Tra troppe chitarre e troppe pistole c’è una certa differenza.
HAP COLLINS
Ogni volta che ho un periodo di pausa, immagino che il nostro prossimo ingaggio sarà esattamente come ci aspettiamo che sia, e a dirla tutta, di tanto in tanto capita davvero. Ma di quel genere di incarichi non parlo, perché sono pallosi. Per parecchio tempo non mi sono considerato uno che di mestiere risolve casini; preferivo pensare a me stesso come a un tizio qualunque, in cerca di un lavoro per tirare avanti, in attesa che la mia carriera, quale che fosse, potesse spiccare il volo. Poi Leonard mi ha spiegato che in realtà avevo già una professione, per la quale ero piuttosto portato e che in fondo mi piaceva. E che tutte le chiacchiere sul fatto di prendermi una laurea, alla mia età per giunta, e diventare un insegnante o roba del genere, erano appunto chiacchiere, e null’altro.
Dopo un breve esaurimento nervoso e un periodo nel quale, come dicono i patiti delle arti marziali, cercavo il mio centro interiore, sono risalito in sella, e da allora non faccio che galoppare, nel buio piú pesto. Ma se non altro sono io a comandare, e non è il mio cavallo a trascinarmi in giro. Mi sono reso conto che Leonard aveva ragione. E ho anche capito che, mi piaccia o meno, di tanto in tanto il mio lavoro comporta che io ammazzi qualcuno.
Quando io e Leonard accettammo di proteggere una persona, un lavoro semplice, o almeno cosà sembrava, speravo, come al solito, che ce la saremmo sbrigata facilmente, saremmo tornati a casa, Marvin ci avrebbe pagati con un assegno, non scoperto se possibile, e saremmo stati felici e contenti come due stalloni in un recinto zeppo di puledre.
Un tizio di nome Jim Bob Luke aveva raccomandato l’agenzia di Marvin per questo lavoro. Non era un incarico del tutto ortodosso, come del resto capita spesso. Una signora che conosceva Jim Bob Luke gli aveva chiesto di aiutarla. Aveva un ex marito che la perseguitava e si era spinto fino a minacciarla, ma la signora non aveva prove. Era la sua parola contro quella di lui. Jim Bob aveva l’agenda strapiena e non poteva andare fino a La Borde, perciò ci aveva girato il lavoro.
Io e Leonard prendemmo l’auto e andammo a trovare la signora in questione. Ci aveva offerto una bella cifra, da dividere tra noi e l’agenzia. Quel che voleva era che ci incontrassimo con il marito e facessimo una bella chiacchierata. Da come l’aveva detto, sembrava quasi che dovessimo incontrarci in un locale pubblico, e prendere un tè insieme. Naturalmente, però, non era questo che aveva in mente.
Era un pomeriggio di settembre, e la giornata era quasi tollerabile. Nelle ore centrali può fare anche parecchio caldo, nel Texas orientale, ma mai come in agosto, quando si può friggere un uovo sul marciapiede, e camminare a piedi nudi sul cemento è come saltellare su una griglia accesa. Era una sensazione piacevole: sembrava che il fresco fosse a un battito di ciglia dall’arrivare.
Io e Leonard siamo il genere di persone che non danno mai niente per scontato, o almeno ci piace pensare di esserlo. Perciò, avevamo deciso di andare a parlare con la nostra cliente, Mrs Devon, sul punto di diventare la ex Mrs Devon, per verificare se le sue lamentele erano fondate o se stava solo cercando qualcuno che facesse il culo al marito, per vendicarsi o perché l’idea le dava gusto.
Dall’imbocco della strada dove abitava, ma sul lato opposto, si scorgeva un complesso residenziale di nuova costruzione, seguito da una lunga via piena di fast food, studi medici e roba del genere. Lungo la sua via c’era ancora qualche casa abbarbicata al passato, come un’anima antica che attende in silenzio la morte o spera in un’ultima visita prima di cadere stecchita e venir portata via.
Accanto a queste case ce n’erano altre appena piú decenti: i classici prefabbricati che vengono tirati su in un fine settimana, e quindici giorni dopo hanno già acqua e riscaldamento. A quel punto, non serve altro che il mobilio, dei bambini da sgridare e un cane disposto a cagare sul prato, che almeno per qualche mese non sarà niente piú di una chiazza di argilla rossa sollevata dalle ruspe.
La casa di Mrs Devon era leggermente discosta dalla strada. C’erano siepi su ambedue i lati del viale d’accesso, ben curate anche se un po’ anemiche. Nel garage aperto si scorgeva una Cadillac azzurra che era invecchiata bene, e una griglia da barbecue avvolta nel cellophane e appoggiata a una parete, con in cima un sacco di carbonella.
Parcheggiammo dietro la Cadillac e scendemmo dall’auto.
La porta venne aperta da una donna alta quasi un metro e ottanta, con i capelli neri e un gran bel corpo. Doveva essere sulla quarantina, e a un esame piú approfondito finivi per accorgertene, ma se li portava decisamente bene, e aveva un fisico da venticinquenne: insomma, il classico tipo con l’abbonamento in palestra, il personal trainer e il dietologo personale. Sorrise, dimostrando che anche i denti erano in ottimo stato. Lo stesso si poteva dire del viso, e aveva due occhi verdi come l’Irlanda. Quando si muoveva, sentivo qualcosa di primordiale muoversi anche dentro di me.
Dopo averle confermato che era Jim Bob a mandarci, entrammo e ci sedemmo su un divano vecchiotto ma comodo. Ci chiese se volevamo qualcosa da bere, e ci ritrovammo con in mano un tè freddo.
– Jim Bob mi ha detto che potreste aiutarmi, – disse.
– È probabile, – risposi. – Naturalmente, dobbiamo prima fare delle verifiche.
– Nel caso stessi mentendo e volessi solo far dare una bella lezione a mio marito?
– Esattamente, – disse Leonard.
– Non è stato particolarmente furbo, – disse Mrs Devon. – Non credo stia cercando di agire di nascosto. È solo che nessuno lo ha visto, o comunque nessuno è disposto ad ammetterlo. Nessuno, a parte me. Non voglio farlo arrestare, in realtà . Voglio solo che la smetta. Tra poco il divorzio sarà ufficializzato, e non credo che gliene importi granché. Non mi ama, come io non amo lui. È solo che non gli piace l’idea di perdermi. Se fosse stato lui a mollarmi, ora se ne fregherebbe. Ma l’ho mollato prima io. E questo lo ha mandato in bestia.
– Quando l’ha visto per l’ultima volta? – chiese Leonard.
– Qualche giorno fa. C’era un uomo, con me.
– Una persona con cui si vede? – chiesi.
– Una persona con cui sono uscita una volta. Henry è saltato fuori a sorpresa e l’ha picchiato. Di brutto.
– Ecco la prova di cui ha bisogno, – dissi. – Deve solo chiedere alla persona che era con lei di sporgere denuncia.
Mrs Devon scosse il capo. – No. Non ha nessuna intenzione di farlo, perché Henry gli ha detto che se ci prova lo ammazza.
– E lei crede che ne sia capace? – dissi.
– Non lo so. Non credo. Ma l’uomo che era con me la pensa diversamente.
– Ed è successo qui? – chiese Leonard.
– SÃ, avevo lasciato aperta la porta sul retro. Non pensavo che fosse cosà pericoloso. Henry, voglio dire. Ma è grosso, e a vederlo fa un bel po’ di paura.
– Quanto grosso? – chiesi.
– Piú di un metro e novanta. Centotrenta chili. E senza un filo di grasso. La cosa vi fa paura?
– Altroché, cavolo, – dissi. – Ma non ci fermerà , se decidiamo di crederle.
– Non ho altro che la mia parola, e nessuno è disposto a confermare. Pensavo di darvi il suo indirizzo, cosà magari potete tenerlo sotto controllo. Seguirlo, che so, farvi un’idea, insomma. Vedere se si fa vivo da queste parti. Io ormai tengo tutte le porte e le finestre sprangate. Non credo che sia pericoloso, ma il modo in cui ha picchiato quell’uomo… È stato velocissimo, e brutale. Probabilmente gli ha rotto qualche costola.
– Quindi si fa vedere spesso a casa sua?
– Prima veniva a bussare alla porta. Adesso passa soltanto qui davanti con la macchina, oppure accosta al marciapiede e resta seduto, immobile. Se chiamo la polizia, se ne va sempre prima che arrivino. Hanno provato a parlargli ma lui ha risposto che racconto un sacco di balle, e io non ho nessun modo di dimostrare il contrario. Non possono lasciare un agente davanti alla mia porta ventiquattr’ore su ventiquattro. E comunque, non hanno intenzione di farlo. Per questo mi sono rivolta a voi.
– Ci dia il suo indirizzo, – dissi. – Cosà andiamo a dare un’occhiata. Uno di noi due può restare qui insieme a lei, se preferisce.
– Ho una camera da letto in piú, perciò sÃ, uno di voi due può restare qui tutto il tempo che occorre. Jim Bob mi ha parlato molto bene di voi, e di Mr Hanson.
– Come ha conosciuto Jim Bob? – chiese Leonard.
– Uscivamo insieme ai tempi del liceo. Abitavo a Houston, allora.
– Quindi Jim Bob è andato anche a scuola, – commentò Leonard. – Ho sempre pensato che fosse uscito dalla pancia di sua madre già cosÃ, con il cappello in testa e seduto su quel catorcio di Cadillac.
– Sarebbe stato leggermente doloroso per la madre, non crede? – disse Mrs Devon.
– Beh, su questo non c’è dubbio, – conclusi io.
– Lei si chiuda dentro, – dissi. – Noi andiamo a prendere un po’ di cose che potrebbero servirci, un manico d’ascia, per esempio, e torniamo appena possibile.
– Un manico d’ascia? – ripeté lei.
– La consideri una forma di assicurazione, – disse Leonard. – Se vuole protezione, deve permetterci di proteggerla. E di scoraggiare eventuali aggressioni.
– Non lo ucciderete, vero?
– Certo che no, – risposi.
– Sentite, dico davvero. Non voglio che gli facciate del male.
– Solo se cerca prima di far del male a noi, – dissi.
– Perché uno di voi due non si ferma già da ora? – chiese.
– Perché dobbiamo ancora decidere se crederle o no.
– Ah.
– Nel frattempo, chiuda tutto a chiave come una cintura di castità , e aspetti il nostro ritorno.
Uscimmo, e aspettammo che richiudesse la porta alle nostre spalle. Quando sentimmo il chiavistello che scattava, ci dirigemmo verso l’auto.
Dopo essere saliti a bordo e mentre facevo marcia indietro dissi: – Allora, che ne pensi?
– Mi sembra tutto a posto, – disse Leonard. – Credo che sia spaventata e che voglia riprendere una vita normale e fargli sapere che non è piú il benvenuto in casa sua.
– Se lo suoniamo come un tamburo, credi che la pianterà ?
– Difficile a dirsi, ma so che come metodo funziona piú spesso di quanto non si senta dire in giro. C’è chi mi diceva, sai com’è, piú li gonfi di botte, piú tornano per prendersi il resto. Però mi è già capitato di farlo, lo stesso vale per te, e…
– Non sono mai tornati.
– Esatto.
– A volte però capita.
– SÃ, – disse Leonard. – A volte.
– E da quanto abbiamo sentito, questo Henry potrebbe essere una brutta gatta da pelare.
– Sei preoccupato perché è grosso? – chiese Leonard.
– Beh, mi è passato per la mente.
– È a questo che serve il manico d’ascia, ragazzo mio.
– E se dopo averle prese dovesse denunciarci?
– Eravamo andati a trovare l’amica di un nostro amico. L’amico era Jim Bob, e lei era l’amica di quest’amico nostro. È arrivato Henry. C’è stato un alterco. Il manico d’ascia si trovava lÃ, a portata di mano e… il resto puoi immaginartelo.
– E quando Henry è arrivato noi guarda caso eravamo già l� Con un manico d’ascia pronto per l’uso?
– Esatto, – disse Leonard. – Non dev’essere una storia vera, basta che le ...