Aragona si guardò attorno, sconsolato. Di tutti i colleghi, nella sala agenti era rimasta solo Alex, che era alla sua scrivania intenta a sfogliare un catalogo di armi.
– Quindi fammi capire, Calamity: uno non può andare un momento a pigliarsi un caffè che torna e trova l’ufficio abbandonato? Ma che c’è stata, un’evacuazione?
La Di Nardo rispose senza alzare gli occhi dal volume:
– Per la verità sei stato via tre quarti d’ora; forse il caffè ti piace berlo direttamente in Colombia. In ogni caso, Palma, Lojacono e Romano li hanno chiamati in questura.
Aragona si grattò il torace, sconsolato.
– Il Cinese e Hulk, i soliti raccomandati. E Mammina e il Presidente dove sono finiti? Tendo a escludere che si siano appartati, avendo cent’anni ciascuno.
– Guarda che Ottavia è giovane, e Pisanelli non è vecchio quanto credi, se no starebbe in pensione. Comunque lei è in archivio, mentre Giorgio ha ricevuto una telefonata ed è uscito; ha detto che rientra subito dopo pranzo.
L’agente scelto allargò le braccia.
– E già , mo’ uno basta che riceve una telefonata e sta fuori tutto il giorno. Quasi quasi me ne vado a zonzo per la città pure io, cosà prendo un poco di sole e rinnovo l’abbronzatura.
Alex lo guardò, perfida.
– Prima devi trovare qualcuno che ti telefoni, Arago’. E poi, andrà ancora avanti a lungo ’sta storia dei soprannomi? Devo fare la traduzione tra me e me ogni volta che parli dei colleghi. Senza contare che vorrei sapere qual è il tuo.
Aragona si avvicinò allo specchio e sistemò il ciuffo che copriva il principio di calvizie.
– Il mio? È ovvio: Serpico. Non vedi che sono uguale? E per tua norma, cara Calamity, cosà funziona tra i poliziotti, si usano i soprannomi, anche per non dare punti di riferimento alla malavita. Metti che ci intercettano o che qualche spia si posiziona in ascolto con un microfono direzionale.
Alex era affascinata da tanta idiozia.
– Mi chiedo se sei davvero cosà fesso o se ci prendi tutti per i fondelli.
– Brava, brava, comportati sempre secondo gli schemi, tu. Non elevarti mai sopra la massa. Io avrò i difetti miei, però almeno sono diverso da tutti.
– Questo è sicuro. Ma senti, secondo te perché li hanno voluti in questura? Magari si pigliano una lavata di testa per la vicenda di ieri mattina, quando c’è mancato poco che Francesco spaccasse la faccia al collega della Mobile.
Aragona si strinse nelle spalle e provò allo specchio il gesto di togliere e mettere gli occhiali azzurrati.
– Essere un poliziotto, bella mia, è anche una questione di forma, non solo di sostanza. Questo fatto di tenere sempre il profilo basso ci mette in cattiva luce: cominciamo a comportarci da duri e ci rispetteranno. Il Cinese e Hulk hanno fatto bene a dire quello che pensavano, e ’sto stronzo della Mobile è meglio che lo capisca. Vedrai che vogliono scusarsi.
Alex scoppiò a ridere.
– SÃ, me lo immagino il questore che chiede perdono a Palma e ai nostri. Smettila, è già tanto se non ci chiudono.
Prima che Aragona potesse rispondere, qualcuno tossicchiò per richiamare l’attenzione. I due agenti si voltarono; sulla porta della stanza c’erano un ragazzo e una ragazza.
– E voi chi siete? – domandò Aragona. – Chi vi ha fatto salire?
I due si guardarono, perplessi. Il ragazzo disse:
– Veramente non c’era nessuno, chi doveva farci salire?
L’agente si voltò verso la collega.
– Quello stronzo di Ammaturo è andato un’altra volta al bar. Non vedo l’ora che Guida rientri dal corso, questo posto è diventato un porto di mare.
Alex si alzò e andò al bancone dietro cui si trovavano i nuovi arrivati.
– Prego, dite pure.
Il giovane lanciò un’occhiata alla compagna, che gli diede una piccola spinta come per invitarlo a parlare.
– Vorrei sporgere una denuncia.
Aragona si avvicinò, curioso.
La coppia era di una bruttezza rara. Lui, un tipo magro e un po’ curvo, aveva la pelle bianchiccia, le labbra sottili, il mento sfuggente e un grosso naso che reggeva un paio di occhiali da vista con lenti spesse come fondi di bottiglia; una rada barbetta gli cresceva a chiazze sulle guance, aumentando l’impressione di trascuratezza già fornita dai capelli lunghi e unti che ricadevano molli sopra una maglia nera punteggiata di forfora. La ragazza, vestita pure lei di nero, era parecchio sovrappeso; aveva il collo grosso, sudato, e una piú che evidente peluria sul viso dai lineamenti irregolari.
Manifestando un lieve sconcerto, l’agente scelto chiese:
– Sicuri che non siete venuti a costituirvi per oltraggio all’ambiente?
Il ragazzo lo fissò interrogativo.
– Che?
– Lasci perdere, – intervenne Alex, brusca. – Il collega seguiva il filo dei propri pensieri. Mi dica, che tipo di denuncia?
L’altro si schiarà la voce, raddrizzò le spalle e rispose:
– Stalking. Vorrei denunciare un reato di stalking.
Aragona tirò fuori da un cassetto un modulo prestampato.
– E dove l’hai visto succedere, ’sto stalking? Nei confronti di chi?
– Come sarebbe, nei confronti di chi? Nei miei, altrimenti perché sarei venuto io?
Aragona ebbe una specie di sussulto. Girò attorno al bancone, si tolse gli occhiali col suo famoso gesto fluido, squadrò i due da capo a piedi, si rimise gli occhiali e tornò dietro al bancone.
– Guaglio’, ti informo che noi siamo agenti di polizia e che ci occupiamo di reati veri. Ora, io non so per quale motivo pensi di poter venire qui a sfotterci, ma siccome ci siamo solo io e la collega e abbiamo parecchio da lavorare, in via del tutto eccezionale ti perdono e non ti fermo per presa in giro di pubblico ufficiale. Ora andatevene a casa. Buona giornata.
La ragazza replicò, sfoderando una voce stridula:
– Scusate, ma questo è un commissariato, sà o no? Il mio fidanzato ha detto che subisce uno stalking. Che cosa non vi è comprensibile, in questa frase? Devo tradurvi la parola stalking? Significa: comportamento criminale che tende a generare uno stato di ansia e di paura. Una forma di corteggiamento pressante, a sfondo sessuale.
Aragona si sporse sul bancone.
– Lo so benissimo che cos’è lo stalking, siete voi che non lo sapete. Uno stalking a lui? Da parte di chi, di una non vedente? – Tirò su col naso e aggiunse: – E non annusante, pure. Ma per favore.
Il ragazzo scosse la testa e disse alla fidanzata:
– Te l’avevo detto che era una perdita di tempo. Andiamocene, va’.
Alex lanciò un’occhiata di fuoco ad Aragona.
– Grazie, Marco, me ne occupo io. Chiedo scusa, abbiamo avuto delle giornate difficili, il collega voleva scherzare. Mi illustri il problema.
Aragona si allontanò con aria offesa e si sedette alla propria scrivania.
Il giovane prese fiato e disse:
– Mi chiamo Arnoldo Boffa, sono uno studente di Ingegneria informatica e ho ventun anni. Abito qui vicino da qualche mese, con la mia fidanzata –. Indicò la giovane che gli era accanto.
Alex prendeva appunti su un bloc-notes.
– Mi fornisce l’indirizzo preciso?
– Vico Santo Spirito di P...