Verso le due di quello stesso giorno «la piccola», come diceva Marescal, si stava vestendo. Un vecchio domestico, Valentin, che ora costituiva tutto il personale, le aveva servito la colazione in camera e l’aveva avvertita che Brégeac desiderava parlarle.
Si era appena ristabilita dalla malattia. Pallida, debolissima si sforzava di restare diritta e a testa alta davanti all’uomo che detestava. Si mise del rossetto sulle labbra, del belletto sulle guance e scese.
Brégeac l’aspettava al primo piano, nel suo studio, una grande stanza dalle imposte chiuse e illuminata dalla luce elettrica.
– Siediti, – le disse.
– No.
– Siediti. Sei stanca.
– Dite subito quello che dovete dirmi, cosà posso tornare in camera.
Brégeac fece qualche passo nella stanza. Appariva agitato e preoccupato. Osservava di nascosto Aurélie con ostilità pari alla passione, come un uomo che lotti contro una volontà indomabile. Provava anche pietà .
Le si avvicinò, le mise una mano sulla spalla e la fece sedere di forza.
– Hai ragione, – replicò, – sarò breve. Le cose che devo comunicarti possono essere dette in pochi secondi. Poi deciderai.
Erano l’uno vicino all’altra e tuttavia piú lontani l’uno dall’altra di due avversari. Brégeac lo sentÃ. Tutte le parole che stava per pronunciare non avrebbero che allargato l’abisso fra di loro. Strinse i pugni e articolò:
– Ma non capisci che siamo circondati da nemici e che questa situazione non può durare?
Lei biascicò:
– Quali nemici?
– Eh! Marescal, per esempio… Marescal che ti odia e vuole vendicarsi.
E, a voce bassa e grave, spiegò:
– Ascolta, Aurélie, da qualche tempo ci sorvegliano. Al ministero frugano nei miei cassetti. Tutti, superiori e inferiori, fanno lega contro di me. Perché? Perché tutti, piú o meno, sono al soldo di Marescal e perché tutti sanno che lui è protetto dal ministro. Ebbene, io e te, almeno siamo uniti, non fosse altro, dal suo odio. E siamo pure uniti dal nostro passato che è il medesimo, che tu voglia o no. Io ti ho allevata. Sono il tuo tutore. La mia rovina sarebbe anche la tua. E mi domando se non vogliono colpire proprio te, per motivi che ignoro. SÃ, ho l’impressione, da certi sintomi, che il loro interesse in me è fittizio, mentre invece tu sei minacciata direttamente.
Aurélie parve svenire.
– Quali sintomi?
Lui rispose:
– Una cosa grave. Ho ricevuto una lettera anonima su carta del ministero… una lettera assurda, incoerente dove mi avvertono che procederanno contro di te.
– Procedere contro di me? Voi siete pazzo! E per una lettera anonima…
– SÃ, lo so, – riprese lui. – Qualche subalterno ha raccolto delle stupide voci… Ma, in ogni caso, Marescal è capace di tutto.
– Se avete paura, andatevene.
– Ho paura per te, Aurélie.
– Io non ho nulla da temere.
– Invece sÃ. Quell’uomo ha giurato di rovinarti.
– Allora lasciatemi andare.
– Ne avresti la forza?
– Troverei tutta la forza necessaria per lasciare questa prigione e non vedervi piú.
Brégeac fece un gesto di scoraggiamento.
– Taci!… Non potrei vivere… Ho sofferto troppo durante la tua assenza. Qualsiasi cosa, ma non essere separato da te. La mia vita stessa dipende da un tuo sguardo, dalla tua vita…
Lei si alzò ed esclamò, fremendo di indignazione:
– Vi proibisco di parlarmi in questo modo. Mi avete giurato che non avrei mai piú sentito parole simili…
Mentre ricadeva spossata, lui si allontanò per sprofondarsi in una poltrona, con la testa fra le mani, le spalle scosse dai singhiozzi, come un uomo vinto e schiacciato dal peso intollerabile dell’esistenza.
Dopo un lungo silenzio, l’uomo riprese in tono sordo:
– Siamo piú nemici adesso che prima del tuo viaggio. Sei ritornata cosà diversa. Che cosa hai fatto, Aurélie, non al Sainte-Marie, ma durante le prime tre settimane in cui ti cercavo come un folle, senza pensare al convento? Quel miserabile Guillaume, non lo amavi di certo… Eppure l’hai seguito. Perché? E che cos’è successo fra voi due? Che ne è di lui? Ho il presentimento che sia avvenuto qualcosa di grave fra voi… Ti vedo inquieta. Nel delirio parlavi come qualcuno che fugge in continuazione e vedevi del sangue e dei cadaveri…
La giovane fremette.
– No, no, non è vero… avete inteso male…
– Non ho inteso male, – ribatté lui crollando il capo. – Toh, in questo momento, i tuoi occhi sono attoniti… Si direbbe che l’incubo continua…
Si alzò e lentamente:
– Hai bisogno di molto riposo, mia povera piccola. E vengo a proporti proprio questo. Stamattina ho chiesto una licenza, partiremo insieme. Ti giuro che non ti dirò piú una parola che possa offenderti. Inoltre non ti chiederò di quel segreto che avresti dovuto confidarmi, perché appartiene a me come a te. Non cercherò di leggere in fondo ai tuoi occhi dove esso si nasconde e dove, sovente con la forza, lo confesso, ho tentato di decifrare quell’enigma. Lascerò tranquilli i tuoi occhi, Aurélie. Non ti guarderò piú. È un giuramento formale. Ma vieni con me, povera piccola. Mi intenerisci. Soffri. Aspetti non so che, ma soltanto la sventura può rispondere al tuo appello. Vieni.
Lei manteneva un silenzio ostinato. Fra di loro c’era un disaccordo insanabile. Era impossibile pronunciare una parola che non ferisse o offendesse. L’odiosa passione di Brégeac li separava piú di tutte le altre cose passate e di tutte le ragioni profonde che li avevano sempre messi l’uno contro l’altra.
– Rispondi, – ordinò lui.
Aurélie dichiarò con fermezza:
– Non voglio. Non posso piú sopportare la vostra presenza. Non posso piú vivere nella stessa casa. Alla prima occasione me ne andrò.
– E magari non da sola, – sghignazzò lui, – da sola come l’altra volta… Guillaume, non è vero?
– Ho allontanato Guillaume.
– Allora un altro. Aspetti un altro, ne sono convinto. I tuoi occhi non smettono di cercare… le tue orecchie di ascoltare… CosÃ, adesso…
La porta dell’atrio si era aperta e subito richiusa.
– Che cosa ti dicevo? – esclamò Brégeac con un riso cattivo. – Si direbbe che tu speri proprio… che qualcuno debba venire. No, Aurélie, non verrà nessuno, né Guillaume, né un altro. È Valentin che ho mandato al ministero a ritirare la posta. Visto che io non ci andrò, questo pomeriggio.
Si sentirono i passi del domestico che risaliva i gradini del primo piano e attraversarono l’anticamera. Entrò.
– Hai fatto la commissione, Valentin?
– SÃ, signore.
– C’erano lettere, carte da firmare?
– No, signore.
– Oh, è strano. E la posta?…
– La posta era appena stata consegnata al signor Marescal.
– Ma con quale diritto ha osato?… C’era Marescal?
– No, signore. Era arrivato prima di me, ed era già uscito.
– Uscito?… alle due e mezzo? Allora, affari di servizio?
– SÃ, signore.
– Hai cercato di sapere?…
– SÃ, ma negli uffici non sapevano nulla.
– È uscito da solo?
– No, con Labonce, Tony e Sauvinoux.
– Con Labonce e Tony! – proruppe Brégeac, – allora si tratta di un arresto! Come mai non mi hanno avvertito? Che succede?
Valentin si ritirò. Brégeac si era rimesso a camminare e ripeteva preoccupato:
– Tony, l’anima dannata di Marescal… Labonce, uno dei suoi favoriti… e tutto questo senza dirmi nulla…
Passarono cinque minuti. Aurélie lo guardava con ansia. Ad un tratto si avvicinò alla finestra, scostandone le persiane. Gli sfuggà un grido e indietreggiò balbettando:
– Sono in fondo alla via… Stanno spiando.
– Chi?
– Tutti e due… gli accoliti di Marescal. Tony e Labonce.
– Ebbene? – mormorò lei.
– Ebbene lui impiega quei due soltanto nei casi gravi. Stamattina stessa, hanno operato nel quartiere.
– Sono giú?
– Sono giú, li ho visti.
– E verrà anche Marescal?
– Senz’altro. Non hai sentito quello che ha detto Valentin.
– Sta per venire lui… sta per venire lui… – balbettò lei.
– Che cos’hai? – domandò Brégeac, stupito per la sua emozione.
– Nulla, – rispose dominandosi. – Mi sono spaventata senza ragione.
Brégeac meditò. Anche lui cercava di dominare i propri nervi, e ribadÃ:
– Nessuna ragione, in effetti. Tante volte ci allarmiamo per motivi puerili. Vado giú a chiedere spiegazioni e sono sicuro che si chiarirà tutto… Ma sÃ, ne sono sicurissimo. Tanto piú che tutto fa supporre che non siamo noi a essere sorvegliati, ma la casa di fronte.
Aurélie alzò il capo.
– Quale casa?
– L’operazione di cui ti parlavo… Stamattina, verso mezzogiorno, hanno arrestato un individuo. Ah! se avessi visto Marescal, quando ha lasciato l’ufficio alle undici! L’ho incontrato e aveva un’espressione di contentezza e di odio feroce… e quest’ultima mi ha turbato. Un simile odio, nella vita, lo si può nutrire solamente contro una persona sola. E lui odia cosà solamente me o magari noi due. Perciò ho immaginato che la minaccia riguardasse noi.
Aurélie si era alzata, ancor piú pallida.
– Che cosa avete detto? Un arresto qui di fronte?
– SÃ, un certo Limézy, che si spaccia per esploratore… un certo barone de Limézy. L’ho saputo all’una al ministero. L’avevano appena associato alle carceri.
La ragazza ignorava il nome di Raoul, ma non dubitava che si trattasse di lui. Domandò con voce tremante:
– Che cosa ha fatto? Chi è questo Limézy?
– Secondo Marescal, sarebbe l’assassino del rapido, il terzo complice che stanno cercando.
Aurélie fu là per cadere. Sembrava presa da un attacco di follia e di vertigine. Brancolava nel buio per trovare un punto d’appoggio.
– Che cosa succede, Aurélie? Che rapporto c’è?…
– Siamo perduti, – gemette lei.
– Che cosa vuoi dire?
– Non potete comprendere…
– Spiegati! Conosci quell’uomo?
– SÃ… sÃ… mi ha salvata, mi ha salvata da Marescal e anche da Guillaume e da quel Jodot che ricevete qui… Oggi lui ci avrebbe ancora salvati.
La osservava con stupore.
– Aspettavi lui?
– SÃ, – ammise con voce assente. – Mi aveva promesso di essere qui… Ero tranquilla… Gli ho visto compiere delle cose… prendersi gioco di Marescal…
– Allora?… – chiese Brégeac.
– Allora, – ribatté lei sempre in tono smarrito, – sarebbe megli...