Chi ha fatto entrare i cani? Oh, chi ha fatto entrare i cani?
Chi ha fatto entrare i cani? Chi, chi?
1.
– «Elizabeth Sheringham-Pepperdine»? Che te ne pare?… Des, quando ti vuole chiamare ti chiama. Non rimanerci male. È troppo impegnato con le ragazze.
– Eh già. Strano, no? Prima non gliene fregava niente. Adesso ne ha una nuova ogni sera.
– Il Mandrillo Milionario. L’Asso di Cuori.
– Il Lotario della Lotteria. Sul Mirror lo hanno chiamato cosí. Sono arrivati a definirlo il Lancillotto del Lotto!
– Il Don Giovanni dell’East End. Ah ma ora è cambiato. Ha trovato il vero amore…
– Sai che sono un femminista, Dawn, – disse Des riprendendo il discorso interrotto. – Tutto quello che ti pare. Ma non funziona. «Elizabeth Sheringham-Pepperdine»? Sono… sono dieci sillabe. No.
– Mm. Stiamo solo rimandando il problema, non ti pare? Te l’immagini se da grande si sposa con uno i cui genitori hanno avuto la stessa idea?
– Già. Potrebbe chiamarsi, uhm, «Elizabeth Sheringham-Pepperdine-Avalon-Fitzwilliam». Le servirebbe un rigo intero per firmare!
– Va bene. «Elizabeth Dawn Pepperdine». Senza trattini. Un semplice secondo nome.
– Oh, sí. Mi piace. Ma aspetta. E se poi è un… Aspetta. «Desmond Dawn Pepperdine». Non mi dispiacerebbe. Sarei orgoglioso. Sí. Bene, Dawnie.
– «Robert Dawn Pepperdine». Non suona male.
– «Georgia Dawn Pepperdine». «Sybil». «Maria». «Thea». «Thea» mi piace. Ma poi lo zio Li la chiamerebbe «Fea».
– Ce ne faremmo una ragione, questo è poco ma sicuro… Des, gli devi dare la notizia. Digli che abbiamo bisogno di spazio. Per il bambino.
Des sospirò. E l’appartamento, appollaiato in cima ad Avalon Tower, andava avanti con sforzi stoici: la cucina sempre ordinata, il balcone, il bagno senza finestra, la camera da letto piú piccola, e la spaziosa tana di Lionel, ancora piena zeppa di merce di contrabbando (ma da tempo provvista di una nuova porta in compensato).
– E ammettilo, – disse Dawn. – Ci sei rimasto male. Sei in pena. È uscito da un mese e non si è fatto ancora sentire.
– Non è vero. Ci ha mandato un bigliettino per comunicarci il suo nuovo indirizzo!
– Mm. Il suo nuovo indirizzo. Da Wormwood Scrubs a «Wormwood Scrubs».
– Senti, devo andare da lui. Per dargli la notizia. Devo. Ora che sei bella grossa.
– Non sono affatto grossa! Ma com’è te lo spieghi, Des? Ancora non mi sembra di essere incinta. Anche quando si muove come un pazzo!
– Una pazza. Come sta tuo padre?
Era vero. Fino a quel momento la gravidanza di Dawn era stata praticamente asintomatica. Era Des ad avere la pelle secca e i mal di testa, era Des ad avere il bruciore di stomaco e i cambiamenti d’umore, era Des ad avere una salivazione esagerata e la costante sensazione di avere in bocca una manciata di monetine.
– … Va’ a trovarlo. Vai, Des. C’è di mezzo Grace. È una cosa urgente.
– C’è di mezzo Grace. Sí, devo andare.
Seduta sul tavolo, Goldie (che ora era una signora di tre anni) sollevò una zampetta, come per ricevere un baciamano, poi si baciò la zampa da sola, se la leccò e si rigirò distesa sul Daily Mirror.
– Strano, eh, Dawnie? Ora sono tornati a parlare di quanto è stupido. Dopo tre anni in cui è stato il cattivo della situazione. Ora è di nuovo stupido. Perché?
– Perché la sua nuova fiamma dice che è intelligente.
– Ah sí?
– Non parla d’altro. Dice che quando era dentro si è fatto una cultura. Si è letto un dizionario dall’inizio alla fine.
– Quale dizionario?
– Il Cassell tascabile, ma vabbè, è sempre un dizionario. Lei sostiene che Lionel, sotto sotto, è molto intelligente. Ma i giornali non la bevono. No no.
– … Gli faccio uno squillo. Gli chiedo se posso passare da lui un sabato di questi. Sono curioso. Voglio vedere come se la passa.
Appoggiato a cuscini di seta, Lionel Asbo era seduto nella grande piazza del letto a baldacchino da quattro tonnellate con il vassoio dorato della colazione poggiato sulle cosce a barile.
– Sessione fotografica, – disse, e gettò di fianco il cellulare. – Uè! «Threnody»!
– Che c’è!
– Sessione fotografica!
– Quando. E a che pro? – Con addosso solo un paio di scarpe nere col tacco alto, «Threnody» uscí dal suo bagno (avevano ognuno il proprio bagno personale) e ticchettando approdò sul silenzio solido dei tappeti.
– Per uno speciale –. Lionel si grattò una delle ammaccature che aveva sul cranio. – Un inserto di otto pagine. La sessione fotografica è sabato.
– Non si tratta di una sessione fotografica. È servizio fotografico. Ma non doveva venire tuo cugino sabato prossimo?
– Non è mio cugino –. Lionel allungò una mano verso il comodino per prendere il tozzo accendisigari. – È mio nipote… Chissà che va cercando.
– Butto lí tre ipotesi. Soldi. Oppure soldi. O forse soldi –. «Threnody» si stava spazzolando rumorosamente i capelli. – Lezione numero uno. Vedi, Lionel, con la stampa devi esercitare l’arte della manipolazione. Sei tu che decidi le regole gioco. Non loro. Tu. Devi anticiparli. Come fa Danube. Sai, Danube è…
– E smettila di parlare di Danube! Stai sempre a parlare di Danube!
– Vabbè vabbè vabbè.
– Vabbè vabbè vabbè vabbè.
– Vabbè vabbè vabbè vabbè vabbè. Servizio fotografico per chi? Quale giornale?
Lionel glielo disse. – È un inserto di otto pagine. Un approccio diverso. Secondo Megan ’sta roba farà miracoli per la mia immagine.
«Threnody» cominciò a vestirsi. L’ampia stanza da letto con bovindo faceva del suo meglio per avere una buona opinione dei nuovi occupanti; e ora, con un sorriso di circostanza, guardava il tanga di raso e la giarrettiera di strass di «Threnody», la cenere del sigaro di Lionel nella ciotola con il muesli e lo yogurt ancora intatti…
– Sai, «Threnody», possono scrivere quello che gli pare di Lionel Asbo. A me non me ne frega un cazzo.
– Tu dici cosí, Lionel, ma te ne frega eccome. Dài, te ne frega eccome.
– È quando… È quando… uhm… quando insinuano che mi manca qualche rotella. Che non ho molto sale in zucca, – disse, battendo il dito su un’altra concavità della pelata. – O che sarei tonto. Vabbè, è vero, parlo male, ma questo mica significa…
– Le cose cambieranno, Lionel. Avrai i tuoi riconoscimenti. Te lo garantisco.
– È quando cosano, quando obiettano a proposito della mia intelligenza. È questo che mi fa perdere completamente le staffe. Capito? Quando sottintendono che sono un coglione.
– Ti rispetteranno, Lionel. Fidati di me. Ti ameranno, grazie a me.
2.
Lo Stolto del Lotto, Giocatore Cazzardo, l’Incasinato del casinò, Strambo su tutte le ruote, L’Asso del Porker, Il Re del Bingo (Bongo), il Tonto della Tombola – sui giornali si parlava cosí del Coatto Milionario.
Forse il Deficiente di Diston nascondeva una profondità insospettabile? Secondo la sua nuova fiamma, la grintosa «Threnody», al secolo Sue Ryan, 29 anni, Lionel ha il cervello di Einstein – e chi siamo noi per mettere in dubbio le parole di «Threnody»? Lei è una poetessa, in fondo. E ha fatto addirittura le superiori!
La nostra Daphne, responsabile della Posta del Cuore famosa in tutta la nazione, si è recata nella residenza di campagna di Asbo lo Svitato sita nella contea di Essex, e piú precisamente a Short Crendon, un paesino un tempo ameno, per offrire la sua consulenza al Re dei Chav.
Arrivando a «Wormwood Scrubs», la villa gotica da trenta stanze (che Lionel Asbo ha recentemente acquistato e ribattezzato), la prima cosa che si nota è il picchetto di residenti del villaggio di guardia davanti ai cancelli in ferro battuto. Una manciata di persone comuni. Un commerciante, una casalinga, un pensionato.
Sono in anticipo, l’intervista è prevista per mezzogiorno, cosí, mentre aspetto, mi informo un po’ sulla natura delle loro rimostranze. Che non riguardano quel genere di comportamenti che ci si aspetterebbe da parte di un Coatto Milionario! Non stiamo parlando di feste sfrenate, né di demolition derby, né di quad-bike col motore truccato che devastano la campagna. La situazione è un pochino piú complessa.
Certo, Asbo non si può definire un pilastro della comunità. Il fatto che la residenza principale del borgo, un tempo conosciuta col nome di Crendon Court (dove una volta ha pernottato nientemeno che Enrico VIII), si chiami ora come una cadente prigione di Acton è una cosa davvero difficile da mandare giú.
Come anche le mura in acciaio alte nove metri che ora circondano il giardino di quattromila ettari. E a quanto pare i bambini del posto sono terrorizzati dai due cattivissimi pit bull, Jek e Jak, che vengono portati ogni giorno a fare le loro passeggiatine, o per meglio dire le loro ronde aggressive, nel paesino.
E in fondo a chi fa piacere vedere la solita marmaglia che è normalmente al seguito dei vip? Parassiti, predatori e poi gli stalker e le sosia di «Threnody».
Da queste parti corre voce, tra l’altro, che «Jek» si chiami cosí per Dottor Jekyll e Mr Hyde, mentre «Jak» voglia alludere a Jack lo Squartatore. Ma tutto ciò pare un po’ troppo «erudito» per l’idiota dell’East End. È molto piú probabile che «Jek» e «Jak» siano variazioni farfuglianti di «Juke» e «Jyke», i nomi pescati da «Threnody», la compagna di Asbo, per la coppia di gemellini orfani somali che ha smesso da tempo di sponsorizzare.
Quello che si percepisce, alla fin fine, è una sensazione di dolore e sgomento generale. La sensazione che queste ordinate esistenze di campagna siano state in qualche modo svilite dall’intrusione di Al Cafone, al secolo Lionel Asbo.
Chris Large, il fotografo del Sun che mi accompagna (uno dei tre reporter brutalmente aggrediti da Asbo nell’agosto del 2009), si congeda dai dimostranti e va a suonare il citofono per annunciare il nostro arrivo.
Asbo, con addosso una vestaglia di seta azzurra e un paio di stivaletti di pelle di serpente, niente meno, percorre il vialetto con passo sostenuto. Accoglie me e Chris con molta cordialità, poi sopporta qualche breve azione di disturbo da parte dei dimostranti al cancello.
«Daph, ti rendi conto?» dice. «Ho dei vicini insopportabili.
Questa affermazione mi intriga. Sono venuta qui con la «mente aperta», dopotutto: non si può credere a tutto quello che scrivono i giornali! E mentre attraversiamo il vialetto e passiamo davanti alla famosa Bentley «Aurora» gli chiedo: «Non sei stato anche tu un vicino insopportabile, Lionel? Quando abitavi a Diston?»
Io? Assolutamente no. Tranne quando ero piccolo. È brutto essere un vicino insopportabile, Daph», dice in tono confidenziale. «È roba da proletari».
Devo ammettere che la villa, costruita nel 1350, ricostruita nel 1800 e completamente rimessa a nuovo nel 1999, è magnifica. Asbo mi fa da cicerone per una veloce visita: il salotto semicircolare con i suoi nove bovindi, la biblioteca con il tavolo da biliardo e le librerie a incasso, il salone da pranzo baronale. Naturalmente, la raffinatezza dei mobili e dei complementi d’arredo è un’eredità del precedente padrone di casa, Sir Vaughan Ashley, un importante antiquario ultrasettantenne che ora ha trasferito la sua residenza nel Principato di Monaco.
«Ho intenzione di togliere di mezzo tutta ’sta roba», dice Asbo, e ci fa una sintesi dei lavori di ristrutturazione di dubbio gusto che ha in mente di fare. «Deve essere tutto nuovo. C’ho le palle piene di roba vecchia, ...