
- 400 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Un luogo incerto
Informazioni su questo libro
«Ma quando hai visto una cosa di questo genere, un frammento ti resta sempre dentro. Qualunque cosa, bellissima o bruttissima, lascia sempre un po' di sé negli occhi di chi guarda». Al cancello del vecchio cimitero di Highgate ci sono diciassette scarpe, ben allineate, con la punta rivolta verso il cimitero. E con i piedi mozzati dentro. Se il Tagliatore di piedi, pensa il commissario Adamsberg, ha abbandonato il suo tesoro, quasi non gli bastasse piú, quale nuovo orrore si sta preparando?
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Informazioni
Print ISBN
9788806264260eBook ISBN
9788858400814XLV.
Sul pavimento, un grillo irritato lanciò un breve grido di disperazione. Adamsberg riconobbe la vibrazione del cellulare – quello rosicchiato dai tarli – e lo raccolse, consultando i suoi orologi. Fra le due e quarantacinque e le quattro e quindici del mattino. Si passò la mano sul viso per togliere il velo di sonno, consultò l’apparecchio, che conteneva due messaggi. Passò dall’uno all’altro: inviati dalla stessa persona a tre minuti di distanza. Il primo diceva POR, il secondo QOS. Adamsberg chiamò subito Froissy. Froissy non imprecava mai quando veniva svegliata in piena notte. Adamsberg pensava che ne approfittasse per mangiare qualcosina.
– Due messaggi che non capisco, – le disse. – Credo che non siano buone notizie. Quanto le ci vuole per identificare il proprietario del cellulare?
– Per un numero sconosciuto? Un quarto d’ora. Dieci minuti, se tutto va bene. Piú trenta minuti per arrivare all’Anticrimine, perché qui ho solo due microcomputer. Quaranta minuti. Me lo detti.
Adamsberg le comunicò il numero, incalzato da un senso di urgenza. Quaranta minuti erano troppi.
– Questo glielo dico subito, – disse Froissy. – L’ho identificato a fine pomeriggio. Armel Louvois.
– Cazzo.
– Ho appena cominciato a mettere giú la lista delle sue chiamate, non telefona molto. Niente da nove giorni a questa parte, l’apparecchio è spento dalla mattina della sua fuga. Perché lo riaccende? Perché diavolo vuole farsi individuare? Le ha lasciato un messaggio?
– Mi ha mandato due messaggini incomprensibili.
– Sms, – lo corresse automaticamente Froissy, che aveva assimilato, come gli altri, le manie di Danglard.
– Può localizzarmelo?
– Sí, se non l’ha spento di nuovo.
– Può farlo da casa?
– Piú difficile, posso tentare di connettermi.
– Tenti e si sbrighi.
Lei aveva già riagganciato. Era inutile dire a Froissy di sbrigarsi, assolveva i suoi compiti con la rapidità di un furetto.
Si vestí, raccolse la fondina della pistola e i due cellulari. Sulla scala, si rese conto di aver indossato la maglietta a rovescio, l’etichetta gli grattava la gola. Ci avrebbe pensato dopo. Froissy lo richiamò mentre si infilava la giacca.
– Villino di Garches, – annunciò Froissy. – Un altro apparecchio emette il segnale dalla stessa ubicazione. Sconosciuto. Tento di identificarlo?
– Forza.
– Per farlo, devo andare in ufficio. Risposta tra un’ora.
Adamsberg allertò due squadre, fece un paio di conti. Ci sarebbero voluti almeno trenta minuti, a dir poco, perché la prima si riunisse all’Anticrimine. Piú il tragitto fino a Garches. Partendo subito, sarebbe stato sul luogo in venti minuti. Esitava, tutto gli diceva di aspettare. Trappola. Cosa cavolo combinava Zerk nel villino del vecchio Vaudel? Con un altro cellulare? O con l’altro assassino? Arnold Paole? E in tal caso, che voleva Zerk? Trappola. Morte certa. Adamsberg salí in auto, appoggiò gli avambracci sul volante. L’avevano mancato nel sepolcro, ci riprovavano qui, era lampante. Non muoversi era puro buonsenso. Rilesse i due messaggi. POR, QOS. Girò la chiave dell’accensione, poi si fermò. Era lampante, il seguito coerente e normale della storia. Stringendo la chiave, tentava di capire perché un’altra certezza gli ordinava di precipitarsi a Garches, una certezza immotivata che si era impadronita della sua mente. Accese i fari e partí.
A metà strada, dopo il tunnel di Saint-Cloud, si fermò sulla corsia di emergenza. POR, QOS. Aveva appena pensato – se si poteva definirlo pensare – al fatto che Froissy aveva detto la parola ridicola «sms». Parola che, con un guizzo di pinne, lo aveva riportato a POR. Ne era quasi certo. Aveva visto spesso quel POR sul display del suo cellulare. Succedeva quando digitava dei messaggini, quando digitava la parola «sms». Prese il cellulare, compose le tre lettere «s», «m», «s». Ottenne prima di tutto POP, poi passò in rassegna le varie combinazioni: POR, POS, QOS, SOS, e finalmente SMS.
SOS. SOS.
Un SOS che Zerk non era riuscito a inviare correttamente. Aveva tentato un’altra volta, attivando il menu del cellulare alla cieca, sbagliando ancora. Adamsberg mise il lampeggiante sul tetto dell’auto e ripartí. Se Zerk gli avesse teso una trappola, avrebbe scritto un messaggio comprensibile. Se Zerk aveva sbagliato il suo SOS, era perché non riusciva a vedere il display. Quindi aveva digitato il messaggio al buio. Oppure con la mano in tasca, a tentoni, per non farsi scoprire. Non era una trappola, era una richiesta di aiuto. Zerk era con Paole, ed erano passati piú di trenta minuti da quando aveva inviato i messaggi.
– Danglard? – chiamò Adamsberg continuando a guidare. – Ho un SOS composto da Zerk senza guardare il display. L’assassino l’ha riportato sul luogo del crimine, dove lo suiciderà in modo pulito. Fine della storia.
– Padre Germain?
– No, non lui, Danglard. Come faceva, Germain, a sapere che era una femmina? Eppure ha detto proprio cosí. Non circondate il villino, non entrate dalla porta. Gli sparerebbe subito. Dirigetevi verso Garches, vi richiamo.
Sempre tenendo il volante con una mano, svegliò il dottor Lavoisier.
– Mi serve il numero della stanza di Émile, dottore. Urgentemente.
– Adamsberg?
– Sí.
– E chi mi dice che è lei? – domandò Lavoisier, da perfetto cospiratore com’era diventato da pochissimo.
– Cazzo, dottore, non c’è tempo.
– Niente da fare, – ribatté Lavoisier.
Adamsberg si rese conto che l’impedimento era serio, Lavoisier prendeva a cuore la sua missione. Gli aveva ordinato «Nessun contatto», e lui obbediva alla consegna scientificamente.
– Se le dico la fine di quello che ha borbottato Retancourt uscendo dal coma, va bene? Se ne ricorda ancora?
– Perfettamente. La ascolto.
– «E di gioia morire».
– Ok, vecchio mio. Trasferisco la chiamata, perché l’ospedale si rifiuterà di passarle Émile senza la mia autorizzazione.
– Si sbrighi, dottore.
Scricchiolii, squilli, ultrasuoni, poi la voce di Émile.
– È per Cupido? – domandò Émile in tono allarmato.
– Sta benone. Émile, dimmi come si fa a entrare nel villino di Vaudel senza usare la porta principale.
– Dalla porta posteriore.
– Parlo di un altro ingresso. Discreto, per non attirare l’attenzione.
– Non c’è.
– Sí che c’è, Émile, ce n’è uno. Tu l’hai usato. Quando tornavi a frugare di notte per sgraffignare dei soldi.
– Non ho mai fatto una cosa del genere.
– Per la miseria, abbiamo le tue impronte sui cassetti dello scrittoio. Chi se ne frega. Ascoltami bene. Il tizio che ha massacrato Vaudel farà fuori un altro, stasera, nel villino. Devo intrufolarmi là dentro. Afferri?
– No.
L’auto entrava a Garches, Adamsberg tolse il lampeggiante.
– Émile, – disse Adamsberg stringendo i denti, – se non me lo dici, ammazzo il cane.
– Non lo faresti.
– Senza un attimo di esitazione. Émile, lo spiaccico sotto il mio stivale. Capito, Émile?
– Razza di bastardo di uno sbirro.
– Sí. Parla, santo Dio!
– Il villino di fianco, quello della signora Bourlant.
– Sí?
– Le cantine confinano. Prima le due case appartenevano a un unico tizio: in una abitava la moglie e nell’altra l’amante. Aveva fatto scavare fra le due cantine, per comodità. Quando hanno venduto le case, le hanno separate e la porta sotterranea è stata murata. Ma quella brava donna della Bourlant l’ha riaperta, di sua iniziativa. Vaudel non ne sapeva niente, non scendeva mai in cantina. Io avevo scoperto l’inghippo, ma avevo promesso alla vicina di non dire niente. In cambio, lei mi lasciava usare il passaggio. Ci intendevamo bene, noi due.
Adamsberg parcheggiò a cinquanta metri dal villino, scese, chiuse silenziosamente la portiera.
– Perché ha fatto riaprire il passaggio?
– Ha una paura irrazionale del fuoco. È la sua uscita di sicurezza. Che cretinata, ha una linea della fortuna fantastica.
– Vive sola?
– Sí.
– Ti ringrazio.
– Non fai cazzate con il mio cane, vero?
Adamsberg informò le due squadre. Una era per strada, l’altra stava partendo. Dal villino di Vaudel non trapelava nessuna luce, le persiane e le tende erano chiuse. Bussò piú volte alla porta della signora Bourlant. Il villino era identico, ma molto piú malandato. Non sarebbe stato uno scherzo convincere una donna sola ad aprire la porta in piena nott...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Un luogo incerto
- I.
- II.
- III.
- IV.
- V.
- VI.
- VII.
- VIII.
- IX.
- X.
- XI.
- XII.
- XIII.
- XIV.
- XV.
- XVI.
- XVII.
- XVIII.
- XIX.
- XX.
- XXI.
- XXII.
- XXIII.
- XXIV.
- XXV.
- XXVI.
- XXVII.
- XXVIII.
- XXIX.
- XXX.
- XXXI.
- XXXII.
- XXXIII.
- XXXIV.
- XXXV.
- XXXVI.
- XXXVII.
- XXXVIII.
- XXXIX.
- XL.
- XLI.
- XLII.
- XLIII.
- XLIV.
- XLV.
- XLVI.
- XLVII.
- XLVIII.
- XLIX.
- L.
- Il libro
- L’autrice
- Dello stesso autore
- Copyright