Ausmerzen
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Ausmerzen

Vite indegne di essere vissute

  1. 192 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Ausmerzen

Vite indegne di essere vissute

Informazioni su questo libro

Dopo lo spettacolo Ausmerzen e il suo successo, anche per rispondere alle domande che lo spettacolo stesso aveva creato, Marco Paolini si è immerso per un anno nella scrittura, rielaborando e tessendo in narrazione una mole enorme di dati, alcuni dei quali - tra i piú sconvolgenti - quasi sconosciuti.
L'interrogazione su eugenetica, scienza ed etica, e sulle politiche del potere si fonde nel racconto. Un narratore appassionato, pieno di sdegno e pudore, e non privo di humour, ci consegna cosí un libro di feroce potenza, destinato a diventare necessario. Per tutti. *** «Questa è la storia di uno sterminio di massa conosciuto come Aktion T4. T4 sta per Tiergartenstraße numero 4, un indirizzo di Berlino. Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passati per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come "vite indegne di essere vissute"...
Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito». Marco Paolini, Ausmerzen

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2012
Print ISBN
9788806210175
eBook ISBN
9788858406052

Luogo per sanare e curare

di Mario Paolini

Uno

Ausmerzen ha un suono dolce e un’origine popolare. È una parola di pastori, sa di terra, ne senti l’odore. Ha un suono dolce ma significa qualcosa di duro, che va fatto a marzo.
Prima della transumanza, gli agnelli, le pecore che non reggono la marcia vanno soppressi.
Alla fine della Belle Époque, meno di cento anni fa, i dottori dell’Eugenetica prendono due strade: per gli inglesi si tratta di to eradicate illness, sradicare la malattia; per i tedeschi diventa ausmerzen, sopprimere i deboli.
Forse è utile rileggere il passaggio di Primo Levi sul Doktor Pannwitz:
[…] quando io sono stato di nuovo un uomo libero, ho desiderato di incontrarlo ancora, e non già per vendetta, ma solo per una mia curiosità dell’anima umana.
Perché quello sguardo non corse fra due uomini; e se io sapessi spiegare a fondo la natura di quello sguardo, scambiato come attraverso la parete di vetro di un acquario tra due esseri che abitano mezzi diversi, avrei anche spiegato l’essenza della grande follia della terza Germania.
Quello che tutti noi dei tedeschi pensavamo e dicevamo si percepí in quel momento in modo immediato. Il cervello che sovrintendeva a quegli occhi azzurri e a quelle mani coltivate diceva: «Questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere che è ovviamente opportuno sopprimere»1.
Il Doktor Pannwitz era un ingegnere chimico che esaminava dei candidati per il reparto polimerizzazione. Era solo un ingegnere chimico. Era solo un civile, faceva il suo mestiere. Però lo faceva ad Auschwitz e per farlo aveva dovuto soltanto smettere di pensare, di farsi domande scomode.
Da bambino sentivo il rumore dei pensieri altrui. Certe persone sembravano incapaci di pensare parole intere, altre facevano rumori. Immaginavo il suono del loro cervello. Era un gioco, ma faceva paura. Certe volte era un rantolo, altre volte un ronzio come la radio fuori frequenza. Leggendo Levi ho sentito il rumore del cervello del Doktor Pannwitz. Suonava, era senza parole ma suonava come un telefono fisso, suonava a vuoto.
Questa è la storia di uno sterminio di massa di cui si parla solo in certi convegni di psichiatria.
Ci sarà un motivo per cui altrove non se ne parla?
Credo sia perché sappiamo che ci fu uno sterminio, lo sappiamo già che c’erano i campi di sterminio. I dettagli non ci interessano piú perché la sostanza non cambia. È roba che fa star male, ci vuole uno sforzo per rimetterci mano. I nazisti, il male, la guerra… vien da dire basta prima di cominciare.
La sola ragione valida che ho trovato per raccontare ancora questa storia oggi è che ho sentito il rumore del cervello del Doktor Pannwitz. Ma non era soltanto nella sua testa.
Questa è la storia di uno sterminio di massa conosciuto come Aktion T4.
T4 sta per Tiergartenstraße numero 4, via del Giardino zoologico numero 4, un indirizzo di Berlino.
Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passati per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come «vite indegne di essere vissute».
Anche per loro mentre morivano vi fu uno sguardo «come attraverso la parete di vetro di un acquario, uno sguardo tra due esseri che abitano mezzi diversi».
Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono a morire dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito.
1 P. LEVI, Se questo è un uomo [1958], Einaudi, Torino 2005.

Due

Kaufbeuren-Irsee. Svevia. Inizio luglio 1945.
Al centro del paese, il grande edificio ottocentesco dell’ospedale è ancora dipinto di nero per i bombardamenti. Il cartello davanti alla facciata recita: «Luogo per sanare e curare». Recita.
Altri cartelli in inglese portano la scritta «Off-limits», li hanno messi i militari che occupano il paese.
Per sanare e curare chi?
Kaufbeuren è un grande ospedale psichiatrico del Sud della Germania, a novantacinque chilometri da Monaco. Può ospitare tremila persone.
Irsee è una filiale dell’ospedale, ubicata a pochi chilometri dal centro principale. È un edificio barocco con saloni parzialmente affrescati, un castello-convento.
Oggi è un centro convegni immerso nei boschi, ma è stato conservato il vecchio obitorio con il forno crematorio.
La direzione è restia a concedere visite ai curiosi non interessati ai convegni, ma con qualche insistenza e una astronomica cauzione per le chiavi del piccolo edificio, si può accedere al luogo.
È da questo minuscolo obitorio che si deve partire. Qui, all’inizio di luglio del ’45 arriva la cavalleria degli Stati Uniti. A dire il vero erano già lí da piú di due mesi, ma non avevano ancora messo piede nell’ospedale e nella filiale. Forse rispettavano solo l’off-limits da loro stessi imposto.
Nell’obitorio trovano corpi smagriti che somigliano terribilmente a quelli rinvenuti nei campi di sterminio, corpi buttati via. L’obitorio non è refrigerato, ci sono persone morte da dodici ore, altre da due o tre giorni, pesano tra i ventisette e i trentatre chili ciascuna. Anche i vivi, ricoverati nei letti a Irsee, sono denutriti, di magrezza cadaverica. Nei reparti la tubercolosi è dilagante e anche ogni tipo di parassita.
Il medico che li accompagna nelle visite ai reparti femminili ha una gamba di legno. Non appena sentono il ticchettio le ricoverate scattano in piedi facendo il saluto nazista. Il dottore, piú infastidito che imbarazzato, si fa largo tra loro spintonandone alcune; quando gli ufficiali americani lo bloccano e invitano le donne a sedersi, lui si sgonfia come un pallone e le donne ridono di lui. Lo sanno; adesso e solo adesso sono liberate anche loro o quasi: dal manicomio è difficile uscire.
Dopo la visita all’ospedale quegli ufficiali fanno rapporto ai superiori; questa è la lettera d’accompagnamento:
Distaccamento F1F3
ECAR [terzo reggimento affari civili] - APO 658
5 luglio 1945
OGGETTO: Clinica di Kaufbeuren, Svevia
A: SMGO, Dst F1H2
1. Sollecito la vostra attenzione sull’allegato rapporto e sulle fotografie riguardanti le condizioni dell’ospedale psichiatrico di Kaufbeuren.
2. Dell’esistenza di tali condizioni sono stati informati l’ufficiale delle pubbliche relazioni e l’ufficio sanitario, in data 2 luglio. Due sottufficiali dell’ufficio pubbliche relazioni sono stati incaricati appositamente di investigare sui fatti. Quando è stata scoperta la situazione dell’istituto, essi hanno subito fatto i passi necessari, hanno informato l’ufficiale della polizia militare, hanno affidato il caso al distaccamento locale del governo militare e sono ritornati a Monaco con il loro rapporto.
3. Alcuni rappresentanti della stampa sono venuti a conoscenza della vicenda. Sono stati informati direttamente dall’ufficio delle pubbliche relazioni sui dettagli, ed è stato consigliato loro di non mettere in risalto la logica deduzione di una noncuranza delle forze armate americane visto che tale vicenda ha continuato a svolgersi per oltre due mesi dopo l’occupazione della città. La storia ha ricevuto grande pubblicità sulla stampa americana e inglese sin dalla sera del 4 luglio. I dettagli sono stati ampiamente riferiti questa mattina alla Bbc (06:00 ora di Greenwich, 31 metri).
4. Si richiede l’inoltro del presente rapporto per informazione agli interessati e per l’assunzione di appropriati provvedimenti.
W.H. Kurtz
Tenente colonnello di cavalleria
Comandante2
Quello che segue è l’allegato rapporto (la data è di tre giorni prima, la grana con i giornalisti è scoppiata evidentemente prima che il colonnello potesse mandare il rapporto ai suoi superiori…)
Kaufbeuren, Baviera, 2 luglio
Un vero e proprio centro di sterminio ha funzionato sino a questa data a meno di mezzo miglio dal reparto di controspionaggio del governo militare e della polizia militare in questa idilliaca cittadina sveva e in pratica ogni abitante era perfettamente informato del fatto che esseri umani venivano utilizzati come cavie e massacrati sistematicamente. I responsabili e i collaboratori passivi coinvolti non sono in alcun modo coscienti dei loro crimini, si tratta di tedeschi e non di nazisti. Tra di loro vi sono suore cattoliche. La capoinfermiera, che ha confessato senza alcuna coercizione, ha dichiarato di aver assassinato “approssimativamente” 210 bambini nel corso di due anni con iniezioni intramuscolari, e ha solo domandato: «Mi accadrà qualcosa?»
[omissis]
[…] Il direttore, dottor Valentin Faltlhauser, alto consigliere medico – grado civile comparabile grosso modo a quello di colonnello – sin dal 1919, di sessantanove anni d’età, è stato arrestato. Il dottor Lothar Gärtner, suo vice, di quarantatre anni e dal 1° gennaio 1930 in servizio presso l’istituto, si è tolto la vita impiccandosi con il cavo elettrico della sua lampada da letto. Sono stati arrestati altri tre medici, l’addetto all’approvvigionamento alimentare, Franziska Vill, segretaria del dottor Faltlhauser e amante del dottor Gärtner. L’impiegata Tilde Reichert, iscritta al Partito nazista, non è rintracciabile.
La capoinfermiera del reparto infantile, sorella Wörle, ha ammesso di aver avvelenato o ucciso, con iniezioni intramuscolari, «almeno 211 bambini», e di avere ricevuto per questa attività un’indennità mensile di trentacinque marchi tedeschi. Anche la sorella Olga Rittler è stata arrestata: con un gelido ghigno stampato sul viso, ha ammesso di aver avvelenato «almeno dalle 30 alle 40 persone». Alla domanda se fosse cristiana e credente, ha risposto sfrontata: «Sono luterana, e questa è una faccenda privata che non vi riguarda affatto».
L’ultimo bambino è stato ucciso da Wörle il 29 maggio 1945, trentatre giorni dopo che le truppe americane ebbero occupato Kaufbeuren. La cartella clinica di questo bambino di quattro anni, Richard Jenne, è allegata (Richard era figlio di un operaio di Ihringen, in Baviera. La causa di morte ufficialmente dichiarata fu la polmonite. Dai registri la polmonite è risultata come la piú frequente causa di morte).
I principali metodi di sterminio praticati sia a Kaufbeuren sia nella sede distaccata di Irsee, che conteneva un reparto speciale femminile, sono:
1. la denutrizione indotta scientificamente;
2. la somministrazione di farmaci.
La prima categoria può essere articolata ancora come segue: i pazienti venivano suddivisi in due gruppi, quelli a cui veniva somministrata una dieta di rapido deperimento e quelli a cui veniva somministrata una dieta di lento deperimento. La dieta di rapido deperimento uccideva i pazienti in tre mesi, mentre il metodo lento comportava un tempo considerevolmente piú lungo.
L’avvelenamento consisteva principalmente nell’iniezione intramuscolare di scopolamina, seguita dall’assunzione tramite cibo e bevande di Luminal oppure di Veronal. Entrambi questi farmaci sono dei sedativi e l’assunzione in dosi massicce provoca la morte in due o cinque giorni. In questo lasso di tempo di solito i pazienti contraevano la polmonite o altre malattie polmonari. In tal caso venivano registrate queste ultime come causa di morte. Ai pazienti piú resistenti venivano somministrate dosi rinforzate di entrambi i veleni. In altre parole, chi sopravviveva all’assunzione del Luminal riceveva subito un’iniezione di scopolamina. Cosí è stato spontaneamente confessato dalla Wörle.
I farmaci venivano consegnati al dottor F. direttamente da Berlino.
I pazienti provenivano da ogni angolo della Germania, e nella maggior parte dei casi erano di nazionalità tedesca. Nelle cartelle cliniche dei pazienti sono state trovate alcune lettere strazianti di richieste di informazioni provenienti da genitori e parenti. Come metodo l’istituto, poco prima che fosse commesso l’omicidio, inviava un telegramma al parente piú prossimo informandolo sulle peggiorate condizioni cliniche del paziente. Alcuni giorni piú tardi, l’istituto informava il parente che il paziente era stato seppellito nel vicino cimitero di Kaufbeuren, o che era stato cremato nel crematorio adiacente all’obitorio.
L’ammontare esatto delle vittime «trattate» nell’istituto e nella sezione staccata non è quantificabile, dato che Faltlhauser e Reichert, il cassiere dell’istituto, hanno bruciato i documenti prima dell’arrivo delle truppe americane […]3.
In realtà non tutto era stato bruciato.
Era forse un po’ pessimista il colonnello Kurtz.
...

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