Un posto anche per me
eBook - ePub

Un posto anche per me

  1. 232 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Un posto anche per me

Informazioni su questo libro

Peppino è il garzone delle consegne a domicilio. La sua merce è prelibata, ma non è per tutti. E i misteri che nasconde sono inconfessabili. Stretto sul sedile dell'autobus, Peppino non fa che parlare, come Forrest Gump sulla panchina. Parla da solo, come gli idioti: cosí pensano gli altri. Non sanno che parla a Marisa. Che a Marisa è intrecciato il suo destino. Nel suo avventuroso viaggio tra periferie dimenticate e lussuosi palazzi romani, tra una vita scellerata e i ricordi di un passato che lo tormenta, Peppino dovrà riscattarsi o soccombere per sempre. Fino a un impensabile colpo di scena. *** «Un uomo che viaggia da solo sull'autobus della notte porta sempre con sé un gran segreto e lo accompagnano molte vergogne. E gli uomini che custodiscono segreti e vergogne è meglio non disturbarli».

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Un posto anche per me di Francesco Abate in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
Print ISBN
9788806212810
eBook ISBN
9788858410653

14.

Prima di lavorare per Il Nuraghe Blu, Babbo è stato venditore ambulante e, come Nonno, contrabbandiere di sigarette e di altre cose.
Tipo: accendini, che Nonno chiamava macchinette.
Bombolette per accendini, che Nonno chiamava sa nafta delle macchinette.
Musicassette di tutti i cantanti italiani, sardi e stranieri senza il bollino Siae. Anche per autoradio Stereo 8. Anche quella con l’inno del Cagliari l’anno dello scudetto. Molte di Celentano, Morandi e Villa.
Nonna Giovane ascoltava sempre quella che faceva:
Chi non lavora,
non fa l’amore.
Il finanziere che ha arrestato Babbo sul verbale le aveva chiamate: «cassette pirata».
Vendevano roba da vestire, roba da mangiare, roba da divertirsi.
Tipo: tute da ginnastica della Addas, che Nonno e Babbo chiamavano le canadesi.
La Adidas non l’ha mai scoperto.
Ma soprattutto il frate: gli schiacciavi la testa e dal saio gli usciva il pirillone, che Nonno e Babbo chiamavano Fra Cazzo da Velletri.
Che ridere, quel pupazzetto lí.
Babbo, gli zii e Nonno erano una squadra perfetta. Poi Babbo è stato cacciato dalla società che prima ancora era di Nonna Vecchia, anche se secondo me lei Fra Cazzo da Velletri non l’ha mai venduto.
Nonna Vecchia in quartiere gestiva, durante la guerra, la borsa nera. Quando Babbo me l’ha raccontato io ho immaginato Nonna Vecchia che andava in giro con una borsa enorme, come una fata stregona, fino al quartiere dei nobili, in Castello. Che sta sul colle piú alto della mia città ed è veramente un castello con le torri, i bastioni e le mura.
A caro prezzo la mia nonnina vendeva quello che i cuccurus cottus, le teste calde del rione, trovavano o rubacchiavano in tempi di carestia, perché sono sempre stati gente furba e dominatrice.
Babbo mi ha detto che però Nonna Vecchia ha sempre saputo fare le distinzioni e al vicinato vendeva al prezzo giusto. Pure agli artigiani di Villanova e ai pescatori della Marina. Ai ricchi no.
Quando è uscito di galera Babbo ha smesso di fare il contrabbandiere. Anche se non aveva parlato e svelato gli affari di famiglia, i fratelli convinsero il Nonno a tenerlo fuori. Con l’aiuto di Nonna Giovane e buona pace di Nonna Vecchia, che quell’ospedale l’ha lasciato solo per farsi portare al cimitero. Un anno dopo che ero andato a vivere dalle Ciliegine.
L’ultima frase di Nonna Vecchia è stata: «Siamo una famiglia piena di vergogne».
E non credo si riferisse a me.
La mia vergogna è arrivata molto dopo. Quella mattina, sulla spiaggia. Quando Nonna Vecchia già riposava da tanto nella Casa di Nostro Signore.
Non credo si riferisse nemmeno al fraticello.
«Nonna, sono le consorelle di Sant’Efisio che cuciono l’abitino a Fra Cazzo da Velletri?»
Quella volta, l’unica, mi aveva rifilato un sonoro ceffone.
Babbo ha lavorato anche come bagnino, ma solo per una stagione. A settembre il proprietario dello stabilimento si è innervosito e pure ingelosito e gli ha detto di ritenersi libero. Poi con un’ascia ha fatto a pezzi il pattino con cui Babbo portava la moglie in alto mare a fare un giretto.
Babbo ha venduto collane e spille di perline e bracciali di rame alle fiere di paese.
È stato in Puglia per la raccolta dei pomodori, in Piemonte per la vendemmia, in Trentino per la raccolta delle mele. E da lí è tornato artista di strada. Ma si è stufato subito.
Ha anche fatto la guida turistica non autorizzata ai villaggi nuragici. Chissà dove le aveva imparate le storie del popolo di Nur. Noi a scuola, in prima media.
È stato anche tassista abusivo di Gabillac.
Te le ricordi le Gabillac? Erano come i taxi: portavano i paesani in città e li riportavano in paese per poche lire a testa. Erano blu, lunghe come station-wagon, ma in quegli anni ancora non esistevano le station-wagon. Avevano tre file di sedili e stavano in piazza del Carmine, vicino alla stazione dei treni, fra i piccioni e i piringini.
All’epoca in cui ci sono salito io, di Gabillac ne erano rimaste solo due, vecchie come i loro autisti. Uno era cosí grinzoso che sembrava una tartaruga.
«Nonna Giovane, perché si chiamano Gabillac?»
«Perché ci viaggiano i gabilli».
«E chi sono i gabilli?»
«Quelli che vivono nei paesi».
«Quindi, anche io che sto dalle suore in paese sono gabillo?»
«Sí, Peppino. Sei un gabillo».
«Beeello».
«Mica tanto, e chiamami Nonna punto e basta. Tanto, ora che la Vecchia è morta, non si fa confusione».
A me piaceva essere gabillo. Almeno ero qualcuno.
Perché poi suor Clementina mi ha spiegato che in realtà si dovrebbe dire cabillo: deriva da caballo, dalla lingua degli spagnoli, che ci hanno dominato per quattrocento anni, e vuol dire cavallo. Uomo che arriva a cavallo.
«Quindi cavaliere, sorella?»
«Sí, Peppino».
«Beeello».
Però cugino Stefanino, prima che salissi sulla Gabillac per tornare dalle suore, mi lanciava i piringini sulla schiena con la sua cerbottana e urlava: «Gabillo! Gabillo!»
Io non sapevo ancora il vero significato e non gli avevo potuto rispondere a tono. Né strozzarlo: lo avevo promesso proprio a Nonna Vecchia quando mi avevano portato in camera mortuaria a vederla. Sennò, se ritornavo dimoniu, quello ritornava al pronto soccorso.
I piringini, Marisa, ce li abbiamo solo in città. Fanno male perché sono duri e verdi. Sono le bacche cadute dagli alberi di piazza del Carmine.
Dopo il periodo della Gabillac, Babbo ha avuto quello da organizzatore di concerti. Per le feste dei comunisti, le feste del santo patrono e le sagre.
Ma a questo, Marisa, questo a cui ho appena dato l’intera busta con ogni bendidio del Nuraghe Blu, Babbo un concerto non gliel’avrebbe mai potuto organizzare.
Non puoi avere idea di chi è. E mi dispiace che uno cosí si serva da noi. Che consumi la mia merce.
Stanotte, quando mi hanno aperto la porta, sapendo a chi andavo incontro, dato che zio Mino mi aveva fatto mille raccomandazioni, mica mi aspettavo che si presentasse lui. Credevo che mi facesse trattare con un assistente isterico e biscia. Invece no, è venuto di persona. Mi ha ringraziato unendo le mani come in segno di preghiera e mi ha fatto pure un mezzo inchino.
– Namasté.
Stanotte Marisa sono quello all’ultimo posto dell’ultimo autobus dell’ultima corsa. E non mi pesa.
Perché ho una cuffia nell’orecchio e una no: devo pur sempre restare vigile. Ho nelle tasche tutto l’incasso della serata.
Non mi pesa perché ho la musica nelle orecchie. La musica e il lettore che mi ha regalato il mio cliente.
– Namasté, Peppino.
Mi ha detto che le case produttrici gliene mandano tanti in omaggio, ne ha la casa piena, e se mi faceva piacere me lo regalava. Non ho fatto neppure in tempo a dire di sí che già me l’aveva messo in mano.
– Un omaggio per la tua gentilezza, Peppino.
Grazie, signore.
Potrei anche infilarmi tutte e due le cuffie e non badare al mondo che mi circonda e ai suoi pericoli.
Sull’autobus di questa notte per fortuna non sono quello che deve tenere d’occhio chi sale e controllarmi la manica destra, dov’è nascosta la Guspinesa. Sono quello che sottovoce ripete le parole delle canzoni: escono da una scatoletta, corrono per i fili, arrivano alle cuffiette e passano alle mie orecchie e poi all’anima.
Me l’ha insegnato Babbo: la musica parla all’anima.
Babbo mi ha insegnato anche che con la musica si fanno i soldi. Il mio cliente di questa notte è uno che con la musica ha guadagnato tanto. E continua a guadagnare. Non è certo come quelli che Babbo portava a suonare nelle piazze dei paesi.
Lo so io, lo sai tu, Marisa. Se uno ha i soldi o no, lo si capisce a tavola. Quelli, quando a fine concerto Babbo li portava al ristorante, per poco non si mangiavano anche le gambe del tavolo.
Te lo ricordi quando i musicisti sono venuti alla festa nostra alla Casa delle Ciliegine? E hanno cantato per noi dopo pranzo? E abbiamo fatto il trenino urlando:
Aggiungi un posto a tavola,
ché c’è un amico in piú.
Eh, te lo ricordi? Emilio, poverino, era già molto grave. E Brunella era la prima della fila.
Era stato bello festeggiare la fine delle elementari, l’esame di quinta andato meglio a te che a me. Ma male a Calabrese, che lo ripeteva già per la seconda volta.
Babbo è sempre stato magico. Chissà come ha convinto le Ciliegine a far mangiare i suoi musicisti con noi, a farli esibire per noi dopo la frutta, prima di andare sul palco della piazza e provare i loro strumenti e le luci.
Chissà come ha convinto madre Binocolo a lasciarci prendere le nostre seggiole e piazzarle sotto il palco per ascoltare le prove.
«Ha! Ha! Uno-due! Ha! Ha! Prova microfono!»
Solo io e te.
Brunella si è aggrappata forte alla mia gamba, voleva venire anche lei. E suor Tempesta le ha dovuto stringere con forza la nuca per farle mollare la presa.
«Sono un popolo forte, i Mongoli», ha detto Calabrese, guardandoci con gli occhi dell’odio. Perché lui in paese, sotto il palco, non è potuto v...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Un posto anche per me
  3. Uno
  4. Due
  5. Tre
  6. Quattro
  7. Cinque
  8. Sei
  9. Sette
  10. Otto
  11. Nove
  12. Dieci
  13. Undici
  14. Dodici
  15. Tredici
  16. Quattordici
  17. Quindici
  18. Sedici
  19. Diciassette
  20. Diciotto
  21. Diciannove
  22. Venti
  23. Ventuno
  24. Ventidue
  25. Ventitre
  26. Ventiquattro
  27. Venticinque
  28. Ventisei
  29. Ventisette
  30. Ventotto
  31. Ventinove
  32. Trenta
  33. Trentuno
  34. Trentadue
  35. Trentatre
  36. Trentaquattro
  37. Trentacinque
  38. Trentasei
  39. Trentasette
  40. Trentotto
  41. Trentanove
  42. Quaranta
  43. Quarantuno
  44. Quarantadue
  45. Quarantatre
  46. Quarantaquattro
  47. Musiche e immagini di Un posto anche per me
  48. Ringraziamenti
  49. Il libro
  50. L’autore
  51. Dello stesso autore
  52. Copyright