Notre-Dame de Paris
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Notre-Dame de Paris

  1. 560 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Notre-Dame de Paris

Informazioni su questo libro

Sullo sfondo di una Parigi medievale, sinistra e tumultuante - la cattedrale di Notre-Dame è il vero palcoscenico di tutta la storia - la bella zingara Esmeralda è contesa tra il deforme campanaro Quasimodo, il malvagio arcidiacono Frollo, anima nera del romanzo, il poeta pazzo Gringoire e il nobile capitano Phoebus. Protagonista aggiunto la folla, per la prima volta al centro di un libro che mette in scena i sentimenti piú contrastati ed estremi in cui si intrecciano dramma ed epopea e in cui si confrontano il male e il bene, il bello e l'orrido e i dolorosi interrogativi dell'autore, i suoi turbamenti profondi.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
Print ISBN
9788806177133

Libro decimo

CAPITOLO PRIMO

Gringoire ha parecchie buone idee di seguito in
rue des Bernardins

Da quando Pierre Gringoire aveva visto qual piega prendeva tutta quella faccenda e cioè che sarebbe andata a finire di sicuro con corda, impiccagione e altre cose spiacevoli per i personaggi principali della commedia, aveva preferito girare alla larga. I paltonieri, tra i quali era restato, giudicandoli alla fin fine la migliore compagnia di Parigi, avevano continuato a interessarsi della sorte dell’egiziana. E Gringoire lo aveva trovato giustissimo da parte d’individui che, come lei, non avevano altra prospettiva se non Charmolue e Torterue, e non cavalcavano come lui nel regno della fantasia tra le due ali di Pegaso. Dai loro discorsi aveva appreso che la fanciulla diventata sua sposa con il rito della brocca rotta si era rifugiata in Notre-Dame, e ne aveva il cuore in pace. Ma non si sentiva affatto tentato di andarla a trovare. Pensava qualche volta alla capretta e tutto lí. Del resto, di giorno faceva il giocoliere per guadagnarsi il pane, e di notte elucubrava un memoriale contro il vescovo di Parigi, perché ricordava di essere stato innaffiato dalle ruote dei suoi mulini e gliene serbava rancore. Si occupava anche di commentare la bell’opera di Baudry le Rouge, vescovo di Noyon e di Tournay, intitolata De Cupa Petrarum1, e ciò gli aveva ispirato un ardente amore per l’architettura; amore che aveva sostituito nel suo spirito la passione per l’ermetismo, di cui era del resto un corollario naturale, poiché tra ermetismo ed edilizia vi è un intimo legame. Gringoire era passato dall’amore per un’idea all’amore per la forma di quella stessa idea.
Un giorno si era fermato vicino a Saint-Germain-l’Auxerrois all’angolo di un palazzo che chiamavano For-l’Evêque2, cui ne stava di fronte un altro chiamato For-le-Roi. Faceva parte del For-l’Evêque una bella cappella del secolo XIV la cui abside guardava sulla strada. Gringoire ne stava esaminando devotamente le sculture esterne. Era in uno di quei momenti di godimento egoistico, esclusivo, supremo, in cui l’artista non vede nel mondo che l’arte e vede nell’arte il mondo intero. Tutto a un tratto, si sente posare su una spalla una mano pesante. Si volta. Era il suo vecchio amico e maestro, il signor arcidiacono.
Rimase di stucco. Già da un pezzo non vedeva l’arcidiacono, e don Claude era uno di quegli uomini solenni e appassionati il cui contatto turba sempre l’equilibrio di un filosofo scettico.
L’arcidiacono restò per qualche istante in silenzio e Gringoire ebbe agio di osservarlo. Lo trovò molto cambiato, pallido come un mattino d’inverno, gli occhi incavati, quasi bianchi i capelli. Fu il prete a rompere infine il silenzio, domandando con voce tranquilla, ma glaciale: – Come state, maestro Pierre?
– Di salute? – rispose Gringoire. – Bah! potrei dire bene e male. Ma in complesso, abbastanza bene. Non abuso di nulla. Non sapete, maestro? secondo Ippocrate, il segreto per stare in buona salute «id est: cibi, potus, somni, Venus, omnia moderata sint»3.
– Non vi preoccupate dunque di nulla, voi, maestro Pierre? – riprese l’arcidiacono guardando fisso Gringoire.
– Affè mia, no!
– E che cosa fate adesso?
– Lo vedete, maestro. Esamino il taglio di queste pietre e la maniera in cui è stato scolpito questo bassorilievo.
Il prete sorrise con quel sorriso amaro che solleva solo un angolo della bocca. – E questo vi diverte?
– È il paradiso! – esclamò Gringoire. E chinandosi sulle sculture con la faccia estasiata di chi mostra un fenomeno vivente: – Non sembra anche a voi, per esempio, che questa metamorfosi in bassorilievo sia eseguita con grande maestria, delicatezza e pazienza?4. Guardate questa colonnina: avete mai visto intorno a un capitello foglie piú tenere e meglio accarezzate dal cesello? Eccovi tre sculture a tutto tondo di Jean Maillevin. Non sono tra le opere migliori di quel gran genio; eppure l’ingenuità, la dolcezza dei volti, la gaiezza degli atteggiamenti, la grazia dei panneggi e quella inesplicabile piacevolezza che emana perfino da ogni difetto formale, rendono queste statuine infinitamente leggiadre e delicate, direi quasi un po’ troppo. Non vi sembra divertente?
– Sarà! – fece il prete.
– E se vedeste l’interno della cappella! – riprese il poeta col suo entusiastico chiacchierio. – Sculture per ogni dove: è piú folto di una palla di cavolo! L’abside è di una fattura cosí devota e particolare che non ho mai visto niente di simile altrove!
Don Claude lo interruppe: – Dunque siete felice?
Gringoire rispose con fuoco:
– Sí, sul mio onore! Prima ho amato le donne, poi le bestie. Adesso amo le pietre. Sono divertenti quanto le donne o le bestie, e sono meno perfide.
Il prete si portò una mano alla fronte: il suo gesto abituale. – Dite davvero?
– Ma sí! – disse Gringoire, – mi dànno gran gioia! – Prese per un braccio il prete che lo lasciò fare, e lo condusse sotto la torretta della scala del For-l’Evêque. – Questa scala! Ogni volta che la vedo, mi sento felice. È la piú semplice e la piú straordinaria di tutta Parigi. Tutti i gradini sono arrotondati inferiormente. La sua bellezza e la sua semplicità sta nel fatto che le parti orizzontali degli scalini, larghe circa un piede, sono allacciate, incastrate, connesse, incatenate, inserite, intrecciate, e si agganciano tra loro in modo veramente saldo e pieno di grazia!
– E non desiderate nulla?
– No.
– Non rimpiangete nulla?
– Né rimpianto né desiderio. Ho sistemato la mia vita.
– Ciò che assestano gli uomini, – disse Claude, – lo dissestano le cose.
– Sono un filosofo pirroniano, – rispose Gringoire, – e mantengo tutto in equilibrio.
– E come vi guadagnate da vivere?
– Scrivo ancora di tanto in tanto qualche epopea e qualche tragedia, ma quel che mi frutta di piú è l’industria cui mi avete visto applicato, maestro mio. Portare piramidi di seggiole coi denti.
– Mestiere grossolano per un filosofo.
– Ma anche qui si tratta di equilibrio, – disse Gringoire. – Quando abbiamo un pensiero, lo ritroviamo in tutto.
– Lo so, – rispose l’arcidiacono.
Dopo una pausa, il prete riprese: – Ma in fin dei conti, non siete un poveraccio?
– Povero, sí; infelice, no.
In quel momento si udí uno scalpitio di cavalli, e i nostri due interlocutori videro sfilare in fondo alla strada una compagnia di arcieri dell’ordinanza del re, con le lance alte e l’ufficiale in testa. La cavalcata era brillante e risuonava sul selciato.
– Come guardate quell’ufficiale! – osservò Gringoire rivolto all’arcidiacono.
– È che mi sembra di riconoscerlo.
– Come si chiama?
– Credo si chiami Phœbus de Châteaupers.
– Phœbus! Che nome curioso! C’è anche un Phœbus conte de Foix. E ricordo di aver conosciuto una ragazza che sempre giurava in nome di Phœbus.
– Venite via, – disse il prete. – Ho da dirvi qualcosa.
Da quando erano passati gli arcieri, sotto il glaciale involucro dell’arcidiacono traspariva una certa agitazione. Si mise in cammino. Gringoire lo seguiva, avvezzo a ubbidirlo, come chiunque avesse avvicinato una volta quell’uomo pieno di autorità. In silenzio arrivarono fino in rue des Bernardins, quasi deserta a quell’ora. Qui don Claude si fermò.
– Che cosa avete da dirmi, maestro? – gli domandò Gringoire.
– Non trovate, – disse l’arcidiacono con aria di profonda riflessione, – non trovate che l’abito dei cavalieri passati poco fa sia piú bello del vostro e del mio?
Gringoire scosse la testa. – Affè mia! La mia giubba gialla e rossa mi piace assai piú di quelle scaglie di ferro e d’acciaio. Bel gusto fare camminando lo stesso fracasso che farebbe il lungosenna della Ferraille durante un terremoto!
– E cosí, Gringoire, non avete mai invidiato quei bei giovanotti in assetto di guerra?
– Invidiarli perché, signor arcidiacono? per la loro forza, per l’armatura, per la disciplina? Meglio l’indipendenza e la filosofia vestite di stracci. Preferisco esser testa di mosca che coda di leone.
– Strano, – disse il prete meditabondo. – Una bella divisa è pur bella!
Vedendolo pensoso, Gringoire lo lasciò lí per andare ad ammirare l’androne di una casa vicina. Ritornò battendo le mani. – Se vi occupaste meno delle belle uniformi dei soldati, vi pregherei, signor arcidiacono, di venire a guardare quella porta. L’ho sempre detto, la casa di messere Aubry ha il piú magnifico ingresso che ci sia al mondo.
– Pierre Gringoire, – disse l’arcidiacono, – che ne avete fatto di quella piccola danzatrice egiziana?
– La Esmeralda? Cambiate discorso assai bruscamente.
– Non era vostra moglie?
– Sí, grazie a una brocca rotta. Ne avevamo ancora per quattro anni. A proposito, – soggiunse Gringoire sbirciando l’arcidiacono con un’aria un po’ canzonatoria, – ci pensate ancora?
– E voi, non ci pensate piú?
– Poco... Ho tante cose per la testa!... Dio, com’era graziosa la capretta!
– Quella zingara... non vi aveva salvata la vita?
– È proprio vero, per Dio!
– Ebbene che n’è di lei? che ne avete fatto?
– Non saprei, ma credo che l’abbiano impiccata.
– Credete?
– Non ne sono sicuro. Quando ho visto che avevano voglia d’impiccar gente, mi sono ritirato in buon ordine.
– Tutto qui quello che sapete?
– Aspettate un po’. Mi hanno detto che si era rifugiata in Notre-Dame, e che ci stava al sicuro: ne sono stato contento; ma non mi è riuscito di sapere se si è salvata anche la capretta: non so proprio altro.
– Vi dirò io qualche cosa di piú, – gridò don Claude, e la sua voce, fino allora bassa, lenta e quasi sorda, era diventata un tuono: – è rifugiata davvero in Notre-Dame. Ma fra tre giorni la giustizia la riprenderà, e sarà impiccata alla Grève. C’è una sentenza del parlamento.
– Questo è spiacevole, – disse Gringoire.
In un batter d’occhio, il prete era ridiventato freddo e calmo.
– E chi diavolo, – riprese il poeta, – si è divertito a chiedere una sentenza di estradizione? Non lo potevano lasciare in pace, il parlamento? Che male c’è se una povera ragazza sta al riparo sotto gli archi rampanti di Notre-Dame, accanto ai nidi delle rondini?
– Ci sono dei satana a questo mondo, – rispose l’arcidiacono.
– Tutta questa faccenda si mette male in modo diabolico, – osservò Gringoire.
Dopo una pausa, l’arcidiacono riprese: – Dunque, vi ha salvata la vita?
– Sí, presso i miei ottimi amici paltonieri; ma per un pelo non mi hanno impiccato, e oggi non saprebbero perdonarselo.
– E non volete fare nulla per lei?
– Non domando di meglio, don Claude. Ma se m’impegolo in una brutta faccenda?
– Che importa!
– Come! che importa? Fate presto a dirlo, maestro mio! Ma ho due grandi lavori appena all’inizio.
Di nuovo il prete si batté la fronte. A dispetto della calma che ostentava, di tanto in tanto un gesto violento rivelava quel che gli ribolliva nell’anima. – Come salvarla?
E Gringoire: – Maestro mio, vi risponderò: «Il padelt», che significa in turco: «Dio è la nostra speranza»5.
– Come salvarla? – ripeté Claude meditabondo.
A sua volta Gringoire si batté la fronte.
– Sentite, maestro: l’immaginazione non mi manca e qualche espediente lo troverò. Se domandassimo la grazia al re?
– A Luigi XI? una grazia?
– E perché no?
– Va’ a levare un osso di bocca alla tigre!
Gringoire si mise in cerca di altre soluzioni.
– Ebbene! state a sentire: volete c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Notre-Dame de Paris
  3. Introduzione di Marius-François Guyard
  4. Cronologia della vita e delle opere
  5. Bibliografia
  6. Notre-Dame de Paris
  7. Nota aggiunta all’edizione definitiva (1832)
  8. Libro primo
  9. Libro secondo
  10. Libro terzo
  11. Libro quarto
  12. Libro quinto
  13. Libro sesto
  14. Libro settimo
  15. Libro ottavo
  16. Libro nono
  17. Libro decimo
  18. Libro undicesimo
  19. Alberi genealogici
  20. Il libro
  21. L’autore
  22. Dello stesso autore
  23. Copyright