Rondini d'inverno
eBook - ePub

Rondini d'inverno

Sipario per il commissario Ricciardi

  1. 368 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Rondini d'inverno

Sipario per il commissario Ricciardi

Informazioni su questo libro

Il Natale è appena trascorso e la città si prepara al Capodanno quando, sul palcoscenico di un teatro di varietà, il grande attore Michelangelo Gelmi esplode un colpo di pistola contro la giovane moglie, Fedora Marra. Non ci sarebbe nulla di strano, la cosa si ripete tutte le sere, ogni volta che i due recitano nella canzone sceneggiata: solo che dentro il caricatore, quel 28 dicembre, tra i proiettili a salve ce n'è uno vero. Gelmi giura la propria innocenza, ma in pochi gli credono. La carriera dell'uomo, già in là con gli anni, è in declino e dipende ormai dal sodalizio con Fedora, stella al culmine del suo splendore. Lei, però, cosí dice chi la conosceva, si era innamorata di un altro e forse stava per lasciarlo. Da come si sono svolti i fatti, il caso sembrerebbe già risolto, eppure Ricciardi è perplesso. Mentre il fedele Maione aiuta il dottor Modo in una questione privata, il commissario, la cui vita sentimentale pare arrivata a una svolta decisiva, riuscirà con pazienza a riannodare i fili della vicenda. Un mistero che la nebbia improvvisa calata sulla città rende ancora piú oscuro, e che riserverà un ultimo, drammatico colpo di coda. «Il vento tagliente. Fuochi d'artificio, vecchie
stoviglie lanciate da balconi e finestre.
Una cena cilentana che aspetta,
e che non sarà mangiata. Un ospedale,
l'odore dei disinfettanti, una porta chiusa.
Una donna bellissima e aristocratica
in lacrime, vestita di velluto viola, come
i suoi occhi. Una ragazza con gli occhiali
che corre.
Un vecchio che saluta un giovane
e un mandolino.
La solita, stranissima emozione fatta
di sollievo e nostalgia.
Ciao, Ricciardi. È stato meraviglioso
incontrarti ancora una volta».
Maurizio de Giovanni

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
Print ISBN
9788806225544
eBook ISBN
9788858426319

XXI.

Nonostante il suo turno in ufficio cominciasse a mezzogiorno, Maione uscí presto di casa, quindi fu tra i primi ad accorgersi dell’insolito fenomeno atmosferico.
C’era la nebbia.
In una città dove anche il clima amava esagerare, dove si alternavano il caldo feroce che azzannava alla gola e il freddo umido che si insinuava nelle ossa, dove la pioggia schiaffeggiava furiosa per pochi minuti e il vento caldo soffiava gli odori dell’Africa e l’insania del mare, e alzava gonne e rubava cappelli, quella specie di vapore, capace di ottundere i sensi e di trasformarti nell’unico abitante di un mondo chiuso in sé stesso, era quasi sconosciuto.
Sulla soglia del portone Maione si guardò attorno confuso. Almeno il caldo fuori stagione aveva una causa, anzi un effetto. Un cane randagio passò rasente al muro fissando il brigadiere come a cercare un po’ di conforto, e continuò per la sua strada. Maione trasse un sospiro e si addentrò nella foschia.
Lucia aveva accennato qualche lamentela: contava sul marito per la tradizionale cena del giorno dopo. Non un aiuto diretto, per carità; la cucina era appannaggio esclusivo di lei e delle due figlie piú grandi, che la donna istruiva nell’arte della preparazione di piatti e pietanze. Ma Raffaele poteva badare ai piú piccoli: portarli fuori a giocare o intrattenerli con qualche favola.
Le proteste, però, si erano interrotte subito, quando Maione le aveva raccontato una storia ben piú spaventosa di una inventata. A quel punto era stata proprio lei a dirgli di andare, e di trovare al piú presto il bastardo o i bastardi che avevano picchiato selvaggiamente quella povera ragazza. Lucia, pensò il brigadiere, aguzzando gli occhi per distinguere la strada, era una donna intelligente e sensibile, sempre attenta all’importanza e alla serietà del suo lavoro.
La sera prima il poliziotto si era spinto alla Torretta, per sentire Mamma Clara. La vecchia maîtresse lo aveva accolto col solito atteggiamento, ruvido e affettuoso insieme:
«Brigadie’, quale onore! Vi volete divertire un po’? Tengo una guagliona nuova, una veneta, che è ’nu babà. Accomodatevi».
Maione aveva scosso la testa, e le aveva dato la brutta notizia. L’altra aveva ascoltato in silenzio, e le lacrime avevano cominciato a scorrerle sulle guance senza che il viso perdesse l’iniziale espressione di durezza. Poi aveva detto:
«Lina è una ragazza d’oro, per me è come una figlia. Ha un pensiero buono per tutti, i clienti l’adorano e pure le altre le vogliono un bene dell’anima; loro girano nelle quindicine, ma lei è fissa. Io non tengo parenti e nella testa mia ho sempre ragionato che prenderà il mio posto quando me ne andrò. Stamattina mi ha avvisata che si pigliava un giorno ed è uscita dicendomi: a stasera, mammà. Cosí mi chiama: mammà. Chiedetemi, e se posso fare qualcosa per aiutarvi, la faccio. Eccome, se la faccio».
Purtroppo dal colloquio non erano emersi elementi utili per seguire una pista. La ragazza aggredita non aveva mai parlato a Mamma Clara di nemici, di problemi personali o di clienti che l’avessero minacciata; e sul lavoro non c’erano mai stati litigi o discussioni.
«Brigadie’, lo sapete: non è un mestiere semplice. Però Lina è speciale. Capisce la gente. Ci parla. Certi clienti, come il dottor Modo, la cercano appunto per quello, e magari nemmeno si spogliano. Nessuno di loro le avrebbe mai messo una mano addosso. Figuriamoci… figuriamoci questo».
Maione allora le aveva chiesto se avesse un indirizzo o il nome di qualche parente. Sulle prime la donna aveva scosso la testa, poi si era illuminata e aveva fatto segno di aspettare. E si era allontanata attraverso una porticina. Era ricomparsa poco dopo agitando un foglietto ripiegato.
«Ecco qua. Le ragazze mi lasciano sempre un recapito al quale rivolgersi se succede qualcosa; che ne so, una disgrazia. Me l’aveva dato pure lei, ma è da tanto tempo con me che me n’ero scordata. Io conservo tutto».
Maione aveva preso il biglietto e l’aveva messo in tasca. Quando stava per andarsene, Clara l’aveva fermato:
«Brigadie’, scusatemi. Io vi volevo chiedere… Insomma, ci posso andare in ospedale, vero? Il dottore non si mette vergogna? Io voglio stare vicino a Lina, stanotte. Lei mi chiama mammà, ve l’ho detto. E se una figlia passa un guaio una madre le deve stare vicino. Che dite, posso?»
Al poliziotto era venuto un groppo in gola, ed era riuscito solo a fare un cenno d’assenso con la testa.
Non aveva dormito bene. L’immagine di quel corpo offeso l’aveva perseguitato, apparendogli davanti agli occhi ogni volta che il sonno si avvicinava. Non era stato un normale pestaggio. Ne aveva visti tantissimi, e quello era diverso. Chi si era accanito sulla donna voleva vederla morta, e anche tra indescrivibili sofferenze.
Perciò, prima di raggiungere il luogo indicato sul biglietto, che si trovava dall’altra parte della città rispetto al bordello, aveva deciso di incontrare qualcuno che magari, sulla vicenda, poteva saperne di piú di Mamma Clara. Non dubitava della sincerità della tenutaria, ma aveva imparato che a volte non ci si confida proprio con quelli a cui si vuol bene; anche per non trasferire sulle loro spalle fardelli che possono risultare pesanti.
Si avviò per la salita, che la nebbia rendeva piú lunga del solito. Metteva un passo dietro l’altro, immerso in una dimensione onirica; di tanto in tanto inciampava nel selciato che, sconnesso e irregolare com’era, richiedeva di essere visto. Forse per il Natale appena trascorso, o per il Capodanno imminente, i vicoli apparivano privi di vita. Il brigadiere si immalinconí davanti a quelle strade abbandonate, deserte, private di desideri e passioni, in cui la solitudine regnava incontrastata.
A un tratto, da qualche parte, un uomo cominciò a cantare. Forse un muratore che iniziava il lavoro, forse un innamorato che portava l’ultima serenata della notte o la prima del giorno.
Si duorme o si nun duorme, bella mia,
siente pe’ ’nu mumento chesta voce:
chi te vo’ bene assaje sta mmiez’a via
pe’ te canta’ ’na canzuncella doce…1
Il motivo era ben modulato da un timbro tenorile, e Maione, sorridendo, tornò padrone della sua città.
Giunto a destinazione si rese conto dell’ora e si chiese se la persona che andava a trovare fosse già sveglia, disponendosi a una probabile attesa; ma quando fu in cima alle scale, col consueto fiatone e il sangue alla testa, trovò la porta accostata. La canzone che veniva chissà da dove s’interruppe, e una voce che conosceva disse:
– Brigadie’, accomodatevi! Entrate!
Maione s’inoltrò tra la miriade di suppellettili cinesi che arredavano il piccolo appartamento e arrivò a una stanzetta la cui esistenza gli era sconosciuta. L’ambiente dava su uno stretto balcone.
– Bambine’, ma che è ’sto posto? Non sapevo che tenessi addirittura la terrazza.
L’atmosfera ovattata conferiva al personaggio seduto all’esterno, su una specie di poltroncina, un’aria ancora piú surreale del solito. Pareva un fantasma dal sesso indefinito nella giungla amazzonica. I lunghi capelli raccolti in un’alta crocchia, con due riccioli che scendevano sulle orecchie; i pendenti che ondeggiavano accompagnando i movimenti della testa; il profilo lungo e un po’ equino; gli occhi grandi e liquidi che accentuavano la somiglianza con un purosangue; il tutto su una vestaglia di raso rosso con fiori ricamati tinta su tinta, da cui spuntavano le gambe magre e pelose accavallate con grazia.
Maione sospirò, chiedendosi come sempre cosa avesse fatto di male per essere costretto a sopportare quella vista.
– Eh, brigadie’, – disse Bambinella, – ci sono parecchie cose che ignorate della sottoscritta e, beninteso, per molte sono a disposizione, se voleste approfondire; sono sicura che vi renderebbero un uomo felice. Questa camera non la faccio vedere a nessuno; ci vengo quando voglio starmene da sola, e per fortuna non mi succede spesso.
Il poliziotto si guardò attorno. L’arredamento era diverso dal resto della casa. Sobrio, quasi spartano. Un tavolo, due sedie; una fotografia alla parete che ritraeva un prete sorridente in mezzo ad alcuni bambini con grembiule e fiocco al collo. Quindi il balconcino, che dava sul retro della palazzina.
– Perché te ne stai qua fuori? E come sapevi che stavo salendo le scale?
Bambinella sospirò in maniera teatrale.
– Ma non l’avete vista, questa nebbia? Non è una cosa stranissima, brigadie’? È bella. Mi pare un sogno, una magia. All’improvviso ogni cosa è sparita: i palazzi, i vicoli; non ci sta manco la gente. E con l’anno nuovo che arriva, vi rendete conto? Forse viene la fine del mondo, e stiamo tutti per morire.
Maione rispose facendo le corna:
– O forse sta solo venendo la fine tua, ed era ora. Ma perché devi dire queste cose che portano male proprio oggi?
Il femminiello si strinse nelle spalle, con un movimento leggiadro.
– Insomma, una non può tenere un pensiero profondo. Comunque, mica il telegrafo del vicolo smette di funzionare quando c’è la nebbia. E, parlando con rispetto, voi siete parecchio appariscente con quella divisa e quelle belle spalle larghe che mi fanno venire certi pensieri…
– Fai una cosa, Bambine’, continua a pensare filosofico, cosí può darsi che ti salvi la vita pure oggi. Senti, tengo bisogno di qualche informazione.
Bambinella si voltò a guardarlo con interesse.
– Se è per il fatto dello Splendor, raccontatemi voi a me, che in città non si parla d’altro. Che è successo? Fedora teneva a qualcuno, è ’overo? E chi? Mamma mia, quanto mi piace a me quel Michelangelo Gelmi, che uomo forte, affascinante. Me lo ricordo ancora in quella pellicola là, come si chiama? La cavalcata del beduino. L’ho visto almeno dieci volte, l’ho vis...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Rondini d’inverno
  4. La fine
  5. Prologo
  6. I.
  7. II.
  8. III.
  9. IV.
  10. V.
  11. VI.
  12. VII.
  13. VIII.
  14. IX.
  15. X.
  16. XI.
  17. XII.
  18. XIII.
  19. XIV.
  20. XV.
  21. XVI.
  22. XVII.
  23. XVIII.
  24. XIX.
  25. XX.
  26. Primo interludio
  27. XXI.
  28. La nebbia
  29. XXII.
  30. XXIII.
  31. XXIV.
  32. XXV.
  33. XXVI.
  34. XXVII.
  35. XXVIII.
  36. XXIX.
  37. XXX.
  38. XXXI.
  39. XXXII.
  40. Secondo interludio
  41. XXXIII.
  42. XXXIV.
  43. XXXV.
  44. XXXVI.
  45. XXXVII.
  46. XXXVIII.
  47. XXXIX.
  48. Il colpo
  49. Epilogo
  50. XL.
  51. Ringraziamenti.
  52. Il libro
  53. L’autore
  54. Dello stesso autore
  55. Copyright