Lettere sulla religione
  1. 136 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Darwin era credente? Il padre della teoria dell'evoluzione si riteneva ateo, agnostico o forse teista? E la diceria secondo la quale si sarebbe convertito in punto di morte? L'argomento - come sottolinea il curatore Telmo Pievani - suscita da sempre grande attenzione, come se dalla risposta a queste domande dipendesse la compatibilità tra la visione evoluzionistica e le prospettive di fede.
Spaziando dalle conversazioni con gli amici Asa Gray e Joseph Hooker a quelle con il vecchio parroco di Down, le trentadue lettere qui raccolte, in larga misura inedite, svelano le riflessioni piú intime del naturalista inglese, che, con il piglio sincero e intimo di una confessione, ci racconta quali furono i suoi tormentati pensieri su teismo e agnosticismo.

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Informazioni

Lettere sulla religione

Emma Wedgwood a Charles Darwin1

21-22 novembre 1838

Maer
Mercoledí
Mio caro Charles,
temo che il Dottore2 non ritenga consono a un’etichetta molto rigida il fatto che io ti scriva prima di aver ricevuto la tua risposta, ma forse l’aver avuto una tua lettera da Shrewsbury potrà salvar qualcosa della mia dignità. Quando sei andato via siamo usciti tutti a fare una passeggiata e per avere un po’ di riparo abbiamo fatto esattamente la stessa strada della mattina; giacché non cerco di darmi un contegno, posso confessarti che è stato ben diverso e mi sono sentita molto confusa e svuotata per tutto il giorno. Come adesso apprenderai, si può ben dire che i campioni abbiano un destino tutto loro. Ho tirato fuori dalla mia credenza le tue rocce per eseguire il primo compito serio che tu mi abbia affidato, ma poi me le sono dimenticate e le ho lasciate incartate sul tavolo del salotto e quando sono tornata a casa mi sono assai allarmata nel trovare zio John3 seduto lí in loro compagnia. Le ho portate fuori e le ho gettate nello stagno e proprio quando non erano piú recuperabili ho pensato «supponi che lui le abbia viste e voglia esaminarle ancora, o riaverle indietro». Comunque sia è andata bene e non è stata detta una parola. Hensleigh4 desidera che io ti inoltri i suoi ringraziamenti e sono stata felicissima di scoprire che avrebbe accettato la nostra offerta – o meglio la tua, come certamente dovrei dire. Snow5 sta procedendo molto bene. Scende di sotto e si siede tutta seria accanto al fuoco a fare dei ritagli o a leggere, mentre Bro6 le presta le dovute attenzioni. Fanny sta molto meglio ed è di nuovo allegra. Quando sono con te tutti i pensieri malinconici si tengono lontani dalla mia mente, ma da quando te ne sei andato si sono fatte strada a forza alcune idee tristi sulla paura che le nostre opinioni a proposito della questione piú importante7 possano essere molto diverse. La ragione mi dice che i dubbi onesti e dettati dalla coscienza non possano costituire un peccato, ma io sento che tra noi potrebbe aprirsi un vuoto doloroso. Ti ringrazio dal profondo del cuore per la tua franchezza nei miei confronti; sarebbe terribile pensare che tu mi nasconda qualcosa per timore di farmi soffrire. Forse è sciocco da parte mia dirti tutto questo, ma adesso, mio caro Charley, noi ci apparteniamo ed io non posso fare a meno di essere aperta con te. Mi faresti un favore? Sono certa di sí, che lo farai: si tratta di leggere il discorso d’addio del nostro Salvatore ai suoi discepoli, quello che comincia alla fine del tredicesimo capitolo [del Vangelo] di Giovanni8. Trabocca di amore per loro, e di devozione e di ogni nobile sentimento. È la parte del Nuovo Testamento che mi è piú cara. È un mio capriccio, e mi farebbe un grandissimo piacere; anche se non so dirti perché, preferisco però che tu non mi dica che cosa ne pensi. L’abito in tessuto scozzese è arrivato ieri sano e salvo, ed è stato dichiarato all’unanimità molto bello e assolutamente non troppo vistoso, quindi ho potuto scrivere facendo i complimenti e ringraziando, senza alcun peso sulla coscienza. [Il tessuto] è azzurro, nero e verde con una sottile linea trasversale scarlatta.
Giovedí. Suppongo che oggi mi arriveranno tue notizie, ma non tratterrò questa lettera perché io ed Eliz9 andremo a Betley10 per le nostre «effusioni dell’anima»11 e quindi domani non potrò scriverti. È una bella giornata, potresti fare una passeggiata in direzione di Bloomsbury. Zia Fanny12 è partita ieri sera con il treno, e tutta la compagnia di Seabridge13 è tornata a casa. Suppongo che tu abbia incontrato Robert in città. Quando è andato a Oxford ha trovato due suoi amici, immersi nello studio, che parlavano di quanto sarebbe stato bello se lui fosse tornato, e cosí, quando lui entrò davvero, poco mancò che lo prendessero per un fantasma. Immagino che a Oxford si sia preso gioco di Johnny Allen14, visto che questi ha scritto a zia Fanny «Che cosa pensate di questo matrimonio fra E.W. e il dottor Darwin, direi che debba esserci una certa differenza di età, sebbene non abbia mai visto nessuno dei due». È arrivata anche una lettera di zio Baugh15, il quale non ha intenzione di mandare Edward16 a Westminster, ma non sa ancora che cosa farà con lui; d’altra parte dice che avrà cura di non farlo soffrire ancora per lo stesso genere di molestie che ha subito in precedenza, e cioè l’esser tormentato dagli altri ragazzi. Dice molto gentilmente che spera di poter essere presente al nostro matrimonio, cosa della quale potrei anche fare a meno; certo ha un’energia straordinaria, ma non penso che verrà davvero. Credo che dovresti andare presto a trovare Martineau17 e la signora Horner18. Non abbiamo notizie di Caroline19, ma la aspettiamo per domani. Oggi sono molto felice e guardo ogni cosa dal suo lato buono – suppongo sia la tua lettera che sta arrivando.
Arrivederci mio caro Charles, la tua affezionatissima Emma W.
Spero tu sia cosí gentile da farmi notare qualsiasi errore di ortografia o di stile, giacché nella moglie di un uomo di lettere non farebbero buona impressione; ad ogni modo io sono in grado di scrivere il tuo nome senza errori e vorrei che tu potessi dire altrettanto a proposito del mio20.
1 Emma Wedgwood (1808-1896) e Charles Darwin (1809-1882), all’epoca fidanzati, erano cugini di primo grado, poiché la madre di lui, Susannah (1765-1817), e il padre di lei, Josiah Wedgwood II (1769-1843), erano fratelli.
2 Il «Dottore», nel lessico familiare dei Wedgwood-Darwin, era Robert Darwin (1766-1848), medico a Shrewsbury e padre di Charles.
3 John Wedgwood (1766-1844), fratello maggiore del padre di Emma.
4 Hensleigh Wedgwood (1803-1891), fratello di Emma.
5 Julia Wedgwood (1833-1913), figlia di Hensleigh Wedgwood e Fanny Mackintosh (1800-1889), detta «Snow».
6 James Wedgwood (1834-1864), detto «Bro», fratello di Julia.
7 La questione religiosa.
8 Giovanni, 13:33 sgg.
9 Elizabeth Wedgwood (1793-1880), sorella di Emma.
10 Betley Hall era la residenza dei Tollet, amici dei Wedgwood e dei Darwin.
11 Citazione da un famoso verso di Pope (da Satires and epistles of Horace imitated).
12 Fanny Allen (1781-1875), sorella della madre di Emma.
13 Henry Wedgwood (1799-1885), detto Harry, fratello di Emma, viveva con la sua famiglia a Seabridge.
14 John Hensleigh Allen (1818-1868), cugino di Emma per parte materna.
15 Lancelot Baugh Allen (1774-1845), zio di Emma per parte materna.
16 Edward Edmund Allen (1824-1898), figlio di Lancelot Baugh Allen.
17 Harriet Martineau (1802-1876), scrittrice e amica dei Darwin, in modo particolare del fratello di Charles, Erasmus (si veda qui la nota 2 del [c. febbraio 1839]).
18 Anne Susan Horner (1789-1862), suocera di Charles Lyell (1797-1875), geologo nonché mentore e amico di Darwin.
19 Caroline Darwin (1800-1888), sorella di Charles.
20 Qui Emma lancia una frecciata a Charles, il quale, in una lettera precedente, aveva sbagliato e poi corretto il nome di lei.

Emma Wedgwood a Charles Darwin

[c. febbraio 1839]1

[…]
L’atteggiamento che vorrei conservare nei tuoi confronti è quello di credere che fintanto che agisci secondo coscienza, desideri sinceramente apprendere la verità e ti adoperi per farlo, non puoi sbagliare; vi sono però alcune considerazioni che si intromettono nel mio pensiero e mi impediscono di essere sempre in grado di offrire a me stessa questa consolazione. Immagino che tu abbia già piú volte riflettuto su di esse, ma scriverò comunque quello che ho in mente, confidando, mio carissimo, nella tua indulgenza. La tua mente e il tuo tempo sono pieni degli argomenti piú interessanti e dei pensieri piú avvincenti, giacché tu vai seguendo le tue scoperte; ciò ti rende però assai difficile sia evitare di bandire come distrazioni altri tipi di pensieri non connessi a ciò che stai studiando, sia riuscire a prestare tutta la tua attenzione a entrambi i lati del problema.
Vi è poi un’altra considerazione, che avrebbe un grande effetto su una donna, ma non so se ne eserciterebbe altrettanto su un uomo; mi chiedo cioè se il fatto che E[rasmus]2 – della cui intelligenza hai un’altissima stima e per il quale nutri tanto affetto – ci sia passato prima di te non ti abbia probabilmente facilitato, e non abbia in parte cancellato la paura e il terrore che il senso del dubbio provoca all’inizio: sentimenti che io non ritengo irragionevoli o superstiziosi. Mi pare anche che la direzione dei tuoi studi possa averti portato a considerare principalmente le difficoltà esistenti da una parte, e che tu non abbia avuto il tempo di considerare ed esaminare tutte le difficoltà esistenti dall’altra; io credo però che tu non consideri definitiva la tua opinione. Possa la consuetudine dell’indagine scientifica, di non credere nulla fintanto che non sia dimostrato, non influenzare troppo la tua mente quando si tratta di cose che non possono essere dimostrate allo stesso modo e che, se vere, sono probabilmente al di sopra della nostra comprensione! Devo dire anche che, nel rinunciare alla rivelazione, vi è un pericolo che non esiste prendendo l’altra posizione, e cioè il timore dell’ingratitudine [insita] nel gettar via quello che è stato fatto per il tuo bene e per quello di tutto il mondo: pericolo che dovrebbe farti essere ancor piú cauto, forse addirittura spaventarti, a meno che tu non abbia fatto tutto quanto era nelle tue possibilità per giudicare onestamente. Non so se questo mio sia un ragionare come se una delle due parti fosse nel vero e l’altra nel falso, cosa che ho cercato di evitare; ma non credo. Non sono del tutto d’accordo con quello che hai detto una volta, e cioè che fortunatamente non vi sono dubbi su come ci si debba comportare. Credo che la preghiera sia un esempio del contrario, giacché in un caso è un dovere assoluto, nell’altro direi di no. Suppongo tuttavia che tu intendessi parlare di azioni che riguardano gli altri e allora sono quasi, se non del tutto, d’acc...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Lettere sulla religione
  3. Introduzione di Telmo Pievani
  4. Lettere sulla religione
  5. Il libro
  6. L’autore
  7. Dello stesso autore
  8. Copyright