– Signori della giuria, – dice il cancelliere del tribunale, – gli imputati alla sbarra, Bowers & Eden Limited e il signor Jude Mason, sono accusati di aver pubblicato il 13 maggio scorso uno scritto osceno, e precisamente il libro intitolato La torre del balbettio: una storia per bambini del nostro tempo. Essi si dichiarano innocenti. Spetterà a voi stabilire, dopo avere ascoltato i testimoni, se siano colpevoli o meno.
Alla sbarra c’è un solo imputato. Indossa un completo di flanella color carbone, camicia bianca e cravatta rosso smorto annodata con cura. I capelli sono un liscio casco di ferro grigio spruzzato d’argento; il volto è scarno, lo sguardo rivolto in basso. Sembra reduce da un lungo isolamento, un prigioniero riabilitato, un monaco restituito al mondo «reale» dopo un periodo di contemplazione. Osservati con attenzione, gli abiti gli stanno a pennello; tuttavia, a un primo sguardo, sembrano indumenti appesi a un attaccapanni, lo fanno assomigliare a uno spaventapasseri. Il collo, dentro il colletto della camicia, è esile e grigio. Il volto ha un aspetto medievale, zigomi alti e scolpiti, naso prominente, occhi socchiusi, un po’ infossati.
Frederica è in aula, con Daniel. Stenta a riconoscere l’imputato, benché abbia partecipato all’incontro che ne ha indotto la trasformazione, e anzi sia stata proprio lei a formulare l’argomentazione decisiva.
– È solo una maschera, Jude, per amor del cielo. Un processo è una finzione, recitiamo una parte, è una partita a scacchi. Devi interpretare l’Alfiere bianco, devi sembrare un membro rispettabile della società, cosí come se lo aspetta la Corte, è questo che conta, devi avere l’aspetto giusto, fa parte del gioco.
– Non è una finzione. È verità. Sono sotto processo e sono quello che sono. Il mio aspetto è la manifestazione sincera di ciò che io sono.
– Non capisco cosa esprima il suo aspetto, – aveva detto Duncan Raby, il legale di Jude.
– Lei non si intende di semiotica dell’abbigliamento, – aveva risposto Jude. – La mia redingote è celeste, colore della verità, ed è ad un tempo l’abito dei filosofi illuministi e dei licenziosi damerini di corte. È insozzata, com’è insozzata la verità. I miei capelli sono la natura, incolta. Lo stesso dicasi della mia pelle.
– Interessante, – aveva detto Raby. – Ma non farà una buona impressione sul giudice Gordale Balafray, e dal punto di vista tattico è una sciagura.
– Suvvia, Jude, – aveva detto Frederica. – Bisogna indossare la maschera appropriata al rito a cui si partecipa. Stare al loro gioco. Devi avere un aspetto rispettabile. I capelli ricrescono e una giacca si può riporre in un armadio. Non ti sei mai rifiutato di esporre il tuo corpo nudo per denaro...
– Anche quella è una forma di integrità.
– Vuoi vincere questa causa? – aveva esclamato Rupert Parrott. – O no?
Ma la vista dell’imputato alla sbarra sgomenta Frederica. Sembra svuotato di ogni energia. Sembra malato.
I giurati siedono ai loro posti. Era stata presa in considerazione l’idea di una giuria esclusivamente maschile, com’è tradizione nei processi per oscenità. Il giudice si era detto favorevole a tale soluzione, ma sia il rappresentante dell’accusa sia quello della difesa erano stati del parere che la presenza di una o piú donne avrebbe reso la giuria piú rappresentativa della pubblica opinione, di quella vasta comunità di persone di buon senso di cui i giurati sono un campione. Cosí tre giurati sono donne: nessuna è giovane, una è vedova e possiede un salone di bellezza, un’altra è un’ex istruttrice di educazione fisica della Royal Navy, ora in pensione, la terza è casalinga. Gli uomini sono tutti di mezza età eccetto uno, un giovane bruno con un giubbotto di pelle, proprietario di un negozio di dischi. Gli altri sono un direttore di banca, un contabile, il gestore di una piscina, un professore di fisica in un college, un elettricista, il proprietario di un ristorante, un sarto e un insegnante di liceo. La maggior parte di loro legge il giuramento senza esitazioni; il sarto è ebreo, porta uno zucchetto e giura sul Vecchio Testamento.
Si comincia con le questioni procedurali. Si stabilisce che, conformemente a quanto avvenuto nel processo a Lady Chatterley nel 1960, la giuria ascolterà sia l’accusa sia la difesa prima di ritirarsi a leggere il libro: la clausola è stata introdotta perché si è ritenuto ingiusto che i giurati leggessero il libro avendo viva in mente l’opinione dell’accusa. Il giudice Gordale Balafray è un uomo massiccio, dal volto lungo, di una bellezza bruna sotto la parrucca che, per contrasto, splende piú candida. Gode della reputazione di magistrato imparziale sia verso gli avvocati sia verso i testimoni. Ha anche la reputazione di amante delle arti.
Si decide che tutti i testimoni per l’accusa e per la difesa, essendo convocati in qualità di «esperti», hanno diritto a rimanere in aula durante l’intero dibattimento.
Sir Augustine Weighall, rappresentante dell’accusa, apre il processo.
– Vostro Onore, Signori della giuria: sono qui per sostenere l’accusa in questo procedimento, insieme al mio egregio collega, Benedict Scaling. La società imputata, Bowers & Eden Ltd, è rappresentata dai miei egregi colleghi Godfrey Hefferson-Brough e Peregrine Swift; l’imputato, signor Jude Mason, è rappresentato dagli avvocati Samuel Oliphant e Merlyn Wren.
Sir Augustine ha un volto attraente e aquilino, e quando tace un sorriso scaltro gli increspa le labbra sottili. Sa mantenersi perfettamente immobile mentre parla, guardando con attenzione e interesse la giuria, incrociando uno sguardo dopo l’altro, imparziale, assorto. Parla con chiarezza, senza enfasi, con concretezza. Dice ai giurati che sono lí per decidere se il libro La torre del balbettio: una storia per bambini del nostro tempo sia osceno ai sensi della legge del 1959 sulle pubblicazioni oscene. La parola «osceno», spiega alla giuria, è cosí definita dall’Oxford English Dictionary: «offensivo per la modestia o la decenza; che esprime o suggerisce idee licenziose o libidinose; impuro, indecente, laido». Ha anche altri significati, tra cui «mancanza di chiarezza di linguaggio; incertezza di significato; inintelligibilità» e forse la vecchia legge, che puniva le «offese alla decenza», mancava proprio di chiarezza, ed era di incerto significato. La legge del 1959 precisa la questione nel primo comma dell’articolo 1, definendo l’oscenità nei seguenti termini:
«Per gli scopi di questa legge una pubblicazione sarà considerata oscena se manifesta... nel suo complesso, la tendenza a depravare e corrompere coloro che, in qualsiasi circostanza, presumibilmente ne leggeranno, vedranno o udranno il contenuto».
– Questa precisazione genera, a sua volta, problemi di chiarezza di linguaggio, significato e intelligibilità. Forse vorrete qualche indicazione sulla portata e sul significato da attribuire ai termini «depravare» e «corrompere». Lo stesso dizionario fornisce la definizione corrente di «depravare»: «Rendere moralmente cattivo; pervertire, svilire o corrompere moralmente». La definizione di «corrompere» è piú lunga e complicata. La legge del 1959 si riferisce senza dubbio alla terza accezione, vale a dire: «Rendere moralmente malsano o guasto; distruggere la purezza morale o la castità di; pervertire o rovinare (una qualità positiva); svilire, lordare».
In pratica, dice ai giurati sir Augustine, l’espressione «depravare e corrompere» è stata interpretata come «indurre a comportarsi male», istigare ad azioni contrarie alla legge, al corrente senso del pudore o della decenza. Sir Augustine fornisce i precedenti di questa interpretazione. Cita il giudice Stable, che ha esortato una giuria a «ricordare che il libro è accusato di avere la tendenza a corrompere e depravare, non la tendenza a scandalizzare o disgustare. Quest’ultimo non è un reato penale».
Nel corso di altri processi gli avvocati hanno giustamente richiamato l’attenzione dei giurati su questo punto, avvertendoli, proprio come lui fa adesso, che il fatto di trovare sgradevole, scandaloso o disgustoso un libro, non è di per sé motivo per considerarlo «osceno». Ma sir Augustine è convinto che l’espressione «tendenza a depravare e corrompere» conferisca ai giurati il diritto, e forse il dovere, di considerare l’effetto del libro sull’anima, se si può usare il termine, sulla condizione mentale e sulla salute spirituale dei suoi probabili lettori, indipendentemente dal fatto che l’opera induca direttamente a compiere azioni depravate, corrotte o illegali.
Sir Augustine dice ai giurati che saranno gli unici giudici dell’oscenità del libro. Gli esperti che difesa e accusa hanno chiamato a testimoniare forniranno un parere sulla natura dell’opera e sugli eventuali meriti, letterari o di altro genere. Ma l’opinione di tali testimoni sarà rilevante solo riguardo ai meriti e ai demeriti del libro, non riguardo all’oscenità, sulla quale non verrà loro chiesto di pronunciarsi; se lo faranno, la giuria non dovrà tenerne conto. La questione dell’oscenità, dell’eventuale tendenza del libro a depravare e corrompere, andrà decisa dai dodici uomini e donne che siedono al banco della giuria, in rappresentanza della società umana e civile e del senso comune.
Solo dopo tale decisione si potranno prendere in considerazione i meriti del libro, letterari o d’altro genere. L’articolo 4 (comma 2) della legge sulle pubblicazioni oscene riconosce il diritto dell’imputato all’assoluzione qualora la giuria ritenga che, malgrado l’oscenità di una pubblicazione, la sua diffusione sia di pubblica utilità, a vantaggio di «scienza, letteratura, arte o cultura, o di altri campi di interesse generale». La difesa ha preannunciato l’intenzione di appellarsi al secondo comma dell’articolo 4, dimostrandone l’applicabilità attraverso le testimonianze di esperti. Essi sosterranno che il libro ha meriti letterari e altri pregi – sociali, psicologici – che ne giustificano la pubblicazione nell’interesse pubblico. – Su questo, sarete voi a decidere. Il giudice Balafray ha stabilito che in questo processo, eccezionalmente, si ascoltino per primi i testimoni a difesa, per permettere all’accusa di conoscere gli argomenti che addurranno prima di confutarli chiamando i propri testimoni.
Sir Augustine informa la giuria che, nel processo a carico della Penguin Books per Lady Chatterley, il giudice Byrne ha proibito al rappresentante dell’accusa di leggere ad alta voce passi...