Riposa, coniglio
eBook - ePub

Riposa, coniglio

  1. 712 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Riposa, coniglio

Informazioni su questo libro

Nella fase conclusiva dell'era reaganiana, in un'America terrorizzata dall'Aids in cui tutto pare cadere a pezzi, Harry Angstrom si è trasferito in Florida. Ha cinquantasei anni, venti chili di troppo e deve sottoporsi a un intervento al cuore. Ha la nettissima, inquietante sensazione che la fine si stia avvicinando come un aereo in atterraggio. Eppure riesce ancora a lambiccarsi sull'incomprensibile comportamento di suo figlio Nelson, un cocainomane, e di Janice, sua moglie, che si è messa in testa di ricominciare a lavorare, alla sua età.
Ma a perseguitarlo come fantasmi sono soprattutto i rimorsi di una vita.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
Print ISBN
9788806214784
eBook ISBN
9788858425435
I.

Florida

In piedi tra la folla postnatalizia abbronzata, eccitata, del Southwest Florida Regional Airport, Coniglio Angstrom ha improvvisamente la strana sensazione che ciò che lui è andato lí ad aspettare, ciò che sta volteggiando lassú, invisibile, in procinto di atterrare, non siano il figlio Nelson e la nuora Pru con i loro due bambini, ma qualcosa di piú sinistro e intimamente legato a lui: la sua stessa morte, nelle vaghe sembianze di aeroplano. Una sensazione che lo raggela, al di sopra e al di là dell’aria condizionata del terminal. D’altra parte sono trent’anni che trovarsi davanti Nelson lo mette a disagio.
L’aeroporto è relativamente nuovo. Ci si arriva prendendo l’uscita 21 della Interstate 75 e poi percorrendo tre miglia di una superstrada che, nonostante le sparute palme in filari e l’erba curata e troppo verde che la fiancheggia su entrambi i lati, non sembra portare da nessuna parte. Lungo di essa non ci sono cartelloni pubblicitari, o aziende che sono réclame di sé stesse, né ci sono quelle case basse, con il tetto in tegole bianche contro il caldo, che nei terreni limitrofi si ammassano per miglia e miglia. Si potrebbe anche pensare di aver sbagliato strada. Ed ecco lí nello specchietto retrovisore, incollata al paraurti posteriore, una fremente Camaro rossa decapottabile.
«Non c’è bisogno di correre, Harry. Siamo in fortissimo anticipo».
Cosí, strada facendo, gli ha detto sua moglie. E a dargli fastidio è stato il tono tollerante, circospetto, che Janice ha assunto da qualche tempo, come se fosse prematuramente rimbambito. Sollevato lo sguardo, lui, Coniglio, l’ha osservata allontanarsi, visetto indurito dal sole, tanto simile a una noce, e un ostinato ricciolo ribelle di capelli parzialmente grigi. «C’è uno che mi sta incollato al paraurti, tesoro», le ha spiegato, rallentando, riportandosi sulla corsia di destra e lasciando che l’ago del tachimetro scendesse tremolando a una velocità al di sotto dei cento all’ora. La Camaro è passata in un lampo, al volante una ragazzotta con la pelle color cacao e in testa un feltro grigio da hostess, mento e labbra sporgenti: non lo ha nemmeno degnato di un’occhiata di traverso. E anche questo gli ha dato fastidio. Vista da dietro, dal disegno del baule e del paraurti, la Camaro sembra avere una bocca e due grasse labbra metalliche aperte come per esplodere in un fischio. Può dunque darsi che il suo nervosismo sia cominciato lí.
Il terminal, quando finalmente compare, è un lungo edificio bianco e basso, simile a una versione gonfiata delle cliniche martoriate dal sole – dentistiche, chiropratiche, artritiche, cardiologiche, legali, medico-legali – che si allineano lungo i viali di quello stato fatto su misura per i vecchi. Il parcheggio per le auto è pochi passi dalla porta scorrevole in vetro brunito: lí è tutto concepito per andare costantemente incontro ai bisogni dell’utente. Dentro, al piano superiore, nella zona degli arrivi, gli spazi sono lunghi, bassi, tappezzati con un gradevole feltro grigio simile a quello dell’impertinente berretto della hostess e invasi da quel genere di musica della cui presenza ci si rende conto soltanto quando l’ascensore si ferma o quando il dentista smette di trapanare. Corde pizzicate, niente voci, musica fatta apposta per essere ignorata, una sorta di tappeto steso sull’aria per coprire un silenzio che potrebbe evocare la morte. Questi spazi lunghi e gradevoli, poco ingombri di pubblicità come la superstrada, a Coniglio ricordano qualcosa. Condotti dell’aria condizionata, pensa sulle prime; e dopo: cripte. Spazi futuristici come quelle gallerie dei film che un trucco della macchina da presa accelera in una deformazione spaziale per far capire che si sta passando da una stella a un’altra. 2001. Sarà ancora vivo, lui? Per trovare sollievo dall’improvviso senso del fato da cui si è sentito prendere, tocca il cotone bianco e sudato della tenuta da tennis di Janice, lí al suo fianco, all’altezza della vita. È ingrassata, l’incavo si è ridotto: sua moglie sta assumendo la corporatura a botte tipica delle donne arrivate al culmine della mezza età, quando le gambe si fanno ossute e la pelle delle braccia prende a penzolare come pollo lesso che si stacca dall’osso. Sopra la tenuta da tennis sudata porta un cardigan giallo traforato, appoggiato sulle spalle a protezione dal gelo dell’aria condizionata dell’aeroporto. Lui è contento che, nell’abito e nell’abbronzatura, come persino nei cerchi di pallore lasciati dagli occhiali da sole, Janice sia in tutto e per tutto simile alle altre nonne americane che si possono permettere di risiedere lí, in quella terra di sole perenne ed eterna gioventú.
– Uscita A5, – dice lei, come se il suo tocco sottintendesse un interrogativo di natura tecnica. – Da Cleveland via Newark, – aggiunge, con il tono efficiente da professionista che ha assunto con l’arrivo della mezza età, in particolare da quando le è morta la madre, sette anni prima, lasciandole con il suo patrimonio «il terreno», la Springer Motors, una delle due sole concessionarie Toyota esistenti nella zona di Brewer, Pennsylvania. In famiglia lo chiamano ancora tutti cosí, «il terreno», visto che la ditta è partita come rivendita all’aperto di auto usate, con Fred Springer proprietario e gestore, morto ma, nella fantasia della vedova Bessie e della figlia Janice, reincarnato nel nipote Nelson, che come il nonno è una mezza cartuccia filiforme, con qualcosa di sfuggente. È proprio per questo motivo che Harry e Janice passano metà dell’anno in Florida: per consentire a Nelson di dirigere «il terreno» in piena libertà. Harry, capo delle vendite per piú di dieci anni, oltre che responsabile di tutta la baracca insieme a Charlie Stavros, nel testamento di Mamma Springer non è stato nemmeno citato, nonostante tutti gli anni passati con lei, nella sua tetra enorme casa di Joseph Street, ad ascoltare continuamente la tiritera di che santo fosse Fred, oltre alla lagna delle caviglie gonfie. Tutto è andato a Janice, come se nella dinastia degli Springer lui rappresentasse unicamente un incidente di cui non parlare. La casa di Joseph Street, dove Nelson vive con la sua famiglia tanto per non sprecare manutenzione e tasse, con la mania degli yuppie di spostarsi dalla zona nordorientale di Brewer verso la città di Mt Judge, la casa di Joseph Street deve valere trecentomila dollari, per non parlare della villetta alle Poconos, dove persino i prezzi delle capanne nei boschi sono andati alle stelle. D’altronde, soltanto il suolo del «terreno», quattro acri sulla Statale 111, a sud del fiume, potrebbe rendere un cifra vicina al milione di dollari da parte di una delle aziende di alta tecnologia che nell’ultimo decennio si sono stanziate nella zona di Brewer per sfruttare le fabbriche abbandonate, la forza lavoratrice, esperta ma depressa e la vita all’antica, a buon mercato. Janice è ricca. Harry vorrebbe dividere con lei l’improvvisa punta di gelo che ha avvertito nell’aria, l’ombra di un aereo celeste, ma si sente respingere dal guscio che si è costruita addosso. La tenuta da tennis, all’altezza della vita, gli ha trasmesso la sensazione di qualcosa di consistente e insensibile: una sorta di cuoio umidiccio. Lui è solo con la sua premonizione.
In questo martedí postnatalizio dell’ultimo anno dell’èra Reagan si è raccolta una folla di persone in attesa. Un omino, dal dorso ingobbito e dalla goffa sveltezza cosí spesso tipica degli ebrei, li supera con una specie di dribbling, gridando alla moglie alle sue spalle, senza voltarsi, come se loro due non esistessero: – Spicciati, Grace!
Grace, pensa lui. Nome strano per un’ebrea. O forse no. Nomi biblici, come Rachel o Esther, ma non sempre: anche Barbra o Bett. Deve ancora abituarsi fino in fondo agli ebrei, quaggiú, sta imparando, cercando di assimilare la filosofia che consente loro di avere una presa cosí forte sul mondo. Quel vecchietto ingobbito, per esempio, con la sua camicia rosa a quadri e le braghe di un rosso rossetto, che si scapicolla come se l’aereo che sta atterrando fosse l’ultimo treno in partenza da Varsavia. Quando lui e Janice stavano valutando l’idea di trasferirsi qui, i loro consulenti sull’argomento Florida, principalmente Charlie Stavros e Webb Murkett, avevano spiegato loro che la zona del Golfo è la costa dei cristiani, mentre in quella atlantica ci sono gli ebrei, ma lui in realtà non ci ha fatto caso. A giudicare dalle sue conoscenze, la Florida sembrerebbe tutta ebraica alla stessa stregua di New York, Hollywood e Tel Aviv. Nel loro condominio, lui e Janice sono trattati come fossero due animaletti da salotto, a voler essere gentili: sono considerati carini. Guardando quell’ometto di settant’anni passati da un pezzo, che si mette a correre, saltellando a zig zag tra i sedili a colonna imbottiti, in modo che nessuno raggiunga prima di lui l’area degli arrivi, Harry avverte con un forte senso di rimorso la massa corporea – intorno ai centodieci chili, dicono le bilance piú cortesi – che all’età di cinquantacinque anni lo avviluppa come una serie di strati accumulatisi a uno a uno nei decenni. Il medico di qui continua a consigliargli di rinunciare a birra e sfizi vari, impegno che ogni sera, dopo essersi lavato i denti, lui fa voto di mantenere, ma poi alla luce del giorno seguente eccolo che ha di nuovo fame di qualsiasi cibo sia salato e facile da masticare. Che cosa gli diceva il suo vecchio allenatore di basket, Marty Tothero, verso la fine della sua vita, a proposito del fatto che da vecchi si mangia di continuo, ma mai niente di giusto? A volte, dentro di sé, Coniglio si sente quasi venire meno per la fatica di portarsi attorno tutto quel corpo. Leggere fitte di dolore che lo prendono alle costole, salendo fino alla parte superiore del braccio sinistro. Gli capita di sentirsi per un attimo con il fiato corto e il torace misteriosamente gonfio, pieno di qualcosa che spinge da dentro. Da ragazzino, si spaventava per i dolori della crescita, e gli adulti da cui era circondato ci scherzavano sopra per tranquillizzarlo; ora però l’adulto è lui, quindi deve scherzarci sopra da solo.
Un policromo baracchino ottagonale dove si vendono giornali, riviste, dolcetti, ricordini in corallo e ridicole T-shirt su cui si legge che delizia sia la Florida sudoccidentale interrompe i severi spazi grigi dell’aeroporto. Janice si ferma di botto e dice: – Ti spiace aspettare qui un attimo, che guardo se hanno «Elle»? E sarà anche il caso che io torni indietro per servirmi della toilette finché ne ho la possibilità. Il traffico del ritorno potrebbe essere terribile, con questo tempo che continua a far venire voglia di andare in spiaggia.
– Adesso ci pensi! – ribatte lui. – Be’, vacci, se proprio devi –. La frangetta alla Mamie Eisenhower, che lei porta ancora, con gli anni si è fatta striminzita, oltre che tutta arricciata per effetto dell’umidità e dell’acqua salata, con il risultato che le dà un’aria infantile, ostinata ed effettivamente graziosa.
– Abbiamo ancora almeno dieci minuti; non so perché diavolo quel deficiente avesse tanta fretta.
– È semplicemente innamorato della vita, – replica Harry, mettendosi disciplinatamente in attesa. Ma mentre Janice è alla toilette non riesce a resistere all’impulso di comprarsi qualcosa da sgranocchiare, una tavoletta di Planter’s, croccante di noccioline, per l’importo di quarantacinque centesimi. Planter’s Original Peanut Bar, dice l’involucro. Rotta in due durante il trasporto, cosí che lui pensa di conservarne metà da offrire ai due nipoti, quando saranno tutti in auto diretti a casa. Farebbe un bel colpo. Ma poi la prima metà è cosí buona che si mangia anche la seconda: arriva persino a farsi cadere nel palmo della mano le briciole dolci, spazzandole con la lingua come un formichiere. Dopodiché pensa di tornare indietro a comperarne un’altra da dividere con i nipoti in auto, – Guardate che cos’ha qui il nonno! – mentre svoltano sulla Interstate 75, ma teme di mangiarsela lui tutta quanta, per cui si impone di restare lí impalato a osservare fuori dalla finestra. Quell’aeroporto è stato progettato con grandi vetrate che dànno sulle piste, in modo che se capita un disastro tutti possano godersi con i propri occhi la palla di fuoco, la fusoliera che gira lentamente su sé stessa, in derapata, perdendo le ali. Mentre cerca con la lingua di ripulirsi gli interstizi tra i denti – ancora tutti suoi, grazie a Dio, e quelli davanti nemmeno incapsulati – dall’appiccicosa glassa alla nocciolina (oltre allo zucchero caramellato e allo sciroppo d’amido), Coniglio tiene lo sguardo fisso sul grande riquadro colpito dal sole pomeridiano, la pista che nella parte terminale si riduce a un triangolo, la piatta distesa della Florida che al di là del sistema di irrigazione si fa scura come stoppia. L’inverno – meglio: la parvenza di inverno che cala in quella zona – non ha ancora colpito. La temperatura durante il giorno è rimasta regolarmente tra i ventisei e i trenta. Dopo quattro inverni passati in Florida, ormai Harry sa benissimo come possa essere tagliente il vento del Golfo sul primo tee, quando si comincia di buon’ora; non ci si può togliere il maglione prima che il sole, nel suo arco, si avvicini al mezzogiorno. Questo dicembre, però, se si eccettua un’unica ondata di freddo a metà del mese, è stato come gli inizi di settembre in Pennsylvania: caldo, con soltanto gli ippocastani che cambiano colore e una certa estenuata secchezza nell’aria, oltre al ronzio delle cicale, a suggerire che l’estate è finita.
A mano a mano che il dolce gli si assesta nello stomaco, il senso del fato torna ad artigliare il cuore di Harry: minuscole puntine come quelle che fissano un solitario di diamanti. Ultimamente sui giornali si sono visti un sacco di morti. Max Robinson, per esempio, il primo e unico anchorman nero a livello nazionale, e Roy Orbison, che si vestiva sempre di nero, con occhiali altrettanto neri, e cantava Pretty Woman con una voce capace di levarsi alta come quella di una donna; prima di Natale, poi, c’è stato il volo 103 della Pan Am che si è spaccato come un’anguria marcia ottomila metri sopra la Scozia, seminando cadaveri e relitti in fiamme sulla rotta del golfo e per le strade di una cittadina con un nome tipo Glockamorra o come diavolo si chiama… ah sí, Lockerbie. Pensa che roba. Uno è lí, seduto al suo posto, cullato dal ronzio dei grossi motori Rolls Royce, con le hostess che spingono il carrello tintinnante delle bibite, abbandonato alla pacifica idea di essere in aereo e quindi di non avere altro da fare se non rimanere tranquillo e disteso, ed ecco che con un boato, un immane fracasso di qualcosa che si spezza, in un subisso di urla sparse, tutto il suo confortevole mondo gli sprofonda sotto i piedi non lasciando altro che uno spazio nero, il petto strizzato da un freddo terribile, irrespirabile, un freddo che non si può nemmeno immaginare e che però ogni tanto si trova ancora chiuso nelle valigie che hanno viaggiato nella stiva non pressurizzata. Quando si tirano fuori i vestiti, la biancheria sporca e gli asciugamani da spiaggia, c’è ancora il gelo inesorabile della morte nello spazio. Proprio il giorno prima un jet in volo tra Rochester e Atlanta si è spaccato a novemilacinquecento metri, un buco di trentacinque centimetri, c’era scritto sul giornale, ma ha avuto la fortuna di atterrare in West Virginia. Tutto che va a pezzi, aeroplani, ponti, otto anni di Reagan senza nessuno che badasse alla bottega, tutti a cavar fuori soldi dal niente, a far crescere il debito pubblico, a confidare in Dio.
In vita sua Harry ha volato diverse volte, per partecipare a convention in varie località; e una volta, nove anni fa, è arrivato fino ai Caraibi, con altre due coppie; ma in Florida, con Janice, ci viene sempre in auto, cosí da averla a disposizione. Nelson farà probabilmente storie perché ce n’è una sola, anche se è una station wagon Camry in cui si sta comodi in sei: gli piace farsi i fatti suoi, andare in giro per misteriose incombenze che durano ore. Nelson. Una vera spina nel fianco. La lingua comincia a pizzicargli, per cui la smette di trafficare attorno a un pezzetto tagliente di sciroppo di amido dolce, rimasto incastrato dietro un canino superiore.
Sulla «News-Press» di Fort Myers, quella mattina, c’è un pezzo a proposito di una do...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Riposa Coniglio
  4. I. Florida
  5. II. Pennsylvania
  6. III. Infarto miocardico
  7. Ringraziamenti.
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright