I ruoli si erano invertiti, chi aveva portato notizie adesso ne cercava, chi era stato lepre diventava inseguitore. Antonio Tramontano, memoria vivente del tribunale di Roma, punta di diamante della lotta al terrorismo, finí il suo dolce con una calma esasperante, mentre l’amico si affannava per pescare un volto dai ricordi. Dove avevano incontrato il maledetto biondino?
Mentre lo guardava annaspare, Antonio convocò il cameriere per esprimergli la sua soddisfazione sulla qualità della panna. Leone lo odiò con tutte le forze, per giunta toccava a lui saldare il conto. La rabbia gli esplose dentro come l’eruzione di un vulcano.
– Parla, dannato panzone!
Anche il giudice scoppiò, ma dalle risate. Lo fece a bocca piena, si era fatto servire un’altra porzione. Panna e cioccolato schizzarono ovunque, uno spettacolo ributtante, lui riprese a rimpinzarsi come se niente fosse. Si decise a spiegare dopo aver trangugiato l’ennesimo boccone.
– Il carcere di Trani, l’ultima volta che abbiamo interrogato Arduini.
Leone si sforzò di richiamare le immagini di quella lontana trasferta. Tramontano proseguí come avrebbe fatto il conduttore di un gioco a quiz, e intanto non cessava di affondare il cucchiaino.
– I suoi familiari.
Finalmente nella memoria del colonnello si accese una luce.
– Il fratello! Quella specie di demente che nemmeno parlava!
– Magari non è stupido come ci ha fatto credere.
Antonio gongolava per la vittoria. Il colonnello pensò che avrebbe fatto qualunque cosa, pur di spegnere quel ghigno beffardo.
– Devo correre in ufficio. Fammi il favore di provvedere al conto.
Non era leale, ma aveva bisogno di una rivincita. Lasciò l’amico attonito col cucchiaino a mezz’aria, infilò la porta e raggiunse l’autista mentre il suo commensale caracollava verso l’ingresso. Gli bastò un cenno e le proteste del giudice non gli arrivarono alle orecchie, al suo ordine l’auto si mosse sgommando. I riflessi di Berardi, al reparto antieversione, erano una leggenda.
Rientrato in caserma Leone trovò l’appuntato Bianchi ad attenderlo sulla porta con un fascicolo in mano. Aveva gli occhiali inforcati e le lenti abbassate, sul viso l’espressione di chi ha fatto una scoperta importante.
– Signor colonnello, forse ne abbiamo individuato uno.
Il suo plurale coinvolgeva i colleghi dell’archivio, che in realtà non c’entravano niente. Era lui il falco solitario, l’ala avanzata che segna il punto quando la squadra è in difficoltà. Il comandante aprí la porta e gli fece strada nell’ufficio.
Bianchi si sedette e attese con pazienza di ricevere il via. Ascoli non glielo diede, si tenne la parola per piazzare l’ennesimo colpo basso della giornata.
– È il fratello di Massimo Arduini, vero?
Il volto dell’appuntato passò dalla soddisfazione allo sconcerto.
– A quanto pare ho perso tempo, lei c’è arrivato senza bisogno di rovinarsi la vista.
L’altro si toccò la fronte e, con tono ispirato, portò a termine la menzogna.
– La memoria per fortuna mi assiste ancora. Ma adesso raccontami cosa hai trovato sul suo conto.
Mentre ascoltava, il pensiero dell’ufficiale tornò a Tramontano. Fra i tonnarelli, il vino, l’agnello con le patate e i dessert, il pasto doveva essergli costato una discreta sommetta.
Bianchi intanto declamava: – Arduini Stefano di anni ventisei. Nessun precedente, simpatie accertate per l’estrema sinistra. Presente spesso ai cortei, non ha mai compiuto atti violenti.
– Studi?
– Sociologia a Trento. Dopo la laurea ha lavorato per qualche tempo presso l’università. L’ultimo recapito risale a quando, due anni fa, è stato sottoposto a un controllo dai colleghi di Milano. Dimorava in un appartamento di corso Buenos Aires e una sera i vicini hanno chiamato il pronto intervento lamentando schiamazzi. È stato identificato insieme ad altri quattro giovani, fra tutti era l’unico che non avesse bevuto.
Ascoli fece una smorfia: – Un modello di virtú. Abbiamo una foto?
– Purtroppo no, come le dicevo è incensurato –. Alzò gli occhi. – Immagino che lei ricordi la composizione del nucleo familiare.
Leone trovò un modo per non rispondere.
– Rinfrescami la memoria.
– I genitori sono morti in un incidente quando i figli erano adolescenti, da allora è stato Massimo a occuparsi del fratello minore. Ha pure lavorato per pagargli le rette, mentre scalava i vertici del partito armato.
Un quadro datato, con quegli elementi non sarebbe stato facile rintracciare Stefano. Ma averlo identificato era un passo avanti notevole.
– Accantona Arduini e concentrati sul secondo terrorista, dobbiamo scoprire chi sia. E adesso mandami qui il maresciallo.
Non ebbe bisogno di aggiungere il cognome, si riferiva al suo braccio destro, che notoriamente era Florio. Il quale, questa volta, per raggiungerlo trascinò i passi come se andasse al patibolo. Lo avevano di nuovo bocciato al concorso ufficiali. Ancora una volta non aveva osato rivolgersi al colonnello per un aiuto, ancora una volta lo aveva superato qualcuno con meno meriti e meno indugi. Avrebbe gradito un sostegno spontaneo, ma del resto sapeva bene che il suo comandante odiava le raccomandazioni almeno quanto lui.
Dunque niente da fare, pazienza, e nel dirselo gli tornò in mente il problema che aveva in casa. Sua moglie aspettava il verdetto con la sua stessa impazienza e di sicuro, ricevuta la notizia, gli avrebbe lanciato uno dei soliti attacchi: «Non hai abbastanza coraggio per farti strada nella vita». E ancora: «Con tutti i sacrifici che ti sobbarchi non riesci nemmeno a ottenere uno straccio di promozione!»
Masticò amaro e raggiunse il suo capo. Ascoli, che ignorava i suoi crucci, non perse tempo in preamboli.
– Prendi contatto con la sezione di Milano, voglio sapere se Stefano Arduini occupa tuttora l’appartamento dove abitava due anni fa, l’indirizzo è nel fascicolo. In caso richiediamo una vigilanza discreta.
Florio non lasciava margini all’incertezza: – E se invece non vive piú lí?
Leone temeva quella domanda, per la quale non aveva risposta. Improvvisò: – Me lo riferisci e vedremo il da farsi.
Il maresciallo strinse nella tasca il foglio del Comando generale che sanciva il suo terzo fallimento. Era pensieroso, il colonnello se ne accorse: – Dovevi dirmi qualcosa?
– Tutto a posto comandante.
Leone attribuí quell’ombra nel viso al lavoro e tornò a concentrarsi sulla vittima del sequestro.
Lorenzo guardava con insistenza il profilo della compagna, che gli sedeva accanto silenziosa. Lei dapprima lo ignorò, poi finí per stufarsi.
– Cosa c’è, si può sapere?
Solo allora lui realizzò che la stava infastidendo.
– Scusami.
Nadia approfittò del suo smarrimento per sferrare l’attacco. Assunse un tono deciso, voleva evitare discussioni.
– Io vado a parlargli, non c’è niente di strano.
– Perché t’interessa tanto?
Lei non poté fare a meno di arrossire.
– Voglio capire che tipo sia. È scritto anche nei nostri manuali che dobbiamo conoscere il nemico.
Lorenzo scosse le spalle. Non gli andava di contrastare la ragazza, da sempre aveva un debole per lei che cercava di soffocare.
– Sei grande e vaccinata, – concesse. – E io non sono il tuo capo.
Lei si mise in piedi. Indossò la calzamaglia, ne controllò l’effetto allo specchio e si avviò verso la stanza. Prima di entrare bussò, un istante piú tardi si sarebbe morsa le mani, per quella cortesia verso il prigioniero che le veniva da un’educazione consolidata. Lo trovò sul letto con un libro in mano, ne sbirciò il titolo.
– Le confessioni di sant’Agostino. Se non mi avessero costretta non lo avrei mai aperto.
Claudio Marcelli sembrò illuminarsi, chi lo aveva rapito non veniva da un pianeta lontano.
– Lei ha fatto studi classici.
Nadia capí di aver commesso un errore e per rimediare divenne arrogante.
– Pensi che lo abbiate voialtri, il monopolio della cultura?
Gli tolse di mano il volume con malagrazia. – Una noia mortale. E ovviamente non hai letto Il capitale.
– Di quel libro mi ha colpito la disamina sull’accumulazione della proprietà fondiaria. L’ho trovata puntuale.
Lei sorrise.
– Puntuale, sí. Ma vi accorgete di come parlate? Quel libro dice la dannata verità, è una condanna senza appello dello sfruttamento delle classi lavoratrici!
Il professore fissò il nulla davanti a sé, la disquisizione su Marx in quel frangente gli interessava ben poco.
– Quante possibilità ho di sopravvivere?
La ragazza lesse l’angoscia nel viso dell’uomo. Le faceva pena, anche se non voleva ammetterlo.
– Per la tua liberazione abbiamo rivolto precise richieste al governo, se verranno accolte sarai liberato. Ma di questo devi parlare col mio capo.
Marcelli la guardò.
– È il giovane che mi ha interrogato ieri?
Un altro sbaglio, pensò Nadia, lo aveva aiutato a capire le loro gerarchie. Aveva ragione Lorenzo, sarebbe stato meglio tenersi alla larga dal prigioniero. L’uomo era scaltro, attento a cogliere le piú p...