7-A-1: Balena Whalen e Baxter Slate
In principio, Balena Whalen rimase insolitamente silenzioso durante l’appello di quel pomeriggio di giugno carico di smog, appena due mesi prima dell’omicidio al parco MacArthur. Balena non aveva superato la morte di un figlio che dichiarava di disprezzarlo quanto lui lo amava. In realtà, si conoscevano appena.
Baxter Slate, il suo collega di auto, non era mai stato un ragazzo rumoroso, e cosí non era una novità che parlasse molto poco durante l’appello, anche se poi metà del turno di notte la passava a insultare e sbeffeggiare Roscoe Rules e il tenente Finque.
– Cristo, tenente, mi scoccia che quelli della squadra investigativa mostrino sempre la mia foto alle vittime di stupri, – si lamentò Roscoe Rules. – Fino al mese scorso non sapevo che lo facessero.
– Probabilmente trovano che la tua foto si armonizzi bene con quelle dei bianchi sospettati di stupro, – rispose il tenente Finque, che aveva l’emicrania come sempre gli succedeva durante l’appello in quel periodo.
– Già, avrei dovuto insospettirmi quando quella poliziotta smorfiosa mi ha pescato in borghese e mi ha chiesto di farmi un’istantanea per provare la sua nuova Polaroid.
– Niente di male, Roscoe, – fece il sergente Yanov sorridendo.
– Ah no? Quella troia usa la mia foto ogni volta che un bianco violenta qualcuno da queste parti.
– Lei non può farci niente se tu hai l’aria di un deviato, – disse Balena mentre il suo collega Baxter Slate sorrideva. – Forse smetterà, Roscoe, quando due o tre vittime indicheranno te tra tutti i sospetti.
– Probabilmente indicherebbero l’uomo giusto, – disse Harold Bloomguard.
– Macché, non ce la fa assolutamente ad avere un’erezione, – disse Calvin Potts. – Se mai avessimo qui attorno un bandito col cazzo moscio, il primo sospettato sarebbe lui.
– Molto divertente, Potts, proprio molto divertente, – disse in tono minaccioso Roscoe Rules e, senza rendersene conto, incominciò a tastare il suo arnese inerte.
– Be’, vedrò cosa posso fare, Rules, – disse il tenente. – Adesso parliamo della riunione dei nostri ispettori. Dicono che c’è un eccesso di lamentele. Il capitano dice che ha dovuto fare un sacco di lavoro d’ufficio perché un agente del turno della mattina ha rotto un braccio a un sospetto. State attenti per il futuro. Ricordate che certe prese sono molto pericolose se uno vi resiste e quindi non fatevi trasportare dall’ira.
– Domanda, tenente, – disse Baxter Slate.
– Sí?
– Se uno non resiste, perché mai dovremmo tentare una presa su di lui?
Il sergente Yanov salvò il suo superiore prendendo in mano il controllo dell’appello e disse: – Adesso vi leggerò i reati. Qui c’è una storia di sesso. Potrebbe dare un po’ di sapore alla vostra serata.
E mentre il sergente Yanov salvava il suo superiore da altri passi falsi, il tenente Finque friggeva. Yanov aveva rapporti cosí facili con gli uomini, era cosí ovviamente benvoluto che Finque capiva che sarebbe diventato uno schifoso ispettore. La convinzione era fondata sul fatto che Yanov lavorava con lui da tre mesi e non aveva mai trovato un agente senza berretto o a fumare in pubblico. Il tenente Finque prese mentalmente nota di dire al capitano Drobeck che Yanov, a trentaquattro anni (appena di qualche mese piú giovane del tenente Finque), era probabilmente troppo giovane e inesperto per poter diventare sergente e avrebbe dovuto essere incoraggiato a trasferirsi alla squadra investigativa.
Il capitano Drobeck si sarebbe certo trovato d’accordo perché detestava Yanov da quando il sergente si era trovato in aperto disaccordo con lui a una riunione di tutti gli ispettori della divisione Wilshire. Yanov contestò un «suggerimento amministrativo» del capitano, sostenendo che avrebbe volutamente ingannato il capo della polizia, mentito al sindaco e anche a sua moglie se ne avesse avuta ancora una, ma mai ai suoi uomini. Perché non chiedeva mai al capo, o al sindaco o a sua moglie di combattere per lui o di salvargli la pelle.
Il capitano Drobeck scrisse un duro rapporto sul sergente Yanov: «È ancora troppo immaturo per afferrare i concetti basilari del ruolo di ispettore».
Per conquistarsi la truppa, il tenente Finque interruppe la lettura dei reati che Yanov stava facendo. Il tenente Finque decise di metterli al corrente di quello che aveva saputo appena prima dell’appello: una giuria popolare aveva assolto un uomo accusato dell’assassinio di un agente della polizia di Los Angeles.
– Assolto? – tuonò Balena Whalen quando il tenente diede l’annuncio, ma persino l’urlo di Balena andò perso nell’assordante clamore che si levò nella stanza.
L’accusato era ritenuto uno spacciatore di droga. Era andato in un albergo con un agente in incognito che fingeva di essere un acquirente e un terzo uomo, un informatore della polizia. L’agente era disposto a fare un grosso acquisto ma risultò che l’accusato non aveva droga. Aveva invece una pistola di piccolo calibro con la quale sparò, uccidendolo, all’agente che, prima di morire, sparò anche lui ma senza risultato. L’accusato rubò la valigia piena di denaro e corse fuori dalla porta ma venne arrestato immediatamente da altri agenti che si erano appostati all’uscita.
La polizia definí il fatto un assassinio premeditato a scopo di rapina. L’informatore testimoniò che l’imputato aveva afferrato la valigia e aveva sparato senza preavviso. L’imputato depose che l’agente aveva estratto la pistola e che lui, pensando che volesse farlo fuori, aveva sparato per primo per proteggersi. I detective scoppiarono a ridere. Dissero che era un caso chiarissimo, le prove erano schiaccianti, c’era un testimone oculare, la versione dell’imputato era disperata e ridicola. Venne assolto.
Il giudice, dopo aver ascoltato il verdetto, si dichiarò scandalizzato. Ma non lo era neppure la metà di quanto lo fossero i ventotto uomini nella stanza dell’appello del tenente Finque, che non si sarebbero mai abituati agli scandalosi verdetti delle giurie. Ci vollero cinque minuti per calmarli e rispondere a parecchie domande. Ma non erano domande. Erano dichiarazioni indignate e incredule. Proteste. Poi minacce. Poi una violenta e oscena condanna del sistema delle giurie.
Baxter Slate, forse il piú colto tra i ragazzi del coro, disse acidamente che quel fantoccio di democrazia era in realtà un gioco d’azzardo in cui dodici telefonisti, postini, commessi, impiegati, pensionati e casalinghe di mezza età senza alcuna conoscenza della legge e ancor meno della sociologia, prendevano irrevocabili decisioni basate sulla suggestione dei film che avevano visto e delle trasmissioni televisive tipo Perry Mason.
Il tenente Finque li lasciò sfogare fino a quando fu sicuro che avevano lo stomaco acido quanto lo aveva sempre lui per causa loro. Era raggiante. In quel momento non li temeva nemmeno.
Erano talmente offesi che presto rimasero senza parole. Prima voci stridule e tremanti, domande senza risposta e irricevibili, subito dopo il silenzio. Disfatta. Depressione. E una rabbia ardente.
Il tenente Finque li mandò a svolgere il loro lavoro di poliziotti con un’ultima raccomandazione: – Ragazzi, ricordatevi l’ultimo ammonimento uscito dalla riunione degli ispettori: «Tutti quelli che ci dànno dentro troppo con le loro zampacce sull’acceleratore, stiano in guardia». Il prossimo incidente stradale evitabile significherà che il comandante salterà addosso al capitano che se la prenderà con me e io dovrò prendermela con voi.
Finalmente, Balena Whalen parlò. Disse: – So che la merda rotola in basso. Ma perché io devo sempre trovarmi a valle?
Herbert «Balena» Whalen detestava la nuova stazione in cui si era trasferita nel 1974 la divisione Wilshire. Ogni giorno guidava la sua auto fino al fatiscente e inadeguato edificio di Pico Boulevard che, perdio, quello sí aveva l’aria di una stazione di polizia. Rimpiangeva i bei vecchi tempi.
Balena, con i suoi centotrenta chili e gli occhietti suini da capodoglio, si meritava il suo soprannome. Era di origine irlandese cattolica, divorziato tre volte e, quindi, si considerava scomunicato. – Che sfiga non essere abbastanza ricco da avere un bell’annullamento approvato dal Papa come tutte quelle troie e quegli stronzi danarosi di cui si legge sui giornali. Almeno avrei potuto restare nella chiesa.
Era un ritornello che si sentiva spesso al parco MacArthur durante le riunioni del coro quando Balena se ne stava lí con una bottiglia di scotch nella sua manona rossa. – Adesso finirò all’inferno perché sono scomunicato!
E se padre Willie Wright era abbastanza sbronzo e sofferente per aver appena smesso di scoparsi Ora Lee Tingle o Carolina Moon sostenendo che la sua paffuta moglie gliela dava senza trasporto solo due volte al mese, diceva sommessamente: – Sarò con te, Balena. Ho proprio paura che sarò con te!
Baxter Slate era un buon collega per Balena Whalen perché non parlava molto e non faceva venire il mal di testa a Balena. E poi aveva cinque anni di anzianità perché aveva giurato il giorno del suo ventiduesimo compleanno. Balena, in servizio da diciannove anni, considerava tutti quelli che avevano meno anni sulle spalle dei pivelli svitati e lui non sopportava di lavorare con pivelli svitati.
E poi Baxter non si lamentava quando a Balena capitava di prender su una battona da marciapiede che conosceva dai tempi del suo servizio nella buoncostume, dicendo: – È tempo di spassarsela un po’ –. Se li avessero pescati, si sarebbero giocati il posto e Balena Whalen era a pochi mesi dalla pensione. Era un rischio calcolato e Balena lo voleva correre anche se sapeva che i pezzi grossi della polizia di Los Angeles non approvavano che gli agenti in uniforme su un’auto della polizia «se la spassassero un po’».
Era sorprendente che Balena volesse correre un rischio del genere. Diceva spesso che un sergente che lo avesse pescato a fare qualcosa per cui poteva essere licenziato non sarebbe mai tornato vivo alla stazione perché lui, Balena Whalen, avrebbe ucciso qualunque stronzo avesse cercato di impedirgli di completare i suoi vent’anni e ottenere la sua brava pensione. Chiunque non piacesse a Balena era o un «coglione» o uno «stronzo» o un «eunuco» o un «succhiacazzi» e in queste categorie erano compresi buona parte dei civili, certo tutti i pezzi grossi della polizia e gli ispettori della stazione (eccetto il sergente Yanov) e tutti i dipendenti del dipartimento del servizio civile che avevano escogitato i trabocchetti di cui erano pieni quegli esami per le promozioni che lo avevano frustrato per cosí tanti anni, impedendogli di salire di grado e lasciandolo a quello di semplice poliziotto.
La cosa era particolarmente urtante perché Balena aveva il grado di maggiore della riserva dell’Aviazione e spesso incocciava tenenti e capitani della polizia di Los Angeles e anche riservisti che, durante le esercitazioni estive militari, dovevano mettersi sull’attenti davanti a lui.
Balena Whalen era la prova vivente che la raffinatezza non è necessaria per raggiungere i gradi superiori nell’Aviazione degli Stati Uniti, proprio come il comandante Moss era la prova vivente che il buon senso non è necessario per far carriera nel dipartimento di polizia di Los Angeles.
Ma Balena Whalen era forse uno dei piú freddi e competenti piloti da trasporto del 452° Stormo. Aveva volato durante la Seconda guerra mondiale e poi in Corea, fino a che aveva lasciato l’aviazione per entrare nella polizia. Era l’unico agente della polizia di Los Angeles nella storia a essersi impegnato in una delle guerre del suo Paese mentre era ancora un membro attivo del dipartimento. Questo era avvenuto quando aveva pilotato dei C-124 Globemasters in missioni di tre o quattro giorni dalla base aerea March a Danang, nel 1966 e nel 1967, e per poco non era stato colpito due volte dai missili terra-aria dei nordvietnamiti. Per questo motivo, Balena era una piccola leggenda nel dipartimento. In quel periodo i poliziotti di Wilshire si erano divertiti a far da spalla a Balena tra i poliziotti delle altre stazioni, dicendo cose come:
– Oh, Marvin, dove hai passato i giorni di riposo?
– A Disneyland con i bambini di mia sorella. E tu?
– Sono andato a pescare con Simon e la sua ragazza. E tu, Balena?
– A Danang. Non è stato un granché. Qualche missile e basta.
Balena prendeva raramente due giorni di riposo alla settimana in quegli anni. Come molti poliziotti preferiva lavorare nove o dieci giorni di fila e poi mettere assieme i giorni di riposo. Ma quelli li utilizzava per missioni di combattimento per le quali riceveva una paga dal governo degli Stati Uniti che poteva distribuire alle sue tre mogli, ognuna delle quali gli aveva dato un figlio prima di divorziare. Quando Balena era via in missione e il turno di notte soggiornava nella stanza dell’appello senza niente da fare, c’era sempre qualcuno che diceva, sentendo volare basso un aereo che stava scendendo sull’aeroporto internazionale di Los Angeles:
– Be’, si direbbe che Balena è di nuovo in ritardo per l’appello.
page_no="141" Balena aveva una cicatrice a forma di Z che incominciava nel pelo di una delle sue cespugliose sopracciglia nere, attraversava il setto nasale, svoltava sotto l’occhio destro e tornava al naso, dove risaltava bianca nel reticolo di venuzze. Una volta, a una riunione dei ragazzi del coro, Carolina Moon gli aveva chiesto come si fosse procurato quella cicatrice.
– Atterrando nella pioggia con mezza coda saltata via.
– Dove, Balena? Dove è successo?
Accadde una cosa straordinaria: Balena non riusciva a ricordarsene. Ci impiegò almeno un minuto. L’alcol aveva debilitato temporaneamente il suo cervello, ma c’era di piú. Aveva volato in tante missioni in cui il suo governo gli aveva ordinato di uccidere o causare la morte di orientali, che tutto aveva cominciato a confondersi: giapponesi, coreani, vietnamiti. Non riusciva proprio a rispondere. Non immediatamente.
– Ma certo, – disse alla fine. – In Corea. Cristo! Corea! Non riuscivo a ricordarmi in quale guerra!
Dopo gli anni del Vietnam, Balena aveva seguitato a volare, ma naturalmente aveva perso una bella fetta della paga militare e questo gli rendeva difficile dare i soldi alle sue tre mogli e avere ancora abbastanza denaro per bere o per portarsi fuori una ragazza quando gli andava bene. Era stato soprattutto per ragioni economiche che era diventato un fedele ragazzo del coro e stava assieme ai poliziotti piú giovani che gli facevano venire il mal di testa. Alle riunioni dei ragazzi c’era sempre da bere gratis, grazie ai rifornimenti di Roscoe Rules e Spencer Van Moot. E certe volte c’era Carolina Moon, di cui Balena si innamorava a ogni riunione. La ragazza grassa e il poliziotto grasso se ne andavano, mano nella mano, a fare un giretto attorno allo stagno delle anatre, scolandosi una bottiglia di scotch e tubando come colombi. Gli altri del coro li chiamavano la coppia fissa.
Sia Balena Whalen che Baxter Slate erano di pessimo umore dopo la fine dell’appello. Quello che li seccava era che stavano soffrendo tutti e due per una sospensione di paga di quattro giorni.
La sospensione era derivata dal fatto che il tenente Elliott «Culodipietra» Grimsley aveva deciso di celebrare il suo quarantesimo compleanno uscendo in strada per dimostrare al comandante della stazione, il capitano Drobeck, che poteva essere stronzo quanto il capitano Dobreck nei vecchi tempi e che, sebbene fosse tenente da soli otto mesi, i suoi nove anni da sergente operativo gli avevano dato tutta l’esperienza necessaria per essere uno stronzo.
Il capitano Drobeck, d’altra parte, aveva recentemente cercato di dimostrare che lui non era uno stronzo ma un principe, durante una ispezione formale condotta dal vice-capo Lynch in persona. Ogni agente di pattuglia della stazione di Wilshire indossava un’uniforme perfettamente stirata e scarpe lucide nere, per quell’ispezione. Erano stati divisi in tre plotoni.
Il capitano Drobeck, con la sua vaporosa criniera bianca accomodata di fresco, era splendido nella sua uniforme e portava tutti i nastrini che si era meritato nella Terza Armata di Patton. I poliziotti di Wilshire sapevano che aveva fatto semplicemente il dattilografo al comando e non aveva comandato niente, come lui lasciava intendere, e spesso sussurravano tra loro che il capitano Drobeck non si era mai ritirato, ma che era rimasto indietro un sacco di volte.
Per le cerimonie, il vice-capo Lynch compariva sempre con venti minuti di ritardo, proprio come rispondeva al telefono dopo tre minuti di attesa. Il capitano Drobeck armeggiava nervosamente con la piega dei pantaloni sperando che il suo aiutante, il sergente Sneed, gli avesse lucidato abbastanza bene le scarpe. Sneed aveva imparato a lucidare quando suonava il trombone nella banda dell’esercito americano. Il capitano salutò con un cenno della mano Ardella Grimsley, la moglie del tenente Elliott «Culodipietra» Grimsley. Ardella stava sul marciapiede a fianco del parcheggio assieme a una dozzina di altri spettatori, tutti con la macchina fotografica.
page_no="143" Durante uno di quegli ansiosi momenti, il tenente Grimsley sorrise e strizzò l’occhio alla moglie ventenne che portava cappello, guanti e, cosa incredibile, persino dei fiori puntati sul petto per l’occasione. Ardella Grimsley era raggiante e mandò un bacio sulla punta delle dita al marito, gesto al quale rispose un’orrenda scoreggia nelle ultime file, accompagnata da una voce che diceva: – Ed ecco un bacio per te!
– CHI È STATO? – urlò il tenente Grimsley facendo quasi morire di paura il già nervoso capitano Drobeck.
– Cosa succede, Grimsley? – domandò il capitano.
– Qualcuno ha scoreggiato.
– È una cosa cosí terribile?
– Era diretto a mia moglie.
– Non ti capisco, Grimsley.
Proprio in quel momento il sergente Sneed, chiamato dagli uomini «Leccaculo» Sneed, avanzò di corsa dal suo posto che si trovava in fondo al primo plotone.
– Mi è parsa una voce di colore, signore, – sussurrò senza fiato al capitano. – Una voce nera, insomma.
– Se mi è permesso intervenire, – disse l’agente Baxter Slate che stava in prima fila, – una voce può avere un timbro, una risonanza, persino un’altezza, ma è singolarmente senza colore –. Lo disse con un gran sorriso diretto al capitano Drobeck, che il tenente Grimsley sapeva essere fasullo ma che era talmente ben fatto da rendere impossibile un’accusa di insubo...