La penultima magia
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La penultima magia

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La penultima magia

Informazioni su questo libro

Di notte a Solinga i lampioni camminano, i negozi russano e le caffettiere preparano la colazione. Non è una favola: è il posto in cui è andata a vivere Renata Paganelli, per sopportare il mondo dopo che le è successa una cosa molto grave. Ma un giorno gli abitanti di Solinga ritornano in massa, guidati dal sindaco: pretendono di riavere indietro la loro città cosí com'era, e intanto riportano a casa la piccola Agata. Per tenerla con sé, nonna Renata dovrà rinunciare ai suoi incantesimi e affrontare la realtà. Riprendere la vita normale non è facile, ma può essere entusiasmante imparare tutto da capo. Nonna Renata vuole conquistare l'amore della sua nipotina, anche se a condurre le cose, come spesso succede, non è lei ma la bambina. Ed è proprio Agata che la spinge a uscire di casa, a superare nuovi confini andando sempre piú lontano, nei luoghi piú pericolosi, sia fuori che dentro di lei. Cosí questo romanzo famigliare diventa un viaggio avventuroso in paesaggi sinistri e ammalianti. Oltre che una storia appassionante, La penultima magia è una meditazione sulla sofferenza, una mitologia ecologica, una scuola di vita in cui le generazioni si educano a vicenda.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
Print ISBN
9788806246013
eBook ISBN
9788858433751
1.

La notte dura troppo

Se quella notte foste passati anche voi per via Canotti, non lontano dalla piazza principale della città di Solinga, avreste visto due luci andare avanti e indietro, a qualche metro d’altezza da terra. Una era gialla, l’altra azzurra. Chi erano? Che cosa facevano, tutte sole nella città addormentata?
Erano le luci di due lampioni. Sí, proprio due lampioni: camminavano ai lati della strada, con le loro lunghe gambe di metallo, ciascuno sul suo marciapiede.
A Solinga i lampioni non si limitavano a illuminare le strade. Avevano anche il compito di perlustrarle.
Quei due camminavano tenendo le mani dietro le schiene smilze, un po’ curve, con le dita intrecciate, la testa china, lo sguardo a terra. Erano molto in ansia, perché le otto del mattino erano passate da un pezzo, ma intorno a loro il buio era profondo. La notte era ancora lí. Il sole non si faceva vivo.
«È tutta la notte che vado avanti e indietro», disse il primo lampione, «comincio a essere stanco». Dalla sua bolla di vetro emanava una luce gialla. E infatti lo chiamavano tutti cosí, Bolla Gialla.
«A chi lo dici», gli rispose l’altro lampione, che al posto della testa aveva una bella lanterna quadrata, colma di luce azzurra. Il suo nome era proprio Lanterna Azzurra. «Avrò fatto il giro della piazza almeno venti volte».
«Ed è tutto a posto?» chiese Bolla Gialla.
«A parte il sole che non arriva. E tu?» domandò Lanterna Azzurra. «Hai dato un’occhiata dentro i cassonetti della spazzatura?»
«Dal primo all’ultimo».
«E dentro i cestini?»
«Anche».
«Hanno digerito l’immondizia?»
«Tutta quanta».
«Ma si sono lavati i denti?»
«Certo! Dentifricio all’aroma di pesce e verdura marcia».
«Bravi».
«Tu hai rimesso in ordine le parole sulle insegne dei negozi?»
«Perché?» chiese Lanterna Azzurra.
«Quando dormono russano troppo forte. Tremano come un terremoto».
«E allora?»
«Le lettere saltellano e si scombinano tutte», spiegò Bolla Gialla. «L’ordine cambia, e quando si svegliano non è piú quello di prima».
«E che problema c’è?» chiese Lanterna Azzurra.
«Sull’insegna c’è scritto tutt’altro, e il negozio deve adeguarsi! Dalla sera alla mattina l’ENOTECA, invece del vino, si mette a vendere ACETONE».
«I clienti non saranno molto contenti».
«Ma quella che mi dà piú preoccupazioni è la PASTICCERIA», continuò Bolla Gialla.
«Perché?»
«Be’, si trasforma in SCARICAPETI. Vedi un po’ tu. Uno crede di entrare in pasticceria a fare colazione con un dolcetto, e invece gli arriva addosso un odorino…»
«Non è il modo migliore di cominciare la giornata».
«Eh no».
«Non me ne ero mai accorto», ammise Lanterna Azzurra.
«Di’ la verità: non hai controllato», lo rimproverò Bolla Gialla.
«Avevo altro da fare».
«Cose importanti?»
«Sono salito sul piedistallo, in piazza, e sono rimasto lí seduto a scambiare due chiacchiere con la statua della Felicità».
«Te la sei presa comoda».
«Poverina, è sempre sola, là in mezzo. Se non parla con qualcuno diventa triste».
«Nessuno le fa compagnia?»
«È che bisogna sapere come farsi capire da lei. Non è facile. Ha un modo tutto suo di esprimersi. Io ormai la conosco e so come va trattata».
«Allora il nostro dovere l’abbiamo fatto».
«Eccome. E poi comincia a farmi male la testa, con questa lampadina sempre accesa nel cervello».
«Sí, sarebbe ora di andare a dormire».
«Ma come facciamo a spegnerci, se è ancora notte?»
All’improvviso si sentí un brontolio profondo. Una voce li interruppe: «Ehi, voi! La smettete di fare chiasso?»
I due lampioni si guardarono intorno. A parte loro, non c’era in giro nessuno.
«Sí, proprio voi due», disse la voce. Le sue parole cadevano dall’alto. I lampioni alzarono la testa per capire da dove venissero di preciso.
«Chi è?» disse a voce alta Lanterna Azzurra.
«Chi ci chiama?» disse Bolla Gialla, quasi gridando.
«Parlate piano! Non vorrete mica svegliarla», disse la voce.
«Ma… A noi sembra tardissimo. Dovrebbe essere giorno da un pezzo».
«Lo so, lo so», disse la voce. «Se non lo so io…»
Allora i due lampioni capirono finalmente chi era che parlava: l’orologio della torre.
«Ascoltate», disse l’orologio.
Dalla torre risuonarono deboli colpi di metallo. Una campana veniva presa a martellate dall’interno, ma in sordina, come se il batacchio fosse foderato di velluto.
«Sono le nove in punto», disse l’orologio.
«E il sole dov’è finito?» chiesero i due lampioni. «Di solito è puntuale».
«Guardate l’orizzonte».
«Eh, facile, per te che stai lassú in alto», dissero i lampioni.
«Alzatevi sulla punta dei piedi», disse l’orologio.
Bolla Gialla e Lanterna Azzurra si allungarono piú che poterono, e tirando su il collo guardarono al di là delle case, oltre la periferia di Solinga: il viadotto della tangenziale, i centri commerciali, il ponte sul fiume Melmario.
Era proprio vero. All’orizzonte stava succedendo qualcosa.
Una favilla rosa e arancio, molto piccola, a forma di cupoletta, era spuntata dall’orlo fra la terra e il cielo. Ma la cosa strana fu che al suo fianco se ne aggiunse subito un’altra. E poi un’altra, e un’altra ancora. Erano quattro semicerchi luminosi. Poco distante ne apparvero altri quattro, uno dopo l’altro.
I lampioni guardarono quelle otto piccole luci, si guardarono negli occhi fra loro, ma nessuno dei due sapeva che cosa dire; alla fine guardarono in faccia l’orologio della torre, aspettando una spiegazione.
L’orologio taceva.
Allora i due lampioni si azzardarono a commentare: «Sembrano dei soli, ma molto piú piccoli», disse Lanterna Azzurra.
«Sono dei solini? Dei soletti?» disse Bolla Gialla.
«Il sole ha dei figli? Nessuno ce l’aveva mai detto», disse Lanterna Azzurra.
«Smettetela di dire fesserie», disse l’orologio. «Quelle sono le dita del sole. Si vede che non le avete mai viste quando spuntano, dormiglioni».
«Noi lavoriamo tutta la notte!» protestò Bolla Gialla. «E quando l’alba si accende ci spegniamo, prima che il sole sorga».
«Cosa sta succedendo?» chiese Lanterna Azzurra.
«Il sole si è aggrappato all’orizzonte, si sta tirando su. Fra poco spunterà anche la sua faccia tonda», disse l’orologio della torre.
Ma non andò cosí. Una delle dita, una sola, cominciò ad allungarsi, strisciando per terra. Si mosse in avanti, attraversando la pianura; scavalcò il ponte sul fiume Melmario, passò accanto ai centri commerciali, scivolò sotto il viadotto della tangenziale e proseguí verso la città.
Assomigliava a un cavo di fibra ottica; la sua luce però non era bianca, ma arancione e rosacea. A poco a poco, inoltrandosi fra i parcheggi di asfalto e i binari del treno, raggiunse i quartieri di Solinga. Attraversò l’aiuola di un parco, e i fiori si aprirono al suo passaggio. Attraversò una piazzetta, e una fontanella ricominciò a gorgogliare. Attraversò le strade, saltellando sulle strisce pedonali, e i dischi rossi e verdi dei semafori si riaccesero.
Il dito di luce imboccò deciso via Canotti. Passò fra i piedi di Lanterna Azzurra e Bolla Gialla, prendendo alla sprovvista i due lampioni, che fecero un balzo per evitarlo, un po’ spaventati. Alla fine si fermò davanti a una casa, la piú carina di tutta Solinga. Si arrampicò sul muro della facciata, fino a raggiungere una finestra del secondo piano, che aveva la tapparella abbassata. Si acquattò sul davanzale, per insinuarsi sotto la fessura della tapparella.
«Che cosa ha intenzione di fare?» si chiesero incuriositi i due lampioni.
«Ssst», disse l’orologio della torre, «non disturbate il primo raggio di sole».

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La penultima magia
  4. 1. La notte dura troppo
  5. 2. Chi sono io?
  6. 3. La festa di compleanno
  7. 4. I disastri della guerra
  8. 5. L’esercito nemico
  9. 6. Di chi è la città?
  10. 7. Un punto di vista imparziale
  11. 8. La pace
  12. 9. Fino in fondo
  13. 10. Il risveglio
  14. 11. Vita straordinaria di Renata Paganelli
  15. 12. Visite, misfatti e fiori
  16. 13. Va tutto abbastanza bene
  17. 14. Luna di magma
  18. 15. Le indagini di nonna Renata
  19. 16. Certificato di famiglia
  20. 17. Pesare le parole
  21. 18. La cosa che parla
  22. 19. Il signor Polveroni
  23. 20. Vacanze in cortile
  24. 21. Il viaggio buio
  25. 22. Un posto carino
  26. 23. Le cose da lontano e da vicino
  27. 24. Il custode del segreto
  28. 25. Notte e giorno insieme
  29. 26. Le ferite si rimarginano
  30. 27. Finire cosí
  31. 28. I dischi volanti
  32. 29. L’allevamento
  33. 30. Un cespuglio che si muove
  34. 31. Forse un sorriso
  35. 32. Sorelline?
  36. 33. L’interrogatorio
  37. 34. Non dirlo!
  38. 35. Epilogo: un coro a tre voci
  39. Il libro
  40. L’autore
  41. Dello stesso autore
  42. Copyright