In fuga
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In fuga

  1. 316 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

«Quando leggiamo la Munro, tutto ci sembra incantevole: ma lo sfondo, vasto e intermittente, che si avverte in ogni riga, è pieno di minacce - morti sinistre, destini incomprensibili, dolori che nessuno potrebbe sopportare, disastri, irruzioni di qualcosa che somiglia all'amore, le tremende ferite che ci infliggono i morti; o al contrario, beffe crudeli che realizzano i piani di colei che, forse, porta il nome di Provvidenza».

Pietro Citati

«Nonostante tutto, le ragazze fragili e intelligenti che hanno visto svanire i propri talenti, le signore cariche d'esperienze acuminate come lance mortali, sulle quali Alice Munro concentra l'attenzione, vogliono continuare a vivere. Questo ce le fa amare. La bellezza dei loro mondi interiori, ne siamo certi, è un fuoco che non smetterà mai di ardere e prosperare».

Eraldo Affinati

In questa raccolta della Munro, contrariamente a quanto succede nelle altre, ci sono tre racconti tra loro collegati, che hanno come protagonista la stessa donna, Juliet. I racconti sono separati da bianchi abissi in cui il tempo e i sentimenti precipitano per poi riaffiorare dando vita a situazioni che costituiscono storie a sé stanti. È come se le storie della Munro tutte insieme narrassero un lungo romanzo-mosaico in cui ciascuna tessera è la vita di una donna e del paesaggio umano e naturale che la circonda.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2010
Print ISBN
9788806180737

Poteri

Dante può aspettare.

13 marzo 1927. Proprio adesso che si dovrebbero vedere i primi segnali della primavera, arriva l’inverno. Tormente di neve da bloccare le strade, scuole chiuse. Di un vecchio uscito di casa e allontanatosi dal sentiero, corre voce che sia morto assiderato. Oggi, con le racchette ai piedi, mi sono incamminata in mezzo alla strada e non vedevo altro che le mie stesse impronte sulla neve. Ma al ritorno dal negozio erano già state completamente cancellate. Succede perché il lago non è ghiacciato come al solito, cosí il vento da ponente solleva moltissima umidità e ce la scarica addosso sotto forma di neve. Sono andata a comprare del caffè e un altro paio di articoli indispensabili. E chi ti incontro al negozio? Tessa Netterby, che non vedevo da forse un anno. Mi sono sentita in colpa per non essere piú andata a trovarla, perché avevo sempre cercato di mantenere una specie di amicizia con lei, dopo che aveva lasciato la scuola. Mi sa che ero l’unica a provarci. Era tutta intabarrata in uno scialle e sembrava uscita da un libro di fiabe. Sproporzionata a guardarsi, in effetti, con quel faccione largo avvolto nella gran matassa di riccioli neri, e le spalle ampie su una statura che non può superare il metro e mezzo. Mi ha semplicemente sorriso, come sempre. Le ho chiesto come stava. A chi la incontra viene spontaneo informarsi per davvero, per via di quel brutto attacco di chissà quale malattia che le ha fatto abbandonare la scuola intorno ai quattordici anni. Ma lo si chiede anche perché non viene in mente altro da dire; Tessa non c’entra niente con il mondo in cui abitiamo tutti quanti noi. Non fa parte di nessuna associazione, non può praticare sport e non ha una normale vita di società. Di gente ne incontra tanta, a modo suo, e non ci fa nulla di sconveniente, però quell’argomento non saprei come affrontarlo, e forse sarebbe a disagio anche lei.
Mr McWilliams era in negozio a dare una mano alla moglie, perché i commessi non erano riusciti ad arrivare. Lui sta sempre a fare battute atroci e ha cominciato a scherzare con Tessa, chiedendole se non aveva avuto sentore che sarebbe arrivata la tormenta e come mai non l’aveva fatto sapere pure a noi, e cosí via, e Mrs McWilliams gli ha detto di piantarla. Tessa si comportava come se non avesse nemmeno sentito e ha ordinato una scatoletta di sardine. All’improvviso mi ha fatto stare malissimo immaginarla a cena, seduta davanti alle sue sardine in scatola. Cosa peraltro poco probabile; chissà poi perché non dovrebbe potersi cucinare un pasto decente come tutti gli altri.
La grossa novità che ho sentito al negozio è che il tetto del Palazzo dei Cavalieri di Pizia è sprofondato. Tanti saluti al nostro palcoscenico per I gondolieri, che doveva andare in scena alla fine di marzo. Il palcoscenico del Municipio non è abbastanza spazioso e il vecchio Teatro dell’Opera è diventato un deposito di casse da morto del Magazzino di Arredamenti Hay. E cosí stasera dovremmo avere le prove, ma non so chi ce la farà a presentarsi né come andrà a finire.
16 marzo. Presa la decisione di accantonare I gondolieri per quest’anno; eravamo sei in tutto alle prove nell’aula di Catechismo, perciò abbiamo lasciato perdere e siamo andati tutti a prendere il caffè a casa di Wilf. Il quale ha anche annunciato la propria decisione di non partecipare piú in futuro, perché lo studio ormai gli dà troppo da fare, perciò ci saremmo dovuti cercare un altro tenore. Sarà un brutto colpo, perché è il migliore di tutti.
Mi fa ancora effetto dare del tu a un medico, anche se ha solo trent’anni. Casa sua una volta apparteneva al dottor Coggan e un mucchio di gente la chiama ancora cosí. Fu costruita apposta come abitazione del medico, con un’ala dell’edificio destinata all’ambulatorio. Wilf però l’ha rimessa tutta a posto, ha fatto abbattere delle pareti, di modo che ora i locali sono molto ampi e luminosi, e Sid Ralston lo prendeva in giro dicendo che la stava preparando in vista di una futura sposa. L’argomento era un po’ delicato, data la presenza di Ginny, ma forse Sid non ne sapeva niente (Ginny ha ricevuto tre proposte. Prima da Wilf Rubstone, poi da Tommy Shuttles e poi anche da Euan McKay. Un medico, un optometrista e un pastore. È vero che ha otto mesi piú di me, ma non credo che riuscirò a mettermi in pari. Secondo me li incoraggia un po’, anche se dice sempre che non capisce come possa succedere, e che ogni volta che le hanno chiesto di sposarla per lei è stato un fulmine a ciel sereno. A mio parere esistono modi per buttare tutto in scherzo e far sapere a chi hai di fronte che un’eventuale proposta non sarebbe gradita, anziché lasciarli procedere fino a rendersi ridicoli).
Se dovessi mai ammalarmi seriamente, spero di avere la forza di distruggere questo diario o almeno di passarlo in rassegna e cancellare tutte le cattiverie che ci sono scritte, in caso dovessi morire.
Ci siamo messi a discutere piuttosto seriamente, chissà perché, e siamo finiti a parlare di quello che avevamo imparato a scuola e di quanto avessimo già dimenticato. Qualcuno ha nominato il Circolo Culturale che una volta avevamo in paese, quello che è stato chiuso dopo la Guerra, quando tutti si sono comprati la macchina e si son messi ad andare al cinema o hanno cominciato a giocare a golf. Che argomenti seri si discutevano allora! «È piú importante la Scienza o la Letteratura nella formazione del carattere dell’individuo?» C’è qualcuno che riesca a immaginare oggi di trovare gente disposta ad ascoltare dibattiti del genere? Ci sentiremmo cretini perfino a stare seduti alla rinfusa in una stanza a parlarne tra noi. A quel punto Ginny ha detto che dovremmo almeno rifondare il Club dei Lettori e questo ci ha portati a elencare i grandi libri che avremmo sempre voluto leggere senza mai riuscirci. I classici delle collane senza tempo che, anno dopo anno, continuano a restarsene in bella vista nelle vetrinette del soggiorno. Perché non Guerra e Pace, ho detto io, ma Ginny ha ribattuto che lei lo aveva già letto. Alla fine siamo arrivati al voto tra la Divina Commedia e il Paradiso Perduto, e ha stravinto la Divina Commedia. Della quale, in effetti, sappiamo che non si tratta di una vera commedia e che fu scritta in italiano, anche se noi ovviamente la leggeremo in inglese. Sid credeva che fosse in latino, e ha detto che di quello, al corso di Miss Hurt, aveva fatto un’indigestione da bastargli per una vita intera, ma noi gli siamo scoppiati a ridere in faccia e allora ha fatto finta di averlo sempre saputo. Comunque, ora che I gondolieri è sospeso, dovremmo riuscire a trovare un po’ di tempo per incontrarci ogni due settimane e incoraggiarci a vicenda.
Wilf ci ha fatto fare il giro della casa. La sala da pranzo è su un lato dell’ingresso e il soggiorno sull’altro, e la cucina ha i mobiletti su misura e il doppio lavello e fornelli elettrici ultramoderni. C’è un nuovo vano lavanderia in fondo all’edificio e un bagno praticissimo e i guardaroba sono grandi come stanze e dotati di specchi a figura intera all’interno delle porte. Parquet di quercia chiara ovunque. Al ritorno mi pareva tutto cosí sacrificato, qui, e il legno alle pareti talmente scuro e fuori moda. Ho affrontato la faccenda con papà a colazione, dicendogli che potremmo farci costruire un solarium davanti alla sala da pranzo per avere almeno una stanza moderna e luminosa (ho scordato di dire che Wilf ne ha aggiunto uno sul lato opposto della casa rispetto all’ambulatorio e che l’effetto è molto equilibrato). Papà ha detto a che diavolo ci serve quando abbiamo già due verande, esposte una a est e l’altra a ovest? Perciò ho capito che non andrò lontano con il mio progetto di ristrutturazione della casa.
1ºaprile. Per prima cosa mi sono alzata e ho fatto uno scherzo a papà. Mi sono precipitata fuori in corridoio urlando che un pipistrello era sceso dal camino della mia stanza e lui è arrivato di corsa dal bagno con le bretelle abbassate e la faccia tutta piena di schiuma da barba e mi ha detto di smetterla di strillare come un’isterica e di andare a prendere la scopa. Gliel’ho portata e mi sono nascosta dietro la scala fingendo di essere terrorizzata, mentre lui menava colpi di qua e di là senza gli occhiali, cercando di scovare il pipistrello. Alla fine mi ha fatto pena e ho gridato: – Pesce d’aprile!
Subito dopo chiama Ginny e mi fa: – Nancy, cosa posso fare? Mi cadono i capelli a ciocche, li ho trovati tutti sul cuscino, i miei bellissimi capelli sparsi dappertutto, e adesso sono mezza pelata, e non potrò mai piú uscire di casa; puoi correre da me e aiutarmi a capire se possiamo farci una parrucca? – E io, molto tranquilla: – Intanto mescola acqua e farina e incomincia a incollarteli di nuovo sulla testa. E poi non è strano che tutto questo succeda proprio il primo di aprile?
E adesso viene la parte che non ho tanta voglia di raccontare.
Sono andata a casa di Wilf senza neppure aspettare la colazione, perché so che esce presto per andare in ospedale. È venuto lui ad aprire, in maniche di camicia e gilet. Non ero passata dallo studio immaginando che fosse ancora chiuso. La vecchia che gli tiene pulita la casa – non so neanche come si chiama – stava trafficando in cucina. Probabilmente sarebbe toccato a lei aprire la porta, ma lui era proprio lí nell’ingresso, pronto a uscire. – Oh, Nancy – ha detto.
Non ho emesso un suono, ho solo assunto un’aria dolente afferrandomi stretta la gola.
– Che ti succede, Nancy?
Un’altra stretta alla gola, un tremendo gracidio e uno scuotere di testa per far intendere che non potevo parlare. Oh, che pena.
– Entra, – fa Wilf, e mi scorta nel corridoio laterale che conduce dalla casa allo studio. Ho visto la vecchia che sbirciava, ma ho fatto finta di niente e proseguito la messinscena.
– Allora, – dice lui, spingendomi a sedere sulla seggiola dell’ambulatorio e accendendo la luce. C’erano ancora gli scuri alle finestre e la stanza odorava di disinfettante o roba simile. Ha estratto uno di quei bastoncini per abbassare la lingua e quell’aggeggio che ha per illuminarti la gola.
– Apri piú che puoi.
E io ubbidisco, ma quando sta per premermi il bastoncino sulla lingua, mi metto a gridare «Pesce d’aprile!»
Neanche il lampo di un sorriso. Ha tirato via il bastoncino e spento la pila senza dire una parola finché non ha spalancato la porta esterna dello studio. A quel punto ha detto: – Si dà il caso che io abbia dei malati veri da visitare, Nancy. Perché non impari a comportarti come una persona della tua età?
E cosí sono sgattaiolata fuori con la coda tra le gambe. Non ho avuto il coraggio di chiedergli perché non poteva accettare uno scherzo. Di sicuro quella ficcanaso che sta in cucina andrà a spifferare a tutto il paese quanto fosse arrabbiato e come mi sia toccato andarmene via mortificata. Mi sono sentita un verme tutto il giorno. E per giunta lo stupido caso ha voluto che sia stata anche male, come se avessi la febbre e un leggero mal di gola, perciò ho passato il tempo seduta in soggiorno con la coperta sulle ginocchia, a leggere l’amico Dante. Domani sera c’è l’incontro del club e dovrei essermi portata molto piú avanti degli altri. Peccato che in testa non mi sia rimasto niente, perché mentre leggevo non facevo che pensare che cretinata ho fatto, e mi pareva di sentirlo ripetermi con quel tono feroce che dovrei comportarmi come una persona della mia età. Ma poi mi ritrovo a litigare con lui nella mente, dicendogli che non c’è niente di terribile a divertirsi un po’ nella vita. Mi pare che suo padre fosse un pastore; sarà per questo? Le famiglie dei pastori si spostano talmente tanto che non avrà mai avuto il tempo di inserirsi in un gruppo di coetanei con cui crescere e scherzare.
Mi sembra di rivederlo, in camicia inamidata e gilet, mentre mi tiene la porta aperta. Alto e affilato come un coltello. I capelli ben spartiti e i ba...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. In fuga
  4. In fuga
  5. Fatalità
  6. Fra poco
  7. Silenzio
  8. Passione
  9. Rimetti a noi i nostri debiti
  10. Scherzi del destino
  11. Poteri
  12. Dello stesso autore
  13. Il libro
  14. L’autore
  15. Copyright