1.
Feci un ultimo giro e andai in sala pausa. Leonard contava spiccioli davanti al distributore automatico di bibite, con il berretto da guardia giurata voltato di lato sulla testa.
– Hai un quarto di dollaro? – mi chiese appena entrai, senza alzare lo sguardo.
Glielo diedi.
– Qualche pollo ha cercato di fuggire? – dissi.
– No. E nessun pollo ha cercato neppure di entrare. Dalla tua parte ci sono stati problemi? – Leonard spinse un bottone e nel cassetto in basso cadde una lattina di Dr Pepper.
– Niente problemi di polli. Ho visto uno scoiattolo sospetto fuori, tra gli alberi, ma non ha voluto avere niente a che fare con me.
– Lo capisco.
Andai al tavolino e mi preparai un decaffeinato gratuito, perché avevo dato a Leonard il mio ultimo quarto di dollaro. Ci misi dentro un bel po’ di panna in polvere (anche quella era gratis). Era l’unico modo per far sí che il caffè, in quello stabilimento per la lavorazione dei polli, non sapesse di cadavere.
Girai lo zucchero con un bastoncino di plastica e bevvi un sorso. Sapeva di cadavere con panna. Gettai il bicchiere nella spazzatura e uscimmo nel parcheggio, diretti verso il pick-up di Leonard.
Lavoravamo alla Deerstone’s Chicken Processing da circa sei mesi, e non era male. Ci toccava il turno dalle tre del pomeriggio a mezzanotte. Dovevamo solo andarcene in giro a controllare che non ci fossero buchi nella recinzione, che niente fosse fuori posto e che gli operai non riempissero il bagagliaio delle loro auto di polli congelati.
Era molto meglio di un altro stabilimento del genere dove avevo fatto domanda. Non volevano assumermi come guardiano, ma come masturbatore. Avrei dovuto masturbare i galli e prendere loro lo sperma con il quale ingravidare le galline. Non era uno scherzo, mi dissero, ma un lavoro serio. Avevo anche cercato di immaginare se avrei dovuto svolgere il mio compito con guanti di gomma e pinzette, oppure a mani nude, con l’indice e il pollice. Forse ai galli il contatto diretto piaceva di piú.
Quando passi un sacco di tempo a ispezionare l’esterno e l’interno di un posto dove ha luogo un continuo massacro di polli, pensi a un sacco di cose. E in piena notte, mentre cammini verso un grosso pick-up, un sacco di idee stupide ti sembrano ragionevoli.
Quel lavoro ce l’aveva passato un conoscente che si era licenziato, spiegandoci che la direzione preferiva avere due persone. Leonard aveva già il porto d’armi, io avevo dovuto prenderlo, e ci avevano assunti. Noi due eravamo l’ultimo baluardo tra i polli dentro lo stabilimento (quasi tutti già morti, spennati, decapitati e appesi a ganci di metallo) e il mondo esterno che li voleva mangiare.
Devo dirvi una cosa: con i polli non si scherza. Ogni azienda ha i suoi metodi per prepararli, e vuole tenerli segreti.
Nell’altro stabilimento, quello dove volevamo assumermi per fare le seghe ai galli, vivevano nel terrore che la Deerstone inviasse delle spie. Leonard e io pensavamo che forse di notte mandavano i loro polli in missione allo stabilimento rivale, in costume nero da ninja e con lame di metallo fissate alle zampe. Immaginavamo i polli introdursi all’interno dell’impianto attraverso le griglie di ventilazione, per carpire segreti a prezzo di formidabili battaglie a colpi di nunchaku con i polli della Deerstone.
Sissignore, e ti sentivi quasi orgoglioso quando tornavi a casa dopo mezzanotte, posavi sulla sedia l’uniforme verde e il cappello, la pistola, e ti mettevi a letto tutto profumato di pollo, sapendo di aver salvato il mondo dalle spie industriali. Poi c’era che lo stipendio era decente e avevi anche una divisa sexy con cui impressionare la popolazione femminile.
Naturalmente, il concetto di stipendio decente dipende molto da quello che facevi prima. Fare il buttafuori rendeva di piú, ma ti toccava passare le serate in compagnia di un mucchio di ubriachi in locali fumosi pieni di donne nude, e dopo un po’ le donne nude diventavano una seccatura. Avresti voluto solo che si vestissero. Non so spiegarlo bene, è una delle cose strane della vita. Cominci a pensare che non dovresti buttare fuori a calci la gente, se lí non servissero alcol e non mandassero donne nude a scuotere le tette tra i tavoli, sbattendo il cespuglietto in faccia ai clienti.
Poi capisci che in quel caso tu non avresti lavoro. È un po’ come fare il predicatore. Combatti il peccato, ma se non ci fossero peccatori ti toccherebbe fare il pieno alle auto in un distributore di benzina. Professione che, a pensarci bene, è piú onorevole di quella del buttafuori o del predicatore.
Ormai mi ero convinto che le donne nude fossero uno dei misteri della vita. Non vedevo nuda Brett, la mia donna, da un bel po’ di tempo. Non ero neppure piú tanto sicuro che fosse la mia donna. E quello che avevo fatto per lei mi aveva cambiato la vita, rendendomi davvero triste riguardo ai piaceri della carne. L’attrazione psichica e fisica che provavo per lei mi aveva trascinato in una storia che era finita con diversi cadaveri. Io me li sognavo di notte, con accompagnamento di raffiche di mitra, fumo e grida. Avevano facce enormi, e bocche cosí aperte che riuscivo a vedere il lavoro dei loro dentisti, oltre all’abisso in cui tutti andiamo a finire.
Quello che avevo fatto era giustificabile, ma giustificabile e giusto non sono la stessa cosa. Anche altre volte mi ero trovato sull’orlo della violenza, e avevo agito per legittima difesa. Ma in quel caso avevo agito sapendo in anticipo che avrei dovuto ammazzare delle persone. E alla fine ero andato via con le scarpe rosse di sangue.
Poiché a quell’avventura aveva partecipato anche Leonard, gli avevo chiesto se avesse i miei stessi problemi, i miei stessi incubi. La sua risposta era stata semplice: quelli che avevamo ammazzato erano degli stronzi.
E lui non aveva incubi.
Dopo, Brett e io eravamo rimasti in contatto. Andavamo a cena fuori, al cinema, facevamo l’amore. Tuttavia mancava qualcosa. La nostra relazione era come un hamburger senza salsa. In parte dipendeva dal fatto che Brett stava cercando di riportare sua figlia Tillie sulla retta via. Solo che a Tillie piaceva fare la puttana. Non voleva farlo contro la sua volontà (come nel posto da cui l’avevamo salvata), ma le piaceva. Sicuramente piú che l’idea di crescere, o di entrare in politica.
E bisogna dire che era anche brava, come puttana. Aveva portato molti cambiamenti nella città di Tyler, visto che i battisti, come tutti, sanno apprezzare una buona scopata.
Anch’io apprezzavo le buone scopate, ma Brett ormai non sembrava piú interessata. Le ultime volte con lei mi era sembrato di fare una specie di ginnastica aerobica disperata. La fai perché pensi di doverla fare e che ti faccia bene, ma non ti piace, e finisci tutto sudato per niente.
Avevo l’impressione che Brett avrebbe preferito leggere una rivista, o ritagliare punti da scatole di biscotti. Fare l’amore con lei era come cercare di ammazzare qualcosa che era già morto.
Francamente, non era il tipo di scopata che faceva sentire un uomo duro come l’acciaio, o almeno come una statua di bronzo.
Cosí, senza neppure parlarne, il sesso era sparito dal nostro rapporto. E poco dopo era sparito anche il rapporto. Avevamo parlato al telefono, poi una volta lei era venuta in azienda durante la pausa cena, portando pollo fritto del Kentucky Fried Chicken, ma non era stata una buona idea. Avevamo parlato quasi solo delle gallette del Kfc, che erano buone ma non quanto quelle di Braccio di Ferro, e comunque nessuna galletta può sostituire l’amore.
Dopo quella cena l’avevo vista ancora una volta, poi era caduto il silenzio radio. Da allora avevo deciso di votarmi alla vita da scapolo.
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Il sesso e la lavorazione del pollame. Due grandi misteri della vita.
Salii sul pick-up con Leonard, e lui mi accompagnò dalla parte opposta dell’edificio, dove avevo lasciato la mia auto. Facevamo sempre cosí. Io parcheggiavo da una parte, lui dall’altra. Se uscivamo dalla porta principale lui mi dava un passaggio fino alla mia macchina, se uscivamo dal retro davo io un passaggio a lui. Avremmo potuto tranquillamente parcheggiare dalla stessa parte, ma eravamo fatti cosí: ci piaceva mettere un pizzico di avventura nella vita. E in quel modo avevamo qualche minuto per chiacchierare. Di solito facevamo battute stupide sui polli, oppure ci dedicavamo a rapide analisi della nostra vita attuale.
Da quando non abitavo piú a casa di Leonard, ci vedevamo solo al lavoro. Durante i fine settimana io mi divertivo a prendere a pugni il sacco, a saltare la corda e a sentirmi triste. Un beneficio collaterale era che avevo perso diversi chili. Non ero cosí magro da quella volta che mi ero beccato un virus intestinale e avevo passato un’intera settimana con il vomito e la diarrea. La differenza era che ora mi sentivo meglio e non dovevo passare la vita seduto sul cesso.
Leonard aveva un fidanzato di nome John, e questo lo teneva occupato. Lo avevo conosciuto, e mi sembrava un tipo a posto. Era caporeparto nella fabbrica di sedie di alluminio. Non era macho come Leonard, ma non era neppure effeminato. Era nero come il catrame, con il naso piatto e le labbra grosse, robusto e un po’ pelato, e un po’ piú giovane di Leonard. Gli piacevano le passeggiate nei parchi e aveva un uccello di venti centimetri.
Leonard, come al solito, andava dritto al sodo.
John amava uscire. Lui e Leonard andavano in palestra insieme tre volte alla settimana, andavano al cinema, leggevano libri a letto. E forse ogni tanto parlavano di polli e di mobili da giardino in alluminio. Con John, Leonard non lesinava i biscotti alla vaniglia, mentre con me, malgrado fossi il suo migliore amico e quasi un fratello, era un’altra storia. Venti centimetri di cazzo e la disposizione di John a condividerli con lui facevano la differenza.
John era probabilmente la cosa migliore che fosse accaduta a Leonard in tutta la vita, ma la mia vita invece non ci aveva guadagnato nulla. Non avevo una donna. Non avevo un amico. Solo un sacco da prendere a pugni e cibo che mangiavo direttamente dalle scatole con il cucchiaio.
Non avevo neppure un televisore, avevo già letto tutti i libri che c’erano in casa e non avevo soldi per comprarne altri. Tutti i miei soldi se ne andavano per l’affitto di casa e per la benzina del mio pick-up. Lo avevo preso dando in permuta una Chevrolet Nova con della gomma da masticare appiccicata sotto il cruscotto e una scatola di preservativi nello scomparto portaoggetti. Entrambe le cose le avevo ereditate insieme alla macchina, ed ero stato felice di trasmetterle a qualcun altro. il pick-up era meglio della Nova solo per quanto riguardava l’inquinamento. La Nova faceva fumo come uno zampirone per le zanzare.
Tutto quello che mi restava della mia vecchia vita era uno stereo e pochi dischi che avevo salvato dal tornado che aveva investito casa mia. Avevo anche un Cd che mi era stato regalato, ma non avevo un lettore Cd.
Mentre Leonard mi accompagnava alla mia macchina, eravamo immersi in una profonda conversazione filosofica. Lui mi parlava della sua vita amorosa, e a un tratto io dissi: – John ti piace per i suoi venti centimetri?
– Sí.
– Non ti sembra una cosa un po’ superficiale?
– Sí.
– Mi stai prendendo per il culo, vero?
– Sto solo dicendo che è come quando compri un burrito. Meglio grosso che piccolo.
– Le dimensioni dell’uccello non significano niente.
– E tu che ne sai? Non sei un consumatore, no?
– No, ma le donne dicono che non importa quanto ce l’hai grande.
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– Le donne mentono. A te piacciono le tette?
– Cosa?
– Le tette.
– Ho già capito dove vuoi arrivare. E ti dirò che mi piacciono grandi e piccole, basta che siano per me.
– Ma quelle grandi ti piacciono?
– Sí, ma non ho intenzione di lasciarmi trascinare oltre in questa discussione. Non credo che per valere qualcosa una donna debba avere le tette grandi.
– Certo, ma se vale qualcosa e ha anche le tette grandi, non è meglio?
– Be’, sí, ma questo non prova niente.
– Prova che ti piacciono le tette grandi.
– Ma non prova che sono importanti.
– Sono sicuro che potresti amare una donna che non ti piace davvero, almeno per una mezz’ora, se ha un bel paio di tette e ha voglia di scopare con te.
– Leonard…
– Ho ragione?
– Non credo di essere una persona cosí superficiale.
– Diciamo che tu ne hai voglia, lei anche, non sembra avere cicatrici deturpanti o piaghe purulente, e ha un gran bel paio di tette. Non si tratta né di sposarla né di approfittare di lei. È solo che è ben disposta, anche se non è troppo intelligente…
– Che palle!
– Ascoltami, per favore. Diciamo che abbia un quoziente intellettivo di… mah, non lo so. Insomma, non sta in un istituto per gente che non distingue la destra dalla sinistra, ma non è neppure la sorella di Einstein.
– Questa definizione si adatta alla maggior parte di noi.
– Esatto. Hai capito benissimo. Non è piú intelligente di un’impiegata postale. Hai presente, quelle che se ne stanno dietro il vetro a bocca aperta, e appena ti avvicini mettono fuori un cartello con scritto «Sportello chiuso»?
– Ho presente.
– Bene. La donna di cui parliamo è una cosí, ed è ben disposta. Non è bella, ma non è neppure un mostro. Ha le tette grandi e vuole un paio di colpi di salsiccia. Ora, vorresti dirmi che anche se non è bella e non è intelligente, non te la scoperesti?
– Va bene, potrei farlo.
– «Potrei?» Ti ci getteresti sopra come un’anatra su un verme...
– Ma potrei farlo anche se non avesse le tette grandi. Basta che non sia proprio brutta.
– Quindi sei di quelli che scoperebbero qualunque donna?
– Non ho detto questo.
– Se non hai detto questo, allora hai detto che ti piacciono le tette grandi.
– Questa è una conversazione truccata.
Leonard si fermò accanto alla mia macchina.
– A me piacciono i cazzi grossi, – continuò. – Pensaci. Una tetta realmente non serve a molto. La succhi, la soppesi con la mano, ci sfreghi la faccia contro, insomma, quello che fate voi etero. A parte il disgusto che tutto questo mi ispira, è evidente che potresti fare la stessa cosa con una palla di gomma.
– Non è proprio la stessa cosa, Leonard.
– Un cazzo, invece, ha uno scopo, una missione.
– Devo andare, Leonard.
Aprii la portiera e scesi dal pick-up. Leonard infilò nello stereo una cassetta di Johnny Cash, mi fece un cenno di saluto e si allontanò, con le note di Delta che uscivano dall’abitacolo.
Avevo appena aperto il mio pick-up e stavo per salire a bordo, quando udii una debole voce dalla macchia boscosa oltre la rete di recinzione.
– Aiuto...
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2.
La voce non disse altro, ma udivo un gemito, come il guaito di un cucciolo investito da un’auto.
La luna non illuminava un granché, ma riuscii a vedere del movimento tra gli alberi. Accesi i fari, e quello che vidi mi lasciò senza fiato.
Tra due alberi un giovane mi fissava, confuso come un cervo sorpreso dalla luce. Aveva i capelli arruffati, pieni di aghi di pino e foglie, e il viso sporco. Teneva per il polso una donna nuda, distesa a terra. La donna aveva la testa voltata verso di me, con i capelli sparsi sopra il tappeto di foglie. L’uomo si riscosse, tornò a guardare la donna e le calpestò la faccia come cercasse di schiacciare un insetto. Il rumore dello stivale contro il viso morbido della giovane fu orribile.
Non c’era modo di attraversare il recinto, e per fare il giro ci voleva troppo tempo. Pensai di prendere la pistola, ma l’ultima volta che l’avevo fatto mi era costata cara, in termini di cicatrici e brutti sogni. Ero deciso a non farlo piú. Mi arrampicai sulla rete, la scavalcai e mi lasciai cadere dall’altro lato.
Ero appena atterrato che lui venne verso di me. Alla luce dei fari sembrava un vero incubo. Quello che gli macchiava il volto era un misto di sangue e fango, e il sangue probabilmente non era suo. Una mano della donna a terra (in realtà piú una ragazza che una donna) era scossa da uno spasmo continuo.
Lui mi si lanciò addosso, io schivai di lato e lo colpii dietro la testa con entrambe le mani. Andò a sbattere contro la rete, si voltò e tornò a caricarmi. Gli mollai un calcio laterale. Barcollò, ma non cadde. Mi balzò addosso e andò a scontrarsi con una gomitata sotto il mento. Non successe quasi niente.
Prima che mi agguantasse ruotai su me stesso, mi chinai e lo proiettai in avanti. Sbatté a terra e rimbalzò subito in piedi. Lo colpii ripetutamente, ma continuava ad attaccarmi. In passato avevo affrontato solo un altro essere dotato di tanta tenacia e capacità di assorbire i colpi. Si trattava di un...