- 192 pagine
- Italian
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- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
La franca sostanza del degrado
Informazioni su questo libro
Autore appartato e insofferente alle etichette, Ivano Ferrari presenta con questo volume la sua raccolta piú matura e organica. La franca sostanza del degrado è il risultato di un percorso poetico iniziato nella seconda metà degli anni Settanta. Se i testi degli esordi sono caratterizzati da una violenta e marcata «materialità», il libro cresce fino a comprendere toni astratti e amorosi, invettivi e meditativi. I versi, scanditi dai «tonfi sordi di una scrittura carnosa», vanno cercando maggiore distanza e controllo rispetto ai dati con cui si confrontano. La fisicità e il corpo a corpo con la realtà della prima parte si caricano progressivamente nell'interiorizzata registrazione e messa a fuoco di un mondo dominato dall'impurità. La poesia si abbassa radicalmente sulle cose, fino a diventare nello stesso tempo identificazione e scontro con la realtà.
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Informazioni
Poesie laconiche
Ma la città è fuori
e da una finestra
è impossibile darsi
senza farsi male,
sognare dunque
in altri sonni
fecondi di cancellature.
In una delle fessure
che infiltrano
ansie di notte
lo sguardo tenta sul muro
la fuga in versi.
Cose secche
gli occhi alla parete
sabbia di miraggi.
Il calco di un soffitto
dà forma ai sogni
coriandoli per altri carnevali.
Smarrisco se mi
consente il cuore
la via della stanza
sapendo di viaggiare
a dorso di muro.
La prosa delle crepe
quasi che ogni varco
funzionasse come
voltapagina di cieli.
Di qua
sono le pallide ossa
fatte torri
da dietro le tende
in guardia
contro i tramonti.
In una città espulsa dal mare
l’orizzonte è steso in vaste
terrazze di cielo sotto la carne.
Tu di corallo come
certi muri d’inverno
io ricco d’ali
con affanno d’aquilone
che a pelo sul lago
non sa se affondare
in volo.
In tutta fretta
il tempo dà alla lingua
gli idoli di stanotte
in nome di un buio
che baci bene.
La notte è punteggiata
di labbra che si fingono onde
come se il mare fuggisse tra boschi
abbattuti.
Odo in un gemito
l’ovale del grido
del cuore
e a morsi si fa notte.
Ti ignoro
e ti infecondo
rigermino
il trionfo
del sangue mio
pietroso.
La croce torna
ad essere civile
incrocio d’ombre
rosa da muro.
Di noi diranno letti
miniere di stelle rattoppate.
Siccome è pioggia gioco
all’insonnia addormentata
coma da muro azzanna
ombre nane.
Migrato nella pelle
a far da torre
il muro dà le ore.
In fila pronto
per la cruna
del silenzio
anche la pagina
stando al di qua
non ha margine
d’ascolto,
la quiete dunque
si fa domanda:
in quale progetto
di cuore sto,
o tutto si deve
alla scomparsa
degli abbaini?
Come un’allodola cieca
finirò nelle tasche della morte
credendomi ancora su un ramo
o nei libri paga della poesia.
Vorrei cascarti addosso
toccarti e dirti
l’ansia delle mie pietre.
Oggi la voce sembra
un muro senza brecce
motteggia risonanze
con cupi strilli di storia.
Al centro della carne
ogni dolore è cosa
che mal sopporta righe.
Il mare sa tutto
e mi imperla la fronte.
Se appare silenzio
si snoda di colpo
quel poco di storia
che ha il tempo
unico guerriero di casa.
Parallelo al tuono
remoto chissà dove
in un regno vuoto
a destra della foto.
Br...
Indice dei contenuti
- Copertina
- La franca sostanza del degrado
- Epigrafie
- Quel che si vede
- Fiori dormienti
- Sintomi d’ambiente
- L’ora della specie
- Corrispondenza
- Poesie laconiche
- Cose d’amore
- Smaltitoio
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
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