Novella degli scacchi
eBook - ePub

Novella degli scacchi

  1. 88 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Novella degli scacchi

Informazioni su questo libro

Chi è lo sconosciuto in grado di tenere testa al grande Czentovic, il campione del mondo di scacchi? Dice il vero, quando sostiene di non giocare da più di venti anni? Quale mistero nasconde in realtà quest'enigmatico giocatore?
Scritto pochi mesi prima che Zweig si suicidasse nella città brasiliana di Petrópolis, Novella degli scacchi è una inquietante favola, «un piccolo contributo - come sostiene con dolorosa ironia il protagonista - a questa nostra epoca così grande e soave». *** «Fra i due si instaurò di colpo un rapporto diverso; una pericolosa tensione, un odio appassionato. Ormai non erano più due persone che volevano mettere alla prova la propria perizia nel gioco, erano due nemici che avevano giurato di distruggersi a vicenda».

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Novella degli scacchi di Stefan Zweig, Enrico Ganni in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
Print ISBN
9788806215651
eBook ISBN
9788858408384

Novella degli scacchi

Sul grande piroscafo passeggeri che a mezzanotte avrebbe lasciato New York diretto a Buenos Aires, regnava la frenetica operosità tipica dell’ultima ora. Gli accompagnatori destinati a tornare sulla terraferma si facevano largo per scortare gli amici, i boys con i berretti messi di sbieco correvano da un salone all’altro scandendo nomi, si portavano valigie e fiori, bambini curiosi salivano e scendevano scale, e intanto l’orchestra continuava imperturbabile a suonare per il deck show. Io stavo conversando con un conoscente sul ponte di passeggio, un po’ in disparte da quel trambusto, quando accanto a noi la luce di un lampo balenò intensa due o tre volte: evidentemente poco prima della partenza alcuni reporter avevano fatto in tempo a intervistare e fotografare un qualche personaggio famoso. Il mio amico gettò un’occhiata da quella parte e sorrise. – Avete a bordo Czentovič, un personaggio davvero singolare –. E siccome io dovevo avere l’aria di non afferrare la notizia, aggiunse a mo’ di spiegazione: – Mirko Czentovič, il campione mondiale di scacchi. Ha attraversato l’America da una costa all’altra, disputando tornei, e adesso va in Argentina in cerca di nuovi trionfi.
In quel momento in effetti mi ricordai del giovane campione del mondo e persino di alcuni dettagli della sua vertiginosa carriera; il mio amico, piú attento di me nel leggere i giornali, seppe integrarli con una serie di aneddoti. Circa un anno prima, Czentovič si era di colpo collocato accanto ai vari Alechin, Capablanca, Tartakover, Lasker, Bogoljubov, i piú valenti e sperimentati maestri nell’arte degli scacchi; dal 1922, da quando Rzeszewski, l’enfant prodige, a soli sette anni si era distinto in occasione del torneo di New York, mai l’irruzione di un perfetto sconosciuto nella gloriosa corporazione aveva suscitato tanto generalizzato scalpore. Perché le qualità intellettuali di Czentovič non facevano in alcun modo presagire una cosí fulgida carriera. Ben presto si venne a sapere che, nella vita privata, il Maestro in nessuna lingua sapeva scrivere una frase senza errori di ortografia, e come ebbe a dire con feroce sarcasmo uno dei suoi indispettiti colleghi: «La sua ignoranza era in ogni ambito parimenti universale». Era figlio di un poverissimo slavo meridionale, battelliere sul Danubio, il quale con la sua barchetta una notte era stato investito da un piroscafo che trasportava granaglie; dopo la morte del genitore l’allora dodicenne era stato accolto per misericordia dal curato di quello sperduto villaggio, e il buon prete si era onestamente adoperato, con ripetizioni a casa, affinché quel ragazzino taciturno, ottuso, dalla fronte squadrata recuperasse quanto non riusciva a imparare a scuola.
Ma gli sforzi si erano rivelati vani. Anche dopo la centesima spiegazione, Mirko continuava a fissare senza alcuna partecipazione le lettere dell’alfabeto; il suo cervello lavorava lentamente ed era privo di qualsiasi capacità ricettiva anche nelle materie piú semplici. A quattordici anni, quando faceva di conto doveva ogni volta ricorrere alle dita, e leggere un libro o un giornale per l’adolescente rappresentava ancora uno sforzo straordinario. D’altro canto, non si poteva dire che fosse svogliato o riottoso. Eseguiva docilmente quanto gli veniva chiesto, andava a prendere l’acqua, spaccava la legna, lavorava nei campi, riassettava la cucina ed eseguiva, sia pure con esasperante lentezza, qualsiasi incarico gli fosse affidato. Ciò che di quel ragazzo balzano piú infastidiva il buon curato, però, era la sua totale mancanza di iniziativa. Non faceva nulla a meno che non gli venisse esplicitamente richiesto, non poneva mai domande, non giocava con i coetanei e, se non gli veniva ordinato, di sua volontà non cercava nessuna occupazione; una volta sbrigate le faccende di casa, Mirko se ne stava ottusamente seduto da qualche parte nella stanza, con lo sguardo vacuo che hanno anche le pecore al pascolo, senza prendere minimamente parte a quanto avveniva intorno a lui. La sera, mentre il curato, fumando pacificamente la lunga pipa da contadino, faceva le solite tre partite a scacchi con il maresciallo della Gendarmeria, il giovane dai capelli a ciocche bionde restava accoccolato in silenzio a fissare la scacchiera da sotto le pesanti palpebre, all’apparenza assonnato e indifferente.
Una sera d’inverno, mentre i due amici erano immersi nella loro consueta partita, sulla strada del villaggio si sentirono risuonare sempre piú rapide le campanelle di una slitta. Un contadino con il berretto spruzzato di neve entrò precipitosamente nella stanza, spiegò che la vecchia madre era in fin di vita e pregò il curato di affrettarsi per poterle ancora impartire l’estrema unzione. Il curato lo seguí senza esitare. Il maresciallo, che non aveva finito il suo bicchiere di birra, prima di congedarsi si accese nuovamente la pipa e stava appunto per calzare i pesanti stivaloni, quando si accorse che Mirko aveva lo sguardo incollato alla scacchiera con la partita non ancora conclusa.
– Beh, vuoi finirla tu? – scherzò, convintissimo che quel sonnacchioso ragazzo non sarebbe stato in grado di muovere correttamente nemmeno un pezzo. Mirko alzò timidamente lo sguardo, poi annuí e si sedette al posto del curato. Dopo quattordici mosse il maresciallo era sconfitto, e doveva ammettere che quell’insuccesso non era stato determinato da una svista, da una distrazione. La seconda partita non ebbe esito diverso.
– L’asina di Balaam! – esclamò stupito il curato quando fece ritorno, spiegando poi al maresciallo, meno saldo di lui nella conoscenza della Bibbia, che già duemila anni prima si era verificato il miracolo di un essere muto che all’improvviso aveva trovato la lingua della saggezza. Nonostante l’ora tarda, il curato non resistette alla tentazione di sfidare il suo famulo semianalfabeta. Mirko lo sconfisse facilmente. Tenace, lento e imperturbabile, durante la partita non alzò mai l’ampia fronte dalla scacchiera. Ma giocò con innegabile sicurezza; nei giorni successivi i due amici contro di lui non riuscirono a vincere nemmeno una partita. A quel punto il curato, che meglio di chiunque altro sapeva giudicare la generale arretratezza del suo allievo, fu curioso di scoprire se e quanto quel peculiare e specifico talento avrebbe potuto tenere testa a una piú severa verifica. Portò Mirko dal barbiere del villaggio, per renderlo quanto meno presentabile gli fece tagliare gli arruffati capelli biondo paglia e lo condusse in slitta nella piccola città vicina, dove nel cantuccio di un caffè sulla piazza principale era certo di trovare alcuni entusiastici giocatori con i quali lui per esperienza sapeva di non poter competere. La cerchia di habitué si stupí non poco quando il parroco sospinse nel caffè quel quindicenne biondo e dalle guance rubizze, con i pesanti stivaloni e la giubba di montone; il ragazzo restò fermo in un angolo con gli occhi timidamente abbassati sino a quando non venne chiamato a uno dei tavoli. Poiché con il buon curato non aveva mai visto la difesa siciliana, Mirko perse la prima partita. Impattò però la seconda, già contro il giocatore migliore. E dalla terza e dalla quarta in poi, sconfisse tutti, l’uno dopo l’altro.
Ora, in una cittadina delle province slave meridionali molto di rado succedono cose eccitanti; per i notabili convenuti, la prima esibizione di quel rustico campione divenne quindi all’istante un evento sensazionale. All’unanimità si decise che l’enfant prodige doveva assolutamente restare in città sino al giorno seguente, affinché fosse possibile chiamare a raccolta gli altri membri del club e soprattutto avvisare, nel suo castello, il vecchio conte Simczič, un fanatico degli scacchi. Il curato, che considerava il suo pupillo con orgoglio del tutto inedito, ma che nonostante la gioia per quella scoperta non intendeva trascurare il proprio dovere ed era deciso a celebrare la funzione domenicale, si dichiarò disposto a tornare a casa da solo, cosí che Mirko potesse affrontare una ulteriore prova. Il giovane Czentovič venne alloggiato nell’albergo a spese del gruppo di scacchisti e quella sera vide per la prima volta un gabinetto ad acqua. Il pomeriggio successivo, domenica, la sala era piena all’inverosimile. Mirko restò seduto immobile per quattro ore davanti alla scacchiera, senza dire una parola e senza nemmeno alzare lo sguardo, e sconfisse un giocatore dopo l’altro; alla fine venne proposta una simultanea. Ci volle un po’ per spiegare all’ignaro che in un incontro di questo tipo lui doveva affrontare da solo piú sfidanti. Ma non appena ebbe capito la procedura, Mirko si trovò a proprio agio e, passando lentamente di tavolo in tavolo con le sue grosse scarpe scricchiolanti, alla fine vinse sette partite su otto.
A quel punto ebbero inizio grandi consultazioni. Sebbene il nuovo campione non fosse in senso stretto un abitante del paese, si era però ormai acceso l’orgoglio patriottico locale. Finalmente la cittadina, della cui esistenza sulla carta geografica pochi si erano accorti sino ad allora, avrebbe, per la prima volta, avuto l’onore di inviare per il mondo un uomo famoso. Un agente di nome Koller, che abitualmente procurava solo canzonettiste e cantanti per il varietà della guarnigione, si dichiarò disposto, a condizione che fosse garantito il sussidio per un anno, a fare sí che un maestro viennese di sua conoscenza, non di primo piano ma comunque eccellente, usasse la propria competenza per istruire il giovane nell’arte degli scacchi. Il conte Simczič, che in sessant’anni di pratica quotidiana non aveva mai affrontato un avversario cosí singolare, sottoscrisse subito l’importo. Quel giorno ebbe inizio la straordinaria carriera del figlio del barcaiolo.
In sei mesi Mirko si appropriò di ogni segreto della tecnica del gioco, sia pure con un insolito limite che fra gli addetti ai lavori in seguito venne molto discusso e schernito. Czentovič infatti non riuscí mai a giocare una sola partita a memoria, o alla cieca come si dice in gergo. Gli faceva completamente difetto la facoltà di collocare il campo di battaglia nello spazio sconfinato della fantasia. Doveva sempre avere concretamente davanti a sé la scacchiera con le sessantaquattro case e i trentadue pezzi; anche quando ormai aveva raggiunto fama universale, portava sempre con sé una scacchiera pieghevole per potersi raffigurare visivamente la posizione quando voleva ricostruire una partita dei grandi campioni o risolvere per conto proprio un problema. Questo limite tutto sommato di poco conto era però sintomatico di una mancanza di capacità immaginativa e in quell’ambiente ristretto veniva discusso con accanimento, all’incirca come se, in campo musicale, un eminente virtuoso o un direttore d’orchestra si fosse dimostrato incapace di suonare o dirigere senza avere davanti agli occhi lo spartito aperto. La strana peculiarità di Mirko tuttavia non ne rallentò in alcun modo la stupefacente ascesa. A diciassette anni aveva già vinto una decina di premi, a diciotto il titolo ungherese, a venti infine era campione del mondo. I piú audaci maestri, ciascuno dei quali a lui incommensurabilmente superiore per ingegno, fantasia e ardimento, soccombevano alla sua logica tenace e fredda, come Napoleone al lento Kutuzov, come Annibale a Fabio Massimo, il Temporeggiatore, di cui Livio narra che durante l’infanzia erano emersi marcati tratti di flemma e scarso acume analoghi a quelli di Mirko. Fu cosí che nell’illustre galleria dei maestri di scacchi, dove si ritrovano le piú diverse tipologie di superiorità intellettuale – filosofi, matematici, personalità portate al calcolo, all’immaginazione e spesso alla creatività – per la prima volta irruppe un individuo del tutto estraneo alla sfera intellettuale, uno zotico goffo e taciturno al quale nemmeno il cronista piú scaltro fu mai capace di cavare una qualche frase utilizzabile in un articolo. All’assenza di ben torniti giudizi destinati ai giornali, Czentovič supplí tuttavia ben presto, e in abbondanza, con aneddoti sulla sua persona. Perché nell’istante in cui lasciava la scacchiera, dove era un campione senza pari, Czentovič diventava irrimediabilmente una figura grottesca e quasi comica; a dispetto del solenne abito scuro, della sfarzosa cravatta con una spilla di...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Novella degli scacchi
  4. Il libro
  5. L’autore
  6. Copyright