Rapsodia francese
eBook - ePub

Rapsodia francese

  1. 200 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Trentatre anni dopo il suo smarrimento, una lettera arriva ad Alain Massoulier. Mittente una nota casa discografica parigina. Nel frattempo la rock band degli Hologrammes si è sciolta e tutti i suoi membri hanno preso strade diverse. Quando Alain, medico cinquantenne senza illusioni, andrà in cerca dei vecchi amici, scoprirà nuovi amori e vecchi tradimenti, figlie misteriose e donne innamorate, derive megalomani e pericolosi successi. Il medico cinquantenne Alain, che da giovanissimo suonava in una band musicale a Parigi, riceve dopo trentatre anni una lettera di ingaggio di una casa discografica, rimasta nascosta dietro all'armadio di un ufficio postale. La rivelazione tardiva scatena in lui una crisi ad ampio raggio sulla sua vita presente – il lavoro noioso e borghese, la moglie imbottita di sonniferi che lo tradisce, i figli ormai lontani – che lo porta a riflettere sulla radiosa possibilità di «come sarebbe potuta andare». Comincia cosí a cercare i vecchi membri della sua band che nel frattempo si sono fatti una vita, ma senza trovare il coraggio di contattarne direttamente due: la cantante, la bella Bérengère Leroy, di cui era segretamente innamorato ma che al tempo era fidanzata con JBM, produttore e finanziatore della band. E JBM, appunto, che è diventato uno degli uomini d'affari piú importanti di Francia e che vogliono candidare alle elezioni come «uomo politico nuovo», anche se lui non ne è molto convinto. Sposato con un'ereditiera senza amore, gentile e infelice, JBM prova affetto solo per la sua brillante e giovane assistente, Aurore, che ama come una figlia. JBM non lo sa ma Aurore è figlia di Bérengère, ed è stata cresciuta da un uomo che non era suo padre. C'è poi Sebéstien Vaugan, che nella band suonava il basso, che nel frattempo è diventato il leader megalomane di un gruppo di estrema destra. C'è l'artista contemporaneo Stan Lepelle, il batterista del gruppo, la cui ultima opera è un cervello di venticinque metri appena installato alle Tuileries. Lepelle ha una relazione con una giovane attrice di film porno russa (che alla fine del romanzo seduce Alain). C'è il figlio di un conducente del metrò che suonava il sintetizzatore e aspirava a comporre canzoni, Frédéric Lejeune, che ora si è trasferito in Thailandia e predica sulle bellezze dei locali contro l'animo ripugnante dei francesi, con un figlio che forse si è arruolato nell'Isis, forse no, ma che sicuramente è sparito. E infine c'è Pierre Mazard, fratello di JBM e paroliere del gruppo che, prima di morire, faceva l'antiquario a Parigi. Purtroppo delle canzoni del gruppo non esistono piú registrazioni o almeno cosí si crede. Ma, grazie all'ex russa di Lepelle che riesce a ritrovare un nastro, Alain mette online il loro singolo We are made the same stuff dreams are made of, l'hit ha un enorme successo e gli Hologrammes, infine, fanno ballare la Francia e il mondo. In questo romanzo corale, leggero e appassionato, Antoine Laurain fa rivivere le atmosfere e le storie che ci hanno fatto sognare nella Donna dal taccuino rosso.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
Print ISBN
9788806231064
eBook ISBN
9788858424865

Il Train bleu

L’aspetto piacevole e motivante, con Domitile, era che tutto era sempre «fantastico», «splendido», «perfetto». Quegli spin doctor dovevano essere stati allevati in speciali asili nido – dovevano aver ricevuto in vena, goccia a goccia, flebo di ottimismo e di autostima dal momento in cui erano venuti al mondo. In realtà, forse il loro mestiere consisteva semplicemente nel cercare di trasmettere ai clienti quel fluido mirabolante. Da quando JBM stava sul marciapiede della gare de Lyon Domitile era eccitata come una bambina. Piazzarlo all’estremità del binario e farlo fotografare doveva procurarle un’emozione paragonabile a quella di aprire il pacco della casa di Barbie sotto l’albero di Natale. Martellava la banchina con i tacchi a spillo e mitragliava JBM di consigli: «Lei è bello. Fantastico, proprio cosí, alzi un po’ lo sguardo», ordinava indispettita guardando il feedback sul display che teneva in mano.
– Ne abbiamo ancora per molto? Perché siamo impegnatissimi, – aveva segnalato Aurore.
– Ma anch’io sono impegnatissima, – aveva replicato Domitile. – Lavoro per la Francia.
Poi, guardando Aurore che la fissava inespressiva, aveva fatto un po’ marcia indietro. Si era ricordata che la giovane donna a cui si stava rivolgendo non era una persona qualunque: compariva a piena pagina sull’ultimo numero di «Forbes» sotto il titolo Tycoon Angels; insomma, non era una stagista incaricata delle fotocopie ma un’assistente che parecchi uomini d’affari nel mondo sarebbero stati tentati di accaparrarsi per una cifra a cinque zeri.
– Sí, mi rendo conto. Non si preoccupi, Aurore, aspettiamo un’altra luce e poi glielo restituisco.
– Aurore! – la chiamò JBM. – Non so quanto durerà questa scemenza. Prenda lei il timone stamattina. Ha con sé tutto quanto?
– Ho tutto.
– Inghilterra, Russia?
– Ho tutto, – ripeté Aurore.
– Ottimo, cominci pure, mentre io… mi esibisco sul marciapiede di una stazione, – borbottò raggiungendo il suo posto all’estremità della banchina.
Un quarto d’ora piú tardi la luce non era ancora quella giusta e fu decisa una pausa. Aurore stava seduta a gambe incrociate ai piedi di un palo con davanti due fascicoli, tre iPhone, due tablet e, dopo essersi infilata gli auricolari, aveva tirato fuori una penna e un taccuino e parlava in russo con qualcuno prendendo appunti. JBM si avvicinò.
– Tutto bene? – le domandò sottovoce.
– Tutto bene, – bisbigliò lei.
– Vado a prendere un caffè al Train bleu. La aspetto lí.
Aurore annuí per segnalare che aveva capito ma non poteva rispondergli e che lo avrebbe raggiunto dopo. Il fotografo andò a sedersi accanto a Domitile che stava facendo scorrere le inquadrature sul display e lanciò uno sguardo ad Aurore.
– È bella, mi piacerebbe fotografarla. Crede che potrei chiederglielo?
– Non ci pensi neanche, – rispose lei senza alzare gli occhi. – Le proibisco di avvicinarla.
JBM spinse la porta girevole della celebre brasserie e subito gli venne incontro un capocameriere.
– Prendo un caffè.
– Un caffè… – ripeté il capocameriere. – Ci sono le salette alla sua sinistra, – aggiunse, visibilmente contrariato, – ma… le trovo qualcosa di meglio.
Schioccò le dita verso un cameriere:
– Un caffè al 12! – ordinò.
– Grazie, – mormorò JBM.
– Prego, signor Mazart, – rispose l’altro con un sorriso.
JBM seguí il cameriere e sedette a un tavolino libero nella sala grande. Una coppia finiva di pranzare, come pure un quartetto di uomini d’affari che si misero a bisbigliare indicandolo con discrezione. A pochi passi di distanza, vicino alla finestra, una donna sola lo stava guardando, con un lieve sorriso sulle labbra. Aveva appoggiato il gomito sulla tovaglia e il viso sul palmo della mano. Come se fosse pronta a rimanere cosí a lungo, a contemplare JBM. Anche lui la guardava, quando sul suo volto comparve un’espressione di stupore. Mormorò:
– Bérengère?
Lei annuí lentamente, indovinando il proprio nome sulle sue labbra. JBM scostò il tavolino, si alzò in piedi e si avvicinò.
Quei pochi metri che li separavano gli parvero un oceano di tempo, una zona indefinita come un limbo, dove ognuno dei suoi passi equivaleva a molti anni. Quando fosse arrivato davanti al suo tavolo ne sarebbero passati trenta. Bérengère, che ne aveva venti per l’eternità e nel cervello di JBM ormai esisteva solo come tale, si materializzava sotto le spoglie di una cinquantenne.
– Ciao, Jean, – disse quando lui le arrivò di fronte. – Ho perso il treno, – precisò alzando le spalle, come se avesse dovuto dare una spiegazione alla sua presenza.
– Mi scusi, – gli domandò il cameriere, con un vassoio in mano, – prende il caffè a questo tavolo?
JBM guardò Bérengère ed ebbe un istante di esitazione: doveva imporre la sua presenza o far portare la tazza al proprio tavolo? Lei decise con un: «La metta qui» e JBM sedette.
La lunga ciocca che un tempo le cadeva sugli occhi era scomparsa e portava i capelli lunghi fino alle spalle. Il suo viso era cambiato, certo, ma per tanti versi restava molto simile a quello della ragazza degli anni Ottanta. Il velo del tempo si era limitato a ricoprirlo, offuscando un poco i lineamenti di allora. Che del resto non cessavano di sovrapporsi a quel nuovo volto, quasi tentassero di adattarvisi – e riuscendoci peraltro piuttosto bene –, come quei frattali geometrici che cercano un punto di ancoraggio prima di bloccarsi nell’equazione definitiva. Lo sguardo non era cambiato, in fondo alle pupille c’era sempre lo stesso scintillio ironico, quasi a dire che la vita ci ha proprio giocato qualche bello scherzo, che non sappiamo niente del futuro, ma che non ha alcuna importanza. Nemmeno la voce era cambiata, a giudicare dalle poche parole che aveva pronunciato. Quella voce dolce, lenta, un pochino grave. Quella voce che non sentiva piú da trentatre anni.
– Una vera sorpresa, – disse JBM.
– Sí, – sorrise Bérengère abbassando lo sguardo sul suo caffè. – A volte la vita è molto sorprendente.
– Sei sempre bella come una volta, – aggiunse lui dopo una pausa.
– Adulatore, – mormorò lei prima di alzare gli occhi e guardarlo.
Che cosa puoi dire a una donna che hai amato piú di trent’anni prima e in cui ti imbatti in una stazione? Una donna che, ne sei consapevole, vedrai solo per qualche minuto e poi mai piú? Era come aver pescato una carta dal mazzo di tarocchi di una chiromante, come se la vita ti facesse l’elemosina non di una seconda occasione, ma di una sorta di strizzatina d’occhio. Bérengère interruppe i suoi pensieri:
– Complimenti, – disse toccando la sua tazza con la propria, – per tutto ciò che hai realizzato in questi ultimi trent’anni, ma non ho mai avuto dubbi.
– Grazie, – mormorò JBM. – E tu che cosa hai fatto?
– Un po’ meno di te, – sorrise. – Ho rilevato il Relais & Château dei miei genitori.
– Il Relais de la clef?
– Ti ricordi il nome? – fece lei stupita.
JBM annuí.
– Quanto a questo, in trent’anni sono cambiate poche cose, nella zona si fa sempre il vino, il migliore del mondo, ci sono sempre turisti, il Romanée-conti è sempre costoso come una volta, – aggiunse Bérengère con un sorriso passandosi una mano fra i capelli.
Lui assentí ma non rievocò l’aneddoto che gli tornava in mente: durante un weekend che avevano passato laggiú uno dei viticoltori della prestigiosa tenuta che produceva il vino piú raro del pianeta gliene aveva offerto un bicchiere, spillato dal tino. Da allora, anche se glielo avevano proposto piú volte, JBM aveva sempre rifiutato cortesemente di berlo accampando le scuse piú varie – voleva che il profumo e il gusto del Romanée-conti rimanessero sempre associati al ricordo di Bérengère.
– I tuoi genitori… – azzardò con prudenza.
– Mio padre non è piú fra noi, mia madre ha preferito ritirarsi in una casa di riposo a Beaune. E tu?
JBM fece un cenno negativo con la testa.
– Sei sposata?
– Lo ero… Ci siamo separati ed è morto cinque anni fa.
– Mi dispiace.
– Tu, invece, so che sei sposato, – riprese Bérengère. – Hai figli?
– Sí, – rispose lui, che stentava a distogliere la mente da quel pomeriggio di sole nella tenuta del Romanée-conti.
Quel ricordo al quale non ripensava quasi mai era riaffiorato in pochi secondi con grande forza, quasi brutalmente, come un fossile sepolto emerso dalla polvere, intatto e scintillante. Un pomeriggio dei primi anni Ottanta, quando erano giovani, quando avevano, secondo l’espressione banale ma verissima, la vita davanti a sé. E la vita era scivolata via, in fretta.
– Femmina? Maschio? – insistette Bérengère di fronte al suo silenzio.
– Mas...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Rapsodia francese
  4. Una lettera
  5. Mal di schiena
  6. Sweet 80’s
  7. Supermotivati
  8. Les mots bleus
  9. L’uomo con il sorriso da gatto
  10. Blanche
  11. 675 x 564
  12. Ringiovanire
  13. Véronique
  14. Tiristori e triac
  15. Au temps passé
  16. Bubble
  17. Battage pubblicitario
  18. Nel paese del sorriso
  19. Roosevelt contro Luigi XV
  20. Una bella russa
  21. Il comandante
  22. Lesso
  23. Il Train bleu
  24. Bérengère
  25. Dietrofront
  26. L’uomo che voleva suonare la batteria
  27. Ivana
  28. Il Relais de la clef
  29. Il Train bleu (2)
  30. Aurore
  31. 675 x 564 = 380 700
  32. Zénith e Semtex
  33. Un cane con tre zampe
  34. I ratti
  35. La gloria di Bubble
  36. Rue de Moscou
  37. Una lettera (2)
  38. Epilogo
  39. Il libro
  40. L’autore
  41. Dello stesso autore
  42. Copyright