Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone
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Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone

  1. 152 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone

Informazioni su questo libro

In occasione dell'uscita della serie Tv I Bastardi di Pizzofalcone, Maurizio de Giovanni dà voce ai personaggi che compongono la squadra investigativa piú famosa d'Italia. Ognuno di loro si racconta, talvolta quasi si confessa. E parla dei colleghi e dello strano commissariato dove, contro ogni previsione, ha trovato riscatto. Con 134 foto del set.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
Print ISBN
9788806233938
eBook ISBN
9788858425442
Argomento
Kunst
Categoria
Fotografie

Lojacono

Non è che io abbia qualcosa di specifico contro questa città. Anzi, devo ammettere che soprattutto negli ultimi mesi, da quando c’è mia figlia che invece ne pare perdutamente innamorata e che mi trascina di continuo in giro per musei, monumenti e piazzali panoramici, mi ritrovo sempre piú spesso a pensare che poteva andare peggio. Molto peggio.
Il punto è che per parecchio tempo questa città è stata la mia prigione.
Né Marinella, né la mia amica Letizia, né tantomeno Laura, la donna di cui mi sono innamorato, potranno mai capire che cosa significhi svegliarsi all’alba e restare a guardare per due ore il soffitto di una triste, anonima camera ammobiliata cercando un buon motivo per alzarsi e non rimanere piuttosto a dormire e dormire, sperando di non sognare.
Un uomo deve correre, diceva mio padre. Non era uno che parlava molto: un siciliano di quelli classici, silenzioso e pratico, la mascella indurita dalla vita e la pelle scura di sole. Ma questo concetto lo ripeteva sempre: un uomo deve correre. Intendeva: deve avere un obiettivo, qualcosa da raggiungere. Qualcosa da inseguire.
Io ho sempre corso. Volevo diventare un poliziotto, come quasi tutti i bambini; solo che io, quando gli altri hanno cominciato a cambiare obiettivo e a pensare di fare l’avvocato, il medico o l’ingegnere, sono rimasto della stessa idea. Non ho mai creduto di poter essere qualcosa di diverso da un poliziotto. Uno sbirro di quelli da strada, capace di starsene per ore sotto la pioggia al riparo di un portone, e di passare giorni a incrociare vecchie fotografie per immaginare come potesse essersi trasformato il volto di un latitante dopo vent’anni. Volevo diventare un poliziotto.
Mio padre era stato trasferito a Roma; un funzionario dello Stato come migliaia di altri, anonimo e un po’ grigio. Ci aveva portato via dall’isola, ma in realtà non si era mai mosso da lí. In ogni sguardo dalla finestra, in ogni sospiro, in ogni tagliente ironia leggevamo tutti qualcosa che lo univa ancora alla sua terra bellissima e disgraziata. Alla nostra terra.
E anche se crescendo prendevamo l’accento della capitale e imparavamo a muoverci bene per le sue strade enormi e a non perderci negli infiniti corridoi di quei palazzi, non abbiamo mai smesso di sentirci siciliani.
Ci provò, mio padre, a farmi cambiare idea. Ci provò perché lo voleva mia madre, che ha sempre avuto terrore delle armi e del sangue, che ha conosciuto le lacrime delle guerre di mafia per il dominio del paese, che ha visto ragazzi a terra nella polvere e nel silenzio, attraverso le imposte chiuse in un assolato e muto pomeriggio di luglio.
Ci provò, mio padre, ma non ci credeva neanche lui. Un uomo deve correre. E se ha deciso di correre dietro una cosa, allora lo deve fare e basta.
Fu una breve chiacchierata, a passeggio per Villa Borghese una domenica mattina. Il lunedí dovevo sostenere l’ultimo colloquio. Camminavamo in silenzio, uno accanto all’altro. Dovevamo sembrare strani, cosí simili per questi occhi da cinese che ho preso da lui, la stessa altezza, le mani in tasca, lo sguardo basso. Dovevamo sembrare lo stesso uomo, ma con trent’anni di distanza, insieme entrambi nello stesso spazio e nello stesso tempo.
Mi chiese se ero sicuro. Che siccome mamma era spaventata, era meglio che fossi proprio sicuro. Capii che aveva promesso di parlarmi, e che doveva mantenere la promessa. Io dissi sí, papà, sono sicuro. Lui annuí, a lungo, senza smettere di camminare, senza alzare gli occhi da terra. Poi si fermò e prese a fissare le cime degli alberi. Un tizio che correva nel viale ci scansò all’ultimo momento, rivolgendoci un’occhiataccia.
Mio padre disse: e allora, se sei sicuro, non cambiare mai idea. Perché se le cose vanno bene, è facile essere sicuri. È quando le cose vanno male che si deve mostrare la forza.
Peccato che non abbia fatto in tempo, mio padre, a sapere quante volte quelle poche, semplici frasi mi sono tornate in mente. Quante volte mi ci sono aggrappato, nelle notti insonni e nei giorni di odio e silenzio e angoscia. Quante volte mi hanno tenuto a galla, come un pezzo di legno tiene a galla un uomo che è caduto dalla sua confortevole nave nel buio e nel dolore del mare.
In Sicilia, fui io a volerci tornare. Potevo scegliere, ero stato tra i migliori del mio corso: ma un siciliano rimane un siciliano, anche se ha un altro accento e ha imparato a conoscere altre vite e altre città. Io quella terra la dovevo ripagare. Io quella terra la volevo salvare.
A vent’anni ti sembra tutto possibile. Io, poi, non avevo paura di nulla, nemmeno dei silenzi, nemmeno della paura degli altri. Lo capisci in seguito che l’avversario vero è proprio lei, la paura che hanno gli altri: quegli occhi che si voltano dall’altra parte, che hanno il potere di non vedere ciò che rifiutano di vedere.
Ma questo succede dopo. All’inizio, a vent’anni, sei felice e basta. Io fui felice subito, in mezzo a tutto quel sole. Cosí cominciai la mia battaglia.
Oggi c’è il sole, sul terrazzo del commissariato di Pizzofalcone. E mi pare quasi lo stesso sole, con questa luce forte che si riflette sulle superfici di vetro e metallo e ferisce gli occhi. Un sole univoco e feroce, che bagna come la pioggia e toglie le parole.
Io non la odio, questa città. Non mi ha fatto niente. Ma resta il simbolo della mia sconfitta, il ritratto muto della coltellata alla schiena che mi ha ferito mortalmente.
Non so quando e se potrò dimenticare quei mesi al commissariato di San Gaetano. Ufficio Denunce. A raccogliere le folli elucubrazioni di vecchie nevrotiche all...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone
  4. Lojacono
  5. Pisanelli
  6. Alex
  7. Ottavia
  8. Romano
  9. Aragona
  10. Il libro
  11. L’autore
  12. Dello stesso autore
  13. Copyright