaginazione, da sola, aveva creato.
Arrivai nei palazzi, e nel letto, dell’imperatore, uomo esperto, certo; ma lo ero anch’io. Pari nell’esperienza, non lo eravamo certo nelle energie e nel desiderio. Dissoluta? Lasciva? È possibile. (Animandosi). Ma nella corte di un potente non c’è giaciglio o triclinio o alcova in cui non si consumino copule oltraggiose e non c’è amplesso che non abbia per posta la carriera, l’onore, talvolta la vita, di qualcuno. Non c’è donna che non si sia concessa simulando rossori, fingendosi vergine ritrosa, facendosi credere atterrita. Ipocrisie, astuzie, inganni. Teatro.
Nei postriboli dove mi sono recata, negli abbracci di un minuto con gli scaricatori del Tevere, i facchini, la soldataglia, nel puzzo del sudore e del vino, nascosta a metà da una parrucca, i capezzoli dorati da baccante, le guance annerite dal fumo d’una lucerna, ho sempre ritrovato la misura vera, netta, brutale, della vita: io offro questo, tu paghi il dovuto, senza secondi fini, senza inganno, onesto, dichiarato come le monete che tintinnano...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione
  4. Avvertenza
  5. Il sangue e il potere
  6. Albero genealogico della gens Giulio-Claudia
  7. Processo a Giulio Cesare. Anatomia di un omicidio
  8. Processo a Tiberio. L’ombra del Calvario
  9. Processo a Nerone. Le confessioni di Agrippina
  10. Indice dei nomi
  11. Il libro
  12. Gli autori
  13. Copyright