Giocatori
eBook - ePub

Giocatori

  1. 204 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Lyle, agente di cambio, e sua moglie Pammy sembrano una coppia in apparenza soddisfatta e felice. In realtà sono due newyorkesi annoiati dal lavoro e dalla vita coniugale. A loro non basta vivere una sola vita: Pammy parte per il Maine insieme a una coppia di omosessuali e diventa l'amante di uno dei due, mentre Lyle avvia una relazione con una misteriosa segretaria e si ritrova doppio agente tra FBI e una cellula terrorista; si sviluppano cosí, come dice lo stesso autore, «due trame segrete».
Un libro che evoca i rischi di catastrofe annidati nella quotidianità, l'attrazione esercitata dalle organizzazioni segrete e l'incombere di dimensioni tecnologiche che spiazzano la personalità.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2010
Print ISBN
9788806161590
eBook ISBN
9788858403471
Due

1.

Sterzò in una strada senza sbocco. Era una domenica pomeriggio e tutto era tranquillo. Lyle guardò fuori del finestrino, il braccio penzolante oltre la portiera, un surfer di ritorno da una giornata al mare. La donna parcheggiò, spense il motore e rimase dov’era. Lyle aspettò. Solo un marciapiede era lastricato. La casa era un prefabbricato grigio, a due piani, circondata da una siepe sul davanti e con un solo albero. Lei tossicchiò, una banale irritazione, mentre cercava di chinarsi per scendere dall’auto. Si voltò a guardare Lyle che non aveva neppure allungato la mano verso la maniglia.
– Mi sono dimenticata i cereali Cheerios, – disse lei. – Questo scatenerà una piccola crisi la mattina. Dico bene, «scatenerà»?
– Penso di sí, – rispose lui. – Forse non proprio.
Lei prese i sacchetti della spesa dentro la macchina.
– Entro adesso? – chiese lui. – O aspetto qui fuori?
– Oh, penso che tu possa entrare. Adesso, entra senz’altro. Mi sembra la cosa migliore.
Lui sentí le note di un piano provenienti dal retro della casa, un disco, a quanto sembrava, al piano di sopra. La donna, reagendo al suono, accese la radio. Fece un cenno a Lyle che si accomodò in una sedia con enormi braccioli laminati. La donna, Marina Vilar, rimase dietro al tavolinetto della radio allungando la mano per girare la manopola. Fuori della finestra alle spalle di lei, Lyle riusciva a vedere parte di un ponte che doveva essere o il Whitestone o il Throgs Neck. Sapeva di non essere lontano dal confine della contea di Nassau ma non riusciva a ricordare quale fosse il ponte piú a est. La donna trovò quello che cercava, un disk jockey che parlava come una mitraglia, e alzò il volume, tetramente soddisfatta, lo sguardo fisso verso la cima delle scale.
Marina era tozza, quasi informe, con un vestito che pareva di seconda mano. Il suo volto però aveva tratti decisi, un’ossatura forte, che ricordavano il ritratto di una contadina fatto da un pittore comunista, ampi archi e contrasti di luce. Aveva i capelli divisi da una scriminatura nel mezzo e tirati dietro le orecchie. Gli occhi erano intensi e fissi, e difficilmente si abbassavano. Lyle aveva l’impressione che quella donna credesse in una sola cosa, escludendo tutto il resto. Benché non sapesse ancora che cosa fosse quella cosa, era certo che le avesse infuso una particolare forma di purezza, di luce selvaggia.
– Disgraziatamente non hai conosciuto mio fratello. Solo Rosemary vero? Mio fratello ha preparato i missili a Tempelhof. Ha pianificato tutti i minimi particolari.
– Non credo di ricordarlo.
– Hanno colpito l’aereo sbagliato. Hanno preso il DC9. Sono stati proprio stupidi. Si fa un piano con la massima precisione possibile. E cosa succede?
– Quelli partono in quarta e colpiscono l’aereo sbagliato, – disse lui.
La casa era piena di mobili di legno chiaro, di seconda mano, del tipo che si trova nei centri di assistenza sociale. Tutto era coperto di vernice lucida. Marina ripose le provviste e fece qualche telefonata, senza premurarsi di abbassare la radio. Durante la terza telefonata, J. Kinnear scese dabbasso con passo rapido, i piedi divaricati, saltellando ritmicamente nel fare gli ultimi scalini. Un metro e settantacinque o un metro e ottanta, pensò Lyle, identificando un ennesimo indiziato per un qualsiasi tenente della squadra investigativa. Camicia scozzese, calzoni marrone, mocassini marrone, piú vecchio di quanto non sembrasse a prima vista.
– Salve, sono J. Molto piacere. Tu vuoi cambiare campo, è cosí?
Sorrise stringendo la mano di Lyle e strizzandogli quasi l’occhio, e sedette su una pila di guide del telefono, proteso in avanti, le mani allacciate intorno alle ginocchia. I suoi modi facevano pensare che i due fossero compagni di strada i cui cammini si fossero separati solo a causa di orride circostanze. Inoltre era ansioso di conoscere tutta la storia. C’era dello humour nel modo in cui Kinnear costruiva quel senso di adulatoria intimità. Manteneva un certo distacco ma non con l’intento di ingannare. Le mani adesso erano scese alle caviglie e grattavano distrattamente. Marina abbassò il volume della radio e fece un’altra telefonata. La stanza pulsò mentre i due uomini aspettavano che lei ricominciasse a parlare prima di riprendere a loro volta la conversazione. Kinnear aveva uno sguardo che non riusciva mai a essere penetrante. Se mai esisteva un modo di essere scrutati evasivamente, quello era il modo in cui Lyle si sentiva guardato. Capelli castanoruggine. Residui di abbondanti lentiggini. Rughe intorno agli occhi e alla bocca.
– Un uomo che viene addirittura dalla corbeille.
– La corbeille delle corbeille.
– Piacere, molto piacere.
– E ora che succede?
Kinnear rise. Disse che si era recato ripetutamente sulla costa del Pacifico. Disse che le cose cominciavano a farsi interessanti. Lyle ne dedusse che non era il caso di fare domande. La stanza era calda. Aveva voglia di dormire. Non capiva come mai non fosse piú sveglio, piú interessato. Sin dall’inizio, quando Marina Vilar era passata a prenderlo davanti a una libreria della Quarta Avenue e aveva imboccato una strada piuttosto contorta per arrivare al Midtown Tunnel, Lyle non si era sentito completamente coinvolto. In qualche modo, era come se tutto avvenisse al di fuori di lui. Gli scivolava addosso. Una recita. Era un po’ cosí. Spesso, a teatro (ma mai al cinema), provava un senso di noia anche quando sapeva, vedeva e sentiva che lo spettacolo era eccezionale, degno di attenzione totale. Questo torpore nasceva dai corpi tridimensionali, dalle dimensioni dello spazio reale diverso dalle profondità manipolate dello spazio cinematografico. E quindi le cose, qui, avrebbero potuto richiedere un certo tempo prima di arrivare a lui, di lasciare una traccia. Intanto lei lo aveva portato con sé a fare la spesa. Lui l’aveva seguita su e giú per i reparti di un piccolo supermercato di Bayside.
– Ciò che è strano, – disse a Kinnear, – è questo piccolo rovesciamento di ruoli. Io sono un professionista. Uno capitato qui per caso. È il sogno segreto di ogni professionista. Fare una telefonata da una cabina nel cuore della notte. Chiamare una qualsiasi agenzia, un ufficio governativo. «Ho delle informazioni sul tale». O, meglio ancora, che siano loro a venire da te. «Caro signore, lei potrebbe consegnarci una lettera cifrata», se è cosí che vanno queste cose. «Sarebbe disposto a fare da copertura per un addetto al reclutamento, signore». S’immagini quanto sarebbe eccitante per un uomo d’affari o un professore tutto d’un pezzo. Che incredibile avventura. Il fascino del labirinto e delle tattiche intricate. La prospettiva di una doppia vita. «Fantastico, mi arruoli pure. Lo farò». «È ovvio, signore, che lei non potrà dirlo a nessuno, comprese le persone piú vicine e piú care». «Mi piace, mi piace, lo farò». Ma a questo punto che succede, J.? Ecco l’imprevisto. Ecco uno come George Sedbauer, tanto per fare un esempio, e cosa stava combinando il vecchio George, un professionista come il vecchio George? Se la faceva con degli eversivi scatenati, con dei dinamitardi. Faceva affari con l’altro fronte. Un professionista. Cosa è successo ai federali, all’amministrazione, all’agenzia?
Il sorriso di Kinnear si spense col procedere del discorso di Lyle. Il piano smise di suonare. Lui non cambiò espressione; semplicemente il sorriso sparí lasciando la pelle increspata. La donna passò tra di loro per salire al piano di sopra. Ci fu una pausa. Attesero che l’effetto della sua presenza sfumasse, la semplice distrazione del suo corpo che passava.
– La nostra bolletta del telefono è incredibile. E non abbiamo un centesimo.
– Ma uno come Sedbauer coinvolto coi terroristi, questi pazzi sfrenati dal punto di vista della gente normale. Che cosa ti suggerisce, J.?
– Voglio mostrarti una cosa. Sarà la tua iniziazione nel labirinto di cui hai parlato. Ho la pazza idea che una volta che l’avrai vista, sarai con noi. È un’idea quasi mistica.
Kinnear gli fece strada nelle cantine. Dietro la caldaia c’era una porta. Tirò il chiavistello ed entrò nella stanza. Lyle lo vide rimuovere teli sporchi di vernice da un grande tavolo. Sopra e sotto il tavolo c’era un mucchio di armi. Kinnear si pulí le mani impolverate tenendole discoste dal corpo.
– Non so quante munizioni per mitragliatore ci siano.
Adesso si sfregava le mani contro i calzoni, concentrandosi sulla rimozione della polvere. Poi, quando riprese a parlare, alzò gli occhi su Lyle, all’altro capo del tavolo.
– Per ironia della sorte, al momento siamo sprovvisti di fucili mitragliatori. Abbiamo però i soliti fucili a canna mozza, fucili da caccia, pistole. Qualche giubbotto antiproiettile. Alcuni manganelli e caschi dell’antiterrorismo. Esplosivi e componenti per fabbricarli, come ad esempio Pento-Mex, nitrato d’ammonio, varie altre polveri e composti. E, sí, una sveglia, indovina per cosa. Bersagli, portacartucce, proiettili traccianti, un mucchio di batterie da nove volt. Non so quante lattine di Mace e CN.
A quella distanza, con quella luce fioca, sembrava sollecitare qualche domanda, il capo inclinato a indicare una reale aspettativa, una generica determinazione delle distanze. Aveva le mani infilate in tasca, i pollici fuori.
– Ma non dovreste nascondere meglio questa roba?
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– Non c’è ragione per cui questa casa debba sembrare diversa dalla norma.
– E se qualcuno venisse qui per riparare la caldaia?
– Scenderei con lui.
– E tu non ti fai molto scrupolo a mostrare questa roba, vero? Che cosa sai di me, J.?
– Questo è quello che direbbe lei. O suo fratello. Ma io agisco a livello istintivo, del tutto viscerale. Il terrore è purificazione. Quando ti impegni a liberare la società dalle componenti repressive, diventi immediatamente un bersaglio tu stesso, per tutta una serie di persone. Non c’è nessuno che non potrebbe, potenzialmente, farti fuori. Essere uccisi, o traditi, talvolta diventa l’obiettivo stesso. Da quanto so di te, Lyle, direi che sei il successore di George Sedbauer. Questo mi è chiaro. La differenza: George non sapeva per chi lavorava. George credeva che noi fossimo coinvolti tra virgolette in spionaggio industriale ad alto livello. Gli abbiamo fatto credere che rappresentavamo giri internazionali di banchieri e compagnie di trasporti. Lui ha fotocopiato tutta una serie di oscuri documenti conservati negli archivi della sua azienda e ci ha detto tutto quello che sapeva sulla Borsa stessa. Pensava che Vilar fosse il collegamento per un qualche cartello segreto di banche. Non gli era mai venuto in mente, sino all’ultimo momento credo, che Vilar volesse far saltare la Borsa.
– Bum.
– Vilar, per i miei gusti, aveva un po’ la bomba facile. Ma tant’è. E George, nel frattempo, stava logorando la fotocopiatrice.
– Senza sapere nulla.
– George mi era simpatico. Andavamo d’accordo. Era un tipo interessante. Facevamo delle belle chiacchierate.
– Cosa ne hai fatto del materiale che ha fotocopiato?
– Era roba inutile.
– Un sacco di cartaccia.
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– Guarda qui, – disse Kinnear. – Scudi antisommossa, gas lacrimogeno, tutta quella roba per il controllo della folla degli anni Sessanta. Tutte queste cose. Tutta roba da museo. A parte gli esplosivi, non credo che funzioni piú niente. Forse questi composti chimici hanno una mezza vita che si è esaurita dieci minuti fa. Ma guarda questa roba. Chiaramente rubata da qualche deposito di armi della Guardia nazionale in una notte di primavera. Pura nostalgia, Lyle. Ma volevo che la vedessi. Immagino che una raccolta di armi abbia una complessa dimensione emotiva per uno nella tua posizione. È un arsenale, dopotutto. È giusto che tu conosca la natura del gioco.
Sistemò uno dei bersagli contro il muro. Estrasse di tasca il fazzoletto, spolverò il fondo di una cassetta per contenitori di latte rovesciata e sedette di fronte al bersaglio. Passò ripetutamente il dito sul volto della sagoma. Puro intrattenimento, pensò Lyle. Un po’ di spettacolo.
– C’è questa incertezza sulle fonti e sugli obiettivi ultimi, – disse Kinnear. – È ovunque, vero? Hai ragione a parlare di labirinti. Tecniche intricate. Il grosso problema del nostro passato come nazione è stato il fatto di non aver riconosciuto nel governo quella forza totalmente vincolante che in realtà era. Erano ancor piú diabolici di quanto immaginassimo. Piú diabolici e assai piú interessanti. Assassini, ricatti, torture, enormi intrighi improbabili. Tutti questi raggiri e legami. I vari episodi a sfondo sessuale. Tremendamente interessante, tutto questo. Cineprese, microfoni e via dicendo. Credevamo che bombardassero villaggi, uccidessero bambini in nome della tecnologia, in modo che potessero ritrovare un equilibrio, e per certe astrazioni. Non abbiamo mai pensato che fossero responsabili del resto. Dietro ogni fatto nudo e crudo troviamo strati e strati di ambiguità. Questo è del tutto estraneo allo spirito democratico. C’è da stupirsi che riescano a sopravvivere. Questa nebbia di cospirazioni e di interpretazioni molteplici. Ecco che ne è della grande e illuminante immagine del governo federale.
Distolse gli occhi dal bersaglio per guardare Lyle che era all’altro capo del tavolo.
– Cos’è successo in realtà? – disse Kinnear. – Chi ha ordinato le intercettazioni telefoniche? Perché i documenti sono stati distrutti e cosa contenevano? Perché i risultati di questa autopsia sono diversi da quelli dell’altra? Era una sola pallottola o ce n’erano altre? Chi ha cancellato i nastri? E la morte del tizio è stata una disgrazia o un omicidio? Come mai c’è stato un coinvolgimento del crimine organizzato... Chi l’ha favorito? Quanto sono coinvolte le grandi società in questo o in quel mistero, in questo o quel reato, in questi omicidi, in questi programmi di tortura sistematica? Chi ha ordinato questi massicci programmi di sorveglianza? Chi ha scritto le lettere anonime? Come mai sono spariti i testimoni? Dove sono gli archivi? Dove sono i frammenti di pallottole mancanti? Quest’indiziato lavorava per i servizi segreti o no? Come mai c’è una cosí grande discrepanza tra i resoconti di questi quattro testimoni? Cos’è successo quel giorno nella corbeille, Lyle?
– Pensavo di chiederlo a te, prima o poi.
– Non c’ero, – disse J. – Tu eri presente. Io non sapevo neppure che doveva succedere. Hanno agito di loro iniziativa. Un’azione concordata in famiglia.
– Tu vuoi sapere che cosa è successo.
– Cos’è successo, Lyle? Quanti colpi sono stati sparati? Chi ha sparato? Una o piú persone? Hai visto una pistola? Che aspetto avevano l’indiziato o gli indiziati?
Kinnear fece una pausa e assunse un tono avvocatesco per concludere.
– Quando i governi diventano troppo interessanti, la fine è in vista. Le premesse del crollo non sono nelle loro trasgressioni, ovviamente, bensí nel materiale che filtra da queste infrazioni, a volte sinistro e crudele, a volte ridicolo. I governi non devono essere cosí interessanti. Disturba la politica. Direi quasi che hanno avuto troppa immaginazione. Ma non è esattamente cosí, vero?
– Fantasie.
– Hanno fatto troppe fantasie. Giusto. Ma, in ultima analisi, erano le nostre fantasie, no? L’intera gamma. I nostri leader le hanno semplicemente realizzate. I rappresentanti da noi eletti. È quindi giusto, giustissimo, e noi siamo stati ciechi a non prevederlo. Dovevamo solo renderci conto dei nostri stessi sogni.
– Dovresti dire queste cose in un giro di conferenze, – disse Lyle. – Pagano bene.
– Ho l’i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Il film
  5. Uno
  6. Due
  7. Il motel
  8. Indice