Cogan
  1. 216 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Una bisca clandestina rapinata una notte probabilmente da qualcuno fuori dal giro. Pesci piccoli che pensavano di sfangarla, invece si ritrovano alle calcagna Jackie Cogan. Un gangster in giaccone di camoscio spelacchiato e Chevrolet con le fiamme sulle fiancate, cui toccherà mettere in chiaro, tra scrocconi, criminali e avanzi di galera, chi sia a far le regole della malavita a Boston. Un crime magistrale, entrato nella storia per il suo stile precursore del migliore Tarantino, ora portato sullo schermo da Brad Pitt. *** «Uno stile di crime story unico, fatto di dialoghi incalzanti e divaganti, tutto fatto di cose, di tira e molla sul costo delle armi, di minacce, di fiumi di parolacce e di alcol, di luoghi comuni del mondo del piccolo crimine». Irene Bignardi *** «Higgins è il mio maestro di stile. Tutto quel che so di crime novel l'ho imparato da lui». Elmore Leonard *** «Higgins è uno dei grandi innovatori del crime e merita di stare a fianco di Chandler e Hammett». Scott Turow

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2012
Print ISBN
9788806213961
eBook ISBN
9788858406496

1.

Amato, completo gessato grigio a righine bordeaux, camicia rosa con le iniziali sul polsino doppio sinistro, cravatta viola e oro, sedeva alla scrivania finto noce a forma di rene, e li squadrava. – Lo ammetto, – disse, – siete proprio in forma smagliante. Mi arrivate con quattro ore di ritardo, puzzolenti e conciati da schifo. Che cazzo, sembrate appena usciti di galera.
– Colpa sua, – disse il primo. – Era in ritardo. Sono rimasto lí ad aspettarlo.
Erano tutti e due in stivali neri con inserti di camoscio rosso. Il primo portava un poncho verde militare, un maglione grigio slabbrato e i blue jeans sdruciti. Aveva i capelli lunghi, biondo scuro, e i basettoni. Il secondo portava un poncho verde militare, una felpa grigia e i jeans bianco sporco. Aveva i capelli neri, lunghi fino alle spalle. E un accenno di barba scura.
– Dovevo riportare dentro i cani, – disse il secondo. – Ne ho quattordici. E ci vuole tempo. Mica posso andarmene e mollarli là fuori.
– E sei anche coperto di peli, – disse Amato. – Secondo me te li ingroppi, quei cani.
– No, Scoiattolo, è che mi sparo un sacco di seghe, – disse il secondo. – Quando sono uscito di galera mica avevo i tuoi vantaggi, un bel lavoro che mi aspettava, e tutte quelle piacevoli comodità. M’è toccato darmi da fare.
– Qui mi chiamano Johnny, – disse Amato, – puoi chiamarmi cosí. Di solito i miei dipendenti mi chiamano Signore, ma tu puoi chiamarmi Johnny. Va bene cosí.
– Ci proverò, Scoiattolo, te lo prometto, – disse il secondo. – Bisogna che chiudi un occhio con me, sai? Sono appena uscito di galera, cazzo. Non ci sto con la testa. Mi devo riadattare alla società, ecco cosa.
– Non potevi trovare qualcun altro? – disse Amato al primo. – Questo qui fa schifo ed è pure maleducato. Perché devo sorbirmi certe stronzate?
– Hai ragione, – disse il primo, – però tu, insomma, m’avevi chiesto di trovartene uno in gamba. Magari il nostro Russell fa un po’ troppo lo spiritoso, ma se chiudi un occhio è uno forte.
– Infatti, – disse Russell, – e se uno come te vuole una cosa ma non ha le palle per farsela da solo, mi sa che dovrà sforzarsi parecchio.
– Io ’sto coglione non lo reggo, – disse Amato al primo. – Fa un po’ troppo lo sbruffone per i miei gusti. Perché non prendi e mi trovi un negro bello cazzuto? Questo bocchinaro non lo reggo neanche il tempo di spiegargli cosa voglio.
– Cristo, Russell, – disse il primo, – vuoi chiudere quella cazzo di bocca e piantarla di tirare la corda? Sta provando a farci un favore.
– Non l’avevo capito, – disse Russell. – Pensavo che glielo dovevamo fare noi, il favore. Ma davvero, Scoiattolo? Stai cercando di farmi un favore?
– Levati dal cazzo, – disse Amato.
– Ehi, – disse Russell, – mica ci si rivolge cosí alle persone. Ai clienti dell’autoscuola, mica ti rivolgi cosí, giusto?
– Per questo affare che ho in mente, – disse Amato, – i due che voglio tirare dentro se ne spartiscono trentamila, credo. Trenta testoni. Di avanzi di galera come lui, Frankie, me ne compro dieci a un dollaro, e ce ne scappa pure uno omaggio. Trovamene un altro, Frankie. Io certi atteggiamenti di merda non li reggo.
– Ricordi tutte le volte che abbiamo fatto istanza al giudice? – disse Frankie.
– Eh? – disse Amato. – Ma quando? Sarà successo almeno un migliaio di volte. Appena mi giravo quella scimmia tirava fuori una richiesta da firmare. Di quale parli?
– Ma sí, di quando poi ci hanno mandato in galera, – disse Frankie. – Per quei reati federali.
– Dopo il confronto davanti ai testimoni, – disse Amato, – sí. Quando quel negrone m’aveva puntato.
– Sally lo Spilungone, – disse Frankie.
– Non lo so come si chiama, – disse Amato. – Mica abbiamo chiacchierato amabilmente. Lui cercava di calarmi i pantaloni e io cercavo solo di fermarlo. Fine. «Sta’ buono un attimino, ragazzo bianco, che ti ficco tutto il mio buonumore su per il tuo dolce culetto». Che cazzo di tipo. Portava il rossetto bianco.
– La sera dopo è sparito, – disse Frankie.
– La sera dopo sono sparito io, – disse Amato. – Se no, bello, non ci sarebbe stato quel negro del cazzo. Avevo procurato uno scalpello a Billy Dunn, doveva acchiappare quel bastardo in cortile se io ero lí. Quegli idioti dei secondini, figurati se arrivano nel momento del bisogno, rischi di passare all’altra sponda, se non stai attento.
– Eri a Norfolk, – disse Frankie.
– Ero a Norfolk, – disse Amato. – Tutto il giorno lí seduto a sentire un poppante che smerdava quell’infame del mio avvocato, pensavo solo a quello che Billy avrebbe fatto a quel negro, se tornavo lí, e invece si scopre che vado a Norfolk. L’unica cosa che ho visto quella sera è stata la suora in tonaca grigia. M’ha chiesto se volevo prendere lezioni di chitarra, cazzo.
– La conosco, – disse Russell. – Te la trovi sempre dappertutto. Una volta era a Concord. Le ho detto: «Sorella, se volevo suonare la chitarra rubavo una chitarra, cazzo». Non m’ha piú rotto le palle. Però stava simpatica a un sacco di gente.
– Quella sera il negro è andato in ospedale, – disse Frankie.
– Bene, – disse Amato. – Spero che è schiattato, cazzo.
– No, – disse Frankie, – però l’ho visto. Gli mancava quasi un metro di pelle, qui sulla testa, cazzo.
– Ma dài, – fece Amato.
– È stato lui, – disse Frankie, indicando Russell con la testa.
– Scherzi? – disse Amato.
– L’ha sbucciato come un’arancia, cazzo, – disse Frankie.
– Piú come quando stacchi la corteccia da un albero, – disse Russell. – Mai vista una pelle cosí.
– T’aveva puntato? – chiese Amato.
– Qualcuno di sicuro m’aveva puntato, – disse Russell, – qualcuno che mi stava appresso pensando di essere l’unico Bingo Bongo del cazzo di mondo. Avevo una lama, me l’ero procurata da uno che ho conosciuto prima di entrare, m’ha detto che in cambio di un centone mi rimediava una lama. Gli ho risposto ma sí, magari mi fa comodo. Ero entrato da neanche dieci minuti e quel negro già m’aveva puntato. Però dopo non s’è piú azzardato.
– Capito che forza? – disse Frankie. – Sarà pure un coglione, ma la sa lunga.
– È pulito? – disse Amato. – Siete puliti tutt’e due?
– Frankie, – disse Russell, – non che è ti fai ultimamente?
– Chiudi quella cazzo di bocca, capito, Russell? – disse Frankie. – Sono pulito. Solo liquori da quando sono fuori. Ma senza esagerare. Birra, piú che altro. Intanto che aspettavo lo stipendio, ho iniziato con il whiskey e altre cose cosí.
– T’impasticcavi, – disse Amato. – Prendevi le pasticche. T’ho visto, sai, non te lo scordare. T’imbottivi di Nembutal.
– John, – disse Frankie, – le pasticche erano lí a disposizione. Se non sbaglio la birra non la servivano. Ho preso quello che passava il convento. Non tocco quella roba da quando sono uscito.
– E che mi dici di lui? – chiese Amato.
– Cazzo, Scoiattolo, – disse Russell, – io non prendo niente. Avrò bevuto un po’ di vinaccio, fumato un po’ d’erba, mi sarò fatto un paio di bustine, ma la tiro e basta, capito come? Mica mi buco. Ero nei boyscout, sai? Ti davano uno schiaffetto, lí, cominciano a insegnarti a fare quei nodi lí, eccetera.
– Un eroinomane, – disse Amato a Frankie. Frankie si strinse nelle spalle. – Ti chiedo trovami qualcuno e mi rimedi ’sto attrezzo, quando invece basterebbe andare lí per alzare un bel malloppo. Basterebbe trovare due persone capaci di fare un lavoretto semplice senza rovinare tutto, e questo è il massimo che riesci a trovarmi. Un tossico, cazzo. E io dovrei mandarvi lí a sputtanare un lavoro che cosí non mi ricapita neanche fra un milione di anni. Non è che vi mando lí perché mi voglio divertire, sai, perché sono uscito e ho trovato uno che sembrava normale e poi va lí fatto come una pigna. Voglio solo i soldi, per la miseria. Punto e basta.
– Sai, Scoiattolo, – disse Russell, – da piccolo mi sparavo la codeina. Mai avuto problemi. Quando lavoravo per lo Zio Sam, dovevo scendere in quelle buche per lui, no? Mi annerivo la faccia di carbone e scendevo lí sotto, con una quarantacinque in mano e un coltello fra i denti, cazzo, scendevo in quelle gallerie. Tutti i santi giorni. Se non c’era niente, era una bella giornata. Se era meno bella magari ci trovavi un serpentone o un’altra bestiaccia che ti si voleva pappare. Se era una giornata bruttina, ci trovavi un muso giallo scheletrico, che cercava di farti secco con la pistola. E se era proprio una giornata brutta il muso giallo ci riusciva, o trovavi un filo metallico e tu non stavi attento, e il filo era collegato a un affare che esplodeva all’istante, oppure trovavi un punji, una di quelle trappole con gli aculei spalmati di merda vietnamita che zac, t’avvelenano il sangue.
– Io di giornate brutte non ne non ho mai avute, – disse Russell. – Ho passato quasi due anni in quelle gallerie, mai avuto giornate brutte. Non compravo le Mustang all’ingrosso e non facevo scuola guida agli imbranati, però non mi sono mai capitate giornate brutte.
– Il punto, Scoiattolo, – disse Russell, – è che a quei tempi, quando passavo certe giornate, mica mi garantivano che non me ne sarebbe mai toccata una brutta, chiaro? Io partivo pensando che era solo questione di palle. Non vorrei offenderti o che, ma ho sempre avuto le palle, chiaro? E pensavo, mi sentivo sicuro, perché pensavo che bastavano quelle e io ce le avevo, per cui ero a posto. Poi ti vedo questi due che li portavano fuori in barella, due miei compagni che erano entrati nelle gallerie, e li mettevano nei sacchi verdi, chiaro? E altri due, quando sono usciti non avevano le palle, perché gli aveva detto male, erano entrati dentro ed erano rimasti pure senza uccello, e quel nerofumo, mica ti protegge dai tagli. Quelle cazzo di trappole esplosive è un attimo, e ti fanno a pezzi.
– Cosí ’sta cosa mi ha fatto pensare, – disse Russell. – Non sono un genio, ma c’ho pensato su. E ho capito che insomma, ecco, sono nella merda, non ci piove, e io personalmente non posso farci niente. L’unica cosa che posso fare, ho le palle e anche fortuna, ma l’unica cosa che so è che ho le palle. A me le brutte giornate non mi capitano. Solo non avevo un sistema sicuro. Cosí uscivo da quelle gallerie e sapevo che il giorno dopo mi toccava rientrarci e l’unica cosa che pensavo era, anche oggi l’ho sfangata. Fine. Cosí fumavo qualche spinello. E aiutava.
– Poi ho cominciato a guardare gli altri ragazzi, – disse Russell. – Li vedevo, stavo ancora pensando, e tutti quanti, cioè quasi tutti, piú o meno, fumavano spinelli. Si facevano le canne, no? Ci davano giú pesante, erano un po’ rallentati. Io invece, seguivo la situazione. Vedevo che stava capitando anche a me, come a loro, ne fumavo poca, e lí mi si sono aperti gli occhi, insomma. Anche gli altri, all’inizio, fumavano poco. Cominci a scordarti le cose. Vuoi solo, non ti frega un cazzo di niente, capito? È stranissimo. E poi certi miei compagni avevano pure una certa età, bevevano di brutto. E dopo un po’ stavano davvero male. E non va bene. Ti tremano le mani. Non stai piú attento. Ed entri lí dentro e ci trovi il filo metallico o il muso giallo, be’, o hai il tempo per pensare o se no il tempo non ce l’hai proprio. Non puoi permetterti di andare lento.
– Cosí ho provato l’eroina, – disse Russell. – Qualcosa lo devi prendere. Cosí mi sono procurato un po’ di quella merda bianca e insomma, dopo me la facevo, no? Dopo, quando tornavo fuori. Tanto per quella sera non dovevo rientrarci. All’inizio la tiravo. L’ho presa anche nell’altro modo, un paio di volte, ma di solito la tiravo. Comunque la prendevo, e mi piaceva.
– Lo so, – disse Russell – non è che… ti fa stare da dio, ma in realtà non è che t’aiuta, questo lo sai. Mica ti protegge, mentre sei lí dentro. Ma tanto dentro ci sei già stato, e sei uscito, e ci devi tornare e non ti va di pensarci, magari non riesci a sfangarla, magari entri dentro e a forza di pensare ti giochi la fortuna che hai. Per cui è piacevole, cazzo. Non ti rallenta. Ti fa solo stare bene, e infatti dopo stavo bene.
– Come no, – disse Amato, – e starai bene anche quando saremo pronti a partire con questo lavoretto, la prenderai, ti manderà su di giri, entrerai fatto come una pigna, qualche poveraccio attaccherà a urlare e si beccherà una pallottola, e cosí un lavoretto coi fiocchi che uno con la testa a posto lo portava a casa senza problemi finirà a puttane. È esattamente di questo che ho paura.
– Vedrai che starà bene, John, – disse Frankie.
– Forse sí, – disse Amato. – Ma forse no. Forse non starai bene tu. Nessuno deve farsi male, con questa storia, non c’è nessun motivo. Nessuno deve farsi male, per nessun motivo, né quelli che entrano a fare il colpo né quelli che ci si trovano in quel momento. Si tratta di soldi, solo di soldi, fine. Niente droga, cazzo, o roba che manda il sangue alla testa a tutti quanti. Fosse una cosa che ci puoi riprovare, va bene, qualche rischio lo correrei anche. Potrei pure arruolare due che scazzano e rovinano tutto, prenderli in parola se mi dicono che andrà tutto bene. Per cui d’accordo, entrano, scazzano e rovinano tutto, fa’ conto che è una banca, mica scappa, la settimana prossima sarà lí per altri due con piú cervello. Fatto sta che non è una banca. Eh, no. Se mandate tutto a puttane, ce la siamo giocata, puff. Ci devo riflettere. Voglio essere sicuro. Devo parlare con qualcuno. Mi prenderò un po’ di tempo, e comunque tutto il tempo che posso.
– John, – disse Frankie, – ho bisogno di grana. Sono stato dentro un sacco di tempo e non so dove sbattere la testa. Non puoi pigliarmi per il culo cosí.
– Amico, – disse Amato, – conosci mia moglie? Connie? Fa un maiale arrosto buonissimo. Ripieno, capito come? Una vera bontà. Sere fa mi prepara il maiale arrosto. Prima volta che sono a casa. Non riuscivo a mandarlo giú. Ho detto: «Connie, non cucinarmi mai piú il maiale». Prima invece ci andavo matto, dicevo sempre che era la sua specialità, e mia moglie è una brava cuoca. Ti dico, una cuoca sopraffina. Per questo è una cicciona, le piace mangiare e pure cucinare, cucina benissimo e in piú mangia. «Il bacon», ho detto, «il prosciutto, sono di suino ma non fa niente. Però il maiale arrosto, no. Prepara i fagioli al forno, va bene? Niente maiale. I fagioli sí, li mangio. Il maiale no». E cosí sono andato a un chiosco, quello dei frutti di mare e ho mangiato in macchina, cazzo, ed era… insomma, fino a un mese fa erano quasi sette anni che non mangiavo con la mia famiglia. E ancora mangio giú al chiosco. Ci siamo già giocati un lavoro, te lo ricordi? Avevo scelto il soggetto sbagliato, tutti col pepe al culo, bisognava sbrigarsi e servivano i soldi, e questo e quell’altro, e va’ tranquillo, che è uno fidato, e io non sono mica peggio di voi. Per cui lo arruoliamo, e io me lo sentivo, non m’ispirava proprio quello lí. Non so perché, ma me lo sentivo, che non faceva per noi. Eppure l’ho preso lo stesso. E come volevasi dimostrare avevo ragione, e mi ritrovo a mangiare maiale unto schifoso, tutti i santi giorni, per quasi sette anni, e i miei figli diventano grandi, e la mia attività, d’accordo?, non va proprio a gonfie vele, e intanto io sto in galera e tutto questo non me lo può ridare piú nessuno, no? Per cui adesso i miei pi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Cogan
  3. Dello stesso autore nel catalogo Einaudi
  4. 1.
  5. 2.
  6. 3.
  7. 4.
  8. 5.
  9. 6.
  10. 7.
  11. 8.
  12. 9.
  13. 10.
  14. 11.
  15. 12.
  16. 13.
  17. 14.
  18. 15.
  19. 16.
  20. 17.
  21. 18.
  22. 19.
  23. Il libro
  24. L’autore
  25. Copyright