
- 424 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Il pipistrello
Informazioni su questo libro
Una ragazza norvegese è stata assassinata a Sidney. Il detective Harry Hole della squadra Anticrimine di Oslo viene mandato in Australia per collaborare con la polizia locale. Ma lui non è tipo da limitarsi a osservare il lavoro degli altri. E presto scopre che l'omicidio della ragazza è l'ultimo anello di una lunga catena. Un quadro a tinte cosí forti che Harry vede proiettarsi sulle indagini l'ombra minacciosa di alcune figure della mitologia aborigena. In particolare quella di Narahdarn, il pipistrello che reca la morte nel mondo.
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Informazioni
Parte seconda
Moora
Capitolo 6
Un accappatoio, la rilevanza statistica e un pesce d’acquario
Aprí gli occhi. Tra sibili e ronzii la metropoli si stava svegliando di là dalla finestra, dove una tenda gli faceva un cenno pigro. Rimase disteso a guardare una cosa assurda appesa alla parete opposta della grande stanza: una foto della coppia reale svedese. La regina con il suo sorriso placido e tranquillo e il re che sembrava avere un coltello puntato alla schiena. Harry sapeva come si sentiva: in terza elementare si era lasciato convincere a fare la parte del principe in La principessa Non Voglio.
Da qualche parte arrivava un rumore di acqua corrente, e Harry si spostò sull’altro lato del letto per annusare il cuscino di lei. Sul lenzuolo scorse il tentacolo di una medusa. O era un lungo capello rosso? Gli venne in mente un titolo della cronaca sportiva del «Dagbladet»: Erland Johnsen, del Moss Fk, noto per i suoi capelli rossi e le palle lunghe.
Controllò come si sentiva. Si sentiva leggero. Leggero come una piuma, in effetti. Cosí leggero da temere di essere sollevato e trasportato oltre la finestra dal movimento delle tende, per poi librarsi sopra Sydney nell’ora di punta del mattino e accorgersi di non avere uno straccio addosso. Giunse alla conclusione che la leggerezza doveva dipendere dal fatto che nel corso della notte si era svuotato di fluidi corporei vari, al punto da aver perso diversi chili.
– Harry Hole, distretto di polizia di Oslo: noto per le sue idee strane e le palle vuote, – mormorò.
– Scusa?
Birgitta apparve nella stanza in un accappatoio di una bruttezza inaudita e un asciugamano a mo’ di enorme turbante avvolto intorno alla testa.
– Ah, buongiorno, bellissima e libera. Niente, stavo guardando la foto di Re Non Voglio là sulla parete. Secondo te, avrebbe preferito fare il contadino e zappare la terra? Dalla sua espressione si direbbe di sí.
Lei guardò la foto.
– Non a tutti capita di finire nel posto giusto nella vita. Per esempio, che mi dici di te, maledetto sbirro?
Si lasciò cadere sul letto accanto a lui.
– Una domanda impegnativa a quest’ora della mattina. Prima che ti risponda, esigo che tu ti tolga quell’accappatoio. Non per essere negativo, ma cosí su due piedi direi che quell’indumento si aggiudica il primo posto nella mia hit parade delle cose piú brutte che abbia mai visto.
Birgitta scoppiò a ridere.
– Io lo chiamo «l’ammazza-erotismo». Ha il suo perché quando uno sconosciuto chiacchierone diventa troppo invadente.
– Hai verificato se quel colore ha un nome? Magari hai scoperto una tonalità sconosciuta, una specie di vuoto nella gamma tra il verde e il marrone?
– Non cercare di svicolare, norvegese dei miei stivali! – Birgitta lo colpí in testa con un cuscino, ma dopo una breve lotta finí sotto. Harry le immobilizzò le mani mentre si abbassava tentando di addentare la cinta dell’accappatoio. Birgitta urlò quando capí le sue intenzioni, liberò un ginocchio e glielo piantò con decisione nel mento. Harry ansimò e si girò sul fianco. Con rapidità fulminea lei si accoccolò con le ginocchia sopra le sue braccia.
– Rispondi!
– Okay, okay, mi arrendo. Sí, sono finito nel posto giusto nella vita. Sono il miglior maledetto sbirro che tu possa immaginare. E sí, preferisco catturare i cattivi piuttosto che zappare la terra, o andare a cene di gala e salutare la folla da un balcone. E sí, lo so, sono un depravato.
Birgitta lo baciò sulla bocca.
– Potevi anche lavarti i denti, – disse lui serrando le labbra.
Appena lei piegò il collo all’indietro e rise, Harry ne approfittò. Con uno scatto della testa afferrò la cinta con i denti e tirò. L’accappatoio scivolò di lato e lui alzò le ginocchia e sollevò Birgitta sopra di sé. La sua pelle era calda e umida dopo la doccia.
– Polizia! – gridò lei stringendolo tra le gambe. Harry si sentiva pulsare il sangue in tutto il corpo.
– Stupro! – sussurrò Birgitta e gli morsicò l’orecchio.
Dopo rimasero distesi a fissare il soffitto insieme.
– Mi piacerebbe… – incominciò Birgitta.
– Sí?
– No, niente.
Si alzarono e si vestirono. Harry guardò l’ora e si rese conto di essere in ritardo per la riunione del mattino. Sulla porta la abbracciò.
– Credo di sapere cosa ti piacerebbe, – disse Harry. – Ti piacerebbe che ti raccontassi qualcosa di me.
Birgitta poggiò la testa contro la sua gola. – So che non lo fai volentieri, – disse. – Ho la sensazione di aver dovuto cavare con la forza tutto quello che so di te. So che tua madre era una donna dolce e intelligente, mezza sami, ed è morta sei anni fa. Che tuo padre insegna e disapprova quello che fai. E che la persona che ami di piú al mondo, tua sorella, ha un «pizzichino» di sindrome di Down. Mi fa piacere sapere queste cose di te. Ma voglio che me le racconti perché ne hai voglia.
Harry le accarezzò la nuca.
– Vuoi sapere una cosa importante? Un segreto?
Lei annuí.
– Però condividere un segreto lega le persone, – le sussurrò Harry fra i capelli. – E non sempre è quello che si vuole.
Indugiarono in silenzio nell’ingresso. Lui trasse un respiro profondo.
– Per tutta la vita sono stato circondato da persone che mi vogliono bene. Non mi è mai stato negato niente. Per farla breve, non so perché sono diventato quello che sono diventato.
Un refolo entrò dalla finestra e gli sfiorò i capelli, una carezza cosí delicata da costringerlo a chiudere gli occhi.
– Un alcolizzato.
Pronunciò la parola con voce dura e un po’ alta. Birgitta rimase immobile.
– Non è facile licenziare un pubblico ufficiale in Norvegia. L’incompetenza da sola non basta, la pigrizia è un concetto non contemplato e puoi alzare la voce con il tuo capo quanto vuoi, senza problemi. Per cosí dire, praticamente puoi fare come ti pare, la legge ti protegge quasi da tutto. Eccetto che dall’alcol. In polizia, se ti presenti al lavoro in stato d’ebbrezza piú di due volte, rischi il licenziamento in tronco. Per un periodo è stato piú facile contare i giorni in cui mi presentavo al lavoro lucido.
Harry allentò la stretta e tenne Birgitta davanti a sé. Voleva vedere la sua reazione. Poi l’abbracciò di nuovo.
– Comunque, in un certo senso me la cavavo, e quelli che avevano dei sospetti chiudevano un occhio. Forse qualcuno avrebbe dovuto dirlo chiaramente, ma in polizia c’è un forte senso di lealtà e di solidarietà. Una sera andai in macchina con un collega su a Holmenkollåsen per rivolgere qualche domanda riguardo a un omicidio per droga a uno che abitava in un appartamento terrazzato. L’uomo non era neanche sospettato, ma quando fummo davanti al portone e suonammo il citofono, lo vedemmo uscire sparato dal garage, risalimmo in macchina e lo inseguimmo. Mettemmo il lampeggiante azzurro sul tetto e percorremmo Sørkedalsveien a centodieci all’ora. Sbandavamo di qua e di là sulla carreggiata, e urtammo il marciapiede un paio di volte, tanto che il mio collega mi chiese se non era meglio che si mettesse lui al volante. Ero talmente concentrato a non perdere di vista l’uomo che rifiutai con un gesto brusco.
Quello che era successo dopo, lo aveva saputo da altri. A Vinderen un’auto era uscita da una stazione di rifornimento. Al volante c’era un ragazzo che aveva appena preso la patente ed era andato a comprare le sigarette per il padre. Sfondando il guardrail avevano spinto la sua macchina verso i binari del treno, trascinandosi dietro la pensilina della fermata dove appena due minuti prima c’erano cinque-sei persone, per poi fermarsi contro la banchina opposta. Il collega di Harry era schizzato fuori del parabrezza ed era stato ritrovato venti metri piú giú lungo i binari. Aveva sbattuto la testa contro un palo della recinzione. L’impatto era stato cosí violento da piegarne l’estremità. Avevano dovuto prendergli le impronte digitali per identificarlo. Il ragazzo dell’altra macchina era rimasto paralizzato dal collo in giú.
– Sono andato a trovarlo in un posto che si chiama Sunnås, – disse Harry. – Sogna ancora di poter guidare di nuovo la macchina un giorno. Quanto a me, mi trovarono nell’abitacolo con il cranio spaccato e gravi emorragie interne. Sono rimasto attaccato a un respiratore per settimane.
La madre andava a trovarlo tutti i giorni insieme alla sorella. Si sedevano ciascuna a un lato del letto e gli tenevano la mano. Il padre passava la sera, fuori orario. Siccome la grave commozione cerebrale gli aveva provocato disturbi alla vista, non gli era permesso né leggere né guardare la tv, e allora il padre lo faceva per lui. Si sedeva vicinissimo al letto e gli leggeva sussurrandogli nell’orecchio per non stancarlo troppo i propri autori preferiti, Sigurd Hoel e Kjartan Fløgstad.
– Avevo ucciso un uomo e distrutto la vita a un altro, e ciononostante giacevo in una incubatrice piena di amore e di premure. E appena fui trasferito in una stanza multipla la prima cosa che feci fu corrompere il vicino di letto perché chiedesse al fratello di comprarmi una bottiglia di gin.
Harry si interruppe. Il respiro di Birgitta era calmo e regolare.
– Sei scioccata? – le domandò.
– Ho capito che eri un alcolizzato la prima volta che ti ho visto, – rispose Birgitta. – Anche mio padre beve.
Harry non sapeva cosa dire.
– Continua, – disse lei.
– Il resto… è di competenza della polizia norvegese. Forse è meglio per te non saperne niente.
– Qui siamo molto lontani dalla Norvegia.
Harry le diede una rapida stretta.
– Per oggi hai sentito abbastanza, – le disse. – Segue nella prossima puntata. Devo andare adesso. Posso venire all’Albury a impedirti di lavorare anche stasera?
Birgitta gli rivolse un sorriso un po’ mesto, e Harry capí di essere sul punto di impelagarsi in quella storia piú di quanto avrebbe dovuto.
– Sei in ritardo, – constatò Wadkins quando Harry arrivò in ufficio. Posò una pila di fotocopie sulla sua scrivania.
– Colpa del jet lag. Ci sono novità? – domandò lui.
– Eccoti qualche lettura. Yong Sue ha riesumato dei vecchi casi di violenza carnale. In questo preciso istante se ne sta occupando insieme a Kensington.
Harry si rese conto di avere prima bisogno di un caffè decente e salí nella mensa. Ci trovò McCormack, di buonumore. Si sedettero a un tavolo con un flat white ciascuno, il cappuccino all’australiana.
– Hanno chiamato dal ministero della Giustizia, che ha ricevuto una telefonata dal ministero della Giustizia norvegese. Ho appena parlato con Wadkins e mi è parso di capire che avete nel mirino qualcuno.
– Evans White. Be’, afferma di avere un alibi per i giorni intorno all’omicidio. Abbiamo chiesto ai colleghi di Nimbin di convocare la donna con cui sostiene di essere stato per verificare la sua versione. White ha ricevuto l’ordine di non andare da nessuna parte senza avvisare.
McCormack brontolò.
– Ti sei trovato faccia a faccia con quell’uomo, Holy. È stato lui?
Harry abbassò lo sguardo sul cappuccino. Le strisce bianche di latte formavano una spirale che ricor...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Prefazione
- Il pipistrello
- Parte prima. Walla
- Parte seconda. Moora
- Parte terza. Bubbur
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright