
- 224 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Tetto Murato
Informazioni su questo libro
La guerra è l'inverno isolano in uno sperduto gruppo di case due coppie di amici. Da una parte Ada, giovane insegnante, natura istintiva e luminosa, con il marito Paolo, intellettuale malato; dall'altra una giovane donna, Giulia, maternamente attratta dalla debolezza di Paolo, e il marito di Giulia, Stefano, uomo forte e risoluto, a sua volta colpito dalla vitalità di Ada. Un gioco di attrazioni che rimane tuttavia sul piano di affinità elettive appena intraviste.
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Informazioni
Print ISBN
9788806140946eBook ISBN
9788858412107Appendice
a cura di Antonio Ria
Nota al testo
Il testo qui riprodotto è quello pubblicato la prima volta nel 1957 nei «Coralli», nel 1971 nei «Supercoralli» e nel 1985 nei «Nuovi Coralli». A oltre quarant’anni dalla prima edizione si può riprodurre quindi integralmente senza che risenta del tempo.
Fra i libri di Lalla Romano Tetto Murato è forse quello che negli anni ha avuto piú lettori: è ormai considerato un «classico». Ma è anche quello piú compiutamente romanzo. L’ha sottolineato lei stessa nella nuova conclusione. L’ho sperimentato di persona quando, una quindicina d’anni fa, lo scelsi e proposi come «lettura dell’anno» ai miei studenti dei corsi superiori. Riproporlo oggi a nuovi lettori significa credere nella attualità delle tematiche trattate e nella vitalità del linguaggio. Ciò che aveva affermato Eugenio Montale, alla prima pubblicazione del romanzo, vale anche oggi: quel testo montaliano (apparso sul «Corriere della Sera» il 6 maggio 1958) sarà quindi un buon viatico anche per il lettore nuovo o vecchio ri-lettore. («I libri si capiscono veramente alla rilettura», ama ripetere Lalla Romano: i veri lettori sono sempre dei ri-lettori).
Certo, nel frattempo il libro ha avuto una sua storia: le varie edizioni lo testimoniano, anche le differenti letture critiche, di cui di seguito offriamo un’antologia. E Lalla Romano, nella «Nota» all’edizione del 1985 (che qui abbiamo riproposto), fa in qualche modo i conti con queste varie letture, con questa storia. Rileggere oggi quella «Nota» aiuta molto a capire sia l’«argomento» che il tono di scrittura prescelto per questo romanzo. Quella «Nota» mi è poi particolarmente cara per l’iniziale riferimento al «lettore giovane» che io ero allora. E anche molto ingenuo. Basti pensare che scrissi alla casa editrice Einaudi per sollecitare una trasposizione cinematografica del romanzo, data la sua insistente visività. Ricordo ancora la risposta bonaria di Ernesto Ferrero. È un libro troppo delicato per il cinema: e se un regista chiamasse una Laura Antonelli ad interpretare la protagonista? No, concludeva Ferrero, è meglio che resti solo un libro. E aveva ragione. È meglio che sia il lettore, ieri come oggi, a dare corpo, immagine concreta, figurazione al racconto.
Certo, la visività del romanzo emerge ancor piú in questi ultimi anni in cui l’«antica dimestichezza dell’autore con la pittura» è diventata piú esplicita, studiata, esibita, documentata con mostre e tre volumi di dipinti e disegni di Lalla Romano, dopo cinquant’anni di quasi oblio. La sottolineatura programmatica da lei enunciata in quella «Nota 1985» resta ancora di illuminante e piú necessaria conferma: «I miei libri non sono “dello sguardo”». Ma la riscoperta della pittura di Lalla Romano ha lasciato un segno anche nella storia recente di Tetto Murato. Della mostra del 1996 al Castello di Costigliole d’Asti, nel Parco Culturale del Premio Grinzane Cavour, resta per sempre una sala tutta dedicata a Lalla Romano, proprio al suo Tetto Murato. Oltre all’olio, qui riprodotto in copertina e che ormai si identifica – anche nel titolo – con il libro, vi è esposto per intero il manoscritto autografo di Tetto Murato, piú precisamente la prima stesura della parte iniziale del romanzo. «Nei cinquantatre fogli vergati a biro o a lapis, e fittamente corretti, – ebbi a scrivere nella presentazione, – s’intreccia un dialogo vivo con l’attività pittorica, che resiste al primato della scrittura nei molti disegni che la scrittrice è venuta via via tracciando o per estro o per studio». Una prossima edizione anastatica di quei fogli darà agli studiosi occasione di approfondire l’insolita, misteriosa presenza della visività in questo romanzo, come nell’intera opera di Lalla Romano.
In una bacheca di quella sala vi è anche conservata una preziosa lettera di Adolfo Ruata a Lalla Romano. Il «Paolo» del romanzo aveva avuto l’occasione di rileggere il libro nella edizione del 1985 e da questa ri-lettura a distanza era derivata una diversa comprensione del racconto, dei fatti cui si fa riferimento, della vita stessa che allora si viveva e che col passar degli anni si vede con occhi nuovi. Entrare in un romanzo come personaggio non è facile per nessuno: evidentemente lo era stato in modo particolare, e forse conflittuale, per uno dei protagonisti, Paolo appunto, nella vita Adolfo. Ma la rilettura l’aveva «riconciliato» col libro: e con la lettura della vita fatta dall’autore. Anche questi sono tasselli nella storia di un libro.
L’ultima tappa, mi piace ricordarlo, è il titolo della traduzione francese del romanzo, uscita nel 1995 per le edizioni Gallimard/L’Arpenteur: Le silence partagé. Titolo ricalcato sulla frase pavesiana del Dialoghi con Leucò e posta in epigrafe al libro: «Non c’è vero silenzio se non condiviso» («Il n’est de vrai silence que partagé»). Non c’è espressione piú adeguata per cogliere la «verità di quella storia», come sottolineava Lalla Romano nella «Nota 1985». Era stata anche la lettura e l’intuizione di Montale.
Ma il nome di Pavese, pur per un romanzo per niente pavesiano (come sottolinea l’autrice), ritorna con insistenza per questo libro. Ancora dattiloscritto, aveva ottenuto il Premio Pavese per un inedito, con una giuria composta da scrittori: Franco Antonicelli, Carlo Bo, Italo Calvino, Lorenzo Gigli, Carlo Levi, Massimo Mila, Mario Soldati. Ma anche nell’origine del titolo del libro è in qualche modo presente Pavese. Racconta Lalla Romano (in «Provincia Granda», dicembre 1957):
«Esiste ancora, da qualche parte, un Tetto Murato? Può darsi.
«Conoscevo quel nome, e una volta, a Torino, qualcuno lo disse a Pavese; eravamo in casa di amici comuni.
«Pavese disse: “Che titolo per un romanzo”.
«Forse proprio in quel momento, da quel nome, dal senso di mistero, di isolamento che emana da esso, è nata l’idea del mio romanzo. […]
«“La guerra è una pace”, diceva Pavese; e voleva dire la comune vita sospesa, la comune norma sospesa, e in quel vuoto un’altra norma, un’altra vita in cui ognuno dà il meglio o il peggio di sé.
«Cosí è Tetto Murato, e la nuova norma è quella di Ada, la sua “misteriosa sicurezza”, per la quale il gioco delle “affinità elettive” non diventa mai tragico, e la tensione, il dramma trapassa in una quasi mistica felicità di amicizia.
«I giudici del Premio Pavese hanno scoperto la bellezza della norma di Ada: l’hanno chiamata “forte moralità di vita”. Vorrei che il lettore facesse giustizia anche a Giulia, l’altra donna del romanzo, che ha vissuto e scontato in sé, al modo ambiguo dei poeti, la norma di Tetto Murato».
A. R.
Cronologia della vita e delle opere
1906
Lalla (Graziella) Romano nasce a Demonte (Cuneo) l’11 novembre, da genitori cuneesi, primogenita di altre due sorelle, Silvia e Luciana. Il padre Roberto, geometra, capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Demonte, era amante della pittura e della musica e un buon «dilettante fotografo». La madre, Giuseppina Peano, era nipote del famoso logico-matematico Giuseppe Peano, che tanto influsso poi ebbe sulla giovane Lalla.
1912-16
Frequenta le scuole elementari a Demonte.
1916-24
Frequenta il ginnasio e il liceo classico «Silvio Pellico» a Cuneo, dove la famiglia si era trasferita.
1924
Conseguita la maturità classica, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Frequenta soprattutto le lezioni di Filosofia teoretica di Annibale Pastore, di Letteratura francese di Ferdinando Neri e di Storia dell’arte di Lionello Venturi. Ha già iniziato a dipingere: i primi autoritratti sono datati 1923.
1925-28
Frequenta lo studio del pittore Giovanni Guarlotti. In questi anni compie numerosi viaggi con lunghi soggiorni a Parigi: scopre gli impressionisti e post-impressionisti, spesso guidata da Venturi nei musei e nelle gallerie parigine. Incontra Sborowsky, Menzio, Severini.
A Torino è compagna d’università di Cesare Pavese; conosce Mario Soldati, Arnaldo Momigliano, Carlo Dionisotti; stringe amicizia con Franco Antonicelli e Giovanni Ermiglia.
1928
Si laurea in Lettere, con una tesi su Cino da Pistoia. Su consiglio di Lionello Venturi, entra nella scuola di pittura di Felice Casorati, dove incontra – fra gli altri – Daphne Maughan, Nella Marchesini, Paola Levi Montalcini, Giorgina Lattes.
1929
Insegna Italiano e Storia alle Magistrali di Cuneo, continuando a frequentare la scuola di Casorati a Torino, dove espone alcuni quadri in una mostra collettiva.
1930
Insegna Storia dell’arte al liceo di Cuneo. Diventa direttrice della Biblioteca Civica di Cuneo: compila il catalogo degli Incunabuli.
Partecipa a varie mostre collettive a Torino.
Su invito di Lionello Venturi, scrive per «L’Arte» un saggio su La scuola di Casorati. Scrive anche racconti, fra cui Le cronache della sartoria, pubblicati nel 1975 ne La villeggiante.
1932
Sposa a Cuneo Innocenzo Monti, impiegato di banca, il quale in seguito, scoperto da Raffaele Mattioli, farà un’importante carriera fino a diventare presidente della Banca Commerciale Italiana.
1933
Nasce l’unico figlio Pietro, detto Piero.
1935
Raggiun...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Tetto Murato
- Presentazione di Eugenio Montale
- Tetto Murato
- I.
- II.
- III.
- IV.
- V.
- VI.
- VII.
- VIII.
- IX.
- X.
- XI.
- XII.
- XIII.
- XIV.
- XV.
- XVI.
- XVII.
- XVIII.
- XIX.
- XX.
- XXI.
- XXII.
- XXIII.
- XXIV.
- XXV.
- XXVI.
- XXVII.
- XXVIII.
- XXIX.
- XXX.
- XXXI.
- XXXII.
- XXXIII.
- XXXIV.
- XXXV.
- XXXVI.
- XXXVII.
- XXXVIII.
- XXXIX.
- XL.
- XLI.
- XLII.
- XLIII.
- XLIV.
- XLV.
- XLVI.
- XLVII.
- XLVIII.
- XLIX.
- L.
- LI.
- LII.
- Poscritto e conclusione di Lalla Romano
- Postfazione di Giulio Ferroni
- Appendice a cura di Antonio Ria
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright