A prima vista è una giornata come un’altra: il chiarore del giorno spunta a oriente, cielo sereno quel tanto che basta a mantenere il buonumore, nebbia in qualche parte della Valle padana… e alle sei il telefono manda i primi cigolii: un paio di squilli e poi la voce assonnata di
SARTI ANTONIO, SERGENTE Pronto, chi è?
CENTRALINISTA Servizio sveglia, signore, sono le sei.
SARTI ANTONIO Le sei, sí, va bene. E allora?
CENTRALINISTA Allora buon lavoro, signore.
SARTI ANTONIO Grazie.
La comunicazione viene interrotta dal segnale di via libera e anche Sarti Antonio riattacca.
SARTI ANTONIO Grazie, ma chi ti ha chiesto di svegliarmi? Poi, il lavoro non è mai buono. Primo problema della giornata: alzarsi. Proviamo. Tutti i giorni alle sei… Che succederebbe se ci si alzasse alle nove, mettiamo? Niente: la vita spostata di tre ore e basta. Solo che si potrebbe restare a letto tre ore di piú, in pace…
Ancora il telefono e Sarti Antonio solleva il ricevitore borbottando.
SARTI ANTONIO Ma è proprio la pace che non si può avere. Sí, chi è adesso?
PADRE ANSELMO Adesso è padre Anselmo, figliolo, padre Anselmo della Compagnia del Rosario. Come mai ieri sera non sei venuto? Ti abbiamo atteso, ti abbiamo atteso e poi abbiamo dovuto cominciare senza di te.
SARTI ANTONIO Mi dispiace… Guardi, padre, che io sono…
PADRE ANSELMO So, so chi sei, figliolo. Vedi di non mancare piú o sarò costretto a riprenderti davanti ai fedeli, figliolo.
SARTI ANTONIO No, davanti ai fedeli, no, padre. D’accordo, vedrò di non mancare piú.
PADRE ANSELMO Ne sono convinto. A questa sera, figliolo.
SARTI ANTONIO A questa sera, padre. Senta, porterò un garofano rosso all’occhiello…
La comunicazione si interrompe.
SARTI ANTONIO Prima il servizio sveglia mai richiesto, poi padre Anselmo, Compagnia del Rosario, mai visto né conosciuto. Sono appena le sei e mezzo: cominciamo bene. Vediamo se riesco a prendere un caffè.
Accende la radio e gingilla attorno al secchiaio e al fornello. Quando è il momento, si beve il caffè.
SARTI ANTONIO Bere il caffè da soli è triste. Il caffè è una cosa seria e andrebbe bevuto in compagnia. Se devo essere onesto sono tristi anche l’auto ventotto, Felice Cantoni, il pattugliamento… Qui auto ventotto. Qui centrale. Nulla da segnalare. Sarti Antonio! Sí, presente. Recarsi imme… imme… imme… Capito: immediatamente.
Una meraviglia. Per quanti anni ancora? Venti, venticinque, trenta? Chissà se ci arrivo alla pensione, con la colite che mi tormenta.
Per la terza volta, nello spazio di poco tempo, il telefono interviene, ma Sarti Antonio finge di non essere in casa. Devo intervenire io.
IO Telefono.
SARTI ANTONIO Ho sentito, ho sentito. Non sono ancora sordo. E tre. Se non mi sbrigo a uscire, finisce che divento un centralino. Pronto.
UN TELEFONISTA Sarti Antonio?
SARTI ANTONIO Son qua.
TELEFONISTA Ascolta bene quello che sto per dirti…
SARTI ANTONIO Perciò ho risposto, per ascoltarti.
TELEFONISTA … e non fare il buffone, questurino di merda, che non ne hai motivo. Appena uscirai dal portone, ti spareremo alle gambe. Ti ho avvertito in modo che tu non faccia l’eroe se non vuoi che dalle gambe passiamo alla fronte. Capito?
SARTI ANTONIO Capito. Dimmi una cosa: ti svegli sempre alle sette per fare questi scherzi del…
TELEFONISTA Guarda, amico, che non sono scherzi. Tu esci e te ne accorgi.
Il Telefonista non aggiunge altro e interrompe. Sarti Antonio, sergente, ascolta per un poco il segnale di via libera.
SARTI ANTONIO La sveglia, padre Anselmo, un matto: non c’è male.
IO Chi era?
SARTI ANTONIO Era, era… L’ho detto, un matto. Adesso devo proprio andare. Orologio, soldi, chiavi, tesserino, patente. Manca niente. Mi spareranno alle gambe. Figurati. Neppure fossi il questore. Dalla voce potrebbe essere… Potrebbe essere… Nessuno che conosco.
IO Ti spareranno e tu esci lo stesso?
SARTI ANTONIO Devo andare in servizio ed è tardi. Oggi Felice Cantoni è in permesso e non è venuto a prelevarmi.
IO E quello che ti gambizzerà?
SARTI ANTONIO Un povero matto.
IO Sei sicuro?
SARTI ANTONIO No. Magari è un figlio di puttana che vuol farmi paura. Chi può essere tanto stronzo? Onestamente: secondo te, sono uno che rompe le palle al prossimo? No, mi faccio gli affari miei, ma evidentemente non basta.
IO Uno scherzo?
SARTI ANTONIO Per dirtela sinceramente, il tono non era di uno che scherza. Un matto mi aspetta sotto casa per spararmi alle gambe. Meglio tenere gli occhi aperti e portarsi dietro… portarsi dietro…
Apre e chiude cassetti, cerca nell’armadio, butta all’aria gli abiti, fa un casino del diavolo e bestemmia fra i denti.
IO Che stai cercando?
SARTI ANTONIO È sempre stata qui fra i calzini e i fazzoletti. Possibile che non ci sia piú?
IO Se mi dici che cerchi…
SARTI ANTONIO La rivoltella, cristo! Mica posso uscire e farmi sparare senza reagire. Mi fa incazzare quando cerchi e non trovi. C’è qualcuno che mi entra in casa e mi sposta le cose, fa casino. Il massimo: in casa mia, dico. Non mi piace uscire con la rivoltella in tasca: mi pesa, dà noia, sbatte contro le chiappe e fa calare i calzoni; Scomodo. Che poi non so se ho delle pallottole. Tre o quattro dovrebbero esserci, ma se non trovo la rivoltella… E se anche la trovo, che faccio? Mi aspetta dietro una colonna e non ho il tempo di mettere la mano in tasca. Dovrei uscire con la pistola in pugno e mettermi a sparare.
IO Come in un film: ridicolo.
SARTI ANTONIO Non vedo cosa ci sia di ridicolo.
Continua a buttare all’aria quello che gli capita sottomano e alla fine trova.
SARTI ANTONIO Una pallottola. È già qualcosa. Manca solo la pistola. Dov’è finita, accidenti? Oh, benissimo! L’ho data dentro il mese scorso per la revisione e non l’ho ritirata. È ancora in economato. Adesso? Quasi le otto. Be’, io esco, ché tanto, con o senza rivoltella, le cose non cambiano.
Ha deciso: si avvia alla porta e gira la chiave, ma non conclude. Qualcosa lo tormenta e non apre.
SARTI ANTONIO E se il matto, anziché in strada mi aspetta dietro la porta? No, non può, mi ha appena telefonato.
IO Non è una ragione.
SARTI ANTONIO Giusto, non è una ragione: si fa presto a salire le scale. La cabina telefonica è a venti metri. Il matto mi telefona e dice: «Sarti Antonio, appena esci ti sparo alle gambe». Riattacca e corre qui. In totale, dalla cabina telefonica alla porta di casa mia, trenta secondi.
La mania della Sip di piazzare cabine a ogni angolo di strada… Neanche fossero pisciatoi. Una volta mettevano pisciatoi, oggi mettono cabine telefoniche, cosí puoi sempre fermarti a telefonare e non per pisciare.
E le signore? Per le signore, niente: pisciatoi per gli uomini e che le donne se la facciano sotto.
IO Te la prendi troppo.
SARTI ANTONIO Le donne hanno i loro diritti.
IO Giusto, ma io intendevo te la prendi troppo per le tue gambe. Non credo ci sia una persona al mondo a cui passi per la testa di sparare alle tue gambe.
SARTI ANTONIO Fa ridere anche me. È andata cosí: il primo cretino che si è trovato un gettone di troppo in tasca, ha fatto un numero a caso ed era il mio. Mi ha raccontato quattro stronzate e io sono qui che non ho il coraggio di aprire la porta di casa… Sto raccontandomi balle. Non ha fatto un numero a caso. Ha detto: «Sarti Antonio?» Ha detto anche: «Questurino di merda». Mi conosce bene.
Richiude la porta con tutte le mandate e resta a fissare la maniglia.
IO Che decidi?
SARTI ANTONIO Che decido? Mi chiedo perché qualcuno dovrebbe prendersi il disturbo di sparare alle mie gambe, alle gambe di un questurino che non conta un cazzo. Hanno sempre tirato a gambe che contano: giornalisti, giudici, direttori di officine, commissari di polizia… Se sono arrivati a me, vuol dire che sono alla frutta e non sanno piú cosa inventarsi. Sono in ribasso, in forte ribasso.
Sí, ma intanto che faccio? O decido o finisce che non esco piú di casa.
Il telefono!
La nostra è una civiltà che dà sicurezza. Hai bisogno del medico? Telefoni. Hai bisogno del fontaniere? Telefoni. Ti serve la spesa? Telefoni. La questura? Telefoni e in pochi minuti hai il medico, il fontaniere, il bottegaio e la questura in casa.
IO Telefoni alla questura e che dici? «Venite a prelevarmi: c’è uno sotto casa che vuole spararmi alle gambe». Si mettono a ridere.
SARTI ANTONIO Vero anche questo. Però, che razza di mondo: non capisci piú quando uno scherza e quando dice sul serio.
In ogni caso, telefono in questura e dirò… dirò che sono malato, che la colite mi tormenta… Che è anche vero. Succede, basta che mi agiti, come adesso. Il medico dice che la mia colite è di origine nervosa e dovrei stare tranquillo. Ho scelto il mestiere adatto. Scelto? Si fa per dire.
Ha sollevato il microfono e sente il segnale di via libera. Compone il numero e aspetta. Nessuno risponde.
IO Tutti a casa malati i tuoi colleghi. Oppure hanno ricevuto una telefonata come la tua. Tengono piú alle gambe che all’ordine pubblico. Come te, del resto.
SARTI ANTONIO Centralino?
TELEFONISTA Sí, chi parla?
SARTI ANTONIO Sono Sarti.
TELEFONISTA Che c’è, sergente? A quest’ora non dovresti essere in servizio?
SARTI ANTONIO Non mi sento bene, passami il capo.
TELEFONISTA Che vorresti dirgli, questurino?
Un dubbio nella mente di Sarti Antonio. E un crampo da colite nel basso ventre.
SARTI ANTONIO Io… non sto parlando con la centrale…
TELEFONISTA Deduzione esatta, sergente.
SARTI ANTONIO Tu sei… quello che mi ha minacciato poco fa.
TELEFONISTA Vai sempre meglio, questurino. Complimenti.
SARTI ANTONIO Che significa?
TELEFONISTA Semplice: significa che devi deciderti a uscire perché non puoi contare sull’aiuto di nessuno.
SARTI ANTONIO Chi sei e che vuoi da me, si può sapere?
TELEFONISTA Non fare domande stupide. Lo sai cosa voglio: le tue gambe.
SARTI ANTONIO Togliti di lí e fammi parlare con la centrale.
TELEFONISTA Prova a rifare il numero, questurino. Chissà che la telefonata non passi.
La telefonata si interrompe e, al solito, il questurino resta con il microfono all’orecchio e la bocca aperta per dire chissà cosa. ...