Tornando al target maggioritario della Kirby, rifocalizzo la casalinga nelle sue due tipologie inquadrabili a scopo di mercato: Maria e la Moglie di Mario.
Maria di solito è piú giovane della Moglie di Mario e ha un’istruzione medio-alta. Questo si può capire già dalle prime due risposte della telefonata.
È pazzesco quante cose la gente ti fa sapere di sé in modo del tutto inconsapevole. Giuro che quando mi chiamano io sto molto piú attenta di queste incaute reginette della casalinghità.
«Pronto, sono Camilla della Kirby, lei è la signora Maria?»
«Sí, sono io».
«Non ci conosciamo personalmente, signora Maria, io e lei…» <sorridere e lasciare qualche secondo di tempo per un eventuale commento che serve a sentire di nuovo la voce>
Se la signora si intuisce vecchia, a questo punto scatta il dribbling del fuori target.
«Ma lei è la signora Maria de Filippi?»
«No, assolutamente! Io sono la signora Maria Goretti!»
«Mi scusi tanto allora, ho sbagliato numero…» e chiudo. Non saprà mai quanto è stata fortunata.
Uno si domanda come fare a capire la cultura media. È in realtà estremamente semplice. La prima fase della telefonata del buono omaggio ha una tagliola lessicale formidabile.
«La sto chiamando, signora, perché lei è stata selezionata tra dieci fortunate famiglie per ricevere un buono omaggio per un servizio di <lentamente> igienizzazione…»
«Perchéccosa?!?»
E cosí hai inquadrato il tipo. «Per una p-u-l-i-z-i-a gratuita, signora, niente di cui preoccuparsi!» <ridere>
Se invece non dà segno di reagire, stimabilmente ha capito che è una pulizia, oppure non ha capito e non vuole dirtelo per non sembrare ignorante. In entrambi i casi la telefonista qui deve trovare il non facile equilibrio di essere allo stesso tempo familiare come se stesse parlando con una pescivendola e professionale come se si rivolgesse al suo commercialista.
Maria spesso lavora fuori casa. La Moglie di Mario invece quasi mai, ma se per caso lavora, quasi certamente è un’insegnante. Non so perché, ci deve essere un trait d’union tra le due cose che mi sfugge, però questa cosa è verissima. Al telefono entrambe dicono cose come: «Guardi, non ho assolutamente tempo!»
Allora scatta la risposta per capire meglio:
«Certo, signora, ovviamente avrà già degli impegni… lavora lontano da casa?», sposto l’attenzione sul dove, ma in realtà non so ancora se. Cosí se risponde mi dà due informazioni invece di una.
Maria: «Esatto, faccio l’impiegata e torno a casa nel tardo pomeriggio, quindi come immaginerà ho da fare fin sopra i capelli!»
La Moglie di Mario: «No, lavoro in casa, ma ho due bambini e come immaginerà ho da fare fin sopra i capelli!»
In entrambi i casi la teleterminator ha già capito con chi ha a che fare e quali ore può proporre per l’appuntamento.
«Guardi signora, siccome ho capito che lei ha poco tempo ed è sicuramente prezioso, le vengo incontro e cerchiamo di accordarci per un orario a lei piú favorevole. Preferisce, signora Maria: domani alle 18.30 quando torna dall’ufficio o sabato mattina alle 10.30 che è piú libera e non ha l’assillo dell’ufficio? E lei, signora Moglie di Mario: domani alle 10.30 quando i bambini sono a scuola o dopodomani alle 18 prima di cena, cosí non le siamo di impiccio e andiamo via alle settemassimo, settemezza?»
Qui, se non c’è il sí, scatta in genere la seconda obiezione-ostacolo. Ma la signora non può piú far finta che il problema sia il tempo. Deve inventarsi qualcos’altro.
«No, perché comunque non mi interessa, signorina».
Questa obiezione è falsa ed è ineludibile in sé, perché non è razionale. Nasconde sicuramente un altro timore. La psicotelefucker lo sa bene e assume i panni dell’amica che ha capito, con un sorriso allusivo, mentre pensa «come fa a non interessarti se non sai manco cosa devo dirti, dovevi dire vaffanculo prima di arrivare qui, adesso sei mia». Mai chiedere perché comunque. La persona si irrigidisce e spara risposte come: perché no. E lí la telefonata è finita. Molto meglio una domanda piú soft.
«Come mai signora, c’è un motivo particolare? Cosa la fa esitare?»
Adesso di solito salta fuori il vero motivo.
Maria: «Non voglio dimostrazioni, ho talmente tanto poco tempo che quello che mi resta non lo regalo a voi. Mi scusi tanto, ma devo prepararmi il pranzo perché poi esco di nuovo». Questa telefonata è finita.
La Moglie di Mario: «Perché tanto non compro niente». Fantastico. Questo è un apperònoncompro, cioè una vendita quasi certa. Se è vero che la signora non vuole comprare, concedere l’appuntamento non comporta alcun rischio. Ma se dice che non vuole che entriamo in casa perché teme il tentativo di vendita, il retroscena è che paventa la possibilità di venire convinta all’acquisto.
Qui la telefonista dà il meglio di sé: «Assolutamente no, signora mia, chi le ha detto che deve comprare? A noi interessa solo il suo giudizio spassionato sull’efficienza del macchinario! Anche negativo, signora mia, per noi è comunque importante perché la nostra azienda ci paga solo per raccogliere un parere! Allora che dice, domani o dopo?»
Oscar per la miglior FacciaDaCulo Protagonista.
La Moglie di Mario, l’unica rimasta al telefono sino a ora, azzarda una domanda ulteriore: «Potreste venire domani mattina allora… ma di che cosa si tratta?»
Ormai la signora è alle corde, non ha molte altre scuse da usare per svicolare. Le resta solo l’ultima possibile.
«È un macchinario… bla bla… la Nasa… bla bla… settantafunzionidiverse… bla bla…»
«Ma io ho già il vaporetto/folletto/mimosa/philips/rowenta. È tutto pulitissimo, non vedo su cosa lo potreste usare…»
Anche questo è un passo falso. Quando Shark entrerà dentro casa sua (perché a questo punto è già con un piede dentro e sta in groppa al furioso Kirby acceso) la prima cosa che domanderà alla signora sarà di portare il suo Vaporetto e di fargli vedere come funziona sul tappeto, dove lui poi ripasserà con il Kirby, rivelando che il mendace vapocoso non è bastato a pulirlo, infingardo.
«Signora mia, sicuramente è cosí, ma le assicuro che si stupirà. Il consulente le mostrerà funzioni del macchinario che la incuriosiranno molto, a noi basta molto poco per avere un suo giudizio». Questa frase non è una risposta, non ha alcun contenuto ulteriore e ha il solo scopo di riportare la conversazione sulla chiusura dell’appuntamento. L’orario è già stato fissato, manca il passo finale.
«Allora, io ho questi dati, signora… via col Vento, numero 34… è difficile da raggiungere? Cosa c’è nei pressi per fare sí che non ci perdiamo?»
L’attenzione della signora si sposta quindi da quello che le dà ansia (aver fissato l’appuntamento) alla descrizione logistica di ambienti familiari. Allo stesso tempo la casalinga realizza che domani qualcuno seguirà quella strada per arrivare a casa sua e sarà piú difficile dimenticarlo o rimuovere. Possono saltare fuori altre domande, ma ormai il sí è detto.
La casalinga dentro di solito chiede cose come: «Ma non consuma molto, vero?»
«No signora, consuma meno del suo phon!»
«Ma non è che mi rovina il divano?»
«Per carità signora, veniamo per lavorare e secondo lei le causeremmo un danno che poi dovremmo ripagare? Si figuri, stia tranquilla!»
E cosí via.
Non sono vere domande. La signora ci sta semplicemente supplicando di confermarle che non ha fatto una cazzata. Ovviamente sí, ma che senso ha dirglielo ora? Sarebbe inutilmente crudele e anche le telefoniste hanno un cuore, lo ha detto Hermann che questo è un lavoro che va fatto con il cuore.
Rimane da scolpire l’epitaffio finale dell’ultimo anelito di libero arbitrio della povera donna.
Il congedo.
«La ringrazio molto, signora mia, lei ci ha aiutato molto nel nostro lavoro. Ci vediamo domani alle 10.30 in via… buona giornata a lei, signora Moglie di Mario!» Click.
Se qualcuno si domanda se mi vergogno a fare bene questo, la risposta è ovvia. Come una biscia.
Qualcuno, leggendo questi stralci di conversazioni telefoniche, potrebbe provare la tentazione di ingaggiare a sua volta il duello verbale con la prossima telefonista che chiamerà a casa sua, tanto per vedere chi la spunta.
Be’, la spunterà lei.
Sia che diciate sí, sia che diciate no, la telefonista vince sempre.
Se vi porta a dire vaffanculo e vi contrappone la sua estrema surreale gentilezza, otterrà come risultato quello di farvi sentire delle merde perché state facendo i cafoni con una persona gentile. E vi resterà la sensazione di essere stati troppo bruschi senza motivo, perché in fondo la signorina non ha colpa, sta solo facendo il suo lavoro… e altre menate varie, che vi frulleranno in testa fino alla prossima telefonata. In questa successiva chiamata una collega della precedente signorina vi proporrà la stessa cosa e voi finirete per dire di sí perché avete qualcosa di intimo che richiede compensazione: la sensazione bruciante di dovervi far perdonare, irrazionale, ma reale. I primi a non voler addosso l’immagine di persone maleducate siamo proprio noi.
Se dite vaffanculo una volta, dovete essere pronti a ripetere la performance sempre, senza lasciarvi dominare da insensati pensieri colpevolistici.
La signorina, verissimo, non ha fatto niente di male, ma solo perché il tuo vaffanculo non gliene ha dato il tempo. Sta solo facendo il suo lavoro, verissimo. Ma il suo lavoro è fottere la gente per telefono. Accettare la telefonista come interlocutore significa salire su un ring in cui lei è una lottatrice professionista e voi siete capitati lí per caso.
Qualunque motivazione possiate opporre al prosieguo della conversazione potrà essere usata contro di voi, se la telefucker è abbastanza brava.
L’unico modo per non subire questa forzatura è rifiutare il dialogo alla pari.
Il trucco per sopravvivere è ricordarsi sempre alcuni assiomi fondamen...