Meridiano di sangue
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Meridiano di sangue

  1. 352 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Meridiano di sangue

Informazioni su questo libro

In questo romanzo, siamo al confine tra Stati Uniti e Messico nel 1850, una banda di cacciatori di scalpi lascia dietro di sé una scia di sangue, sullo sfondo di una natura grandiosa e impassibile. Lì comanda il corpulento giudice Holden, "enorme, bianco e glabro come un infante smisurato": un predicatore e filosofo dei deserti che trascina con sé una corte di spostati, mezzosangue e reietti armati fino ai denti, in una spirale di ferocia e morte. Con loro c'è anche un ragazzo quattordicenne: sarà quella la sua iniziazione alle spietate leggi del West, tra agguati, lunghe marce, bivacchi desolati, notti di bagordi.
È il mistero del Male e della violenza la grande ossessione di McCarthy, che fa lievitare le sue storie d'orrore ad altezze epiche, sulle orme di Faulkner, cui la critica lo ha spesso avvicinato.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2012
Print ISBN
9788806184506
eBook ISBN
9788858407042
Argomento
Literature

Capitolo ventitreesimo

Sulle pianure del Texas settentrionale – Un vecchio cacciatore di bisonti – I branchi millenari – I raccoglitori di ossa – Notte nella prateria – I visitatori – Orecchie di Apache – L’ostilità di Elrod – Uccisione – Il morto è portato via – Fort Griffin – L’Alveare – Uno spettacolo – Il giudice – Uccisione di un orso – Il giudice parla dei vecchi tempi – Preparativi per il ballo – Il giudice sulla guerra, sul destino, sulla supremazia dell’uomo – La sala da ballo – La puttana – La latrina e quello che c’era dentro – Sie müssen schlafen aber ich muß tanzen.

Nel tardo inverno del milleottocentosettantotto era nelle pianure del Texas settentrionale. Attraversò il Double Mountain Fork e il Brazos River una mattina in cui un sottile velo di ghiaccio copriva la sponda sabbiosa, e si inoltrò in una buia foresta nana di alberi di mesquite neri e contorti. Quella notte si accampò in un altopiano dove un albero spezzato dal fulmine faceva da frangivento. Aveva appena acceso il fuoco quando ne vide un altro nel buio della prateria. Anche quello si torceva al vento, e anche quello riscaldava un solo uomo.
Era un vecchio cacciatore, e divise con lui il tabacco e gli raccontò dei bisonti e dei suoi appostamenti, sdraiato in un’insellatura del terreno o su un rialzo, con gli animali morti sparsi a terra e il branco che cominciava a girare in tondo e la canna del fucile cosí bollente che le pezze con cui ne puliva l’anima sfrigolavano, e gli animali a migliaia e decine di migliaia, e le pelli stese e fissate a pioli per intere miglia quadrate di terreno, e le squadre degli scuoiatori che si alternavano al lavoro dalla mattina alla sera, e tutto quello sparare, settimane e mesi passati a sparare finché l’anima del fucile non diventava liscia liscia e il calcio si allentava nel punto d’innesto e le spalle erano gialle e bluastre fino ai gomiti, e i carri accoppiati si allontanavano cigolando sulla prateria trainati da venti o ventidue buoi, e le pelli dure come pietra a tonnellate e centinaia di tonnellate, e la carne che restava a marcire sul terreno e l’aria ronzante di mosche, e gli avvoltoi e i corvi, e di notte un pandemonio di ringhi e rumore di mascelle, coi lupi che si rotolavano fra le carogne mezzo impazziti.
Ho visto carri Studebaker con tiri da sei e da otto buoi arrivare sui territori di caccia, ed erano carichi solo di piombo. Nient’altro che pura galena. A tonnellate. Solo nel territorio fra l’Arkansas River e il Concho c’erano otto milioni di carcasse, perché questo fu il numero delle pelli che arrivarono alla ferrovia. Due anni fa siamo partiti da Griffin per un’ultima battuta. Abbiamo rovistato il paese da cima a fondo. Sei settimane. Alla fine abbiamo trovato un branco di otto bestie e le abbiamo ammazzate e siamo tornati. Sono spariti. Tutti quelli che Dio ha creato sono spariti come se non ci fossero mai stati.
Le faville sfilacciate volavano via col vento. Intorno a loro la prateria era muta. Lontano dal fuoco faceva freddo e la notte era chiara e le stelle cadevano. Il vecchio cacciatore si mise addosso la coperta. Chissà se ci sono altri mondi come questo, disse. O se questo è l’unico.
Cavalcava da tre giorni in un paese che non aveva mai visto quando si imbatté nei raccoglitori di ossa. La pianura era arida e sembrava bruciata, e i piccoli alberi erano neri e deformi e abitati da corvi, e dappertutto c’erano gruppi disordinati di sciacalli e le ossa incrinate e sbiancate dal sole dei bisonti ormai scomparsi. Smontò e condusse a mano il cavallo. Qua e là, negli archi delle costole, si scorgevano dischi piatti di piombo annerito, simili ad antichi medaglioni di un ordine dedito alla caccia. In lontananza pesanti carri avanzavano con un secco cigolio, trainati lentamente da tiri di buoi. I raccoglitori ci buttavano dentro le ossa ammucchiate, abbattendo a pedate le architetture calcinate, spaccando a colpi d’accetta le grandi casse toraciche. Le ossa sbatacchiavano nei carri, che procedevano lenti nella polvere bianca. Li guardò passare, cenciosi, sudici, i buoi spelacchiati e spiritati. Nessuno gli rivolse la parola. In lontananza vedeva una colonna di carri procedere verso nordest con grandi e vacillanti carichi d’ossa, e piú a nord altri raccoglitori all’opera.
Rimontò in sella e riprese il cammino. Le ossa erano state ammucchiate in andane alte tre metri e lunghe centinaia, oppure in grandi colline coniche che portavano in cima l’insegna o il marchio del proprietario. Superò uno di quei goffi carretti, con un ragazzo che guidava il tiro a cavalcioni del bue di testa strattonando una corda e distribuendo bacchettate con un frustino da cavallerizzo. Due giovani seduti a gambe incrociate in cima a una montagna di crani e ossa pelviche lo osservarono con occhi maliziosi.
Quella notte i fuochi dei raccoglitori punteggiarono la pianura, e lui sedette con la schiena al vento e bevve da una borraccia militare e mangiò per cena una manciata di grano secco. Da ogni angolo di quelle distese risuonavano a turno i guaiti e gli uggiolii dei lupi affamati, e a nord il lampo silenzioso disegnava una lira spezzata sul buio margine del mondo. L’aria odorava di pioggia ma la pioggia non cadde, e i carretti carichi d’ossa passavano cigolando nella notte come navi oscurate, e lui sentiva l’odore dei buoi e il loro respiro. L’odore rancido delle ossa era dappertutto. Verso mezzanotte un gruppo di raccoglitori gli gridò un saluto mentre se ne stava seduto davanti ai tizzoni ardenti.
Venite, disse lui.
Emersero dal buio, una banda di scontrosi miserabili vestiti di pelli. Avevano vecchie pistole militari, tranne uno che possedeva un fucile da bisonti, e non portavano giacche, e uno di loro calzava degli stivali verdi di pelle greggia tolta interamente dai garretti di qualche animale, con le dita dei piedi tenute insieme da un tendine.
’sera, straniero, gridò il piú vecchio fra quei ragazzini.
Li guardò. Erano in quattro piú un bamboccio ancora in crescita, e andarono a disporsi al margine del cerchio di luce.
Venite, disse.
Si fecero avanti strascicando i piedi. Tre sedettero a gambe incrociate e due rimasero in piedi.
Dov’è il vostro equipaggiamento? disse uno.
Non è venuto per le ossa.
Non avete per caso del tabacco da masticare, no?
Scosse la testa.
Neanche un po’ di whisky, non so.
Non aveva whisky.
Dove siete diretto, mister?
Siete diretto a Griffin?
Li scrutò da capo a piedi. Sí, disse.
Ci andate per le puttane, scommetto.
Non ci sta andando per le puttane.
È pieno di puttane, a Griffin.
Diavolo, probabilmente è stato a Griffin piú volte di te.
Siete stato a Griffin, mister?
Non ancora.
Pieno di puttane. Proprio pieno zeppo.
Dicono che ci si può beccare lo scolo anche a un giorno di cavallo dalla città, quando il vento gira giusto.
Vanno a mettersi su un albero davanti a quel posto dove stanno, e se guardi su vedi le mutande. Un pomeriggio verso sera ne ho contate otto su quell’albero. Sedute lassú come negri a fumare sigarette e a chiamare chi passa.
Dicono che è la città piú peccaminosa di tutto il Texas.
È un posto dove non ci mettono molto ad ammazzarti, meglio stare alla larga.
Ti sfregiano col coltello. Tutte le cattiverie peggiori che possono venirti in mente.
Li guardò uno a uno. Allungò una mano e prese un rametto e attizzò il fuoco, poi lo gettò fra le fiamme. E la cattiveria a voi piace? A tutti? disse.
No, a noi non va.
E il whisky vi piace?
Parla tanto per parlare. Non è un bevitore di whisky.
Diavolo, l’hai visto bere che non sarà un’ora.
L’ho visto anche vomitarlo. Cos’è quella cosa che avete intorno al collo, mister?
Staccò il vecchio scapolare dal davanti della camicia e lo guardò. Sono orecchie, disse.
Sono cosa?
Orecchie.
Che genere di orecchie?
Tirò il filo di cuoio e abbassò gli occhi per guardarle. Erano perfettamente nere e dure e secche, e non avevano nessuna forma.
Umane, disse. Orecchie umane.
Non è vero, disse quello col fucile.
Non dargli del bugiardo, Elrod, è capace di spararti. Vediamole, quelle orecchie, mister, se non vi dispiace.
Si tolse lo scapolare facendolo passare sopra la testa e lo porse al ragazzo che aveva parlato. Gli si accalcarono intorno e tastarono quegli strani pendenti essiccati.
Negri, vero? dissero.
Tagliavano le orecchie ai negri, cosí li riconoscevano quando scappavano.
Quante ce n’è, mister?
Non lo so. Erano un centinaio.
Sollevarono lo scapolare e lo rigirarono alla luce del fuoco.
Orecchie di negri, perdio.
Non sono negri.
No?
No.
Cosa sono?
Indiani.
Col cavolo.
Elrod, ti abbiamo avvertito.
Come fanno a essere cosí nere se non sono di negri.
Sono diventate cosí. Si sono annerite. Piú nere di cosí non possono diventare.
Dove le avete prese?
Ha ammazzato quei figli di puttana. Vero, mister?
Eravate uno scout nelle praterie, eh?
Ho comprato queste orecchie in California, in un saloon, da un soldato che non aveva soldi per bere.
Allungò la mano e si riprese lo scapolare.
Storie. Scommetto che è stato uno scout nella prateria e che li ha ammazzati lui dal primo all’ultimo, quei figli di puttana.
Il ragazzo di nome Elrod seguí i trofei con il mento e annusò l’aria. Non capisco cosa volete farci con quelle cose, disse. Io non le vorrei.
Gli altri lo guardarono incerti.
Non sapete da dove vengono quelle orecchie. Quel tizio da cui le avete comprate magari ha detto che erano di indiani, ma questo non dimostra niente.
L’uomo non rispose.
Potrebbero essere orecchie di cannibali o di qualunque altra specie di negri stranieri. Mi hanno detto che a New Orleans si possono comprare intere teste. Le portano i marinai, e le trovi in vendita dalla mattina alla sera per cinque dollari, quelle teste.
Sta’ zitto, Elrod.
L’uomo se ne stava seduto con la collana fra le mani. Non erano cannibali, disse. Erano Apache. Conoscevo l’uomo che le ha tagliate. Lo conoscevo e ho cavalcato con lui e l’ho visto impiccato.
Elrod guardò gli altri e sogghignò. Apache, disse. Scommetto che questi Apache spaventerebbero a morte anche un’anguria, e voi?
L’uomo sollevò stancamente la testa. Non è che mi stai dando del bugiardo, vero, figliolo?
Non sono figlio vostro.
Quanti anni hai?
Questi non sono affari vostri.
Quanti anni hai?
Ne ha quindici.
Tappati quella dannata bocca, tu.
Si voltò verso l’uomo. Quello non parla per conto mio, disse.
Ma ha parlato. Io avevo quindici anni quando mi hanno sparato per la prima volta.
Nessuno mi ha mai sparato.
Non hai ancora compiuto i sedici.
Vorreste spararmi?
Sto cercando di evitarlo.
Vieni via, Elrod.
Voi non sparerete proprio a nessuno. Magari nella schiena, o intanto che uno dorme.
Noi andiamo, Elrod.
L’ho capito appena vi ho visto, che tipo siete.
Farai meglio ad andartene.
Seduto lí a parlare di sparare a chissà chi. Nessuno l’ha ancora fatto.
Gli altri quattro erano fermi sul limitare del cerchio di luce del falò. Il piú piccolo lanciava occhiate al buio rifugio offerto dalla notte nella prateria.
Vattene, disse l’uomo. Stanno aspettando te.
L’altro sputò nel fuoco dell’uomo e si asciugò la bocca. A nord, nella prateria, stava passando una colonna di carri appaiati, e i buoi erano pallidi e silenziosi sotto la luce stellare, e il cigolio dei carri si udiva appena in lontananza, e una lanterna con il vetro rosso li seguiva come un occhio alieno. Quel paese era pieno di ragazzi violenti resi orfani dalla guerra. I suoi compagni stavano tornando a prenderlo e forse questo lo rese piú audace, e forse disse altre cose all’uomo perché quando gli altri arrivarono al fuoco l’uomo si era alzato. Tenetemelo fuori dai piedi, disse. Se lo rivedo qui lo ammazzo.
Quando se ne furono andati preparò il falò, e prese il cavallo, gli tolse le pastoie, lo legò e lo sellò, poi si allontanò di un tratto, stese la coperta e si sdraiò al buio.
Quando si svegliò a est non c’era ancora luce. Il ragazzo era ritto fra le ceneri del fuoco con il fucile in mano. Il cavallo aveva sbuffato e ora sbuffò di nuovo.
Lo sapevo che ti saresti nascosto, gridò il ragazzo.
L’uomo spinse indietro la coperta e si girò a pancia in giú, poi armò la pistola e la puntò al cielo dove gli ammassi di stelle ardevano per l’eternità. Centrò la canna in un mirino di precisione, e tenendo la pistola davanti a sé con entrambe le mani descrisse un arco nel buio degli alberi puntandola sulla sagoma ancora piú buia del visitatore.
Sono qui, disse.
Il ragazzo girò su se stesso col fucile e sparò.
In ogni caso non eri destinato a vivere, disse l’uomo.
Quando arrivarono gli altri era sorta un’alba grigia. Non avevano cavalli. Portarono il bambino là dove il ragazzo morto giaceva sulla schiena con le mani composte sul petto.
Non vogliamo guai, mister. Vogliamo solo portarcelo via.
Prendetelo.
Lo sapevo che l’avremmo sotterrato in questa prateria.
Sono venuti qui dal Kentucky, mi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Meridiano di sangue
  3. Capitolo primo
  4. Capitolo secondo
  5. Capitolo terzo
  6. Capitolo quarto
  7. Capitolo quinto
  8. Capitolo sesto
  9. Capitolo settimo
  10. Capitolo ottavo
  11. Capitolo nono
  12. Capitolo decimo
  13. Capitolo undicesimo
  14. Capitolo dodicesimo
  15. Capitolo tredicesimo
  16. Capitolo quattordicesimo
  17. Capitolo quindicesimo
  18. Capitolo sedicesimo
  19. Capitolo diciassettesimo
  20. Capitolo diciottesimo
  21. Capitolo diciannovesimo
  22. Capitolo ventesimo
  23. Capitolo ventunesimo
  24. Capitolo ventiduesimo
  25. Capitolo ventitreesimo
  26. Epilogo
  27. Copyright