Non so niente di te
eBook - ePub

Non so niente di te

  1. 344 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Non so niente di te

Informazioni su questo libro

Leggi un estratto *** Fil non è dove dovrebbe essere e non fa quel che dovrebbe fare. Nessuno lo trova, ma lui non s'è perso.
Un romanzo esuberante, un'irresistibile commedia degli equivoci in cui seguendo la storia e le sue giravolte, alla fine ci troviamo a seguire noi stessi.
Perché il tempo febbrile che ritma le nostre vite non è l'unico possibile: esiste anche il tempo di chi prova a inventarsi, nell'ombra, un'esistenza diversa. È un mattino di novembre. Nella sala di uno dei più prestigiosi college di Oxford, centinaia di persone aspettano l'inizio di una conferenza. Dopo qualche minuto entrano - nel silenzio generale - decine e decine di pecore. Bianche, lanose, ordinate, moderatamente belanti. Le guida Filippo Cantirami, giovane economista italiano, che come nulla fosse comincia il suo intervento sulla crisi dei mercati.
Inizia così il nuovo romanzo di Paola Mastrocola, che a poco a poco, alternando toni ironici, riflessivi e fiabeschi, dà forma a una storia che si legge in un soffio e lascia un'eco lunga. Quella incredibile invasione di pecore getterà nel caos i genitori Cantirami, convinti che il figlio modello sia a Stanford a finire un dottorato, e che si ritrovano all'improvviso spiazzati e in ansia. Cosa combina Fil, dov'è finito, chi è veramente? E chi è quel suo compagno Jeremy con il quale ha stretto un patto, che cosa si sono scambiati i due ragazzi, qual è il loro segreto?
Tutti a cercare una risposta, anche la sorella, anche la svagata e fascinosa zia Giuliana: ognuno seguendo una sua pista, facendo le sue indagini, viaggiando da un continente all'altro o dentro di sé, fino a scoprire che probabilmente, a dispetto dei sentimenti più profondi che legano le persone tra di loro, sappiamo ben poco gli uni degli altri. Fil sembra sparito nel nulla, perduto in un mistero. Imprendibile.
E intanto, sullo sfondo, la crisi dei nostri giorni. Ma raccontata da lontano, come guardando il presente dal futuro, tra una cinquantina d'anni.
Filippo Cantirami, il giovane rivoluzionario della Mastrocola, è un ragazzo privilegiato, un personaggio scomodo, di questi tempi: eppure è lui - in virtù dei suoi pensieri, dei suoi silenzi, dei suoi gesti e delle sue scelte - che pagina dopo pagina ci apre al sogno di una vita diversa. Un sogno che ci porta a riflettere sull'idea di tempo e sulla possibilità di metterla in discussione, di ripensarla. Un sogno che inizia con il ronzio di un calabrone e finisce con la ricerca di una libertà che ognuno di noi vorrebbe - anche al prezzo di una rinuncia - riconquistare.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Non so niente di te di Paola Mastrocola in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
Print ISBN
9788806215460
eBook ISBN
9788858407851

Parte seconda
Alla ricerca di Fil

Capitolo primo
Giuliana a Stanford

Il mattino dopo, Giuliana scese con altri clienti dell’hotel in un ascensore grande, con le pareti a specchio che moltiplicavano le persone. Chissà da quali Paesi venivano, che lingue ignote, ostiche, parlavano. Per fortuna rimasero muti, cosí non le toccò far finta di capire, far finta di parlare. Percorse la hall vellutata di moquette, fece colazione, s’incantò a guardare dalla vetrata i riflessi verdargento della baia, mentre finiva la sua fetta di torta di mele. Uscí, per respirare un po’ la città, per vedere com’era di mattina. Poi affittò un’auto.
Tra tutte quelle che poteva scegliere prese una biposto decappottabile, bianca con i sedili rossi.
– Ma signora, non è piú stagione…
– Per me lo è, non si preoccupi…
Aveva in mente di prelevare Fil e di portarlo un po’ a spasso per la baia. Cosa poteva esserci di meglio che una decappottabile sportiva? E pazienza per la cervicale. Si mise lo sciarpone girato tre volte intorno al collo, il piumino antivento, un paio di occhialoni primo Novecento che aveva trovato a un mercatino, e i guanti di pelle tagliati sulle dita, quelli da guida con i buchi per le nocche. Bianchi. E partí.
Il campus le parve uno di quei luoghi ideali, chiusi in sé e circoscritti, magari neanche mai esistiti. Atlantide, Utopia, la Città del Sole. Mondi soltanto immaginati, o inabissati, che lei invece aveva il privilegio di vedere.
Cominciò a vagare quasi dimentica della ragione per cui era arrivata fin lí. Si perse. Si perse a fotografare anche il piú banale metro di selciato, o l’ombra di un ramo sopra un muro, o il giallo delle foglie cadute a terra, preciso identico al giallo di tutte le foglie cadute in tutti gli autunni di tutti i luoghi del pianeta, che però a lei quel giorno, in quel posto, sembrò un giallo unico al mondo. Si perse anche in senso letterale, tra vialetti alberati, praticelli e palme… Le palme! Cosí frivole in quel luogo tanto serio, metafisico, quasi ieratico.
Voleva riempire di meraviglia suo nipote, comparirgli davanti all’improvviso; per questo non lo aveva ancora chiamato.
Era una giornata cosí tersa. Le basse costruzioni, i campanili in lontananza, i porticati, i prati rasi e verdissimi contribuivano a conferire al tutto un alone di perfezione, anche se leggermente artificiosa. Ogni tanto un drappello di studenti le passava accanto. Sembrava andassero a passeggio, leggeri, flessuosi come ombre non di questo mondo. Parlavano fitto tra di loro, scherzavano, ridevano. Avevano libri sotto il braccio, piccoli zaini sulle spalle, un tascapane a tracolla. Vestivano abiti anch’essi leggeri, quasi volanti: una felpa oversize, una T-shirt slabbrata, qualche sciarpina buttata lí. Come se non fosse autunno pieno, ma una inconcludibile primavera. Le vennero in mente anche i Campi Elisi, quando li aveva studiati a scuola se li era immaginati cosí: aerei, soleggiati, verdazzurri, le anime beate che andavano a passeggio sottobraccio, con quei loro corpi trasparenti, le voci musicali, i cori, in mezzo a rettangoli di erba che sembravano scampoli di mondo scappato di mano al Creatore, e poi appiccicati lí per caso, squarci di fortuna, doni.
In certi punti, magari sul ciglio di un praticello, qualche studente se ne stava disteso a terra, gli occhi chiusi ad assaporare il sole sulla pelle, o un libro aperto tra le mani, o il computer sulle ginocchia. Qua e là, in qualche spiazzo, c’erano quattro o cinque sedie disposte in circolo e, in mezzo, un anziano professore che parlava. Lectures all’aperto. Maestri e allievi, comunanza di intelletti. Senza l’aria d’essere lezioni, quattro persone che parlano tra loro, nulla piú.
Com’era fortunato suo nipote a vivere lí, e com’era contenta lei che lui fosse cosí fortunato!
Giuliana era convinta d’incontrarlo prima o poi, cosí per caso, di vederlo spuntare all’improvviso da uno di quei vialetti lindi, o di scorgerlo seduto su un gradino o appollaiato sulla spalliera di una panchina. Quindi lo cercava con gli occhi, e in ogni ragazzo trovava qualcosa di lui: la statura, il passo un po’ ondeggiante, l’aria vagamente assente, il taglio tronco alle basette. Lo vedeva in tutti, il suo adorato Fil. E, anche se ogni volta non era lui, era certa che da un momento all’altro le si sarebbe materializzato davanti e le avrebbe detto: «Che sorpresa, Giagiú!»
Si fermò al primo caffè e si concesse un sandwich con patatine, poi una fetta di torta al cioccolato. Infine, visto che Fil baluginava ovunque ma non appariva mai, decise di rivolgersi al Visitor Center. Cercarono tra i dati on line, tra le cartelle. Non lo trovarono. Tra gli studenti dei PhD, non risultava nessuno che si chiamasse Cantirami Filippo.
– Ma come?
– Siamo spiacenti.
Giuliana si scostò di qualche passo, si guardò intorno. Di colpo si sentí cosí lontana, cosí fuori posto. Per un attimo, non ebbe idea di cosa fare, dove andare. Quel luogo che fino a poco prima le era sembrato il paradiso terrestre le parve ora una landa deserta. Le si insinuò il pensiero – era la prima volta – che forse aveva sbagliato a venir lí senza preavviso. Fare una sorpresa… Era uno di quei suoi giochini stupidi a cui prima o poi doveva rinunciare nella vita.
Ma fu solo un attimo, si riprese subito. Pensò a un disguido, una piccola inefficienza degli uffici. Un equivoco. Che sarà mai? Poteva ben succedere, persino negli States. Cominciò a chiedere in giro. Figurarsi se non conoscevano Fil. Lí erano tutti studenti, avrebbe di certo trovato dei compagni di suo nipote, o dei suoi docenti. Li fermava. Chiedeva: «Conoscete Filippo Cantirami? Un italiano, studia Economia qui». Chiese a ragazzi stesi sul prato, ad altri che entravano a lezione o ne uscivano. Chiese a qualche singolo studente un po’ appartato.
Niente. Nessuno lo conosceva.
Allora provò a chiamarlo. Pazienza per il coup de théâtre, ci rinunciava. Se era cosí difficile stanarlo – cosa che mai avrebbe pensato –, d’accordo, si arrendeva, lo chiamava e buonanotte, tanto la sorpresa gliel’avrebbe fatta lo stesso. Gli avrebbe detto: «Ehi, Filino mio di vento, dove ti sei involato? Sai dove sono? Trovati all’angolo fra tre minuti…» Facendo il numero, si pregustava la felicità. Ma rispose una fastidiosissima voce registrata: Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.
Che razza di frase era, cosa voleva dire quella voce, come si permetteva di dire parole tanto definitive?
Giuliana era sgomenta, anche un po’ irritata. Niente di grave, per carità. C’era tutto il tempo. Magari Fil era a lezione. O dormiva. Lo avrebbe chiamato piú tardi.
Riprovò piú volte, senza successo.
Allora decise di tornare al caffè dove aveva preso il sandwich. E fu a uno dei tavolini fuori che notò un ragazzo. Va’ a sapere perché. Per quale ragione uno nota o non nota qualcosa, qualcuno? Ricciolino, con l’aria un po’ sperduta e una giacchetta a quadri spiegazzata. Era l’unico che non dava segni d’agitazione. Gli altri, essendo passata da un pezzo l’ora di pranzo, stavano raccogliendo le loro cose per andarsene. Quel ragazzo invece rimaneva incollato al tavolino come se non si fosse accorto che l’ora era passata. Era lí seduto, senza tempo. Cioè con un tempo immenso tutto per sé. Cosí sembrava. Forse fu questo. O i riccioli. O perché le cose che devono accadere accadono, che ne sappiamo noi? Stava leggendo. Leggeva certe pagine pinzate con un fermaglio, che gli scappavano da ogni parte. Leggeva, eppure dava l’impressione di pensare ad altro, qualcosa di diverso, e piú importante di quel che leggeva. Strano. Giuliana lo osservò bene, poteva avere l’età di suo nipote. Le smosse qualcosa dentro, chissà.
– Mi scusi, – gli disse in perfetto inglese, con un’ombra d’inflessione italiana ma solo un’ombra. – Lei sta lavorando, mi scusi… Volevo solo chiederle se per caso conosce un certo Fil…
Nel campus dell’università di Stanford ci sono migliaia di persone, tra studenti e professori. E Giuliana Cantirami aveva scovato proprio lui: Jeremy Piccoli, l’amico di Fil, l’unico che lí dentro lo conoscesse e potesse dirle qualcosa di lui. Inspiegabile. Quasi irreale.
Jeremy Piccoli, dopo le pecore al Balliol College, non aveva perso tempo: era salito sul primo volo che aveva trovato. Fuggire. Tornare a Stanford. Rimettere un oceano tra sé e Fil. Questo solo aveva avuto voglia di fare. E cosí aveva fatto.
Aveva mollato lí Fil, accerchiato dalle pecore, dalla folla di curiosi, dagli agenti che arrivavano a mettere un po’ di ordine, forse ad arrestarlo. Poteva difenderlo, chiarire, prendere le sue parti. Poteva rimanere lí a sentire quel che lui aveva da dirgli e invece no, lo aveva piantato. Difficile spiegare cosa aveva provato. Difficile. Oxford era stato il sogno della sua vita. Tanto che al liceo non ci aveva neanche provato a far domanda, ci aveva messo una pietra su, al sogno. E poi invece gli capita di essere invitato proprio a Oxford. Non come studente, no, come professore! Da non credere. Per mesi si prepara il discorso, lo recita ad alta voce davanti allo specchio. Per mesi si prefigura nella mente l’evento come fosse un film: quando arriva, come lo accolgono, chi lo presenta, come reagiscono i colleghi, gli studiosi piú insigni, il pubblico… E invece, tutto travolto da quelle stupide pecore.
Aveva provato a fermare qualcuna delle autorità accademiche per chiarire, giustificare, spiegare che lui non c’entrava, che non sapeva. Ma aveva finito per ingarbugliare tutto ancora di piú. L’unica era filarsela, mettere distanza. E in quel viaggio di ritorno, stanco morto, sull’aereo, in tutte quelle ore estenuanti di volo, non aveva che domande. Cosa significavano quelle pecore? Perché Fil lo aveva fatto? Perché aveva rovinato tutto? E il loro patto, quel patto che forse non avrebbe dovuto fare mai… Già, il patto… Perché aveva accettato? E come avrebbe potuto adesso dissociarsi, romperlo? Scappando? Era una soluzione? Era onesto? No, non doveva fuggire. Magari lo avevano messo in galera, Fil… Aveva provato subito a cercarlo, appena l’aereo era atterrato a San Francisco. Ma il cellulare di Fil dava spento o non raggiungibile. Anche lí a quel caffè del campus, seduto a un tavolino, non aveva fatto che chiamarlo. S’era portato da studiare, ma non riusciva a concentrarsi, aveva quel chiodo in testa di cercare Fil, parlargli. Niente. Spento o irraggiungibile. S’era preso un hamburger con l’insalata, una birra, poi un’altra. Spento. O irraggiungibile. E adesso questa donna sconosciuta che chiedeva di Fil proprio a lui… Come lo aveva scovato? E come aveva fatto, cosí presto? Ma poi, davvero chiedeva di Fil? Sicuro che non fosse una sua suggestione? Che quella donna avesse detto proprio Fil, e non per caso una parola simile? E poi, quale Fil? Non era detto che fosse il suo Fil, sai quanti Fil ci sono al mondo?
E chi era quella donna?
Jeremy la osservò meglio. Non avrebbe saputo che età darle, ma gli sembrava giovane. Cioè, non giovanissima, ma non certo vecchia. Non si poteva dire una signora di mezza età. Ecco, piuttosto una ragazza di mezza età. Sportiva. Ma un po’ sgargiante… Il tempo di osservarla e di provare a pensare che quel che stava succedendo non fosse vero, e la donna precisò:
– Volevo dire Filippo Cantirami, lo conosce?
Nessuno scampo: Filippo Cantirami.
Jeremy si sentí un animale stanato. S-tanato. Quando trovano la tana dove stai, scoperchiano la fossa, tolgono il riparo, accendono la luce. Qualcosa del genere. Pensò che era fatta, non poteva scappare. D’altronde lo sapeva, lo aveva anche detto a Fil: troveranno me, vedrai! E infatti… Soltanto, non avrebbe immaginato cosí presto. Rispose al volo, che altro fare? Rispose piú svelto di quanto fosse necessario. Tanto valeva andare incontro, buttarsi in braccio agli eventi, invece di provare a evitarli:
– Sí, certo… Siamo amici!
Rispose di furia, Jeremy. E solo dopo aggiunse: – Mi scusi, ma lei chi è, perché lo cerca?
– Sono Giuliana Cantirami… – pausa. – La zia di Fil.
Glielo disse cosí, chi era. Semplice. Con, in mezzo, il tempo di un respiro. Glielo disse ravviandosi, in un colpo, i capelli. Facendo quel gesto sbarazzino che fanno le ragazze, di ravviarsi i capelli mandando indietro la testa. Jeremy le vide il collo inarcarsi, e la collanina d’argento fremere tra le clavicole, con quel ciondolo… Che ciondolo? Una conchiglia, una medaglia? Si perse. Non riuscí piú a pensare o a fare nulla di sensato. La guardava.
Anzi, guardava oltre, non lei. Guardava dentro i suoi propri, piú reconditi pensieri, l’immagine segreta che di quella donna, negli anni, a poco a poco si era costruito. La zia di Fil, la mitica zia Giu…
Fil gliene aveva parlato cosí tanto e in un modo tale che lui s’era fatto l’idea che fosse finta, una bugia. Una specie di zia-robot che un nipote fantasioso, e un po’ solitario, si forgia nella mente a immagine dei sogni. Invece era vera. Esisteva. Gli stava lí davanti in carne e ossa. E lui la guardava, e si stupiva. Non di lei, ma di non aver pensato mai (mai!) che quella tanto favoleggiata zia di Fil potesse essere, anche, una donna cosí bella. La guardava come da bambino guardava gli animali di peluche nelle vetrine, che gli sembravano in un solo colpo tutte le meraviglie del mondo radunate insieme.
Si misero a parlare.
Rimasero seduti lí, a quel tavolino. Ore.
Jeremy parlava, lei no. Lui era un fiume in piena, lei gli aveva solo domandato, all’inizio, se sapeva dove fosse Fil.
Jeremy non glielo disse subito, che Fil non era lí. Gli sembrò meglio partire dall’inizio, farle capire bene com’era andata, cos’era stato. Si sentiva scoperto, sí: ovvio che la zia di Fil era venuta lí per sapere; ma si sentiva anche contento di poter finalmente spiegare tutto, liberarsi di quel peso che si portava dentro da tre anni. Era giusto che la famiglia di Fil conoscesse la verità. Voleva soltanto che non si turbasse troppo, quella zia bellissima, che non avesse tutto quello shock…
Cosí, cominciò a raccontare lento.
Giuliana lo ascoltava. Si stupiva solo che quel ragazzo la prendesse da cosí lontano, ma si lasciava portare. Non lo interrompeva. Le piaceva quel fluire inarrestabile di parole: cosí tante, cosí impetuose. Ma si sentiva bene, leggera, come quando nuotando ci si ferma a fare il morto e ci si lascia galleggiare, cosí, per il gusto di sentire che il corpo si abbandona, ma l’acqua lo sostiene. Sí, trovava giusto un po’ bizzarro che quel ragazzo, invece di dirle semplicemente l’indirizzo di Fil, fosse partito a raccontarle la sua vita intera. Ma lo lasciava dire. Aveva tutto il tempo, e una gran curiosità. Lo pregò solo di andare piú adagio:
– Dunque, Jeremy, si fermi un attimo, mi faccia ricapitolare. Devo essermi distratta… Eravate a Londra da quanto tempo già?
– Quasi due anni, stavamo finendo il master. E quella sera di giugno…

Capitolo secondo
Swap

Quella sera di giugno Fil mi chiede se ci troviamo al pub. Giusto, dobbiamo festeggiare. Abbiamo appena saputo d’aver vinto a Stanford. Tutti e due un dottorato a Stanford, non sto nella pelle. Anche se, non so… tutti quegli anni ancora a bagno, senza la prospettiva di un lavoro fisso… Non so cosa dire ai miei, se la borsa di studio mi basterà… Ho voglia di parlarne un po’, sentire cosa ne pensa Fil.
Entro nel pub che lui è già lí, seduto su uno degli sgabelli trampolo al banco. Ha davanti un boccale pieno, lo guarda. Non beve, non parla con nessuno. Sembra parli col boccale. Gli vado incontro. Capisco dalla faccia che qualcosa gli bolle dentro, che non è lí per festeggiare.
Mi dice che ha una cosa da propormi.
Una cosa cosa?
Uno swap.
Dice cosí: uno swap.
Mi chiede se ho presente cosa sia. Certo che ho presente.
Ecco, io ti do la mia vita e tu mi dai la tua, una cosa cosí, ci stai?
Questo mi dice....

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Non so niente di te
  3. Pecore al Balliol College
  4. Parte prima - Cena di famiglia
  5. Parte seconda - Alla ricerca di Fil
  6. Parte terza - Ceiling Theory
  7. Fiordi
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Copyright