Notizie dall'interno
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Notizie dall'interno

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Notizie dall'interno

Informazioni su questo libro

«In principio tutto era vivo. Anche i piú piccoli oggetti erano dotati di un cuore pulsante, e perfino le nuvole avevano un nome». Ricorda quel tempo all'inizio del tempo: quando tutto risplendeva nella luce della prima volta. Quando eri bambino. Il momento aurorale in cui vennero tracciati i confini tra il «mondo fuori», quello delle cose, degli altri esseri umani, delle esperienze - la luna, i cartoni animati, il baseball, la mamma - e quello interiore, della coscienza, dei pensieri, delle delusioni, della felicità. E adesso che sei entrato «nell'inverno della vita» ripensa a quei confini, disegnali in una mappa che possa aiutare il lettore, quello anziano come il piú giovane, a orientarsi. Notizie dall'interno è proprio questo: il racconto dell'infanzia di Paul Auster, la storia di questo piccolo «apprendista d'uomo» nell'America degli anni Cinquanta e di come quelle esperienze, quegli incontri, hanno plasmato il mondo interiore del futuro autore della Trilogia di New York. Ma se la formazione della coscienza è la posta in gioco di ogni vita - perché è lí che vivono il dolore, l'amore, la felicità - per lo scrittore l'indagine di quel territorio è ciò che dà senso al proprio lavoro. Per questo Auster non si limita all'infanzia ma nelle quattro parti che compongono Notizie dall'interno affronta altri momenti decisivi in cui la vita (nei suoi modi a volte sfuggenti, altre volte traumaticamente sfacciati) ci plasma. Nel caso di Paul Auster può essere il ritrovamento di un carteggio intimo e sofferto con la prima moglie, rivivere i difficili anni di apprendistato a Parigi o anche la visione di un banale film di fantascienza. Ma tutto, lettere, trame di film, racconti fulminanti, compongono un'unica storia che, nel momento in cui ci permette di affacciarci sul mondo privato di un artista, ha la potenza di un reportage dal mondo interiore di ognuno di noi. *** «La voce di Paul Auster è ipnotica come quella del vecchio marinaio di Coleridge. Iniziate uno qualunque dei suoi libri e a pagina due non potrete già piú smettere». «The New York Review of Books»

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
Print ISBN
9788806216030
eBook ISBN
9788858411780

Due colpi alla testa

1.

1957. Hai dieci anni, non sei piú un bambino piccolo ma non sei ancora grande, la definizione migliore sarebbe un bambino medio, un ragazzino all’apice dell’ultima fase della media infanzia, ancora tagliato fuori dal mondo in questo che è l’anno degli Sputnik 1 e 2, ma già meno dell’anno scorso, già vagamente consapevole che la crisi di Suez è finita, che Eisenhower ha inviato l’esercito federale a Little Rock, Arkansas, per sedare i disordini e imporre la fine della segregazione nelle scuole, che l’uragano Audrey ha fatto piú di cinquecento vittime in Texas e in Louisiana, che è uscito un libro sulla fine del mondo intitolato L’ultima spiaggia; però non sai nulla di Finale di partita di Samuel Beckett e Sulla strada di Jack Kerouac, anch’essi pubblicati quest’anno, e meno di nulla sulla morte del senatore McCarthy o sull’espulsione dei Teamsters di Jimmy Hoffa dalla Afl-Cio, la piú grande confederazione sindacale degli Stati Uniti. È un sabato pomeriggio di maggio, tu e il tuo nuovo amico Mark F., che frequenta la tua scuola e gioca a baseball nella tua stessa squadra della Little League, andate al cinema accompagnati in auto da un genitore che vi lascia davanti all’ingresso. Vedrete il film da soli, e il titolo del film di quel pomeriggio è Radiazioni BX: distruzione uomo, e piú o meno come è accaduto quattro anni fa con La guerra dei mondi, questo film ti rivolta come un calzino e cambia drasticamente la tua visione dell’universo. Lo shock che hai subito a sei anni si potrebbe meglio definire come trauma teologico, l’improvvisa consapevolezza dei limiti del potere divino, la quale porta con sé un corollario angoscioso, ovvero: come è possibile limitare il potere dell’Onnipotente? Lo shock provocato da Radiazioni BX, invece, è di natura filosofica, metafisica, e tale è il potere di quel triste filmetto in bianco e nero, che ti ritrovi in uno stato di boccheggiante esaltazione, come se ti avessero impiantato un cervello nuovo2 .
Dalla musica sinistra che fa da sottofondo ai titoli di testa capisci che stai per intraprendere un viaggio cupo e minaccioso, ma quando comincia l’azione le tue paure sono in qualche modo mitigate dalla presenza di una voce fuori campo, la voce dello stesso protagonista che si rivolge al pubblico in prima persona, e dunque, per quanto terribili siano le disavventure che lo attendono, sai che ne uscirà vivo, perché come potrebbe un morto raccontare la propria storia? La strana, quasi incredibile storia di Robert Scott Carey era iniziata in un giorno d’estate come tanti. Conosco quella storia meglio di chiunque altro, perché Robert Scott Carey sono io.
Sdraiati l’uno accanto all’altra in costume da bagno, Scott Carey e sua moglie Louise prendono il sole sul ponte del loro cabinato. La barca si dondola languidamente sulle acque del Pacifico, il cielo è limpido, tutto va per il meglio. Sono entrambi giovani e belli, innamorati, e quando non sono occupati a baciarsi si parlano col tono scherzoso e scanzonato di chi sa di aver trovato l’anima gemella di una vita. Louise scende sottocoperta a prendere una birra, ed è allora che accade, una nuvola densa o forse una foschia appare d’un tratto all’orizzonte e si avvicina rapidamente alla barca, una vasta foschia che avviluppa ogni cosa e corre sulla superficie dell’oceano con un sibilo strano e fragoroso, talmente forte che Carey smette di sonnecchiare, apre gli occhi, si mette a sedere e poi si alza in piedi a guardare la nuvola che avanza fino a inghiottire la barca. Alza le braccia in un gesto istintivo di difesa cercando di fare il possibile, ovvero nulla, per proteggersi dal vaporoso assalto, ma ecco che la nube lo ha già superato, e in pochi secondi il cielo torna sereno. Quando riemerge dalla cabina, Louise vede la nuvola allontanarsi verso l’orizzonte. Cos’è stato? domanda. Non lo so, risponde lui, una specie di... foschia. Voltandosi verso Scott, Louise vede che ha il petto coperto da pagliuzze di polvere fosforescente, particelle dall’aspetto vagamente metallico che scintillano al sole, innaturali, inquietanti, incomprensibili, ma di lí a poco il bagliore comincia a smorzarsi, e la scena si chiude con i due che scuotono via le pagliuzze aiutandosi con gli asciugamani.
Passano sei mesi. Una mattina, mentre Louise sta apparecchiando per la colazione, Carey le parla dalla camera da letto al piano di sopra, domanda se è sicura che la tintoria le abbia dato i pantaloni giusti. Inquadratura della camera da letto: Carey, in piedi di fronte a uno specchio a tutta altezza, aggancia il girovita dei pantaloni che ha indosso. Sono troppo larghi, ci saranno almeno cinque centimetri in piú, e poco dopo, quando indossa la camicia, quella bianca con le cifre che usa per andare al lavoro, si accorge che anche quella gli sta grande. La metamorfosi è iniziata, ma è ancora presto, né Carey né Louise hanno la piú pallida idea di cosa li aspetti. Tant’è che Louise, allegra e spiritosa come sempre, dice a suo marito che forse sta solo dimagrendo, e trova che la cosa gli dona.
Ma Carey è preoccupato. Senza dir nulla a sua moglie, va dal medico per un controllo, ed è proprio nello studio del dottor Bramson che scopre di essere alto circa un metro e ottanta e di pesare poco meno di ottanta chili. Entrambi i valori sono al di sopra della media, tuttavia Carey dice al dottor Bramson che ha sempre saputo di essere alto uno e ottantacinque e di pesare almeno quattro chili in piú. Il medico non tiene in gran conto le sue obiezioni, e con tutta calma gli dice che forse ha perso un po’ di peso per via dello stress e del troppo lavoro, e che quei cinque centimetri che mancano dal girovita probabilmente non mancano affatto. Il dottore domanda a Carey quante volte gli è stata misurata la statura. Solo tre, a quanto pare, una volta alla visita di leva, una volta quando è entrato in marina, e l’ultima volta alla visita di controllo per l’assicurazione. Magari hanno sbagliato tutte e tre le volte, dice il dottor Bramson, capita spesso, e i risultati possono variare a seconda dell’ora (al mattino siamo tutti piú alti, dice, poi rimpiccioliamo nel corso della giornata perché la gravità comprime i dischi intervertebrali, le giunture ossee e cosí via), e poi bisogna anche considerare che certe persone tengono la schiena troppo dritta, quindi sembrano piú alte, e cosí, in fin dei conti, cinque centimetri di differenza non sono una cosa preoccupante. Se è dimagrito un po’ vorrà dire che non mangia abbastanza, ma stia tranquillo, signor Carey, taglia corto il dottor Bramson (con una risatina di scherno), non ci si rimpicciolisce. Non si può e basta.
Passa un’altra settimana. Pesandosi sulla bilancia del bagno, una sera Carey scopre di aver perso altri due chili. E poi, cosa ancora piú inquietante, quando poco dopo abbraccia Louise si ritrova a guardarla occhi negli occhi, segno inequivocabile di un lento calo di statura, perché fino ad allora lei aveva sempre dovuto alzarsi in punta di piedi per baciarlo. Mi sto rimpicciolendo, Lou, dice lui… ogni giorno di piú. Ora se ne rende conto anche lei, ne prende atto, ma al tempo stesso è incredula – chiunque lo sarebbe, e lo sei anche tu, seduto a guardare il film nella sala buia, perché a Scott Carey sta capitando qualcosa di impossibile. Il tuo stomaco comincia a torcersi in un nodo di terrore. Hai già intuito quale direzione prenderà la storia, ed è quasi insopportabile. Preghi che sopravvenga un miracolo e speri di sbagliarti, speri nell’arrivo di un qualche cervellone che possa fermare quel processo di riduzione ormai iniziato, perché ormai Scott Carey non è piú il personaggio di un film: Scott Carey sei tu.
Carey torna dal medico, ci ritorna piú volte nel corso della settimana seguente, e ora il dottor Bramson, non piú sorridente e fiducioso, non piú lo scettico rassicurante che alla prima visita aveva schernito il suo paziente, sta osservando due serie di radiografie effettuate rispettivamente all’inizio e alla fine della settimana, due immagini identiche del torace di Carey che mostrano in dettaglio la colonna vertebrale e le costole, e quando le sovrappone è chiaro che le due lastre, per quanto essenzialmente identiche, mostrano due scheletri diversi, uno piú piccolo dell’altro. È la prova scientifica, il test definitivo che spazza via ogni possibile dubbio sullo stato di salute di Carey, e il dottor Bramson è scosso e disorientato al tempo stesso, all’improvviso si ritrova in una cosa piú grande di lui, e questo spiega la sua espressione cupa, quasi incollerita, mentre si avvicina a Carey e Louise per riferire quanto ha scoperto. È un fenomeno senza precedenti, dice, non c’è modo di spiegarlo, ma Carey si sta proprio rimpicciolendo.
Su consiglio del dottor Bramson, Carey si rivolge al California Medical Research Institute, il corrispettivo della Mayo Clinic sulla West Coast, e per tre settimane si affida a vari specialisti che lo sottopongono a una raffica di test. Le scene delle analisi e delle visite sono montate in breve sequenza, e in quel rapido susseguirsi di immagini, torna la voce fuori campo di Carey a commentare l’accaduto: ho bevuto una soluzione di bario e mi hanno messo dietro lo schermo di un fluoroscopio. Mi hanno dato dello iodio radioattivo... e hanno misurato le radiazioni con un contatore Geiger. Mi hanno attaccato degli elettrodi alla testa. Ho fatto prove di assetamento, test del legame proteico. Esami oftalmici. Colture ematiche. Radiografie e poi ancora radiografie. Analisi. Test di ogni genere. E per ultimo l’esame decisivo: una cromatografia su carta...
Il dottor Silver, il medico che segue il caso, spiega a Carey e Louise che oltre a una perdita progressiva di azoto, calcio e fosforo, la cromatografia ha evidenziato un mutamento nella struttura molecolare delle cellule. Mi sta dicendo che ho un cancro? domanda Carey, ma il medico risponde no, si direbbe piuttosto un anti-cancro, un processo chimico che riduce armonicamente le dimensioni di tutti i suoi organi. A quel punto il dottor Silver pone a Carey due domande decisive. Primo: è mai stato esposto a un qualche tipo di irrorazione batterica, un insetticida per esempio, magari in dosi massicce? Carey fruga nella memoria e infine ricorda che sí, una mattina di parecchi mesi prima, andando al lavoro, aveva preso una scorciatoia per una strada secondaria, e un istante dopo era passato un camion che spruzzava qualcosa sugli alberi. Silver annuisce. Ne erano abbastanza certi, dice, ma quello da solo non può bastare, non è stato che l’inizio, poi una volta entrato nell’organismo di Carey qualcosa dev’essere successo a quell’insetticida, qualcosa in grado di trasformare un’irrorazione batterica di media virulenza in una forza letale. Ed ecco la seconda domanda: negli ultimi sei mesi è stato esposto a qualche tipo di radiazione? Certo che no, risponde Carey, non ha possibilità di entrare in contatto con niente del genere, lui lavora in... Ma prima che riesca a finire la frase, Louise lo interrompe. Scott, gli dice, Scott, pensa a quel giorno in barca. Quella foschia...
Ora è tutto chiaro. L’orrore ha una causa ben precisa, gli effetti sono rigorosamente documentati, e mentre Louise e suo marito salgono in auto per tornare a casa, lei si sforza di contrastare la cupa disperazione di Scott con un incrollabile e quasi gioioso ottimismo, dicendo che i medici troveranno di certo il modo di aiutarlo, che il dottor Silver non ci metterà molto a trovare un’antitossina capace di invertire il processo. La cercheranno, risponde Carey, ma non è detto che la trovino. E poi: non ce la faccio ad andare avanti cosí, a perdere peso, a rimpicciolire... E la domanda che sta dietro a tutto questo è: quanto tempo mi resta? Louise gli risponde con voce ferma e appassionata: non dire queste cose, Scott. Mai piú. Lui distoglie lo sguardo ma non cambia argomento: voglio che tu cominci a pensare a noi due. Al nostro matrimonio. Potremmo dover affrontare cose terribili. Non sei obbligata a restarmi accanto sino alla fine. Sconvolta da queste parole, sul punto di scoppiare in lacrime, Louise getta le braccia al collo del marito e lo bacia sulla bocca. Ti amo, dice. Non capisci? Finché porti questa fede al dito, sarò sempre con te.
Inquadratura del primo piano dell’anulare sinistro di Carey. Un istante dopo, l’anello scivola via dal dito e cade a terra.
Fino a questo momento hai guardato il film con estrema attenzione, hai già deciso che è il miglior film che tu abbia mai visto, forse il migliore che ti capiterà mai di vedere, e anche se non comprendi del tutto il gergo scientifico o pseudoscientifico del dottor Silver, hai la sensazione che termini come cromatografia, fosforo, iodio radioattivo e struttura molecolare conferiscano una certa plausibilità all’infelice condizione di Scott Carey. Ma per quanto tu sia preso dalla storia, per quanto colpito dalle sequenze iniziali del film, non sei affatto preparato a ciò che sta per arrivare, perché è soltanto adesso, mentre sta per iniziare la seconda parte del film, con i suoi semplici ma ingegnosi effetti speciali, che la storia dell’uomo che rimpicciolisce assurge a nuove vette di intensità e si imprime per sempre nel tuo cuore come un marchio a fuoco.
L’azione si sposta nel soggiorno dei Carey, nella loro moderna villetta di periferia, sobriamente arredata ma cosí impersonale e priva di calore da meritare soltanto il generico appellativo di abitazione, un luogo senza carattere né comodità, una qualsiasi casa a scatola americana degli anni Cinquanta, insulsa e inespressiva, fredda nonostante il sole californiano che si riversa dalle finestre. Non è dato sapere quanto tempo sia passato dal giorno in cui l’anello è scivolato via dal dito, ma la scena successiva inizia con un nuovo personaggio che occupa il centro del fotogramma. È Charlie, fratello maggiore e datore di lavoro di Scott, e mentre Louise lo ascolta seduta sul divano, lui si rivolge a qualcuno che è in poltrona, ma siccome la cinepresa ne inquadra soltanto il retro, la testa della persona che vi è seduta non è visibile, dunque è impossibile capire chi sia. Charlie parla di un cliente che è andato perso, di problemi di lavoro e di soldi, poi dice a chi sta in poltrona: Non posso piú permettermi di pagarti lo stipendio. Si comincia a dedurre che la persona invisibile è Scott, ma la cinepresa insiste ancora su Charlie, il quale racconta che alcuni giornalisti si sono presentati allo stabilimento e hanno fatto domande, perché di sicuro al centro medico qualcuno deve aver sparso la notizia, e secondo un tale che lavora all’agenzia di stampa American Press, dice Charlie, è abbastanza probabile che Scott possa guadagnare dei soldi scrivendo la propria storia. Prima o poi si verrà a sapere comunque, quindi perché non farsi pagare per raccontarla in prima persona? Louise è disgustata dalla volgarità della proposta, ma Charlie è una persona pratica, e consiglia a Scott di rifletterci. È a questo punto che la cinepresa fa un mezzo giro e ci mostra finalmente Carey – ma soltanto la faccia, in primissimo piano. Ha l’aria smunta e angosciata, gli occhi cerchiati di nero, ma è ancora la stessa faccia, ancora la stessa persona di sempre. Poi, lentamente, la cinepresa carrella all’indietro, e quel che vedi ti scuote dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi, come una scarica ad alta tensione che ti trapassa il corpo con una forza e una rapidità tali da farti sentire folgorato. Seduto sulla poltrona c’è Carey, sempre lui, ora improvvisamente e spaventosamente grande quanto te, quanto un ragazzino di media statura, piú o meno un metro e mezzo, vestito come un bambino di dieci anni e con le scarpe da ginnastica ai piedi, uno Scott Carey in miniatura seduto su quella che si direbbe la poltrona piú grande del mondo. E va bene, dice a suo fratello, ci penserò.
Sei grande abbastanza per capire che Grant Williams, l’attore che impersona Scott Carey, non si è rimpicciolito, che l’effetto è opera di un abile scenografo che ha costruito una poltrona enorme, capace di contenere un gigante di tre metri e mezzo, ma il risultato è comunque sbalorditivo e sconcertante. In realtà non c’è nulla di complicato, è un semplice gioco di proporzioni, tuttavia la sorpresa e lo straniamento ti sommergono, ti fanno rabbrividire, ti inquietano, come se di punto in bianco tutto quanto credevi di sapere sul mondo fisico fosse messo in discussione.
Poco alla volta, finisci per abituarti alle dimensioni ridotte di Carey, l’anormalità ti risulta sempre piú familiare, e intanto la vicenda prosegue. Come previsto, la storia è ormai di dominio pubblico, e da un giorno all’altro Carey si trasforma in un personaggio di rilevanza nazionale, gli dedicano articoli e servizi televisivi, la sua casa è assediata da giornalisti, curiosi e cameraman, e quello che una volta era un uomo qualsiasi è diventato un fenomeno da baraccone, braccato al punto di non poter piú uscire di casa. L’unica cosa che può fare è scrivere, raccontare le sue esperienze in un libro, un diario che documenta l’evolversi del fenomeno, e ti meraviglia vedere quel corpo da bambino alle prese con una matita enorme, ti meraviglia l’immensità della cornetta del telefono che tiene in mano, ogni effetto visivo ti sorprende e ti commuove, ma la cosa piú toccante è la rappresentazione dello stato mentale di Carey, la descrizione spietata e senza sentimentalismi di un uomo alle soglie del crollo emotivo, perché Carey non riesce ad accettare quello che gli sta succedendo, non riesce a farsene una ragione, e spesso cede alla collera, è un pazzo che grida a squarciagola la sua amarezza, che urla il suo disprezzo per il mondo intero, e certe volte se la prende persino con Louise, la tenace Louise, paziente e amorevole come sempre, che ancora vive nella speranza che i medici possano salvarlo. Nel frattempo, Carey continua a rimpicciolire. Il diciassette ottobre è sceso a poco piú di novanta centimetri e pesa ventitre chili. È in preda alla disperazione. Poi, all’improvviso, la svolta miracolosa. Il centro medico chiama per comunicargli che l’antitossina è pronta.
Seguono giorni tesi e incerti, il dottor Silver inietta a Carey il potenziale antidoto, fa presente che le probabilità sono cinquanta e cinquanta, ma dopo una settimana di tormentosa attesa Carey è ancora alto novantadue centimetri per ventitre chili di peso. Louise, al colmo della gioia, esclama: È finita, Scott, d’ora in poi starai bene... ma Carey domanda al dottor Silver quanto tempo ci vorrà per tornare normale, e il medico aggrotta la fronte, è titubante, e infine spiega che fermare l’andamento degenerativo della malattia è ben altra cosa dall’invertirne il decorso. La capacità di crescita di Carey è limitata quanto quella di un normale adulto, e per aiutarlo ulteriormente bisognerà risolvere una serie di problemi scientifici completamente diversi – il che vuol dire, con tutta probabilità, che Carey rimarrà alto quattro spanne e mezza sino alla fine dei suoi giorni. Continueranno a lavorarci, dice il medico, si spingeranno fino ai limiti estremi delle loro conoscenze, e forse, diciamo forse, verrà il giorno in cui avranno la risposta, ma al momento non c’è niente di sicuro.
Dunque la notizia è buona e cattiva allo stesso tempo, e se da una parte sei dispiaciuto che non si possa fare di piú per Carey, e ti rattrista l’idea che debba continuare a vivere in formato ridotto, un’altra parte di te è enormemente sollevata, perché il processo di miniaturizzazione è stato fermato, e quindi non dovrai sopportare l’orrore di vederlo svanire nel nulla. A nessuno piacerebbe essere un nano, certo, ma è sempre meglio che dissolversi nell’aria.
Tornato a casa, Carey continua a rimuginare. Il peggio potrebbe anche essere passato, ma lui sta ancora lottando per accettare la propria condizione, è ancora arrabbiato, ancora non ha il coraggio di essere un marito per Louise, e poiché la vergogna lo ha spinto ad allontanarsi da lei, sa di farla soffrire, e ne soffre tremendamente anche lui. Louise, dice la voce fuori campo, cosí forte, cosí coraggiosa: cosa diavolo le stavo facendo? Detestavo me stesso come non avevo mai detestato anima viva! Non potendo piú sostenere quella situazione, una notte Carey scappa di casa, un adulto in un corpo da bambino, ancora con quelle ridicole e puerili scarpe da ginnastica, una figu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Notizie dall'interno
  3. Notizie dall’interno
  4. Due colpi alla testa
  5. Album
  6. Il libro
  7. L’autore
  8. Dello stesso autore
  9. Copyright