Agatha Christie
L’avventura del dolce di Natale
L’avventura del dolce di Natale è un piacere che mi sono concessa perché mi ricorda in modo assai gradevole i Natali della mia giovinezza. Dopo la morte di mio padre, mia madre e io passavamo sempre il Natale con la famiglia di mio cognato nel nord dell’Inghilterra – e che memorabili Natali erano quelli per un bambino! Ad Abney Hall non mancava nulla! Il giardino vantava una cascata, un torrente e una galleria sotto il viale. Il pranzo di Natale era pantagruelico. Io ero una ragazzina magra e dall’aspetto delicato, ma in realtà avevo una salute di ferro e un perenne appetito. I ragazzi della famiglia e io eravamo soliti sfidarci a chi sarebbe riuscito a mangiare di piú il giorno di Natale. La zuppa di ostriche e il rombo venivano fatti sparire con straordinario entusiasmo, ma poi arrivavano in tavola il tacchino arrosto, il tacchino bollito e un’enorme lombata di manzo. I ragazzi e io ci servivamo due volte di tutti e tre i piatti! Poi mangiavamo il dolce di Natale, i pasticcini di frutta secca, la zuppa inglese e ogni genere di dolciumi. Nel corso del pomeriggio divoravamo cioccolata senza interruzione. E non ci sentimmo mai male! Che bello avere undici anni ed essere golosi!
Che giornata deliziosa cominciava, da quando eravamo ancora a letto con le calze piene di sorprese, e poi la Chiesa e tutti gli inni, il cenone di Natale, i Regali e alla fine l’accensione delle luci dell’albero.
Ho una profonda gratitudine per la gentile e ospitale padrona di casa che deve aver faticato moltissimo per rendere il giorno di Natale cosà memorabile ancora adesso, alla mia tarda età .
Per cui permettetemi di dedicare questo racconto alla memoria di Abney Hall, alla sua gentilezza e ospitalità .
E buon Natale a tutti i lettori.
– Sono estremamente spiacente... – disse Hercule Poirot.
Venne interrotto. Non in modo scortese. L’interruzione fu delicata, abile, volta a convincere piuttosto che a contraddire. – La prego, non rifiuti senza neppure pensarci, monsieur Poirot. Lo Stato si trova in gravi difficoltà . La sua collaborazione sarà molto apprezzata in alto loco.
– Lei è troppo gentile –. Hercule Poirot agitò una mano. – Ma non posso veramente impegnarmi in quanto mi chiede. In questa stagione dell’anno...
Mr Jesmond lo interruppe di nuovo. – Natale! – disse in tono persuasivo. – Un Natale tradizionale, all’antica, nella campagna inglese.
Hercule Poirot rabbrividÃ. L’idea della campagna inglese in quella stagione dell’anno non lo attraeva affatto.
– Un bel Natale all’antica! – sottolineò Mr Jesmond con enfasi.
– Io... io non sono inglese, – spiegò Hercule Poirot. – Al mio paese, Natale è per i bambini. Noi festeggiamo l’Anno Nuovo.
– Ah! – esclamò Mr Jesmond. – Ma in Inghilterra il Natale è una tradizione importante, e le assicuro che lo vedrebbe nel modo migliore a Kings Lacey. È una vecchia, magnifica casa, sa? Si figuri che un’ala risale al quattordicesimo secolo.
Poirot rabbrividà di nuovo. Il pensiero di una dimora inglese di campagna che risaliva al quattordicesimo secolo lo riempiva di apprensione. Troppe volte storiche case inglesi di campagna erano state teatro delle sue sofferenze. Guardò con apprezzamento il suo confortevole appartamento moderno, con i caloriferi e con gli ultimissimi ritrovati della tecnica per eliminare qualsiasi tipo di corrente d’aria.
– Durante l’inverno, – dichiarò con fermezza, – non mi muovo da Londra.
– Non credo che lei si renda conto, monsieur Poirot, quanto grave sia la faccenda –. Mr Jesmond rivolse lo sguardo alla persona che lo accompagnava, poi lo riportò di nuovo su Poirot.
Fino a quel momento il secondo visitatore non aveva detto altro che un formale ed educato «Come sta». Ora era seduto, con gli occhi fissi sulle scarpe accuratamente lucidate e un’espressione di estremo avvilimento sul volto color caffè. Era un giovane uomo che non doveva avere piú di ventitre anni, e si trovava chiaramente in uno stato di assoluta infelicità .
– SÃ, sÃ, – disse Hercule Poirot. – Certo la faccenda è grave. Lo capisco. Sua Altezza ha tutta la mia piú sentita comprensione.
– La situazione è della massima delicatezza, – affermò Mr Jesmond.
Poirot spostò lo sguardo dal giovane al suo compagno piú anziano. Volendo riassumere Mr Jesmond in una sola parola, questa sarebbe stata «discrezione». Tutto in Mr Jesmond era discreto. Gli abiti di buon taglio ma non vistosi, la voce piacevole e beneducata che raramente si alzava da una pacata monotonia, i capelli castano chiaro che andavano diradandosi un poco sulle tempie, il volto pallido e serio. Hercule Poirot aveva la sensazione di avere conosciuto non uno, ma una dozzina di Mr Jesmond nella sua vita, e sapeva che tutti, presto o tardi, usavano la frase: «Una situazione della massima delicatezza».
– La polizia, – disse Hercule Poirot, – sa essere molto discreta, sa.
Mr Jesmond scosse il capo con fermezza.
– La polizia, no, – disse. – Rientrare in possesso di... ehm... ciò che vogliamo recuperare implicherà quasi inevitabilmente la necessità di procedere per vie legali, e noi sappiamo tanto poco! Sospettiamo, ma non sappiamo.
– Avete tutta la mia comprensione, – ripeté Poirot.
Ma se immaginava che la sua comprensione potesse avere un qualsiasi significato per i due ospiti, si sbagliava. Non volevano la sua comprensione, volevano un aiuto concreto. Mr Jesmond ricominciò a parlare delle delizie del Natale inglese.
– Sta scomparendo, sa, – disse, – il vero Natale all’antica. La gente ormai lo trascorre negli alberghi. Ma un Natale inglese con tutta la famiglia riunita, i bambini, i regali nella calza, l’albero, il tacchino e il dolce tradizionale, i fuochi d’artificio, il pupazzo di neve fuori della finestra...
Per amor di precisione, Hercule Poirot intervenne.
– Per fare un pupazzo di neve bisogna avere la neve, – osservò con severità . – E la neve non si può avere su ordinazione, nemmeno per un Natale inglese.
– Proprio oggi stavo parlando con un mio amico, che lavora all’ufficio meteorologico, – dichiarò Mr Jesmond, – e lui mi ha assicurato che con grande probabilità per Natale la neve ci sarà .
Era la cosa sbagliata da dire. Hercule Poirot rabbrividà ancora piú violentemente.
– Neve in campagna! – sobbalzò. – Sarebbe ancora piú terribile. Una grande, fredda casa di pietra.
– Niente affatto, – replicò Mr Jesmond. – Le cose sono molto cambiate negli ultimi dieci anni. Riscaldamento centrale a gasolio.
– Hanno il riscaldamento centrale a gasolio a Kings Lacey? – chiese Poirot. Per la prima volta sembrò indeciso.
Mr Jesmond colse la palla al balzo. – Proprio cosÃ, – disse. – E un magnifico impianto di acqua calda. Caloriferi in tutte le stanze da letto. Le assicuro, mio caro monsieur Poirot, Kings Lacey è la comodità fatta e finita durante l’inverno. Potrebbe trovare la casa fin troppo calda.
– Questo è del tutto improbabile, – disse Hercule Poirot.
Con l’abilità dovuta all’esperienza, Mr Jesmond spostò la conversazione su un altro argomento.
– Può comprendere il tremendo dilemma in cui ci troviamo, – disse in tono confidenziale.
Hercule Poirot annuÃ. Il problema, in effetti, non era gradevole. Un futuro giovane sovrano, figlio unico del capo di un importante e ricco stato orientale, era arrivato a Londra da qualche settimana. Il paese stava attraversando un periodo di malcontento e di irrequietezza. Per quanto fedele al padre, il cui modo di vita era rimasto fermamente orientale, l’opinione pubblica aveva qualche dubbio sul giovane erede, le cui follie, di tipo prettamente occidentale, venivano considerate con disapprovazione.
Tuttavia, da poco era stato annunciato ufficialmente il suo fidanzamento. Doveva sposare una cugina, una giovane che, pur avendo studiato a Cambridge, si guardava bene dal manifestare nel proprio paese qualsiasi propensione alle mode occidentali. Il giorno delle nozze era già stato annunciato e il giovane principe aveva fatto un viaggio in Inghilterra, portando con sé alcuni dei famosi gioielli della famiglia, per farli montare in stile piú moderno da Cartier. Tra questi, un celebre rubino, che era stato tolto dalla pesante collana di foggia antiquata in cui era incastonato e per il quale i noti gioiellieri francesi avevano creato una nuova montatura. E fin qui, tutto bene, ma poi era sorto il problema. Era immaginabile che un giovanotto tanto ricco e con gusti tanto conviviali potesse commettere qualche piacevole follia. E nessuno lo avrebbe biasimato. Si dava per scontato, infatti, che i giovani principi si divertano spesso in questo modo. Che il principe portasse l’amichetta del momento a fare due passi per Bond Street e le offrisse un bracciale di smeraldi o una spilla di diamanti come ricompensa per le ore piacevoli che gli aveva concesso sarebbe stato considerato del tutto naturale e accettabile. Equivalente, in un certo qual modo, alle Cadillac che suo padre offriva invariabilmente alla danzatrice favorita del momento.
Ma il principe era stato assai piú indiscreto. Lusingato dall’interesse della giovane amica, le aveva mostrato il famoso rubino nella sua nuova montatura e, da ultimo, era stato tanto imprudente da acconsentire alla richiesta di lei di indossarlo – per una sola sera!
Il seguito era breve e triste. Durante la cena la signorina si era allontanata per incipriarsi il naso. Il tempo era passato. Lei non era tornata. Era uscita dal locale da un’altra porta, e da quel momento era svanita nel nulla. La cosa importante e spiacevole era che con lei era scomparso anche il rubino nella sua nuova montatura.
Erano fatti che non potevano essere resi di pubblico dominio senza conseguenze terribili. Il rubino era qualcosa di piú di un semplice rubino, era una proprietà storica di grande significato, e le circostanze in cui era scomparso erano tali che qualsiasi indebita pubblicità al riguardo avrebbe potuto provocare gravissime conseguenze politiche.
Mr Jesmond non era uomo da esporre i fatti con un linguaggio semplice. Li avvolgeva, in effetti, in una grande profusione di parole. Chi fosse esattamente Mr Jesmond, Hercule Poirot non sapeva. Nel corso della sua carriera ne aveva conosciuti molti di tipi come Jesmond. Non era stato specificato se appartenesse al ministero dell’Interno o a quello degli Esteri o a qualche branca piú discreta dei servizi governativi. Agiva, comunque, nell’interesse del Commonwealth. Il rubino doveva essere recuperato.
Monsieur Poirot, insisteva delicatamente Mr Jesmond, era l’unica persona in grado di riuscire a trovarlo.
– Forse... sÃ, – ammise Hercule Poirot, – ma lei è in grado di dirmi troppo poco. Accenni vaghi, sospetti; non è molto su cui basarsi.
– Via, monsieur Poirot, certo non è cosa superiore alle sue capacità . Andiamo.
– Non ho sempre successo.
Ma era solo falsa modestia. Dal tono di voce di Poirot, infatti, era chiaro che per lui assumere un incarico era praticamente sinonimo di portarlo a buon fine.
– Sua Altezza è molto giovane, – disse Mr Jesmond. – Sarebbe triste se tutta la sua vita dovesse essere distrutta a causa di una sciocchezza giovanile.
Poirot guardò con occhi gentili il giovane avvilito di fronte a lui.
– Quando si è giovani è il momento di fare follie, – disse in tono d’incoraggiamento, – e per un giovanotto qualsiasi non è una cosa grave. Il buon papà che paga, il bravo avvocato di famiglia che aiuta a districarsi dallo sgradevole incidente, il giovanotto che impara grazie all’esperienza fatta, e tutto finisce per il meglio. In una posizione come la sua, invece, è davvero molto difficile. Il suo imminente matrimonio...
– Ecco, proprio questo... – Per la prima volta il giovanotto prese la parola: – Vede, la mia fidanzata è molto, molto seria. Prende la vita con serietà . A Cambridge le hanno inculcato tanti seri ideali. Al mio paese ci deve essere l’istruzione. Si devono creare scuole. Ci devono essere molte cose. Tutto in nome del progresso, capisce? Della democrazia. Dice che non sarà come era ai tempi di mio padre. Naturalmente, lei sa che io mi prendo qualche libertà a Londra, ma niente scandali. No! è lo scandalo che conta. Vede, questo rubino è famosissimo. Ha una lunga storia alle spalle. Molto spargimento di sangue... molti morti.
– Morti! – esclamò pensoso Hercule Poirot. Guardò Mr Jesmond. – C’è da sperare che non si debba arrivare a questo, no?
Mr Jesmond fece uno strano suono, come una gallina che ha deciso di deporre l’uovo e poi ci ha ripensato.
– No, no, davvero, – disse in tono piuttosto sostenuto. – Non c’è alcun motivo, ne sono certo, di pensare a nulla di quel genere.
– Non si può mai esserne certi, – disse Poirot. – A prescindere da chi si sia impossessato del rubino, potrebbero esserci altri che desiderano entrarne in possesso, e non si faranno tanti scrupoli, amico mio.
– Non penso davvero, – disse Mr Jesmond, in tono piú sostenuto che mai, – che sia il caso di formulare previsioni di questo genere. Del tutto inutili.
– Io, – ribatté Hercule Poirot, diventando di colpo molto straniero, – prendo in considerazione tutte le strade, come gli uomini politici.
Mr Jesmond lo guardò con espressione dubbiosa. Riprendendo il controllo di sé, disse: – Bene, posso ritenere che tutto sia deciso, allora, monsieur Poirot? Andrà a Kings Lacey?
– E come spiegherò la mia presenza l� – chiese Hercule Poirot.
Mr Jesmond fece un sorriso sicuro di sé.
– Questo, credo, si può risolvere con estrema facilità . Le assicuro che risulterà del tutto normale. Troverà la famiglia Lacey deliziosa. Gente piacevolissima.
– E lei non mi ha ingannato sul riscaldamento centrale?
– No, no. Davvero –. Mr Jesmond sembrava sinceramente addolorato. – Le assicuro che troverà ogni comodità .
– Tout confort moderne, – mormorò tra sé Hercule Poirot, in tono rievocativo. – Eh bien, accetto.
La temperatura nella lunga stanza di soggiorno di Kings Lacey era confortevolmente di venti gradi, mentre Hercule Poirot sedeva a chiacchierare con Mrs Lacey accanto a una delle grandi finestre a piú luci. La signora stava cucendo. Non era intenta a fare del petit point, o a ricamare fiori su seta; al c...