Nel 1993, tre adolescenti che in seguito sarebbero diventati famosi come i «Tre di West Memphis» furono arrestati e accusati di aver brutalmente ucciso tre bambini di otto anni a West Memphis, nell’Arkansas, come parte di un presunto «rituale satanico» che avrebbe compreso molestie sessuali e mutilazioni. Nel 1994, Damien Echols, Jason Baldwin e Jessie Misskelley furono ritenuti colpevoli dei suddetti crimini nel corso di una serie di processi che rivaleggiarono con i processi alle streghe di Salem del 1692 e del 1693, tanto si basavano su voci, menzogne, superstizione e isteria religiosa. Baldwin e Misskelley vennero condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà sulla parola, con altri quarant’anni di carcere in aggiunta; Echols, che era stato identificato come il «capobanda», fu condannato a morte.
I tre adolescenti furono ritenuti colpevoli di quegli efferati omicidi a dispetto del fatto che all’epoca non ci fosse – come non c’è ora – alcuna prova fisica che li collegasse ai crimini. Nessuna traccia di Dna o di sangue, nessun capello, nessuna impronta digitale o di scarpa: niente di niente. Né c’era alcun indizio sulla scena del crimine tale da suggerire che gli omicidi rientrassero in un rito satanico: non erano presenti pentacoli né altri simboli occulti, nessun segno di un falò, nessuna candela, né tracce di incenso1. In parte, Echols, Baldwin e Misskelley furono condannati sulla base del «panico satanista» scaturito da due testimonianze: quella (in seguito ritrattata) di una donna che asseriva di aver visto di persona i tre adolescenti partecipare a un esbat 2 – un incontro di streghe e stregoni – e quella di un sedicente «esperto» di pratiche occulte che, sul banco dei testimoni, ammise di aver ricevuto la laurea in scienze occulte da una fraudolenta fabbrica sfornadiplomi per corrispondenza senza nemmeno assistere a una singola lezione3. Principalmente, però, i tre vennero condannati sulla base della «confessione» palesemente falsa, grossolanamente incoerente e ottenuta con la coercizione rilasciata da Jessie Misskelley: un adolescente con difficoltà mentali e il quoziente intellettivo di un bambino di terza elementare4, che venne interrogato per quasi dodici ore consecutive senza la presenza di un genitore o di un avvocato, convinto che avrebbe ricevuto una ricompensa di trentacinquemila dollari per la sua dichiarazione5. Misskelley ritrattò subito la sua confessione e si rifiutò di testimoniare contro Echols e Baldwin anche quando in cambio gli venne offerta una significativa riduzione di pena6. A dispetto del fatto che la sua confessione fosse stata ritenuta inammissibile nel processo a Echols e Baldwin, la giuria la incluse nelle proprie delibere, violando cosà il diritto di Echols e Baldwin, garantito dal Sesto Emendamento, di confrontarsi con il loro accusatore7. E nonostante le prove sostanziali a discolpa emerse dopo i processi, inclusi alcuni esami del Dna che escludono i Tre di West Memphis dalla rosa dei sospetti e, potenzialmente, implicano che a commettere gli omicidi siano stati altri, tra cui il patrigno di uno dei bambini uccisi8, per diciotto anni lo Stato dell’Arkansas ha seguitato a respingere ogni richiesta di appello e si è rifiutato di ordinare la celebrazione di nuovi processi.
Questa incredibile ingiustizia non è passata inosservata. I Tre di West Memphis hanno ricevuto attenzione e sostegno dai quattro angoli del globo, grazie principalmente al documentario – vincitore di un Emmy Award e di un Peabody Award – realizzato da Joe Berlinger e Bruce Sinofsky per la Hbo: Paradise Lost: The Child Murders at Robin Hood Hills, e ai suoi due sequel: Paradise Lost 2: Revelations e Paradise Lost 3: Purgatory, che ha ricevuto una nomination agli Academy Awards. Il documentario di Amy Berg, West Of Memphis, ha contribuito anch’esso ad aumentare il sostegno ai Tre di West Memphis, cosà come il libro della giornalista Mara Leveritt sul caso: Devil’s Knot: The True Story of the West Memphis Three. Il sito web wm3.org, il primo dei molti dedicati al caso, ha richiamato l’attenzione di tutto il mondo. Il sito venne creato nel 1997 da Burk Sauls, Kathy Bakken e Grove Pashley (a cui in seguito si sarebbe aggiunta Lisa Fancher) e nel 1998 era già «la fonte piú completa nel suo genere su Internet riguardante un singolo caso»9. Il mantra del sito, «Free the West Memphis Three» (liberate i Tre di West Memphis), sarebbe diventato lo slogan delle manifestazioni di migliaia e migliaia di persone in ogni dove e, piú di quindici anni dopo, wm3.org continua a giocare un ruolo fondamentale nell’informare il mondo intero sugli sviluppi del caso. Ci sono state anche diverse organizzazioni che hanno fornito un aiuto inestimabile ai tre uomini incarcerati, tra cui l’Innocence Project, l’Arkansas Take Action, il Center on Wrongful Convictions of Youth e la National Association of Criminal Defense Lawyers.
La causa dei Tre di West Memphis ha ricevuto tantissima attenzione internazionale grazie all’appoggio di molte celebrità di alto profilo, tra cui il regista e produttore Peter Jackson e la sua compagna, Fran Walsh; gli attori Johnny Depp, Jacob Pitts, Lisa Blount, Will Ferrell, Jack Black e Winona Ryder; l’attrice comica Margaret Cho; i musicisti Eddie Vedder, Natalie Maines, Peter Yarrow, Patti Smith, Henry Rollins, Steve Earle, Tom Waits, Joe Strummer, Jonathan Richman, Michale Graves, Marilyn Manson e i membri dei Fistful of Mercy e dei Metallica; l’autore e produttore televisivo Norman Lear e sorella Helen Prejean, autrice del libro Condannato a morte. Decisivo è stato l’aiuto di Jackson, Walsh, Depp e Vedder, i quali hanno offerto non solo il loro patrocinio ma anche generosi contributi finanziari alla causa, stimati in «molti milioni di dollari». Peter Jackson e Fran Walsh sono stati particolarmente generosi: dal 2005 hanno finanziato la maggior parte dei test scientifici e delle ricerche investigative e hanno anche prodotto il documentario West of Memphis. L’avvocato di Echols, Dennis Riordan, ha dichiarato che gli esami del Dna, da soli, «sono costati alla difesa piú di un milione di dollari»10.
Per quanto essenziale sia stato il sostegno di Peter Jackson, Fran Walsh, Johnny Depp e Eddie Vedder, forse l’aiuto piú importante è arrivato dalla moglie di Echols, Lorri Davis, un architetto paesaggista di New York City che cominciò a corrispondere con Echols in prigione dopo aver visto Paradise Lost nel 1996: in seguito compà diversi viaggi in Arkansas per andarlo a trovare e, alla fine, decise di dedicare tutta sé stessa non solo alla causa, ma anche allo stesso Echols. Nel 1998, rinunciò a una brillante carriera presso un importante studio architettonico di New York e al dipartimento dei Beni culturali della città per trasferirsi in Arkansas. Nel dicembre del 1999, lei e Echols si sposarono con una cerimonia buddhista all’interno della prigione. Quello stesso anno, Lorri Davis creò il fondo per la difesa di Echols e iniziò a raccogliere denaro per assumere avvocati, investigatori ed esperti e per pagare i test genetici e altri esami scientifici; condivise tutte le sue scoperte e i pareri legali con Baldwin, Misskelley e i loro avvocati11. Fondò anche, insieme a Capi Peck e a Brent Peterson, l’organizzazione Arkansas Take Action, che avrebbe fatto molto per pubblicizzare e far conoscere al pubblico il caso. Senza i suoi sforzi diligenti e appassionati per riparare il torto, i Tre di West Memphis avrebbero potuto tranquillamente subire lo stesso destino di tanti altri uomini e donne incarcerati per crimini che non hanno commesso: avrebbero potuto essere dimenticati.
Grazie a tutte le persone summenzionate e alle molte migliaia di sostenitori comuni che si sono uniti allo sforzo di popolo per liberare i Tre di West Memphis, il clamore perché venisse fatta giustizia è aumentato costantemente nel corso degli anni e, nell’agosto del 2011, ha portato lo Stato dell’Arkansas a garantire il rilascio dei tre per mezzo di una manovra legale paradossale, raramente usata, conosciuta con il nome di «accordo Alford», secondo cui i tre avrebbero dovuto dichiararsi colpevoli pur mantenendo legalmente la loro innocenza.
I processi dei Tre di West Memphis, i diciotto anni di battaglia per la libertà , il loro controverso rilascio e i continui sforzi per ripulire i loro nomi: è una storia lunga e complicata. Ciò che segue è un riassunto relativamente breve degli sviluppi bizzarri e circonvoluti di questa battaglia.
Gli omicidi, il panico satanico e l’indagine.
Il 5 maggio del 1993 tre bambini di otto anni scomparvero a West Memphis, nell’Arkansas, sull’altra sponda del Mississippi rispetto a Memphis, nel Tennessee. Chris Byers, Michael Moore e Stevie Branc...