
eBook - ePub
La vergine nel giardino
- 512 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
La vergine nel giardino
Informazioni su questo libro
Primo romanzo del «quartetto» che ha per protagonista Frederica Potter, La vergine nel giardino è un libro sull'adolescenza, sull'età delle sperimentazioni e delle prime scelte decisive.
È anche una meditazione sul desiderio: amoroso, intellettuale e sessuale. La giovane protagonista, con la sua intraprendenza imbarazzante per l'Inghilterra degli anni Cinquanta, anticipa fin da questo libro i passi difficili della donna che sarà , e che i lettori hanno conosciuto nella Torre di Babele.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La vergine nel giardino di A. S. Byatt, Anna Nadotti, Giovanna Iorio Bates, Anna Nadotti,Giovanna Iorio Bates in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788806171131eBook ISBN
9788858408735Parte terza
Redit et Virgo
Capitolo trentaduesimo
Saturnali
I giardini di Long Royston pullulavano di voci e corpi, portantine dorate e riflettori dai cavi sinuosi. Le stanze da letto, gli androni del piano superiore dove un tempo avevano dormito eserciti invisibili di servitú, erano ora abitati da attori, tecnici, trovarobe e sfaccendati. Da Calverley, York, Scarborough e altri luoghi ai quattro punti cardinali, fino al mare, arrivavano di continuo corriere e furgoni carichi di comitive, orchestre, ballerini e infine spettatori. Quelle schiere erano state convocate da Matthew Crowe, che, in piedi nel salone, ne programmava gli spostamenti nel tempo e nello spazio su mappe topografiche e calendari. Era un mago con lucide bandierine multicolori. Tracciava i movimenti dei personaggi con inchiostri di colore diverso, verde smeraldo, blu oltremare, rosso vermiglio, su grandi fogli di carta millimetrata, che illustrava servendosi di una bacchetta che Alexander aveva preso in prestito al college. Indicava anche i percorsi che attraversavano i suoi domini: il giardino del diletto, il giardino d’inverno, il giardino delle erbe aromatiche, il giardino d’acqua, l’antico labirinto, detto romano, ma in realtà molto anteriore. Ne aveva fatto rilevare il tracciato da un elicottero e l’aveva ripristinato con sabbia e piccole siepi di bosso.
I furgoni scaricavano ceste di rose di carta e casse di roncole e spadini, che venivano sistemati nelle stalle e nei retrocucina in disuso. Giunsero con molto anticipo una grande quantità di birra e una quantità piú ridotta di champagne. Suoni e strane arie si levavano da radure nascoste e boschetti. Nel giardino delle rose un tenore leggero ripeteva il rassicurante annuncio che in quel luogo non dimoravano serpenti, né orsi feroci. Nell’orto una voce spagnola scagliava anatemi incespicando nelle sibilanti. Ninfe e pastori eseguivano accaldati girotondi sui prati fuori dal muro di cinta.
Crowe disse a Marina Yeo – che dormiva sotto il copriletto decorato di mezzelune, sotto l’affresco di Cinzia che scende dai cieli – che l’allestimento del dramma andava assumendo le proporzioni di un avvenimento di stato dei tempi della vergine sovrana. La signorina Yeo, scrutandolo regalmente mentre sorseggiava champagne in terrazza nella sera dorata, insinuò che fin dall’inizio fosse quella la sua intenzione. Crowe ammise di amare le occasioni. – I fuochi d’artificio arrivano domani. Uscirò di scena con un botto e senza recriminare, prima che gli studenti si scatenino a calpestare i miei prati. Mi piace vedere moltissima gente riunita nello stesso posto a fare quel che io chiamo arte, non quello che loro chiamano vita –. La signorina Yeo notò che di tutti quelli che arrivavano, sembrava che nessuno se ne andasse mai, e in effetti era una caratteristica di quei mesi di luglio e agosto, febbrili eppure limpidi. Il sole brillava, e quelli che dovevano provare provavano, e quelli che non lo facevano restavano comunque lÃ, a fare picnic sull’erba e sui gradini di pietra, a cambiare scenari, piantare chiodi, dormire, fare da spettatori, litigare, bere, fare l’amore.
Un pomeriggio Alexander si fermò nei pressi di un giardino d’inverno dal quale giungevano risa e strilli piuttosto forzati. Dall’esterno non si vedeva niente per via delle fitte siepi lucenti che proteggevano il luogo dai venti invernali. All’ingresso, un angusto passaggio, c’era un putto di pietra su un plinto dorico, a cui si appoggiava, con un braccio bruno attorno alle ruvide natiche grigie, Edmund Wilkie, in camicia militare azzurro cielo e occhiali azzurro cielo su calzoncini attillati. Sorrise ad Alexander e disse: – Il genio alla porta del giardino, – una frase che sulle prime Alexander interpretò come una sorta di complimento, finché non gli venne in mente che forse Wilkie parlava di sé.
Wilkie proseguÃ: – Ben ha non pochi problemi a cavare qualcosa da quei tre. Quella ragazza ha bisogno di qualche sculacciata o pizzicotto sul sedere. Forse dovrei pensarci io. O tu.
– Non che ci sia molto da pizzicare, – disse Alexander, assumendo a sua volta, per cosà dire, un ruolo di guardone sull’altro lato dell’ingresso: – E non sento alcun bisogno di pizzicare quello che c’è.
– No? – disse Wilkie. – Neppure per amore dell’arte?
– No, – disse Alexander. Gli era quasi impossibile, osservando il paffuto Wilkie in quella parodia alla Hilliard, non assumere anche lui una posa. Questa consapevolezza lo indusse a una spiacevole rigidità da sentinella, e a riflettere che il sedere di Wilkie, in una decina d’anni, avrebbe raggiunto la steatopigia. Si accorse che le morbide dita di Wilkie accarezzavano il piccolo pene turgido e i testicoli del putto. Rivolse la sua attenzione a ciò che stava succedendo nel giardino.
La prima scena importante di Elisabetta, la prima scena importante di Alexander, la prima scena importante di Frederica, era quella dove la principessa corre qua e là nel frutteto, inseguita da quel satiro appassionato e scaltro di Thomas Seymour e dalla matrigna Catherine Parr, che insieme le tagliano le vesti in mille brandelli, ridendo senza freno. Alexander aveva usato la scena per suggerire – con delicatezza, sperava – le contraddizioni sessuali della sua eroina cosà come lui le vedeva: la spietata civetteria, la paura paralizzante, il desiderio di potere, il senso di solitudine. In quella scena la principessa dava voce a un terrore evocato spesso nel dramma, ma in seguito mai piú esplicitato, poiché Alexander aveva intelligentemente deciso di non ripetersi. Fino a quel momento, durante la prova, non si era ancora udita una sola parola del testo. Lodge stava cercando di insegnare ai suoi attori, che erano allievi lenti, a urlare, ridere e correre. Thomas Seymour era interpretato da Sidney Gorman, un bibliotecario dall’aspetto piuttosto brutale che presentava, come Frederica, una considerevole somiglianza fisica con il suo prototipo. Catherine Parr sembrava piú la comare di Bath dei Racconti di Canterbury, che una regina puritana e malinconicamente appassionata. Era la moglie di un avvocato e per anni aveva interpretato personaggi materni nella locale filodrammatica.
– Correte, – stava dicendo Lodge. – Correte, per l’amor del cielo, metteteci un po’ di convinzione.
C’era una fontanella al centro del giardino d’inverno, in cui l’acqua gocciolava da una conchiglia rovesciata sorretta da una sirena con la coda avvolta a spirale e un sorrisetto malizioso. Frederica prese a girarle intorno, seguita da Gorman, seguito da Joanne Plummer. Scrollò la testa con aria disperata e si mise una mano sul fianco in un atteggiamento goffo e innaturale. Bloccandosi teatralmente, lanciò uno sguardo provocatorio ai suoi inseguitori, che erano molto vicini ed evitarono a stento di caderle addosso. Lodge strillò: – No, no! – Poi disse: – Durante le audizioni avevi un curioso fascino sexy. Che fine ha fatto? – Gorman, strofinandosi lo stinco che aveva urtato contro il bordo della fontana, la guardò ostentando incredulità . Wilkie disse ad Alexander: – È quando parla che è sexy, per quel che ho visto –. Frederica chiese a Lodge se poteva ripetere il suo discorso.
Era furibonda per la propria inettitudine nel movimento. Combattuta tra arroganza e sottomissione infantile, aveva immaginato di arrivare alle prove e asserire la sua naturale superiorità come attrice, come regina, facendosi materia malleabile e inerte in cui un impresario avrebbe infuso il soffio vitale per farle assumere la forma desiderata. Non sapeva, ora, se mettersi in mostra oppure eseguire come una marionetta i movimenti che le venivano dettati. Odiava Lodge perché non le spiegava come correre, e si sentiva umiliata perché non si accorgeva che non ne aveva la capacità naturale. Gorman e Joanne Plummer non li prendeva nemmeno in considerazione. Fisicamente li trovava sgradevoli, e la sua antipatia era piuttosto evidente agli occhi di Lodge, abituato ad alchimie del genere. Se n’era accorto anche Wilkie, e ne era divertito. Quando parlava a Gorman e Plummer, Frederica non incrociava mai il loro sguardo, un atteggiamento che da un lato si addiceva al personaggio, ma dall’altro era distruttivo perché rendeva tutti piú goffi e insicuri.
– Ripetine una parte, se vuoi. Il passo di Tom Seymour sulle fiamme e la panna. Cerca di ricordarti che stai giocando la carta della seduzione regale, e sei terrorizzata dalla possibilità di fallire. Pensa alla nota beffarda usata da Marina nella scena del masque, la grande rappresentazione di corte. Cerca di farne una parodia un po’ gustosa. Marina ha indovinato il tono giusto. E quando lui si getta su di te, scappa, per favore. Scappa, voltati indietro, riprendi a correre. Ricorda che una parte di te vuole essere presa. Lasciati buttare a terra, non buttartici tu. Ok? Attenta allo stagno. Le piante acquatiche lasciamole dove sono. Quello che voglio è un gioco scatenato. Questa scena è centrale, capisci – si formalizzerà in una specie di elegante e coreografico inseguimento nella grande scena del masque. Invece voi tre dovete saltarvi addosso e scatenarvi. Intesi?
Non che a Frederica mancasse l’intelligenza necessaria a capire ciò che occorreva fare. Semplicemente, non possedeva abbastanza inventiva corporea. La voce di Lodge era al contempo carezzevole e minacciosa. Molte attrici, inclusa Marina Yeo, si sentivano titillare capezzoli e vagina da quelle minacce vellutate. Frederica era fredda, intellettualmente ansiosa. Gorman le afferrò le spalle e ricominciò: – Vedi, piccola leonessa, piccola rosa spinosa… – puzzava di birra e sottaceti. Frederica arricciò il naso aquilino. I piccoli seni si inturgidirono, non per l’eccitazione, ma per la sofferenza e l’inettitudine.
– Non pensi che dovremmo smettere di stare a guardare di nascosto e mescolarci al pubblico? – disse Wilkie.
– Peggioreremmo le cose.
– Sciocchezze. Tu risvegli il pavone primordiale in quella vergine dolorosa.
– Non ho chiesto io a Ben di scritturarla.
– Piantala. Sai che lei sa cosa tu vuoi. E sai anche che muore dalla voglia di farti contento –. Diede un’ultima palpatina ai testicoli marmorei del putto: – Andiamo signore, si renda utile.
Sedettero su una panchina di pietra, a una certa distanza da Lodge, che appariva scoraggiato. Frederica, ancora piú tesa, pronunciò qualche vigorosa battuta, inciampando nelle parole e recuperando dignità con fierezza e tensione drammatica, forse per deliberata bravura, forse per la consapevolezza della presenza di Alexander. Lodge raddrizzò la schiena. Gorman si fece avanti con aria servile e poco convinta. Lodge saltò in piedi con un ruggito. Wilkie si lasciò sfuggire una risata. Frederica, avvampando per l’imbarazzo, la rosa bianca e rossa che le squartava il viso, inciampò nel bordo della fontana e cadde, si rialzò con una caviglia che sanguinava abbondantemente. Lodge invocò un fazzoletto pulito, e tra tutti i fazzoletti offerti dai presenti il piú pulito era inevitabilmente quello di Alexander, che si inginocchiò per fasciare con cura la gamba sottile e coperta di polvere.
– Non so muovermi, sono una frana. Ti ho deluso.
– Imparerai.
– Non lo pensi sul serio. Non l’hai mai pensato. Avevi dannatamente ragione –. Alexander si asciugò con rassegnazione le dita sporche di sangue sul fazzoletto immacolato.
– Invece lo pensavo, – mentÃ, – e lo penso tuttora. Ti faciliterebbe le cose indossare una gonna lunga? – Nelle recite scolastiche aveva scoperto che spesso quell’espediente aiutava i ragazzi.
– Forse.
– Si può fare. Proviamo?
Frederica ingoiò una lacrima, per la gentilezza di Alexander, per la propria umiliazione. Alexander parlò a Lodge, che parlò a qualcun altro, che si procurò una sorta di sottoveste di carta inamidata e, dopo qualche discussione, armò Joanne Plummer con i forbicioni da sarto della costumista. Alexander, con qualche spilla da balia, fissò la carta ondeggiante alla maglietta sportiva di Frederica. Lodge fece loro ripetere la scena. Parecchi attori pronti a provare la scena successiva, che comprendeva la rappresentazione di corte, si avvicinarono per dare un’occhiata. C’erano anche Jennifer e Matthew Crowe, che era riuscito a farsi assegnare la parte di Francis Bacon e indossava una toga di velluto con il collo di pelliccia.
Questa volta la scena andò meglio. La rabbia, il tocco di Alexander, l’aver colto di sfuggita la spalla nuda e abbronzata e i capelli vaporosi di Jenny, conferirono una notevole vitalità agli ambigui inviti e rimproveri di Frederica. La sottoveste le permise di tenere occupate le mani. Joanne Plummer, di propria iniziativa, posò un palmo moderatore sull’esile spalla della ragazza, e Frederica sobbalzò con regale verosimiglianza, rivolgendo un burlesco rimprovero allo spazio vuoto tra Sid Gorman e Alexander Wedderburn. – Non sono adusa ad esser cosà usata, – disse, e la sua voce ritrovò finalmente quella combinazione di distaccata impazienza e involontaria lascivia che aveva conquistato Lodge durante il provino. Gorman fu davvero provocato ad aggredirla; atterrò la ragazza senza tanti complimenti, una sorta di placcaggio, e Joanne Plummer, eccitata dalle forbici che brandiva sopra la testa, cominciò a ridere e tagliare e ridere e tagliare con autentica isteria, agitando nell’aria il suo strumento tra una sforbiciata e l’altra, mentre Gorman strappava con un certo compiacimento la carta tra le gambe di Frederica. Brandelli e strisce fluttuanti di carta si posavano, come petali, sull’acqua dello stagno e sull’erba: Frederica si divincolò, premendosi la gonna sull’inguine e scandendo violentemente, rabbiosamente, intelligentemente, proprio come Alexander aveva auspicato, il grido della vecchia nell’antica ballata: «Dio abbia pietà di me, di me non resta nulla». Il pubblico applaudÃ. Wilkie chiese ad Alexander: – Nel finale te la immagini in calzamaglia o con l’ultimo strato di gonne? – E Alexander, rispondendo seriamente a quella che considerava una domanda seria, disse: – Voglio che abbia i capelli sciolti e qualche brandello di stoffa, una via di mezzo tra la puttana e la ninfa… qualche stecca di balena, qualche fiore infilato da Seymour…
– Lady Chatterley, – disse Wilkie.
– Sciocchezze, – rispose Alexander.
– L’idea dei fiori comunque non è male, – disse Wilkie.
La scena successiva, non in senso cronologico ma nell’ordine delle prove, era la grande scena del masque. Chiudeva il secondo atto. Forse a questo punto è opportuno delineare la struttura del dramma di Alexander, sia nella sua concezione originale sia nell’elaborazione che ne stava facendo Lodge.
Tutti e tre gli atti si aprivano con una meditazione in forma di dialogo tra Ralegh e Spenser che, seduti sulla terrazza buia, illuminati da un riflettore, verosimilmente impegnati a giocare a scacchi, chiacchieravano, in versi, di argomenti pratici di perenne rilevanza, come l’equipaggiamento delle navi, i cannibali della Guinea, la rozzezza e l’assoluta mancanza di raziocinio del contado irlandese; oppure speculavano sulle lune e la visione, gli strumenti ottici e la capacità degli occhi arrossati o di forma allungata di vedere mondi arrossati o di forma allungata, materia sulla quale Ralegh, ispirandosi a Plinio, aveva scritto il suo trattato, Lo scettico. Si scambiavano anche qualche pettegolezzo sulla Regina, vera regina e imperatrice eterna, la Cinzia dell’Oceano, la Gloriana delle Faerie Queene, l’Idea di Drayton, e di Platone.
Il primo atto conteneva Maria Tudor, l’incarcerazione di Elisabetta, l’ascesa al trono. Il secondo atto spaziava sugli anni del pericolo e l’Età dell’oro: l’Invincibile Armata, la morte di Maria Stuarda, le alleanze matrimoniali. Si concludeva con la rappresentazione di corte, la discesa di Astrea, vergine giusta, l’ultima degli immortali a lasciare la terra all’aprirsi della brutale Età del ferro, la prima a farvi ritorno per inaugurare la nuova Età dell’oro. Redit et Virgo, redeunt Saturnia Regna. Come recita Virgilio. Nel terzo atto si assisteva al declino della regina, alla ribellione del conte di Essex e ai trionfi dei villici irlandesi tra le paludi. Ci si soffermava sul colloquio con l’archivista nella Torre, al quale la regina aveva detto: «Io sono Riccardo II, non lo sapete?» Qui c’erano echi e citazioni dissim...
Indice dei contenuti
- Copertina
- La vergine nel giardino
- Prologo - National Portrait Gallery: 1968
- Parte prima - Una fuggevole virtú
- Parte seconda - Una favola fiorita
- Parte terza - Redit et Virgo
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright